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domenica 31 luglio 2016

A proposito di Crociate e terrorismo islamico

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Fonte: http://www.radiospada.org/

Data la grande confusione che dilaga nel mondo cristiano sulle spedizioni in Terra Santa, per gentile concessione dell’Autore pubblichiamo un breve capitolo tratto dall’ultimo libro Quello che i cattolici devono sapere – Almeno per evitare una fine ridicola. Il contributo è giunto circa 48 ore prima del terribile attentato di Nizza, alla luce del quale acquista ancor più attualità. [RS]

 Crociate

di Agostino Nobile

Nonostante siano state pubblicate numerose ricerche storiche documentate che smontano il luogo comune sulle crociate, siamo costretti a sentire e a leggere lo stesso ritornello sui media e nelle reti internet: le crociate partirono verso l’oriente per interessi economici; l’Islam pacifico fu attaccato nella propria terra dalla brutale aggressione cristiana. Capi di Stato, come l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, sono convinti che gli attacchi terroristici in occidente sono una risposta alle  crociate. La fantasia e l’ignoranza degli statisti attuali è davvero disarmante. I buddisti della Thailandia e gli induisti dell’India, non hanno mai fatto crociate, ma le bombe e i morti causati dagli islamisti in queste terre non hanno fine. Ma non bisogna andare in Asia per confutare i commenti grotteschi di questi politici. Seguendo questo bizzarro ragionamento, gli europei avrebbero ragioni valide per seminare morte in terra germanica, per le mattanze operate nel secolo scorso dai soldati teutonici. Ma anche un napoletano e un siciliano che imbracciano Kalashnikov per fare strage di piemontesi avrebbero motivi da vendere. Senza contare che pure gli indiani d’America (seguendo lo stesso ragionamento), avrebbero tutte le ragioni del mondo se iniziassero a terrorizzare chi gli ha rubato le terre e sterminato gli avi. Ma per quanto riguarda i musulmani, nemmeno questa terribile logica dà loro ragione. Infatti non sono stati i cristiani che hanno occupato le terre dei musulmani, ma quest’ultimi che hanno ucciso e cacciato i cristiani che vivevano in Medio Oriente da sei secoli prima dell’avvento dell’Islam. Dunque, in realtà, le ragioni pacifiche e violente degli islamisti appartengono ad una logica prettamente religiosa: sottomettere e umiliare il mondo non musulmano, per volere di Allah.
Gli storici e i documenti dell’epoca ci dicono che gli stessi musulmani per secoli hanno considerato le spedizioni dei cristiani una guerra contro i Franchi, e non uno scontro di religioni. Solo dopo la fondazione dello stato di Israele, i musulmani hanno iniziato a utilizzare la definizione crociata, creata in occidente. Tra i primi autori della calunnia sulle spedizioni crociate troviamo lo storico luterano Johann Lorenz von Mosheim (1693-1755), seguito dagli Illuministi. Nell’800 e nel ‘900 gli storici marxisti hanno sviluppato la leggenda aggiungendo altri falsi storici che sono stati divulgati nei testi scolastici e nei mezzi di comunicazione.
Avvicinandoci seriamente alla Storia possiamo constatare che la definizione crociata è stata coniata nel ‘700, le spedizioni in Terra Santa in realtà erano considerate pellegrinaggi per legittima difesa. J. Riley-Smith, considerato uno dei maggiori esperti anglosassoni, a proposito della leggenda che considera i crociati come uomini senza scrupoli che partivano al fine di arricchirsi, scrive: «Sarebbe stato un gioco d’azzardo stupido liquidare i beni patrimoniali per investire dopo una marcia di tremila chilometri a Oriente (…) Ha più senso supporre che i crociati, in particolar modo le famiglie dei crociati, fossero motivati da idealismo. (…) Dietro a molti crociati stava un gran numero di uomini e donne, disposti a sacrificare i loro interessi per aiutarli a prepararsi a partire». (Breve storia delle crociate ed. Mondadori). Ma la principessa e storica bizantina Anna Comnena (1083-1153), non utilizza condizionali o supposizioni, anche perché, essendo testimone oculare, ne sa molto di più dello storico britannico. Nella sua Alessiade descrive come nella prima crociata indetta da papa Urbano II, si mobilitarono anche le donne con i loro figli: «Si produsse allora un movimento di uomini e di donne come non si ricorda di averne mai visto l’uguale: le persone più semplici erano davvero animate dal desiderio di venerare il Sepolcro del Signore e di visitare i Luoghi Santi. […] L’ardore e lo slancio di questi uomini era tale, che tutte le strade ne furono coperte; i soldati franchi erano accompagnati da una moltitudine di gente senz’armi più numerosa dei granelli di sabbia e delle stelle del cielo, che portava palme e croci sulla spalla: uomini, donne e bambini che lasciavano i loro paesi». Certo, ingenui, ma di grande amore per Gesù Cristo. Ma quale sconfinata perfidia dovevano avere quei calunniatori che, nonostante questi eventi strazianti, hanno divulgato le menzogne più meschine?                                                                                                Prima di continuare, dobbiamo ricordare che le famigerate cinture di castità non esistevano nei secoli delle crociate e nemmeno nel resto del Medioevo. Sembra che la leggenda sia opera del positivista britannico Eric J. Dingwall (1890 -1986), famoso  per i suoi libri di sessuologia e per i suoi interessi sul paranormale, ma già prima di lui non pochi mattacchioni si sono adoperati per divulgare questa bufala. Comunque sappiamo per certo che le cinture di castità oggi in mostra nei musei, sono state prodotte nel ‘800  per ovvi motivi diffamatori. Solo alla fine del ‘900 i responsabili dei musei francesi e britannici si sono resi conto che si tratta di falsi risalenti al XIX secolo. Ma nonostante questa evidenza in non pochi musei internazionali le cinture di castità sono sempre in bella mostra.
Le terre cristiane furono conquistate dai musulmani subito dopo la morte di Maometto, mentre la prima crociata è avvenuta nel 1095, dunque circa quattro secoli dopo l’invasione islamica. La decisione che coinvolse la Cristianità, fu la risposta alle continue violenze inflitte ai cristiani e alla distruzione dei luoghi sacri in Terra Santa. Già nel 1009 il califfo al-Hakim bi-Amr scatenò una brutale repressione contro i cristiani, dove anche le tombe dei cristiani furono devastate. La domenica 13 agosto fece abbattere la chiesa dedicata a Maria ad al-Qantarah, nel vecchio Cairo. Ma l’episodio che provocò la reazione della Cristianità fu la distruzione della Basilica della  Risurrezione di Gerusalemme. Fu una persecuzione e una distruzione continua, i musulmani cercarono di rimuovere anche il Santo Sepolcro, distruggendone gran parte.
Come prova che confermerebbe la violenza dei crociati, gli autori della leggenda nera utilizzano il sacco di Costantinopoli per mano della Quarta crociata. Certamente è una macchia indelebile delle spedizioni, ma la Chiesa non ha nessuna responsabilità. Al contrario. Papa Innocenzo III, sapendo che alcuni nobili di spicco, capi della crociata, erano intenzioni a detronizzare l’imperatore bizantino per imporre suo fratello Alessio Angelo, scrisse loro una lettera molto chiara, riportata dallo storico Thomas F. Madden nella sua ricerca Le Crociate – ed. Lindau. : «Che nessuno di voi si convinca sconsideratamente di poter occupare o saccheggiare territori greci con la scusa che essi mostrano scarsa obbedienza alla Sede Apostolica, o perché l’imperatore bizantino ha deposto suo fratello, lo ha accecato e ne ha usurpato l’Impero». Quando i nobili Bonifacio di Monferrato, Baldovino di Fiandra, Luigi di Blois e Ugo Saint-Pol decisero di fare di testa propria «centinaia di soldati defezionarono disgustati, dirigendosi da soli verso la Terrasanta». Altre centinaia se ne tornarono a casa e chi rimase «non era certo contento». I nobili che guidavano la Quarta crociata, che avrebbe dovuto trovarsi in Terrasanta, violarono il giuramento e la minaccia di scomunica del Santo Padre. Quando papa Innocenzo III seppe dei massacri «arrossì di vergogna». Dunque, una pagina nera che non può essere addebitata alla Chiesa. Tra l’altro, bisogna aggiungere che i continui tradimenti dei Basileus bizantini, i quali tramando spesso con i musulmani determinarono sofferenze e morte tra i crociati, accentuarono l’odio dei più fanatici.
Per avere un quadro completo delle spedizioni crociate non possiamo fare a meno di leggere  la ricerca di Rodney Stark Gli eserciti di Dio (Lindau 2010). Prima di addentrarsi nelle cuore delle vicende, corredate da documenti e lettere dei personaggi principali, Stark smonta quei luoghi comuni che vogliono i musulmani pacifici e i cristiani rozzi e violenti. Menzogne talmente radicate da ingannare – come sottolinea Stark – capi  di stato e religiosi cristiani. La Terra Santa, per i cristiani di quegli anni, era molto più importante di quanto siano stati per noi le torri del World Trade Center abbattute l’11 settembre 2001 e l’attacco al Pentagono, ed era molto più umiliante del terrorismo nelle città occidentali. Se a noi turba l’idea di morire ammazzati mentre andiamo a lavorare o mentre siamo seduti al caffè, i nostri antenati erano sconvolti dal fatto che non avrebbero potuto mai più visitare i luoghi dove è nato Gesù Cristo, accogliendo con orrore la notizia sulla distruzione dei luoghi sacri e del Santo Sepolcro.
La ricerca di Stark affronta anche gli aspetti culturali e scientifici delle due religioni, già noti a tutti gli storici, ma ignorati dal grande pubblico. Per esempio, pochi sanno che «dopo la conquista islamica dell’Egitto, del Nord Africa e dalla Spagna, da tutte queste terre scomparve la ruota». Che i numeri arabi in realtà sono indiani, che l’architettura come le scienze erano sviluppate e gestite dai cristiani ed ebrei colonizzati e non dagli invasori. Per fare solo due esempi. In Spagna l’arco moresco era presente un secolo prima dell’invasione araba; l’ Alhambra di Granada è stata realizzata da architetti cristiani e ebrei.
Per quanto riguarda le prove che confermano i motivi della reazione cristiana alla violenza musulmana, si apprende, tra l’altro, che lo storico siriaco del XII secolo al-‘Azimi «riconosce che nel 1093 i musulmani della Palestina impedirono ai pellegrini cristiani di raggiungere Gerusalemme. Secondo lo stesso al-‘Azimi furono proprio i racconti dei pellegrini sopravvissuti e ritornati in patria a causare l’inizio delle prime crociate». I soprusi esistevano da anni, come le tasse esose per chi non si convertiva all’Islam, o l’obbligo per i cristiani di portare al collo una croce di circa due chili, come accadeva nel periodo in cui salì al trono il sesto imam al-Hakim. Dunque, le crociate furono la reazione contro gli invasori violenti che distruggevano i luoghi sacri e tormentavano i cristiani che vivevano in quelle terre da sei secoli prima del loro arrivo.
Le crociate fanno parte di un movimento popolare mosso dallo spirito di fedeltà al Vangelo, che come unico fine aveva la liberazione della Terra Santa. Negando questa realtà, i nostri governi, gli pseudo storici di sinistra e i testi scolastici tradiscono chi ha difeso la Cristianità e l’Europa.

