Redazione A.L.T.A.
Visualizzazione post con etichetta Carlismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Carlismo. Mostra tutti i post
martedì 9 maggio 2017
[VIDEO] Storia del Carlismo: Javier I (1889-1977), una vita al servizio della Tradizione
In occasione del XL anniversario della morte di S.M.C. Javier I di Spagna (1889-1977), avvenuta nell'ospedale di Zizers vicino a Coira (Svizzera) il 7 maggio 1977, in sua memoria, riportiamo questo eccelso video. Buona visione!
Redazione A.L.T.A.
Redazione A.L.T.A.
lunedì 23 gennaio 2017
VIDEO: S.A.R. Sisto Enrico di Borbone omaggia S.M.Cristianissima Luigi XVI di Francia.
Il giorno sabato 21 gennaio 2017, S.A.R. Sisto Enrico di Borbone, legittimo Capo della Casa di Borbone o di Francia, ha reso omaggio al Re Martire Luigi XVI di Francia nel 224° anniversario del suo Martirio.
Di Redazione A.L.T.A.
Etichette:
Carlismo,
Casate d'Europa,
Cattolicesimo Tradizionale,
Contro-Rivoluzione,
La vera storia d'Europa,
Legittimismo,
Politica,
Regno di Francia,
Rivoluzione,
Sociale
giovedì 8 dicembre 2016
8 dicembre: Buona Festa dell'Immacolata Concezione
giovedì 17 novembre 2016
Il Codice Penale Carlista e il crimine di Lesa Patria .
No, non è una legge della tirannide nazionalista che tutto agglomera e tutto distrugge, cancellando identità e tradizione, ma una saggia legge emanata da S.M.C. Carlo VII di Spagna nel 1875:
ART. 135. La temptativa per destruir la independència o integritat de l’Estat serà castigada amb la pena de mort.
ART. 137. L’espanyol que prengués les armes contra la seva pàtria sota banderes enemigues serà castigat amb la pena de cadena temporal en el seu grau màxim a la de mort.
ART. 138. S’imposarà també la pena de cadena temporal en el seu grau màxim a la de mort:
1r A que facilités a l’enemic l’entrada al Regne, el progrés de les seves armes o la presa d’una plaça, lloc militar, vaixell de l’Estat o magatzems de boca o guerra del mateix. (…)
Codi Penal de Don Carlos VII, per la Gràcia de Déu Rei d’Espanya. Impremta Reial de Tolosa, 1875. Secretaria d’Estat i Despatx de Gràcia i Justícia de SMC.
Fonte: https://somatemps.me/
Di Redazione A.L.T.A.
Fonte: https://somatemps.me/
Di Redazione A.L.T.A.
mercoledì 9 novembre 2016
Il "complotto di corte" nella Spagna del 1830-1833
![]() |
L'atto "cesaristico" di Ferdinando VII
(Prammatica Sanzione del marzo 1830).
|
Filippo V e le sue Cortes stabilirono la Legge Salica, secondo cui le donne non possono ereditare la Corona. Le Cortes di Carlo IV (1789) proposero al Re l’abrogazione della Legge Salica, però questo progetto non ottenne la sanzione reale, per cui l’abrogazione non entrò in vigore. Ferdinando VII, mediante la Prammatica Sanzione (29 marzo 1830), sanzionò la proposta delle Cortes del 1789. Questa Prammatica Sanzione non è valida; Ferdinando VII avrebbe dovuto riunire le sue Cortes per abrogare la Legge Salica. La facoltà di stabilire queste leggi fondamentali del Regno necessità del consenso congiunto del Re e delle Cortes; è chiaro che non poteva esserci consenso attribuito alle Cortes di un regno (Carlo IV) e il re di un altro regno (Fernando VII). Lo spazio temporale relativamente breve (43 anni) tra la proposta delle Cortes e la Prammatica Sanzione, causò un quadro non sufficientemente chiaro per permettere una visione della illegittimità della procedura. Ma oltre a questo vi fu la Prammatica Sanzione strappata a Ferdinando VII, sotto forte pressione, quando venne colpito dalla grave malattia che lo privò delle sue facoltà, come riportato da Donna Eulalia di Borbone, figlia dell’Infanta Isabella “II”, che conferma certamente il complotto di corte perpetrato:
