(Di Angela Pellicciari da Il Tempo, 18 settembre 2010)
Nell’omelia pronunciata a Carpineto Romano il 5 settembre in occasione del bicentenario della nascita di papa Pecci, Ratzinger parlava di Leone XIII come di un “Papa ancora politicamente e fisicamente ‘prigioniero’ in Vaticano”. Queste parole di Benedetto XVI, rigorosamente contrarie alla vulgata storiografica politicamente corretta, riportano alla luce una verità molto scomoda che, non a caso, nessuno ricorda.
Questa mattina in Campidoglio si parla di Pio IX. Lo stucchevole dibattito sul centocinquantenario dell’unità d’Italia che va avanti da più di un anno, ha totalmente rimosso la figura di Pio IX. Di Pio IX e dei cattolici (il 99% della popolazione!). Come della persecuzione anticattolica scatenata dai liberali. Questa rimozione colpevole della storiografia (e della politica) è ovviata oggi a Roma che celebra i suoi centoquaranta anni da capitale d’Italia ricordando, anche, Pio IX.
Pio IX: il papa dal pontificato più lungo, il papa più calunniato della storia, il papa irriso per la sua difesa della libertà di Roma e dell’Italia e per la sua infaticabile battaglia nei confronti della verità. Questo papa è stato considerato dalla storiografia liberale, compresa quella cattolica, come assolutamente inadeguato a fronteggiare quelle che vengono definite le sfide della modernità. Quali sfide? La volontà determinata di annientare il cristianesimo nelle sue sedi principali, Roma e l’Italia. Davvero strabiliante che storici cattolici abbiano potuto condividere una simile valutazione della natura e dell’operato del papa. Difensore della civiltà cristiana contro il vandalismo risorgimentale che deruba la chiesa di tutti i suoi beni e rende gli italiani un popolo di emigranti, Pio IX non ha mai ceduto alla forza del potere che, spudoratamente, si definiva cattolico.
Pio IX ha sempre ribattuto, puntualmente e cocciutamente, in decine di encicliche e concistori, alle falsità della propaganda liberale. Dopo il 1870 si è definito “prigioniero”. Era falso? No, era la pura verità. Tanto il papa non poteva uscire dalle mura vaticane che quando lo ha fatto, da morto, durante il tragitto che lo portava a San Lorenzo fuori le mura, i settari hanno ripetutamente provato a gettare il suo cadavere nel Tevere, senza che la polizia intervenisse. Papa Mastai ha ripetutamente irriso la cosiddetta legge delle “guarentigie” (garanzie): “Non si capisce se primeggi l’assurdità, o l’astuzia, o il ludibrio”, aveva scritto nel 1871. Quale garanzia poteva offrire un governo “per l’osservanza delle sue promesse”, un governo che calpesta impunemente “la prima fra le leggi fondamentali dello Stato”, quella che dichiara la religione cattolica unica religione di stato?
“Lo spirito fraudolento ed ostile che, quantunque insidiosamente velato, ne emerge [dalle guarentigie], viene chiarito dalla continua serie dei fatti, in modo che non può ingannare uno sano di mente, e imprime a tali condizioni un evidentissimo carattere di scherno”: scriveva il 15 maggio 1871 nella Ubi nos.
Oggi a Roma si parla di Pio IX. Grandissimo papa che ha difeso la verità storica e la bellezza della civiltà cristiana. Un papa da rileggere e da riscoprire. Un papa profetico che ha predetto con decenni di anticipo che all’illegalità e al sopruso liberale avrebbe fatto seguito l’abominio della dottrina e della pratica comuniste.
Questa mattina in Campidoglio si parla di Pio IX. Lo stucchevole dibattito sul centocinquantenario dell’unità d’Italia che va avanti da più di un anno, ha totalmente rimosso la figura di Pio IX. Di Pio IX e dei cattolici (il 99% della popolazione!). Come della persecuzione anticattolica scatenata dai liberali. Questa rimozione colpevole della storiografia (e della politica) è ovviata oggi a Roma che celebra i suoi centoquaranta anni da capitale d’Italia ricordando, anche, Pio IX.
Pio IX: il papa dal pontificato più lungo, il papa più calunniato della storia, il papa irriso per la sua difesa della libertà di Roma e dell’Italia e per la sua infaticabile battaglia nei confronti della verità. Questo papa è stato considerato dalla storiografia liberale, compresa quella cattolica, come assolutamente inadeguato a fronteggiare quelle che vengono definite le sfide della modernità. Quali sfide? La volontà determinata di annientare il cristianesimo nelle sue sedi principali, Roma e l’Italia. Davvero strabiliante che storici cattolici abbiano potuto condividere una simile valutazione della natura e dell’operato del papa. Difensore della civiltà cristiana contro il vandalismo risorgimentale che deruba la chiesa di tutti i suoi beni e rende gli italiani un popolo di emigranti, Pio IX non ha mai ceduto alla forza del potere che, spudoratamente, si definiva cattolico.
Pio IX ha sempre ribattuto, puntualmente e cocciutamente, in decine di encicliche e concistori, alle falsità della propaganda liberale. Dopo il 1870 si è definito “prigioniero”. Era falso? No, era la pura verità. Tanto il papa non poteva uscire dalle mura vaticane che quando lo ha fatto, da morto, durante il tragitto che lo portava a San Lorenzo fuori le mura, i settari hanno ripetutamente provato a gettare il suo cadavere nel Tevere, senza che la polizia intervenisse. Papa Mastai ha ripetutamente irriso la cosiddetta legge delle “guarentigie” (garanzie): “Non si capisce se primeggi l’assurdità, o l’astuzia, o il ludibrio”, aveva scritto nel 1871. Quale garanzia poteva offrire un governo “per l’osservanza delle sue promesse”, un governo che calpesta impunemente “la prima fra le leggi fondamentali dello Stato”, quella che dichiara la religione cattolica unica religione di stato?
“Lo spirito fraudolento ed ostile che, quantunque insidiosamente velato, ne emerge [dalle guarentigie], viene chiarito dalla continua serie dei fatti, in modo che non può ingannare uno sano di mente, e imprime a tali condizioni un evidentissimo carattere di scherno”: scriveva il 15 maggio 1871 nella Ubi nos.
Oggi a Roma si parla di Pio IX. Grandissimo papa che ha difeso la verità storica e la bellezza della civiltà cristiana. Un papa da rileggere e da riscoprire. Un papa profetico che ha predetto con decenni di anticipo che all’illegalità e al sopruso liberale avrebbe fatto seguito l’abominio della dottrina e della pratica comuniste.