Agostino Nobile è autore di: “Quello che i cattolici devono sapere – Almeno per evitare una fine ridicola” e “Anticristo Superstar
 

lunedì 23 novembre 2015

La legittimità delle Crociate, un atto di difesa

goffredo di buglione

di Massimo Viglione (Fonte: http://www.radiospada.org/ ) 

Dal VII all’XI secolo l’Islam ha sistematicamente attaccato e invaso manu militari gran parte delle terre di quello che era l’Impero Romano d’Occidente (premendo nel contempo senza sosta alle porte di quello d’Oriente), conquistando gran parte del Medio Oriente, l’Africa del Nord, la Penisola Iberica, tentando di varcare i Pirenei, poi occupando la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, risalendo con scorrerie fino a Lione e poi in Svizzera e alle Alpi, ponendo delle enclave fisse vicino Roma (le basiliche di San Pietro e San Paolo e l’abbazia di Montecassino furono distrutte), ma soprattutto terrorizzando per secoli le popolazioni cristiane mediterranee, specialmente quelle italiane.
Quattro secoli di invasioni militari (massacri di uomini, deportazioni di donne negli harem, conversione forzata dei bambini) e razzie, di cui nessuno mai potrà fare il calcolo non tanto dei danni materiali, quanto del numero dei massacrati e del dolore immenso causato a intere generazioni di cristiani, senza che questi potessero in alcun modo contrattaccare.
Gli stessi pellegrini che andavano in Terra Santa venivano spesso massacrati, specie a partire dall’XI secolo, con l’arrivo del dominio dei turchi selgiuchidi.
Tutto quanto detto deve essere tenuto presente prima di emettere qualsivoglia giudizio storico e morale sulla crociate: non si può infatti presentare i crociati come una “banda di matti fanatici” e ladri che calò improvvisamente in Palestina per rubare tutto a tutti e uccidere i poveri musulmani indifesi. Ciò è solo ridicolo, evidentemente sostenuto da chi non cerca la verità storica ma è mosso solo dal suo odio anticristiano (o dalla sua simpatia filoislamica).
Come sempre ufficialmente dichiarato dalla Chiesa tramite la voce dei Papi e dai teorici del movimento crociato (fra questi, san Bernardo di Chiaravalle) e dai teologi medievali (fra gli altri, san Tommaso d’Aquino e anche santa Caterina da Siena), lo scopo e la legittimità delle crociate risiedono nei seguenti princìpi fondamentali:
Il diritto/dovere assoluto della Cristianità a rientrare in possesso dei Luoghi Santi;
La difesa dei pellegrini (e a tal fine nacquero gli Ordini monastico-cavallereschi);
La legittima difesa dai secolari assalti della Jahad islamica.
Come si può notare, tutti e tre i princìpi indicati si fondano pienamente sul diritto naturale: quello del recupero della legittima proprietà privata lesa, quella della difesa del più debole dalla violenza ingiustificata, quello della legittima difesa da un nemico ingiustamente invasore.
È interessante notare a riguardo che le fonti islamiche sulle crociate, pur accusando i crociati di atti barbarici e stragisti di ogni genere, mai mettono però idealmente in dubbio il loro diritto alla riconquista dei Luoghi della Redenzione di Cristo. Da conquistatori, essi sanno che il diritto del più forte, su cui essi si fondano, prevede anche il contrattacco.
A questi tre princìpi poi, santa Caterina da Siena ne aggiunge un altro: il doveroso tentativo di conversione degli infedeli alla vera Fede, per la loro salvezza eterna, bene supremo di ogni uomo.
Per necessaria completezza, occorre tener presente poi che il movimento crociato non si esaurì nell’ambito dei due secoli (1096-1291) in cui avvennero la conquista e la perdita della Terra Santa da parte cristiana (crociate tradizionali); infatti, a partire dal XIV secolo, e fino agli inizi del XVIII, con l’avanzata inarrestabile dei turchi ottomani, di crociate se ne dovettero fare in continuazione; questa volta però non per riprendere i Luoghi Santi, ma per difendere l’Europa stessa (l’Impero Romano d’Oriente cadde in mano islamica nel 1453) dalla conquista musulmana.
I soli nomi di Cipro, Malta, Lepanto, Vienna (ancora nel 1683) ci dicono quale immane tragedia per secoli si è consumata anche dopo le stesse crociate “tradizionali” e ci testimoniano un fatto incontrovertibile e di importanza capitale: per quattro secoli prima e per altri quattro secoli dopo le crociate “tradizionali”, il mondo cristiano è stato messo sotto attacco militare dall’Islam (prima arabo, poi turco), subendo quella che può definirsi la più grande e lunga guerra d’assalto mai condotta nella storia, in obbedienza ai dettami della Jihad (Guerra Santa) voluta e iniziata da Maometto stesso. Mille anni di guerre. Per questo, occorre essere sereni, preparati e giusti nei giudizi.
Le crociate furono insomma anzitutto guerre di legittima difesa e di riconquista di quanto illegittimamente preso da un nemico invasore. Pertanto, ebbero piena legittimità storica e ideale (ciò non giustifica, ovviamente, tutte le violenze gratuite commesse da parte cristiana nel corso dei secoli). Ancor più ciò è valido a partire dal XIV secolo, quando l’unico scopo del movimento crociato divenne la difesa della Cristianità intera aggredita dai turchi.