![]() |
Donna Eulalia
di Borbone-Spagna
|
"Por ella (la reina Cristina) conocí la versión exacta y el minucioso relato del origen del problema carlista..." "...la Infanta Luisa Carlota -madre de mi padre y esposa de Don Francisco de Borbón- había jurado reiteradamente a Don Carlos, que no sería Rey de España. A PESAR DE QUE EL HIJO SEGUNDO DE CARLOS IV ERA YA PARA TODOS EL HEREDERO NATURAL DE SU HERMANO FERNANDO, que no tenía hijo varón" "..Tenaz en sus rencores la bella y caprichosa Luisa, ya moribundo mi abuelo, se las ingenió para convencerle de que firmara el Real Decreto de la abolición (de la Ley Sálica). APROVECHO PARA ESTO UN MOMENTO EN EL QUE EL REY, PREAGÓNICO CASI SIN VOLUNTAD, estaba sólo acompañado de mi abuela, PRESENTÁNDOLE EL DOCUMENTO QUE APENAS PODÍA FIRMAR Y AYUDÁNDOLE CON SU PROPIA MANO A ESTAMPAR LA AUTORITARIA FIRMA TEMBLOROSA." (1)
![]() |
L'Infante Francesco di Paola
di Borbone-Spagna
|
I principi dell’Illuminismo prima, e della Rivoluzione Francese poi, si estesero in Spagna. Tutto il Regno di Ferdinando VII è una continua lotta tra coloro i quali difendevano l’ordine tradizionale e i liberali rivoluzionari. In seguito a ciò due tendenze si posero, da un lato Don Carlo, e dall’altro il partito della Rivoluzione, i cui membri pensavano che mettere sul Trono una bambina di tre anni avrebbe reso loro facile governare.
La massoneria appoggiò i rivoluzionari: l’Infante Don Francesco di Paula (fratello di Ferdinando VII) Gran Maestro della massoneria, e sua moglie Donna Luisa Carlotta (sorella della Regina Maria Cristina, moglie di Ferdinando VII), costituirono gli elementi principali di questo appoggio. Durante tutta questa lotta, nonostante il suo carattere, Don Carlo diede costante prova di presenza e di affetto verso suo fratello il Re Ferdinando VII.
(1) Memorias de Doña Eulalia de Borbón, Infanta de España. Editorial Juventud, S.A., Barcelona, julio 1958, págs, 17 y 18.
(2) L'ordine tradizionale è quello della monarchia cattolica spagnola ed europea, anche se con differenze significative tra di loro, denaturalizzate dalle correnti assolutistiche, ma senza ancora raggiungere una sovvertimento dei principi, venne sovvertito con la Rivoluzione francese.
Fonte: Carlismo
Etichette:
Carlismo,
Casate d'Europa,
Contro-Rivoluzione,
La vera storia d'Europa,
Le Spagne,
Legittimismo,
Massoneria,
Politica,
Rivoluzione
venerdì 4 novembre 2016
4 novembre, giorno della Dinastia Legittima delle Spagne
Il giorno 4 novembre è la festività di San Carlo Borromeo, il Giorno della Dinastia Legittima.
In suffragio di tutti i suoi membri, specialmente dei Re e Regine legittimi e Infanti di Spagna che morirono in esilio, si offre la Santa Messa in Oviedo, Capilla Cristo Rey (C/. Pérez de la Sala, 51, bajo) oggi venerdì 4 novembre, alle 20:30.
La Dinastía legittima, anche conosciuta come carlista, è formata dai Re successori di Ferdinando VII e di tutti i precedenti Re di Spagna. Tra il 1833 e il 1977, questi Re sono, secondo l'ordine della Corona di Castiglia: Carlo V, Carlo VI, Giovanni III, Carlo VII, Giacomo I (III di Aragona), Alfonso Carlos (il vero Alfonso XII) e Saverio I. Attualmente la Dinastia è guidata dall'Infante Don Sisto Enrico di Borbone, legittimo Reggente della Comunión Tradicionalista e delle Spagne.