mercoledì 18 febbraio 2015

Ecco come abbattere i 5 falsi miti sulle Crociate



Le crociate rappresentano uno degli eventi più fraintesi della storia occidentale. La stessa parola “crociata” ancora oggi viene utilizzata con una connotazione negativa, quando ad esempio si intende sottolineare un conflitto i cui moventi siano più ideologici che ideali; lo stereotipo più collaudato, invece, è quello che descrive avidi nobili europei dediti alla efferata conquista dei musulmani pacifici, con ricadute negative che perdurano ancora oggi grazie anche alla diffusione di tale tesi “a senso unico” nei maggiori testi scolastici occidentali.
La storia delle crociate in realtà richiede una sorta di purificazione che è oltretutto doverosa anche alla luce degli ultimi studi che provengono da ambiti accademici molto accreditati. Consapevoli della complessità della tematica, cercheremo di sintetizzare i fatti storici, riprendendo un articolo molto più approfondito, comparso su “Crisis magazine”circa i luoghi comuni consolidati, penetrati nell’immaginario collettivo. Un articolo simile è stato pubblicato in Ultimissima 17/05/11.
Mito #1: “le crociate furono guerre di aggressione non provocata”: 
E’ una falsità, poiché fin dai suoi inizi, l’Islam è stato un movimento violento e imperialista. A 100 anni dalla morte di Maometto, gli eserciti islamici avevano conquistato terre cristiane in Medio Oriente, Nord Africa e Spagna. La stessa Città Santa di Gerusalemme è stata presa nel 638, gli eserciti musulmani avevano conquistato i due terzi del mondo cristiano e i turchi stavano spingendo verso Costantinopoli, il centro della cristianità bizantina. Nell’XI secolo i cristiani in Terra Santa e i pellegrini che vi si dirigevano vennero a trovarsi in una situazione di costante persecuzione. Dopo la battaglia di Manzikert del 1071, lo stesso imperatore bizantino chiese aiuto ai cristiani in occidente, ma solo con  Papa Urbano II venne indetta la prima crociata nel 1095. Dunque le crociate furono missioni di difesa armata, con l’obiettivo di liberare i cristiani d’Oriente e Gerusalemme dal giogo dei musulmani.
Mito # 2: “le crociate miravano al saccheggio e alla sopraffazione”: 
Secondo una corrente di studi più antichi, il boom della popolazione europea registratosi nella metà del secolo XI ha reso necessario le crociate per offrire terre e titoli ai figli di nobili che erano tagliati fuori dalle eredità riservate ai primogeniti. Gli studi degli ultimi quarant’anni, invece,  hanno evidenziato, sulla base dei documenti esaminati, come  la maggior parte dei crociati erano primogeniti. Come ha affermato il prof. Madden, direttore del Saint Louis University’s Center for Medieval and Renaissance Studies, «non è stato colui che non aveva nulla da perdere a partecipare alle crociate, quanto piuttosto colui che ne aveva di più (T. Madden, “New Concise History of the Crusades”, Rowan & Littlefield Publishers, Inc., 2005, pag. 12). Ovviamente, come ha ricordato Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, non sono comunque mancati episodi inutilmente violenti.
Mito #3: “i crociati massacrarono gli  abitanti di Gerusalemme”: 
Questo mito non tiene conto delle regole di guerra vigenti nell’XI secolo. Lo sterminio degli abitanti che avevano rifiutato di arrendersi prima di un assedio era una pratica comune per qualsiasi esercito, cristiano o musulmano. Gli abitanti erano consapevoli di tutto questo quando hanno scelto di non arrendersi, al contrario sarebbero stati autorizzati a rimanere in città e mantenere i loro possedimenti. Nelle città che si sono arrese, infatti, Crociati hanno permesso ai musulmani di mantenere la loro fede e praticarla apertamente. Nel caso di Gerusalemme, la maggior parte degli abitanti era comunque fuggita alla notizia dell’esercito cristiano in arrivo, chi è rimasto è morto, è stato riscattato o espulso dalla città.
Mito #4: “le crociate ebbero per obiettivo anche lo sterminio degli ebrei”:
Ci si riferisce, all’operato del Conte Emich di Leiningen, ma non solo a lui, il quale da convinto antisemita, imperversò nel 1095 lungo la valle del Reno per dirigersi contro le comunità ebraiche, convincendosi dell’inutilità a marciare per 2500 miglia per liberare i cristiani d’Oriente, quando i “nemici di Cristo”, secondo lui, erano in mezzo ai cristiani. In realtà la sua iniziativa, con l’ausilio di pochi fanatici disposti a tutto, non ebbe mai l’approvazione della Chiesa e anzi molti vescovi cercarono di proteggere gli ebrei locali che si trovavano nelle loro diocesi, come il vescovo di Magonza. Imponenti i discorsi di San Bernardo di Chiaravalle durante la seconda crociata (1147 – 1149) contro l’antisemitismo: «Gli ebrei non devono essere perseguitati, né uccisi, né costretti a fuggire! » (in “Epistolae”). Questi sporadici attacchi non sono dunque da attribuire ai Crociatima a piccoli gruppi di uomini armati che ha seguito la loro scia.
Mito #5: “le crociate sono la fonte della tensione moderna tra Islam e Occidente”: 
Coloro che cercano risposte per spiegare l’11 settembre 2001 citano le crociate come causa scatenante per l’odio islamico e credono che i musulmani stiano cercando di “correggere gli errori” che derivano da esse. In realtà ci si dimentica che le crociate sono state dimenticate dal mondo islamico fino al XX secolo. A tal proposito è interessante notare come la prima storia araba delle crociate sia stata scritta solo nel 1899 e che il risentimento musulmano nei confronti delle crociate, non ultimo i deliranti appelli di Osama Bin Laden alla “jihad contro ebrei e crociati”, affondi piuttosto le sue radici nel nazionalismo, oltre che nella più recente chiusura del mondo islamico ai costumi occidentali. Dal punto di vista islamico, le Crociate furono un insignificante periodo storico, della sola durata di 195 anni (1096-1291), per la semplice ragione che non ebbero mai successo, a parte la Prima Crociata in cui è stata conquistata Gerusalemme ripresa però da Saladino nel 1187. Le perdite di uomini furono in massima parte cristiane, non certo musulmane! Curioso poi l’aneddoto ricordato nel 1899 da Kaiser Wilhelm durante il suo viaggio a Damasco, volendo visitare la tomba del grande Saladino, il vincitore dei Crociati, l’ha trovata in un grande strato di degrado, dimenticata e lasciata decadere. Lo storico Thomas F. Madden ha commentato: «la memoria artificiale delle crociate è stata costruita dalle moderne potenze coloniali e tramandata dai nazionalisti arabi e islamisti» (T. Madden, “New Concise History of the Crusades”, Rowan & Littlefield Publishers, Inc., 2005, pag. 222).

Conclusione:
Le crociate non soltanto erano mosse da alti sentimenti di difesa della libertà dei cristiani d’Oriente, oppressi dagli imperatori islamici, maritardarono anche di tre secoli l’invasione dell’Europa, tanto che lo storico René Grousset parla di responsabilità “mondiale” che la Chiesa si è assunta nella loro promozione (R. Grousset, “La storia delle crociate”, Piemme 2003). Verrà il giorno in cui si smetterà di considerare le crociate un peccato capitale della Chiesa Cattolica eseguito criminalmente dall’intero mondo occidentale?
Fonte: http://www.uccronline.it/