Di Redazione A.L.T.A.
sabato 8 ottobre 2016
Nota dei Carlisti del Principato di Cataluña: Ne di Esercizio Ne di Origine
![]() |
Ne di Esercizio Ne di Origine |
In vista della annunciata visita di Carlo Saverio di Borbone-Parma a Barcellona e per avvertire il popolo catalano e il resto degli spagnoli di fronte ad una più che probabile confusione e eterodossia delle sue parole e atti pubblici i carlisti catalani dichiarano:
1- Non vi è alcuna costanza nella volontà di Carlo Saverio di accettare i cinque fondamenti della Legittimità spagnola che stabilì il Re Don Alfonso Carlo come una condizione indispensabile per il suo futuro successore: (1) la Unità Cattolica, (2) la costituzione naturale e organica degli Stati e Corpi della società tradizionale, (3) la federazione storica delle differenti regioni della Patria spagnola, (4) la autentica Monarchia Tradizionale e (5) i principi, spirito e stesso stato di diritto e legislativo precedente al così detto diritto nuovo.
2- Nessuno dei manifesti e dichiarazioni pubbliche di Carlo Saverio di Borbone-Parma sono in linea dottrinale al pensiero politico carlista, vale a dire, nulla ha a che vedere con il pensiero tradizionalista catalano. Al contrario tutto è in linea con la corrente delle ideologie della modernità, con certi abboccamenti al nazionalismo che ripugna la coscienza dei carlisti catalani.
3- Suo figlio non ha alcun diritto al Trono di Spagna. Il legittimo Stato di diritto e legislativo della Monarchia spagnola stabilisce una successione semisalica agnatica alla Corona, che è anche quella tradizionale della Corona di Aragona. Una pragmatica contro questa norma non può stabilirsi senza il concorso delle Cortes convocate espressamente a tal fine. Contro questo abuso dispotico di Ferdinando VII si sollevarono i carlisti. Lo stesso abuso dispotico è da considerarsi per chi considera i discendenti di un matrimonio diseguale, non dinastico, come successori al Trono. Questo è il caso del figlio di Carlo Saverio di Borbone-Parma.
Alcuni carlisti catalani hanno avuto occasione di salutare in Barcellona in altre occasioni Carlo Saverio di Borbone-Parma. E desiderarono che accettasse i principi intangibili della legittimità spagnola. Lamentandosi che egli non avesse preso tale strada.
Carlisti del Principato di Cataluña. Valls, 7 ottobre 2016.
Festività di Ntra. Sra. del Rosario.
Nota: alcune parti sono state adattate pur rispettando integralmente il messaggio divulgato da tale comunicato.
Redazione A.L.T.A.
giovedì 6 ottobre 2016
Il Principato delle Asturie fu il primo a dichiarare esclusi due "Principi delle Asturie", padre e figlio: Carlo Ugo e Carlo Saverio.
Recentemente alcuni media asturiani, facendo eco ad un articolo superficiale e senza documentazione di una rivista digitale appropriatamente chiamata Vanitatis, hanno parlato del supposto Principe delle Asturie carlista (il quale, se fosse vero, dovrebbe essere chiamato semplicemente Principe delle Asturie legittimo, il vero Principe delle Asturie). Insieme a ciò hanno attribuito all'ex-principe Carlo Saverio (di Borbone Parma e Lippe-Biesterfeld) la guida del Carlismo; e ciò è tanto radicalmente falso da essere risibile. Carlo Saverio non è altro che un signore olandese molto ricco, un alto impiegato di banca speculativa, sposato con una giornalista senza alcun rango, e la cui ignoranza ti tutto ciò che ha a che vedere con il Carlismo è pari a quella dell'autore dell'articolo apparso su Vanitatis. Del resto non è cattolico. Non è cattolico il padrino del figlio Carlo Enrico (un plebeissimo e bellissimo bambino al quale i media hanno attribuito il titolo di <<Principe delle Asturie carlista>>) che non è altro che il fratello del Re d'Olanda, calvinista dichiarato. Per non parlare dei passi falsi precedenti.
Si da il fatto che molti anni fa, quando l'allora giovane Carlos Saverio sembrava che potesse superare e contrastare il tradimento di suo padre Carlos Ugo alla causa carlista, è stata la Juventudes Tradicionalistas Asturianas la prima che ha lanciato una campagna per farlo conoscere. Quando Carlos Saverio era il Principe delle Asturie, come nipote dell'ultimo legittimo re di Spagna, Don Francesco Saverio di Borbone e Braganza, e nipote del Reggente, Don Sisto Enrico di Borbone e Borbone Busset. Di tale campagna si discuterà un'altra volta.
Però poco dopo, come accadde vent'anni prima, dovette essere la Giunta Carlista del Principato delle Asturie la prima a dichiarare l'esclusione del Principe delle Asturie. La prima volta fu con il padre di Carlo Saverio, il già menzionato Carlo Ugo. Si dichiarava l'esclusione, vale a dire, si dava atto di un fatto: che per contravvenzione ai principi della Tradizione e alle leggi tradizionali di Spagna, un principe perde i suoi diritti e smette di esserlo. In ambo i casi la Giunta Regionale delle Asturie si vide obbligata a prendere l'iniziativa di fronte ad una circostanza anomala, come erano quelle causate dall'assenza di autorità nazionale effettiva della Comunione Tradizionalista in quei momenti. Similmente a come dovette agire nel 1808 la Giunta Generale del Principato delle Asturie, della quale è direttamente successore la Giunta Carlista.
Il documento il cui fac-simile è riportato qui sopra è la dichiarazione che la Deputazione Permanente della Giunta Carlista del Principato delle Asturie emise in Oviedo il giorno 4 novembre 1997. Si tratta dell'originale che rimase per un certo periodo confidenziale. Con indicazione del Reggente Don Sisto Enrico, non venne successivamente diffuso, dal momento che il Duca d'Aranjuez nutriva la speranza di ricondurre suo nipote alla legittimità e alla tradizione. Speranza alla quale non rinunciò fino a poco tempo fa, quando l'accumulo dei fatti contrari dimostrarono definitivamente l'impossibilità di tale conversione. Di seguito il testo originale:
La diputación permanente de la Junta Carlista del Principado de Asturias, ante la falta de organismo superior en el momento presente, ha juzgado necesario hacer pública la presente
DECLARACIÓN:
En 1977, a la muerte en el exilio de S.M.C. Don Javier de Borbón (q.s.g.h.) la normal sucesión se vio truncada por la inhabilitación en que había incurrido su hijo mayor D. Carlos Hugo por su infidelidad a los principios de la Tradición y por su aceptación del régimen imperante.
Desde entonces la Comunión Tradicionalista estuvo bajo la regencia de la Reina viuda Doña Magdalena de Borbón (q.s.g.h.) y del Infante Don Sixto Enrique, Abanderado de la Tradición, en la esperanza de que el hijo mayor de D. Carlos Hugo, S.A.R. Don Carlos Javier de Borbón, cumpliría su deber al alcanzar la mayoría de edad. Es aquí donde comienza la responsabilidad de esta Junta, al haber reconocido a Don Carlos Javier como Príncipe de Asturias legítimo.
Han pasado ya varios años desde que el Príncipe Carlos Javier cumplió la mayoría de edad; sin que, a pesar de algunos signos esperanzadores, haya manifestado su disposición a desempeñar las obligaciones de su rango o a prestar juramento de fidelidad a los principios tradicionales de las Españas y a los derechos y libertades de este Principado.
Por el contrario se dan los siguientes hechos: D. Carlos Javier utiliza documentación española conforme a la legalidad vigente, extremo que siempre había sido evitado por los príncipes de la Dinastía legítima por lo que representa de acatamiento a la usurpación reinante. Ha evitado recibir formación militar, indispensable para el desempeño de sus funciones. Y ha mostrado en otros aspectos su adaptación a los contravalores dominantes.
Los anteriores errores pueden encontrar justificación o disculpa, y atribuirse a inexperiencia o mal consejo. Pero recientemente D. Carlos Javier ha dado otro paso que muestra a las claras su absoluto abandono de las responsabilidades dinásticas y políticas que le corresponden: acompañado de su hermana Dña. María Carolina, ha asistido en Barcelona a la boda de Iñaki Urdangarín con la hija menor del Jefe del Estado, cuya familia representa desde 1833 la antítesis absoluta de la Familia Real carlista.