sabato 17 gennaio 2015

J. Ratzinger: estremisti islamici come i crociati, poco equilibrati


J. Ratzinger: estremisti islamici come i crociati, poco equilibrati

di CdP Ricciotti - http://radiospada.org/
Nelle scorse settimane ci siamo occupati dei rapporti fra J. Ratzinger ed il Giudaismo. Lo abbiamo fatto pubblicando una serie di documentati mini dossier dal contenuto certamente triste, soprattutto per chi crede nel J. Ratzinger “fine teologo” cattolico (clicca qui). Secondo alcuni satiristi, oggi sarebbe lui il Papa. Abbiamo dovuto decisamente smentire le varie convinzioni, ormai dal sapore piuttosto “mitologico”.
A seguito delle vicende di Nigeria e Parigi, ci sembra opportuno, adesso, pubblicare anche alcuni mini dossier che riguardano J. Ratzinger e la sua idea dell’Islam.
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Cosa pensa J. Ratzinger dell’Islam? Ci risponde lui stesso in «Salt of the earth», libro già citato in altre occasioni. Si legge alla pagina 244: «Una domanda difficile. Penso che prima dobbiamo realizzare che l’Islam non è una cosa uniforme. In realtà, non c’è una singola autorità per tutti i Musulmani, e per questo motivo il dialogo con l’Islam è sempre dialogo con certi gruppi. Nessuno può parlare per l’Islam interamente; esso non ha, così come era, una comune ortodossia regolata. E, a prescindere dallo scisma tra Sunniti e Sciiti, esso esiste anche in molte varietà».
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Prosegue: «C’è un Islam nobile, incarnato, per esempio, dal Re del Marocco, e c’è anche l’Islam estremista, terrorista, che, ancora, uno non deve identificare con l’Islam per intero, che lo renderebbe un’ingiustizia. Un punto importante, comunque, è quello che hai toccato sopra, cioè, che l’interazione di società, politica e religione ha una struttura completamente diversa nell’Islam per intero. La discussione odierna in Occidente circa la possibilità delle facoltà teologiche Islamiche o circa l’idea dell’Islam come una entità legale presuppone che tutte le religioni abbiano basicamente la stessa struttura, che esse tutte rientrino entro un sistema democratico con le sue leggi e le possibilità fornite da queste leggi. In sé stesso, comunque, ciò necessariamente contraddice l’essenza dell’Islam, che semplicemente non ha la separazione della sfera politica e di quella religiosa che la Cristianità ha avuto dal principio. Il Corano è una legge religiosa totale, che regola l’intera vita politica e sociale ed insiste che l’intero».
Secondo J. Ratzinger ci sarebbe «un Islam nobile» ed «un Islam estremista», proprio come dice Bruno Vespa oggi in TV; saremmo in presenza di varie interpretazioni del Corano; tuttavia «il Corano è una legge religiosa totale, che regola l’intera vita politica e sociale». Probabilmente J. Ratzinger non conosce la storia degli stati islamici, dove di «nobiltà» c’è solo quella che governa applicando la spietata legge coranica, di quasi unanime interpretazione, in violazione dei diritti naturali umani, in una sorta di tradizionale e convergente interpretazione del testo giuridico-religioso.
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Nel libro «Truth and tolerance», anno 2004, pagina 204, J. Ratzinger scrive: «sulla loro via verso la verità, possono diventare malati qua e là. Nell’Induismo (che è in realtà un nome collettivo per una intera moltitudine di religioni) ci sono alcuni meravigliosi elementi – ma ci sono anche aspetti negativi: coinvolgimento con il sistema delle caste; suttee [auto immolazione] per vedove, che si sono sviluppati dagli inizi in cui erano meramente simbolici; germogli del culto della dea Skati – tutti questi potrebbero essere menzionati, giusto per dare una minima idea. Ancora persino l’Islam, con tutta la grandezza che rappresenta, è sempre in pericolo di perdere equilibrio, lasciando prendere piede alla violenza e lasciando la religione scivolare via in mere osservanze esteriori e ritualismi. E ci sono ovviamente, come tutti sappiamo ma troppo bene, malate forme di Cristianità – come quando i crociati, nel prendere la città di Gerusalemme […]».
Quindi, secondo J. Ratzinger, l’Islam pacifista sarebbe buono e da incentivare, quello tradizionale sarebbe da contrastare. Sin dalla Sura II 190ss, cominciamo a trovare dei versi importanti per la definizione di guerra santa o jihad. Ne seguono un centinaio di altre. La tradizionale ed unanime interpretazione, quella jihadista di oggi, da Maometto fino ai primi del 1900, ma anche oltre in tutti gli stati islamici, conferma la vera natura dell’Islam così come lo conosciamo, per esempio, in Arabia, non in Occidente dove, grazie a Dio, l’Islam ancora non governa le nazioni. I tromboni dei media contemporanei mentono. Sono solamente gli esegeti moderni, molti dei quali verosimilmente ‘esuli’ in nazioni ‘democratiche’, a fornire esegesi moderate, contrarie alle tradizionali islamiche. Solo secondo alcuni esegeti moderni, verosimilmente isolati dall’Islam vero, il jihad deve essere contenuto ‘entro certi limiti’ e deve essere ‘solamente difensivo’. Nella realtà, la Sura II 190ss. è solo la prima ingiunzione a combattere di Muhammad, probabilmente dopo l’Egira. Difatti l’esegesi dei moderni moderati cozza direttamente con Sura IX 5 e principalmente IX 29. Tutto verte sulla lotta allo ‘scandalizzatore’. Scandalo è una moderna e difficile traduzione di ‘fitna’ che, nella realtà significa anche l’idea di prova, tentazione, persecuzione, scandalo, confusione, anarchia …. da combattere e distruggere ad ogni costo. Per capire l’evoluzione errata delle moderne interpretazioni si può studiare il Mercier, Introduction a l’evolution de la doctrine de la guerre sainte …. in ALI IBN HODEIL. EI ANDALUSY, l’Ornement des Ames, Parigi, 1939. Anche BAUSSANI, il Corano, Bur, 1996, p. 512, n. 190-191.
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J. Ratzinger, inoltre, equipara la Cristianità con la «grandezza dell’Islam», tutte e due «in pericolo di perdere equilibrio» come, secondo lui (dalla sua comoda sedia, protetto da soldati armati, vedendo col binocolo il campo di battaglia), accadde per i crociati, i quali, secondo lui, divennero «violenti». Lo avremmo voluto vedere in battaglia, circondato da tagliagola e stupratori.
Comunque, fin qui sono pareri, condivisibili o meno. Chi vi scrive non crede affatto che l’Islam sia «nobile», che faccia propria la «grandezza» e che i crociati furono come gli estremisti islamici.
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Nel suo discorso di Colonia alle comunità maomettane, 20 agosto 2005, in foto vediamo la versione inglese, qui c’è la italiana, J. Ratzinger si rivolge ai suoi «amici musulmani» ed afferma: «La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini». Potrebbe, oggi, dire ai suoi amici di non sterminare migliaia di cristiani innocenti in Africa.
Quindi, secondo lui, il Creatore che ha parlato agli uomini sarebbe sia Trinità che non Trinità. Secondo lui, i maomettani adorano «l’unico Dio».
Poi c’è il solito bug (sic!) presente in numerose versioni italiane dei discorsi fatti in lingua straniera. Nella versione italiana, già linkata, si legge: « Il credente infatti sa di poter contare, nonostante la propria fragilità, sulla forza spirituale della preghiera»; in quella inglese (clicca qui) si legge: «Il credente – e tutti noi, come Cristiani e Musulmani, siamo credenti – infatti sa di poter contare, nonostante la propria fragilità, sulla forza spirituale della preghiera». L’originale versione tedesca conferma la traduzione inglese: «Der gläubige Mensch – und wir alle als Christen und als Muslime sind gläubige Menschen – weiß, daß er sich trotz der eigenen Schwäche auf die geistige Kraft des Gebetes verlassen kann» (clicca qui).
Quindi in Inghilterra e Germania, Cristiani e Musulmani sono credenti insieme, in Italia, no. Sic! Chi pregano i maomettani, ovvero un falso “dio”, J. Ratzinger sembra ancora non averlo capito.
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Anche nell’immagine appena pubblicata ci sono vergognosi tagli nella versione italiana. Si possono usare i link indicati per comparare. Leggiamo nella versione tradotta da noi: «Voi guidate i credenti dell’Islam e li educate nella fede musulmana. L’insegnamento è il veicolo attraverso cui si comunicano idee e convincimenti. La parola è la strada maestra nell’educazione della mente. Voi avete, pertanto, una grande responsabilità nella formazione delle nuove generazioni. Apprendo con gratitudine di spirito in cui voi assumete responsabilità. Insieme, cristiani e musulmani, dobbiamo far fronte alle numerose sfide che il nostro tempo ci propone. Non c’è spazio per l’apatia […]».
La frase originale tedesca, che scompare dalla versione italiana dovrebbe essere: «Ich bin dankbar zu hören, in welchem Geist Sie diese Verantwortung wahren».
Senza fare illazioni, come comunque si può notare, questi documenti, cui ne seguiranno molti altri ben più tristi, sono in perfetta continuità con quelli dei suoi predecessori Wojtyla e Montini. Un esasperato falso ecumenismo, religione acattolica, dove addirittura in presenza di tale consapevolezza, ovvero «Voi guidate i credenti dell’Islam e li educate nella fede musulmana», non un accenno alla conversione, non una preghiera al vero Dio affinché essi si convertano, ma solo condivisione di ‘fede’ e di ‘divinità’, vaghi sofismi di modernismo e frasi da politicante di bassa virtù.
La «Mortalium Animos» di papa Pio XI, invece, spiega come deve comportarsi il Cattolico nel rapporto con le religioni dell’uomo, false religioni, come l’Islam.
Nei prossimi giorni proseguiremo sul tema, pubblicando altri mini dossier.

lunedì 25 agosto 2014

La legittimità storica e ideale delle Crociate



Ci permettiamo oggi , 25 agosto, di riproporre un articolo del proff. Massimo Viglione , specificamente incentrato sulle ragioni della legittimità storica, religiosa e morale delle crociate, che spero possa essere utile per rispondere alle usuali accuse.
Facciamo ciò nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Luigi IX Re di Francia, il Re crociato per antonomasia, che di crociate ne fece addirttura due, trovando la morte nella seconda.