Este gravísimo error ha sido además innecesario y vergonzoso: la Casa Ducal de Parma fue invitada a la boda por La Zarzuela, sin que se esperase que viniera ninguno de sus miembros. A pesar de la invitación, La Zarzuela suprimió su nombre de la lista oficial de invitados facilitada a los medios de información y su presencia de las fotografías oficiales. Para redondear la humillación, la Infanta Dña. María Teresa (tía de D. Carlos Javier y colaboradora habitual del olvidado D. Carlos Hugo) intentó en el último momento que el diario ABC se hiciese eco de la presencia de sus sobrinos en la boda.
Nos parece manifiesto, pues, que D. Carlos Javier renuncia a sus derechos sucesorios. Éstos pasan, y así lo declaramos, a su hermano menor Don Jaime de Borbón y Lippe-Biesterfeld; de quien esperamos una pronta respuesta.
Entretanto, renovamos nuestra expresión de acatamiento a la regencia de S.A.R. Don Sixto Enrique de Borbón, a quien se comunica la presente Declaración.
En Oviedo, a cuatro de noviembre de mil novecientos noventa y siete, festividad de San Carlos Borromeo, Día de la Dinastía Legítima.
En Oviedo, a cuatro de noviembre de mil novecientos noventa y siete, festividad de San Carlos Borromeo, Día de la Dinastía Legítima.
Refrendan esta declaración con su firma: Pablo García-Argüelles Arias. Luis Infante de Amorín. Gonzalo Mata Fernández-Miranda. Jesús de Pedro Suárez. Víctor Rodríguez Infiesta. Manuel de Vereterra Fernández de Córdoba.
Purtroppo, anche Giacomo di Borbone Parma, che era il seguente in ordine di successione, ha seguito il medesimo procedere irresponsabile del fratello maggiore, e ha perduto ugualmente tutti i suoi diritti. Però la Dinastia non finisce qui, e le leggi successorie tradizionali ne garantiscono la legittima prosecuzione in tutte queste circostanze.
I leali asturiani, nel frattempo, rimangono vigili. La Monarchia tradizionale e la successione legittima sono troppo importanti per le Spagne, e non si possono lasciare all'arbitrio delle incompetenti mani della vanidades.
Fonte: https://laslibertades.com/2016/10/06/asturias-fue-la-primera-en-declarar-excluidos-a-dos-principes-de-asturias-padre-e-hijo-carlos-hugo-y-carlos-javier/
Di Redazione A.L.T.A.
lunedì 3 ottobre 2016
Piccolo ripasso del legittimo Stato di diritto della Monarchia spagnola...
Il legittimo Stato di diritto e legislativo della Monarchia spagnola stabilisce una successione semisalica agnatica alla Corona. Una prammatica contro questa norma non può stabilirsi senza il concorso delle Cortes convocate espressamente a tal fine.
Non si può nemmeno considerare i discendenti di un matrimonio diseguale, non dinastico, come successori al Trono. In ambo i casi, i tentativi di <<aggiornamento>> per via di fatto o di decreto sono esempi di dispotismo assolutista, anche quelli dipinti da <<progressismo>> .
Fonte: Carlismo
domenica 2 ottobre 2016
2 Ottobre 1833- 2 Ottobre 2016: CLXXXIII anniversario del Carlismo
CLXXXIII anniversario del Carlismo (Sollevazione di Talavera de la Reina, 1833). ¡Viva Carlos V!
Fonte: Carlismo
Fonte: Carlismo
giovedì 29 settembre 2016
29 settembre 1936 - 29 settembre 2016: LXXX anniversario della scomparsa di S.M.C. Alfonso XII di Spagna.
Per commemorare l'LXXX anniversario della scomparsa di S.M.C. Don Alfonso Carlo di Borbone e Austria-Este, il vero Alfonso XII di Spagna. R.I.P.
Come conseguenza delle ferite riportate in seguito all'incidente nel quale venne investito da una camionetta dell'esercito il giorno precedente, alle prime ore del mattino del 29 di settembre del 1936 moriva in esilio a Vienna Sua Maestà Cattolica Don Alfonso Carlo di Borbone e Austria-Este, Re legittimo delle Spagne, Duca di San Jaime e d’Anjou, a l’età di 87 anni. La sua morte fu una tragica e inaspettata notizia, perché egli godeva di ottima salute e facoltà. Mentre i suoi requetés passavano di vittoria in vittoria nella Penisola (l’ultimo documento ufficiale di Don Alfonso Carlo fu il suo telegramma di felicitazioni per la liberazione del Alcázar de Toledo), l’Arcangelo San Michele accoglieva la sua anima santa, di guerriero di Dio.
Gli sopravvisse la sua sposa, la gran Regina Donna Maria de las Nieves di Braganza. Fu succeduto da suo nipote Don Francesco Saverio di Borbone Parma, il quale Don Alfonso Carlo aveva nominato Principe Reggente nel caso che la sua morte fosse avvenuta prima di aver chiarito a chi corrispondeva la successione legittima. E proprio Don Saverio diverrà nel 1952 Re legittimo delle Spagne.
Gli sopravvisse la sua sposa, la gran Regina Donna Maria de las Nieves di Braganza. Fu succeduto da suo nipote Don Francesco Saverio di Borbone Parma, il quale Don Alfonso Carlo aveva nominato Principe Reggente nel caso che la sua morte fosse avvenuta prima di aver chiarito a chi corrispondeva la successione legittima. E proprio Don Saverio diverrà nel 1952 Re legittimo delle Spagne.
Fonte: Carlismo
venerdì 29 luglio 2016
Lo Stato Tradizionalista nelle parole di Juan Vázquez de Mella

Ammettendo il principio r...egionalista, si può affermare: che le stesse leggi non sono applicate a tutte le regioni spagnole. Come un cappotto confezionato da un sarto non veste bene a tutti gli uomini.
Le famiglie hanno esigenze che da sole non possono soddisfare. E si aggruppano per formare il municipio. Il municipio è anteriore alla regione. E deve essere libero perchè se viene mediato, non potrà formare regioni libere. Il municipio ha assoluta libertà di amministrarsi. E di possedere proprietà comunali. Nel municipio comincia la vita pubblica del cittadino partendo dalla famiglia.
Juan Vázquez de Mella
giovedì 21 luglio 2016
Chi è Celedonio de Jarauta?
Si hanno molte poche informazioni storiografiche su Celedonio de Jarauta, e questo è il chiaro effetto della censura storica. Per il momento possiamo scrivere quanto segue su Padre Jarauta:
Celedonio Domeco de Jarauta nacque a Zaragoza, Spagna, nel 1814 e morì in Guanajuato, nel 1848. Francescano, prima di giungere al presbiterato, lottò nel suo paese a favore del legittimo Re di Spagna Carlo V (Prima Guerra Carlista). Quando la guerra finì, si imbarcò per l'America sbarcando a Veracruz nel 1844. Si secolarizzò in questo porto e ottenne un invito dal vescovo di Vázquez in una parrocchia a Puebla, che lasciò ben presto per stabilirsi nel convento de la Merced a Veracruz (…).
Dettaglio di "Calderote".
Nel 1847, in occasione dell'invasione da parte dell'esercito federale statunitense, fu nominato cappellano del 2° Battaglione di Infantería, al comando del colonnello Arzamendi. Preferì formare varie guerriglie con le quali realizzò notevoli azioni, sorprendendo le forze statunitensi in differenti punti della regione veracruzana e hidalguense. Firmata la pace con gli Stati Uniti, si stabilì nel Lagos de Moreno, Jal., dove il 1° di luglio del 1848 lanciò il piano contro-rivoluzionario che porta il suo nome, contro il Trattato di Guadalupe. Il generale Paredes y Arrillaga aderì al movimento e il 15 luglio, chiamato da Manuel Doblado, marciarono e occuparono la piazza di Guanajuato; il 18 seguente Jarauta e le sue forze partirono per Mellado e Valenciana, punto questo dove cadde prigioniero. Presentato al generale Cortazar, fu mandato al generale Anastasio Bustamante e quest'ultimo ne ordinò la fucilazione.
Tratto dalla “Enciclopedia de México”, Rogelio Álvarez (coord.), pág. 4474.
Fonte: https://carlistasmejico.wordpress.com/
lunedì 18 luglio 2016
18 luglio 1936-18 luglio 2016: 80 anni dall'Alzamiento!