San Luigi IX Re di Francia distribuisce l'elemosina ai poveri 


La legittimità storica e ideale delle crociate
(Di Massimo Viglione)

Per la formulazione di un giudizio idealmente e storicamente corretto sul fenomeno delle crociate nel suo insieme e sull’idea di Crociata in sé, occorre a monte richiamarsi ad alcuni princìpi imprescindibili e attenersi a dati storici precisi:
I territori di quella che per gli ebrei prima di Cristo era la “Terra Promessa” appartenevano appunto agli ebrei dai tempi di Mosè. I vari conquistatori (e per ultimi i Romani), nel corso dei secoli, non avevano intaccato questo principio: sebbene sotto conquista straniera, la Palestina/Israele era di fatto e di diritto la terra degli ebrei, il Regno di David, l’unico ricevuto e consacrato da e a Dio.
Da un punto di vista religioso e cristiano, gli ebrei, non riconoscendo – e condannando a morte – il Messia, perdettero per sempre il ruolo di “popolo eletto”, e, di conseguenza, il diritto a possedere la Terra Promessa, non essendo e costituendo più di fatto la “sinagoga/Chiesa” di Dio.
Con la distruzione del Tempio di Gerusalemme (unico centro religioso e civile degli ebrei) ad opera dei Romani (Tito, 70 d.C.) e con la loro cacciata definitiva dalla Palestina (Adriano, 132 d.C.), cambia per sempre la situazione: gli ebrei dovettero in massa abbandonare la loro terra (diaspora), di cui di fatto (cioè storicamente e politicamente) persero il controllo e il possesso.
Nel frattempo, la Palestina (non più Israele) da un lato continuò per secoli ad essere una provincia romana, dall’altro divenne per i cristiani la “Terra Santa” per eccellenza, dove il Figlio di Dio era nato, vissuto, aveva patito ed era morto e risorto per il riscatto di ogni uomo dal male e dal peccato, divenendo il Salvatore dell’umanità. Ciò significava, idealmente e in concreto, che la Palestina era ora appunto la “Terra Santa” in quanto terra di salvezza di ogni battezzato al mondo. Ciò fu ancora più evidente a tutti quando nel 380 d.C. l’Imperatore Teodosio a Tessalonica proclamò il Cristianesimo “Religione dell’Impero”. Roma si era fatta cristiana e lo stesso Vicario di Cristo risiedeva a Roma: era chiaro insomma che la Terra Santa apparteneva a Roma non più solo politicamente e militarmente, ma anche spiritualmente.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), la Terra Santa rimase ancora per due secoli provincia dell’Impero Romano d’Oriente, quindi “romana” e “cristiana” allo stesso tempo.
Nella prima metà del VII secolo nasce una nuova religione, l’Islam, e nella seconda metà i musulmani conquistano la Terra Santa. Ora, è evidente a tutti che quella che era stata prima la Terra Promessa per gli ebrei, poi il Regno di Israele, poi provincia romana, infine la Terra Santa dei cristiani, nulla aveva a che vedere con gli arabi-islamici, se non per diritto di violenza. L’avevano conquistata manu mulitari, e perseguitavano i cristiani ivi residenti e i pellegrini.
Questa premessa era necessaria per chiarire due principi a monte: 1) l’inesistenza assoluta da parte islamica di un diritto al possesso della Terra Santa, se non la mera forza della violenza; 2) la perduta legittimità da parte ebraica al possesso della Terra Santa, con il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento.
A tali questioni di principio, occorre poi unire il dato storico degli eventi dei secoli susseguenti, vale a dire il fatto che dal VII all’XI secolo l’Islam ha sistematicamente attaccato e invaso manu militari gran parte delle terre di quello che era l’Impero Romano d’Occidente (premendo nel contempo senza sosta alle porte di quello d’Oriente), conquistando gran parte del Medio Oriente, l’Africa del Nord, la Penisola Iberica, tentando di varcare i Pirenei, poi occupando la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, risalendo con scorrerie fino a Lione e poi in Svizzera e alle Alpi, ponendo delle enclave fisse vicino Roma (le basiliche di San Pietro e San Paolo e l’abbazia di Montecassino furono distrutte), ma soprattutto terrorizzando per secoli le popolazioni cristiane mediterranee, specialmente quelle italiane.
Quattro secoli di invasioni militari (massacri di uomini, deportazioni di donne negli harem, conversione forzata dei bambini) e razzie, di cui nessuno mai potrà fare il calcolo non tanto dei danni materiali, quanto del numero dei massacrati e del dolore immenso causato a intere generazioni di cristiani, senza che questi potessero in alcun modo contrattaccare.
Gli stessi pellegrini che andavano in Terra Santa venivano spesso massacrati, specie a partire dall’XI secolo, con l’arrivo del dominio dei turchi selgiuchidi.
Tutto quanto detto deve essere tenuto presente prima di emettere qualsivoglia giudizio storico e morale sulla crociate: non si può infatti presentare i crociati come una “banda di matti fanatici” e ladri che calò improvvisamente in Palestina per rubare tutto a tutti e uccidere i poveri musulmani indifesi. Ciò è solo ridicolo, evidentemente sostenuto da chi non cerca la verità storica ma è mosso solo dal suo odio anticristiano (o dalla sua simpatia filoislamica).
Le crociate sono state la risposta cristiana a cinque secoli di aggressioni militari, di stragi e profanazioni apportate dalla Jihad islamica.
Come sempre ufficialmente dichiarato dalla Chiesa tramite la voce dei Papi e dai teorici del movimento crociato (fra questi, san Bernardo di Chiaravalle) e dai teologi medievali (fra gli altri, san Tommaso d’Aquino e anche santa Caterina da Siena), lo scopo e la legittimità delle crociate risiedono nei seguenti princìpi fondamentali:
Il diritto/dovere assoluto della Cristianità a rientrare in possesso dei Luoghi Santi;
La difesa dei pellegrini (e a tal fine nacquero gli Ordini monastico-cavallereschi);
La legittima difesa dai secolari assalti della Jahad islamica.
Come si può notare, tutti e tre i princìpi indicati si fondano pienamente sul diritto naturale: quello del recupero della legittima proprietà privata lesa, quella della difesa del più debole dalla violenza ingiustificata, quello della legittima difesa da un nemico ingiustamente invasore.
È interessante notare a riguardo che le fonti islamiche sulle crociate, pur accusando i crociati di atti barbarici e stragisti di ogni genere, mai mettono però idealmente in dubbio il loro diritto alla riconquista dei Luoghi della Redenzione di Cristo. Da conquistatori, essi sanno che il diritto del più forte, su cui essi si fondano, prevede anche il contrattacco.
A questi tre princìpi poi, santa Caterina da Siena ne aggiunge un altro: il doveroso tentativo di conversione degli infedeli alla vera Fede, per la loro salvezza eterna, bene supremo di ogni uomo.
Per necessaria completezza, occorre tener presente poi che il movimento crociato non si esaurì nell’ambito dei due secoli (1096-1291) in cui avvennero la conquista e la perdita della Terra Santa da parte cristiana (crociate tradizionali); infatti, a partire dal XIV secolo, e fino agli inizi del XVIII, con l’avanzata inarrestabile dei turchi ottomani, di crociate se ne dovettero fare in continuazione; questa volta però non per riprendere i Luoghi Santi, ma per difendere l’Europa stessa (l’Impero Romano d’Oriente cadde in mano islamica nel 1453) dalla conquista musulmana. I soli nomi di Cipro, Malta, Lepanto, Vienna (ancora nel 1683) ci dicono quale immane tragedia per secoli si è consumata anche dopo le stesse crociate “tradizionali” e ci testimoniano un fatto incontrovertibile e di importanza capitale: per quattro secoli prima e per altri quattro secoli dopo le crociate “tradizionali”, il mondo cristiano è stato messo sotto attacco militare dall’Islam (prima arabo, poi turco), subendo quella che può definirsi la più grande e lunga guerra d’assalto mai condotta nella storia, in obbedienza ai dettami della Jahad (Guerra Santa) voluta e iniziata da Maometto stesso.
Mille anni di guerre. Per questo, occorre essere sereni, preparati e giusti nei giudizi.
Le crociate furono insomma anzitutto guerre di legittima difesa e di riconquista di quanto illegittimamente preso da un nemico invasore. Pertanto, ebbero piena legittimità storica e ideale (ciò non giustifica, ovviamente, tutte le violenze gratuite commesse da parte cristiana nel corso dei secoli). Ancor più ciò è valido a partire dal XIV secolo, quando l’unico scopo del movimento crociato divenne la difesa della Cristianità intera aggredita dai turchi.

martedì 8 aprile 2014

Le Crociate ci hanno fatto male?

crociate

Pochi papi, direi pochi ecclesiastici nella storia furono personalmente umili e distaccati come Marcello Ghislieri, papa San Pio V. Conosceva bene le vicissitudini della sorte, egli che, di famiglia nobile, aveva patito la povertà fino a dover guadagnarsi da vivere come pecoraio; monaco domenicano, indossò sempre il bianco saio, dando inizio alla consuetudine dell’abito pontificio; viveva senza sfarzo… Ma era stato inquisitore, e, da papa, si adoperò con abilità e decisione per dar vita alla Lega (o Confederazione) tra Venezia, Filippo II di Spagna e le potenze italiane che condurrà al trionfo di Lepanto del 7 ottobre 1571 sulla flotta turca; e che dimostrò per sempre la superiorità navale dell’Occidente e tolse agli Ottomani ogni velleità di conquista per mare.
Se S. Pio V non avesse fatto ciò, forse la basilica di San Pietro sarebbe divenuta una moschea, e, attraverso qualche laicizzazione, un museo come Santa Sofia. Ghislieri, se avesse scelto di non combattere, sarebbe passato alla storia come un papa umile? No, non sarebbe passato affatto, oggi giacerebbe dimenticato. Combatté e vinse, e la sua umiltà lo condusse ad attribuire il successo alla Madonna Auxilium Christianorum, che intitolò della Vittoria, e poi, proprio per evitare trionfalismi, del Rosario, da buon domenicano. La Madonna del Rosario si celebra il 7 ottobre, vero?
Certo, i combattenti di Lepanto non erano dei santi né tutti né parte di loro: marinai, avventurieri, pirati… Ma a loro dobbiamo se siamo rimasti cattolici e non siamo talebani.
Il lungo periodo di quelle che in seguito verranno chiamate Crociate è uno dei più contraddittori della storia del Mediterraneo, e vide di tutto, da massacri ad accordi, da tradimenti a magnificenze di cavalleria, da guerre tra cristiani a scontri di interessi a conflitti tra pretendenti a un trono perduto… com’è umano; e nessun risultato concreto, e ogni acquisto cristiano andò perduto entro il XIII secolo. Vero, ma per i due secoli precedenti venne arrestata l’avanzata turca e islamica su Costantinopoli e sull’Europa. Senza dire dei contatti culturali e commerciali; degli effetti sociali: dapprima vennero scaricati sull’Oriente tutti i conflitti sociali europei fatti di avventurieri senza feudo (la vicenda di Boemondo d’Altavilla è emblematica) e cavalieri erranti e potenziali briganti; poi l’assenza per anni di feudatari e re lasciò molto campo libero a città e borghesi. E non mancarono grandi figure come Goffredo di Buglione e gli Ibelin e S. Luigi IX; e santi e martiri. Insomma, non si possono liquidare le Crociate con una semplificazione di violenza / non violenza, umiltà / trionfalismo, come se noi fossimo seguaci di Gandhi e non di Gesù Cristo.
Anche oggi ci sono cristiani perseguitati e uccisi. Non dico che dobbiamo predicare “Deus vult” e partire tutti in guerra; ma una parola anche per loro, una pressione sui governi… prima che facciano come nei Balcani nel XIV e XV secolo, dove i nobili si convertirono all’islam per non pagare le tasse e i poveracci si nascosero e inselvatichirono per restare cristiani.
In Iraq, dopo duemila anni, a distruggere il Cristianesimo ci hanno pensato i liberatori americani.

di Ulderico Nisticò (http://radiospada.org/)

sabato 15 marzo 2014

Cronaca della battaglia di Famagosta 1571

tratto da: pisahistory.it

Mappa di Famagosta a fine Cinquecento
Mappa di Famagosta a fine Cinquecento

   Famagosta è difesa da settemila uomini e da 500 bocche da fuoco. Le fortificazioni, opera del celebre architetto Sammicheli, sono frutto delle più avanzate concezioni belliche: la cinta rettangolare delle mura, lunga quasi quattro chilometri e rafforzata ai vertici da possenti baluardi, è intervallata da dieci torrioni e coronata da terrapieni larghi fino a trenta metri. Alle spalle le mura sono sovrastate da una decina di forti, detti "cavalieri", che dominano il mare e tutta la campagna circostante, mentre all'esterno sono circondate da un profondo fossato. La principale direttrice d'attacco è difesa dall'imponente massiccio del forte Andruzzi, davanti al quale si protende, più basso il forte del Rivellino.

Per spaventare i difensori, Mustafà Pascià invia a Famagosta, racchiusa in una cesta, la testa del governatore di Nicosia, Niccolò Dandolo. Ma il Capitano Generale di Famagosta, Marcantonio Bragadin, di antico e nobile casato veneziano, non s'impressiona, respinge ogni intimidazione di resa e dà tutte le disposizioni necessarie per quella lunga ed eroica resistenza "che resterà sempre monumento di gloria negli annali militari". Bragadin ed i suoi uomini sono convinti che Venezia non li lascerà in balia del turco e che, prima o dopo, arriveranno i sospirati e promessi soccorsi.

Il 22 settembre 1570 il blocco di Famagosta è completo, dopo che anche Creta è caduta in mano agli ottomani. Un esercito di 200 mila uomini l'assedia per via terra, una flotta di 150 navi per via mare. I turchi hanno completato l'accerchiamento della città fino ad un tiro di cannone. Sulle alture circostanti millecinquecento cannoni ed alcuni obici giganteschi tengono sotto il loro micidiale tiro sia la fortezza che i quartieri cittadini; invano i veneziani cercano di salvare i più importanti monumenti e le chiese, ricorrendo a "travate di sostegno e cumuli di sacchetti di sabbia": tutto crolla o brucia irrimediabilmente e la popolazione, terrorizzata, si rifugia nella fortezza aggravando la già precaria situazione dei combattenti. Tra gravi privazioni e sofferenze - scarseggiano viveri e munizioni - passa così l'inverno 1570.

Nella primavera del 1571 Mustafà Pascià, che fino ad allora si è illuso di far cadere Famagosta per fame, decide di passare all'offensiva. Così all'alba del 19 maggio i millecinquecento cannoni turchi scatenano un bombardamento di potenza inaudita che si prolunga senza soste, notte e giorno, per millesettecentoventotto ore, sino alla fine della battaglia, con una tattica di demolizione sistematica delle postazioni difensive e di debilitazione psicofisica degli avversari che troverà riscontro solo durante l'ultima guerra mondiale con il martellamento italo-tedesco di Malta e con quello americano su Pantelleria. Ma poiché non bastano a piegare Famagosta, le 170 mila cannonate sparate durante la battaglia, Mustafà Pascià passa alla "guerra delle mine", con un impiego di esplosivo talmente grande per quantità e potenza da risultare senza precedenti.

I turchi scavano nottetempo lunghissimi cunicoli sotto il fossato e raggiungono così le fondamenta dei forti, minandole con forti cariche di esplosivo. Vasti tratti di postazioni saltano improvvisamente per aria sotto i piedi dei veneziani, mentre i turchi attaccano selvaggiamente a più ondate. L'otto luglio cadono su Famagosta 5 mila cannonate: è il preludio ad un ennesimo attacco generale che l'indomani si scatena, più massiccio che mai, contro il forte del Rivellino. Per arrestare i turchi, Bragadin non esita a dar fuoco alle polveri ammassate nei sotterranei della piazzaforte, sacrificando trecento soldati veneziani ed il loro comandante, Roberto Malvezzi. Con loro sotto le macerie del forte rimangono sepolti migliaia di ottomani.

A difendere Famagosta sono rimasti ormai solo duemila uomini, in gran parte feriti, debilitati dalla fame e dalle fatiche. Da tempo, esaurite le vettovaglie, militari e civili ricevono come razione giornaliera un po' di pane malfermo ed acqua torbida con qualche goccia di aceto. La situazione è disperata, anche se finalmente la Santa Lega contro il turco è stata sottoscritta, il 20 maggio, da tutti gli Stati interessati. Ma la flotta spagnola arriverà a Messina, dove già si sono date appuntamento le altre navi alleate, solo alla fine di agosto, quando ormai Famagosta è costretta a capitolare.

Il 29 luglio i difensori respingono un'altra terribile offensiva del nemico: decine di migliaia di turchi si alternano all'attacco che continua ininterrotto per oltre 48 ore, fino alla sera del 31. Per la prima volta, dopo 72 giorni, i cannoni ottomani finalmente tacciono; centinaia e centinaia di turchi giacciono sul campo di battaglia e sotto le mura della fortezza. Tra gli altri, lo stesso figlio primogenito di Mustafà Pascià. Questi, ignorando le misere condizioni degli assediati e preoccupato per le gravi perdite subite, offre ai veneziani patti insolitamente generosi ed onorevoli: se si arrendono, tutti avranno salvi vita ed averi, la popolazione sarà rispettata, chi lo chiederà sarà trasportato in paese neutrale, onori militari per i vinti.

Marcantonio Bragadin non vuole nemmeno ricevere il messaggero turco e, presagendo quanto sarebbe accaduto in caso di resa, respinge sdegnosamente l'offerta. Ma la maggior parte degli ufficiali, dei soldati, la stessa popolazione invocano la fine di una battaglia troppo impari. Famagosta, abbandonata dalla madrepatria, non ha più alcuna speranza di salvezza: bisogna almeno salvare la vita ai superstiti e salvaguardare la popolazione civile. I rappresentanti dei cittadini, il Vescovo, i magistrati, appositamente convocati, optano tutti per la resa. Tanto più che al primo agosto rimangono solo munizioni per una giornata di fuoco, mentre i difensori ancora validi sono ridotti a settecento (in media uno ogni 50-60 metri del perimetro difensivo).

Così il 4 agosto, dopo dieci mesi di assedio, i turchi possono entrare a Famagosta. Come Bragadin, che non volle firmare l'atto di resa, aveva previsto, i turchi non rispettano i patti. Mustafà Pascià, esasperato per la morte del figlio e dalla mancata espugnazione di Famagosta, soprattutto dopo aver accertato l'esiguità numerica dei veneziani, fa massacrare a tradimento tutti gli ufficiali e deportare come schiavi i soldati. Il colonnello Martinengo, l'unico che aveva avuto il coraggio di accorrere il 24 gennaio 1571 in soccorso di Famagosta a capo di un piccolo manipolo di soldati, è impiccato per tre volte. Marcantonio Bragadin è scuoiato vivo dopo tredici giorni di atroci torture: "... e lentamente staccarono dal suo corpo vivo la pelle, spogliandola in un sol pezzo, a cominciare dalla nuca e dalla schiena, e poi il volto, le braccia, il torace e tutto il resto ...". La pelle riempita di paglia è esposta a guisa di trofeo sull'antenna più alta della nave di Mustafà Pascià.

I turchi lasciarono sotto le mura di Famagosta ben 80 mila uomini, quanti all'inizio avevano destinato alla conquista dell'intera Cipro; i veneziani circa seimila.

mercoledì 30 ottobre 2013

"Piacenza e la prima crociata"

 
Articolo apparso sul n. 250 di Cristianità






Goffredo di Buglione
Goffredo di Buglione.
Difensore del Santo Sepolcro
e Governatore di Gerusalemme.

Se i luoghi comuni di carattere concettuale sono difficili da scalzare, sia perché costituiscono una sorta di "filosofia diffusa", l’unica riflessione diffusa, sia perché vanno sradicati con molta cautela in quanto somigliano ai proverbi — ma non li sono, ne sono anzi la contraffazione —, dal canto loro "sapienza diffusa", la resistenza offerta dai luoghi comuni storici è decisamente maggiore.
Sono indotto a fare questa considerazione dalla lettura di un piccolo volume — centocinquantotto pagine con numerose illustrazioni anche a colori —, una collettanea di studi storici occasionati dal novecentesimo anniversario dell’indizione della prima crociata. Si tratta di un’opera che difficilmente raggiungerà il grande pubblico, in quanto votata a entrare forse nelle biblioteche pubbliche, certamente nella biblioteca di storici locali e in quella di destinatari occasionali e di raccoglitori metodici di strenne. Infatti, il suo titolo suona Piacenza e la prima crociata, ed è pubblicata dalle Edizioni Diabasis di Reggio Emilia per conto della Banca di Piacenza (1), il cui presidente, l’avvocato Corrado Sforza Fogliani, nella presentazione la qualifica "contributo originale [...] all’approfondimento di un avvenimento di eccezionale importanza (che anche giudizi affrettati — e alla moda per non dire secondo moda — non riescono a scalfire [...])" (2), nonché "un punto fermo, d’ora in poi imprescindibile per ogni serio studioso" (3). Tollerabile — o intollerabile — retorica, espressione obbligata e ridondante di autoapprezzamento? Né l’una né l’altra. Infatti, l’avvocato Corrado Sforza Fogliani è nazionalmente noto come battagliero difensore del diritto di proprietà nel settore immobiliare in qualità di presidente della Confedilizia piuttosto che come presidente di un istituto bancario locale, ma è anche, da sempre, cultore di storia locale, quindi in grado di esprimere un giudizio non superficiale. Però — insisto senza far torto a nessuno, come appare immediatamente chiaro — si tratta di un’opera destinata a pochissimi lettori e a moltissimi raccoglitori di libri strenna, come segnala implicitamente, ma inequivocabilmente, la mancanza dell’indicazione del prezzo, nelle recensioni o nei repertori dei "libri ricevuti" consuetamente siglata in s.i.p., "senza indicazione di prezzo", una sorta di "marchio" che ne segna l’inesorabile destino. Ne parlo per evitare in qualche modo questo destino, questa destinazione che non mi pare giusta. Evidentemente non intendo perorare la causa di tutte le pubblicazioni locali e di tutti i libri strenna, anche se meriterebbero si spezzasse una lancia in loro favore. Ma credo di poter affermare, senza che mi faccia velo l’amore per la mia piccola patria — certo non inesistente ma, nel caso, non determinante in quanto essa è quasi solo occasione dell’opera —, che si tratta di testo meritevole di ben maggiore diffusione. E questo per la qualità dei collaboratori — un vero bouquet, visto che sono per la maggior parte francesi —, per la felicità delle sintesi e per le "novità" che presentano.
Comincio dai collaboratori. A illustrare il tema sono, sotto la guida sapiente di Pierre Racine, docente di Storia Medievale all’Università di Strasburgo e massimo storico vivente di Piacenza nell’età medioevale, sì da meritarne la cittadinanza onoraria, lo stesso Pierre Racine; quindi Jean Flori, direttore di ricerca al Centre National de la Recherche Scientifique — il CNR francese — nonché collaboratore del Centre d’Études Supérieurs de Civilisation Médiévale, di Poitiers; Jacques Heers, docente emerito di diverse università di Francia e d’Algeria, cultore della storia di Genova e del quale nel 1995, a cura di Marco Tangheroni e per i tipi di Jaca Book, è stata tradotta in italiano la monumentale ricerca La città nel Medioevo in Occidente. Paesaggi, poteri e conflitti (4); Jean Richard, dell’Institut de France, già docente di Storia Medievale nell’Università di Borgogna, a Digione; Pierre Maraval, docente di Storia dell’Antichità Cristiana nella Facoltà di Teologia Protestante dell’Università di Scienze Umane, di Strasburgo; e, finalmente, Giancarlo Andenna, docente di Storia Medievale nella sede di Brescia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Quanto alle "novità" cui ho accennato, mi limito a segnalare il fatto che, se la prima crociata è stata indetta in termini canonici a Clermont, in Francia, nel novembre del 1095, è però stata annunciata per la prima volta, in qualche modo anticipata, in occasione del Concilio di Piacenza, tenutosi nella Quaresima dello stesso anno e che — sia detto di passaggio — ha visto la partecipazione di ben trentamila laici.
Vengo ai contributi. Jean Richard descrive L’Occidente prima delle crociate (5), Giancarlo Andenna La società lombarda e la prima crociata (6), Jacques Heers Le implicazioni economiche della prima crociata (7), e Pierre Racine, oltre a introdurre (8), a concludere (9) — indicando il carattere del volume, "[...] non una nuova storia della Prima Crociata, ma degli "strumenti" per capire ciò che fu questa grande spedizione" (10) —, e a proporre una bibliografia essenziale (11), illustra i rapporti fra I Lombardi e la prima crociata (12). Ma rilievo particolare hanno, nell’ottica in cui mi sono posto, gli studi di Jean Flori, che espone L’idea di crociata (13), e di Pierre Merval, che mette a fuoco I pellegrinaggi dei cristiani nei luoghi santi della Palestina prima delle crociate (14).
Il contributo di Jean Flori è percorso da fastidiosi atteggiamenti ideologici quanto al problema della valutazione della professione militare e della guerra nel primo cristianesimo e in quello medioevale, e contiene un riferimento di dubbia precisione a un documento di Papa Giovanni VIII (15); inoltre, la sua traduzione — insieme a mende di minore o maggior rilievo presenti anche in altre parti del volume — comporta purtroppo due "non" in più, che ledono il senso dell’esposizione (16). Nonostante ciò vi si descrive in ultima analisi felicemente l’incontro fra la Chiesa e la categoria dei guerrieri, e vi si propone, a proposito della crociata, l’interpretazione di essa come pellegrinaggio armato, anche se mi pare che l’autore non valuti adeguatamente, accanto all’"evoluzione delle mentalità" (17), lo sviluppo della dottrina a fronte di situazioni diverse.
E appunto di diversissime situazioni fa stato lo studio che segue quello di Jean Flori, cioè la fondamentale ricerca di Pierre Merval, che nota come i cristiani, nei primi tre secoli, fossero adepti di "[...] una religione non autorizzata, talvolta esposta alla persecuzione: ciò spiega anche come i fedeli non possano, anche se lo desiderassero, manifestare un particolare interesse per dei luoghi e recarvisi a scopo di culto" (18). Quindi periodizza adeguatamente la pratica del pellegrinaggio dal secolo IV al VI, "la grande epoca del pellegrinaggio" (19), poi dal secolo VII al X, quando il pellegrinaggio ai Luoghi Santi si fa più difficile, ma non impossibile, a causa dell’irruzione dell’islam. Si tratta di un tempo d’incertezza cui fa seguito una schiarita nella prima metà del secolo XI, quindi, nella seconda metà dello stesso secolo, "la presa di Gerusalemme da parte dei Selgiukidi nel 1071 — scrive — procurò alla città nuove distruzioni; poi essa fu di nuovo occupata dai Fatimidi nel 1098. È noto che la risonanza di questi fatti e dei massacri che li seguirono e l’emozione che suscitarono in Occidente ebbero un ruolo essenziale nell’organizzazione della prima crociata" (20). Ecco fondata nei fatti storici la ragione della crociata, conferma di quanto scritto negli anni Ottanta da monsignor Giorgio Fedalto in Perché le crociate. Saggio interpretativo (21). Ma, se tali fatti sono, almeno in tesi, noti agli storici, certo non hanno spazio adeguato né nei libri scolastici di storia né, tanto meno, sono tenuti in qualche considerazione dagli operatori dei mass media, autentici "turchi di professione", come venivano chiamati in Algeria — nella prima metà del secolo XIX — gli europei che, per premunirsi contro i mutamenti d’umore dei musulmani, di cui ogni tanto gli "infedeli" pagavano le spese, si convertivano all’islam (22). Infatti, questi "turchi di professione" fanno eco sui mass media occidentali all’"intellighenzia" islamica che, al problema "da dove il "ritardo islamico" nei confronti della civiltà occidentale?", non pratica l’autocritica e risponde criminalizzando la crociata. Mentre questa fu soltanto un pellegrinaggio, intrapreso dai cristiani quando, finalmente usciti dalle catacombe, poterono andare a visitare i luoghi santificati dalla presenza terrena del Signore Gesù; e questo pellegrinaggio divenne armato quando ne furono gravemente ostacolati. Senza mettere in gioco la fede altrui, ma limitandosi a manifestare coraggiosamente la propria.
Giovanni Cantoni
* Articolo anticipato, senza note e con il titolo Le ragioni di quel pellegrinaggio armato, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, anno XLV, n. 2, 3-1-1996, p. 17.

(1) Cfr. Pierre Racine (a cura di), Piacenza e la prima crociata, Edizioni Diabasis, Reggio Emilia 1995.
(2) Ibid., p. 7.
(3) Ibidem.
(4) Cfr. Jacques Herrs, La città nel Medioevo in Occidente. Paesaggi, poteri e conflitti, trad. it., a cura di Marco Tangheroni, Jaca Book, Milano 1995.
(5) Cfr. P. Racine (a cura di), op. cit., pp. 51-66.
(6) Cfr. ibid., pp. 67-88.
(7) Cfr. ibid., pp. 103-123.
(8) Cfr. ibid., pp. 9-10.
(9) Cfr. ibid., pp. 125-128.
(10) Ibid., p. 10.
(11) Cfr. ibid., pp. 153-154.
(12) Cfr. ibid., pp. 89-101.
(13) Cfr. ibid., pp. 15-33.
(14) Cfr. ibid., pp. 35-50.
(15) Cfr. ibid., p. 21, dove viene attribuita a Papa Giovanni VIII, in una lettera dell’879 ai vescovi dell’impero, l’espressione "contra paganos atque infideles", contenuta invece nel regesto di una lettera dell’876 all’imperatore Carlo il Calvo (PL 126, col. 816), pure richiamata precedentemente.
(16) Cfr. "non erano i "soldati di Cristo" (milites Christi)" (p. 15), e "non si comporta perciò da malicida" (p. 32), da leggere senza le negazioni.
(17) Ibid., p. 15.
(18) Ibid., p. 35.
(19) Cfr. ibid., pp. 35-40.
(20) Ibid., p. 47.
(21) Cfr. Giorgio Fedalto, Perché le crociate. Saggio interpretativo, Pàtron, Quarto Inferiore (Bologna) 1980; cfr. la recensione di Marco Tangheroni, in Cristianità, anno XIII, n. 118, febbraio 1985, pp. 7-8.
(22) Cfr. Jean-Pierre Péroncel-Hugoz, Le radeau de Mahomet, Flammarion, Parigi 1984, p. 11.

martedì 26 febbraio 2013

Le crociate come categoria dello spirito

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“ Popolo dei Franchi, popolo d’oltre i monti, popolo come riluce in molte delle vostre azioni eletto ed amato da Dio, distinto da tutte le nazioni sia per il sito del vostro paese che per l’osservanza della fede cattolica e per l’onore prestato alla Santa Chiesa, a voi si rivolge il nostro discorso e la nostra esortazione.
Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci abbia condotto nelle vostre terre; quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci abbia qui, attratti. Da Gerusalemme e da Costantinopoli é pervenuta e più d’una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i musulmani, gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, stirpe dal cuore incostante e il cui spirito non fu fedele al Signore, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della propria religione. Abbattono gli altari dopo averli sconciamente profanati, circoncidono i cristiani e il sangue della circoncisione o spargono sopra gli altari o gettano nelle vasche battesimali; e a quelli che vogliono condannare a una morte vergognosa perforano l’ombelico, strappano i genitali, li legano a un palo e, percuotendoli con sferze, li conducono in giro, sinché, con le viscere strappate, cadono a terra prostrati. Altri fanno bersaglio alle frecce dopo averli legati ad un palo; altri, fattogli piegare il collo, assalgono con le spade e provano a troncare loro la testa con un sol colpo. Che dire della nefanda violenza recata alle donne, della quale peggio è parlare che tacere? Il regno dei Greci è stato da loro già tanto gravemente colpito e alienato dalle sue consuetudini, che non può essere attraversato con un viaggio di due mesi. A chi dunque incombe l’onere di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi cui più che a tutte le altre genti Dio concesse insigne gloria nelle armi, grandezza d’animo, agilità nelle membra, potenza d’umiliare sino in fondo coloro che vi resistono?
Vi muovano e incitino ali animi vostri ad azioni le gesta dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo Magno e di Ludovico suo figlio e degli altri vostri sovrani che distrussero i regni dei pagani e ad essi allargarono i confini della Chiesa. Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore nostro, ch’è in mano d’una gente immonda, e i luoghi santi, che ora sono da essa vergognosamente posseduti e irriverentemente insozzati dalla sua immondezza. O soldati fortissimi, figli di padri invitti, non siate degeneri, ma ricordatevi del valore dei vostri predecessori; e se vi trattiene il dolce affetto dei figli, del genitori e delle consorti, riandate a ciò che dice il Signore nel Vangelo ” chi il padre e la madre più di me, non è degno di me. Chiunque lascerà il padre o la madre o la moglie o i figli o i campi per amore del mio nome riceverà cento volte tanto e possederà la vini eterna”. Non vi trattenga il pensiero di alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete e vi osteggiate a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra voi. Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano le contese, si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. Prendete la via del santo Sepolcro, strappate quella terra a quella gente scellerata e sottomettetela a voi: essa da Dio fu data in possessione ai figli di Israele; come dice la Scrittura, in essa scorrono latte e miele.
Gerusalemme è l’ombelico del mondo, terra ferace sopra tutte quasi un altro paradiso di delizie; il Redentore del genere umano la rese illustre con la sua venuta, la onorò con la sua dimora, la consacrò con la sua passione, la redense con la sua morte, la fece insigne con la sua sepoltura. E proprio questa regale città posta al centro del mondo, è ora tenuta in soggezione dai propri nemici e dagli infedeli, è fatta serva del rito pagano. Essa alza il suo lamento e anela ad essere liberata e non cessa d’implorare che voi andiate in suo soccorso. Da voi più che da ogni altro essa esige aiuto poiché a voi è stata concessa da Dio sopra tutte le stirpi la gloria delle armi. Intraprendete dunque questo cammino in remissione dei vostri peccati, sicuri dell’immarcescibile gloria del regno dei cieli.
0 fratelli amatissimi, oggi in noi si è manifestato quanto il Signore dice nel Vangelo: Dove due o tre saranno radunati nel mio nome, ivi io sarò in mezzo a loro. Se il Signore Iddio non avesse ispirato i vostri pensieri, la vostra voce non sarebbe stata unanime; quantunque essa abbia risuonato con timbro diverso, unica fu tuttavia la sua origine: Dio che l’ha suscitata, Dio che l’ha ispirata nei vostri. cuori. Sia dunque questa vostra voce il vostro grido di guerra, dal momento che essa viene da Dio.
Quando andrete all’assalto dei bellicosi nemici, sia questo l’unanime grido di tutti i soldati di Dio: “Dio lo vuole! Dio lo vuole!”
E noi non invitiamo ad intraprendere questo cammino i vecchi o quelli che noti sono idonei a portare le armi; né le mogli si muovano senza i mariti o senza i fratelli o senza i legittimi testimoni: tutti costoro sono più un impedimento che un aiuto, più un peso che un vantaggio. I ricchi sovvengano i poveri e conducano a proprie spese con loro uomini pronti a combattere. Ai sacerdoti e ai chierici di qualunque ordine non sia lecito partire licenza dei loro vescovi, perché questo viaggio sarebbe inutile per loro senza questo consenso; e neppure ai laici sia permesso partire senza la benedizione del loro sacerdote. Chiunque vorrà compiere questo santo pellegrinaggio e ne avrà fatto promessa a Dio e a lui si sarà consacrato come vittima vivente santa e accettevole porti sul suo petto il segno della croce del Signore; chi poi, pago dei suo voto, vorrà ritornarsene, ponga alle sue terga; sarà così adempiuto il precetto che il Signore dà nel Vangelo: “Chi non porta la sua croce e non viene dietro di me non è degno di me. ”
 
Discorso sulla Crociata di Papa Urbano II al Concilio di Clermont, 27 novembre 1095
 
Tratto dal libro “La Chiesa fra le Tempeste” di Roberto de Mattei, 2012, Sugarco Edizioni
 
A cura di Federico
 
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