Il giorno 18 luglio 1936, esattamente ottanta anni fa, i Requetés si sollevarono in tutta la Spagna con una parte dell'esercito per i diritti di Dio e della patria contro il governo rivoluzionario della repubblica, dando inizio alla Cruzada de Liberación Nacional.
Di Redazione A.L.T.A.
sabato 11 giugno 2016
Tra Prammatica sanzione del 1759, Corona di Spagna, delle Due Sicilie e di Parma e "perplessità neoborboniche/neolegittimiste"
E' vero che la Prammatica Sanzione di S.M.C. Carlo III di Spagna del 1759 determinò la separazione definitiva tra la Corona di Spagna e la Corona delle Due Sicilie ( e anche quella di Parma) così che il legittimo Re di Spagna non possiede voce in capitolo nei confronti del ramo di Napoli (e anche nei confronti di quello di Parma)? No! E ciò si può spiegare in 3 punti:
1º. Una prammatica sanzione è una norma di rango inferiore alle leggi fondamentali. In ogni caso, la prammatica del 1759 è complementare a dette leggi e non le contraddice.
1º. Una prammatica sanzione è una norma di rango inferiore alle leggi fondamentali. In ogni caso, la prammatica del 1759 è complementare a dette leggi e non le contraddice.
2º. Le monarchie di Napoli e Parma sono state costituite come suffraganee, vale a dire, semi-sovrane. Prova di ciò è che il Re di Napoli e i Duca di Parma utilizzavano il titolo di Infante di Spagna prima di quello inerente alla propria semi-sovranità o tra i titoli ad essi appartenenti.
3º. Ciò che Carlo III fece fu separare i rami (ramo maggiore, ramo di Napoli, ramo di Parma) per evitare il cambio di corone (se stesso alla morte dei suoi fratelli, è stato prima Duca di Parma, poi Re di Napoli e Sicilia e, infine, Re di Spagna) in modo che, non essendoci discendenza di Filippo V maggiore alla sua persona, succedesse il figlio a Napoli e in Sicilia ( così come il fratello ed i suoi figli mantennero la semi-sovranità su Parma). Per tutto il resto, rimangono in vigore le disposizioni legislative di successione spagnola.
La pretesa di una dinastia delle Due Sicilie o di Parma completamente indipendenti è storicamente e legalmente ridicola.
Ringraziamo gli amici della Comunión Tradicionalista per averci fornito il materiale presentato in questo articolo.
Redazione A.L.T.A.
3º. Ciò che Carlo III fece fu separare i rami (ramo maggiore, ramo di Napoli, ramo di Parma) per evitare il cambio di corone (se stesso alla morte dei suoi fratelli, è stato prima Duca di Parma, poi Re di Napoli e Sicilia e, infine, Re di Spagna) in modo che, non essendoci discendenza di Filippo V maggiore alla sua persona, succedesse il figlio a Napoli e in Sicilia ( così come il fratello ed i suoi figli mantennero la semi-sovranità su Parma). Per tutto il resto, rimangono in vigore le disposizioni legislative di successione spagnola.
La pretesa di una dinastia delle Due Sicilie o di Parma completamente indipendenti è storicamente e legalmente ridicola.
Riguardo agli “ostinati
relativisti” che si aggrappano, o cercano di aggrapparsi, a ciò che non c’è, e
nello specifico a coloro che rinnegano la condizione di Infanti di Spagna dei
membri dei rami Ispanoitaliani di Napoli e Parma, riporto una serie di “punti
esplicativi”.
Primo esempio:
Ricordiamoci che Ferdinando I di
Parma (Parma,
20
gennaio 1751 – Fontevivo, 9 ottobre 1802) non era figlio
del Re di Spagna! Egli era figlio di Filippo I di Parma, figlio a sua volta di
Filippo V di Spagna e fratellastro minore di Ferdinando VI di Spagna e fratello
minore di Carlo III di Spagna.
Un altro esempio sull'aggiunta del titolo di Infante di Spagna prima di quello inerente alla propria semi-sovranità o tra i titoli appartenenti ai membri dei rami Ispanoitaliani è il
seguente:
Infante di Spagna
(vale a dire un suddito del Re di Spagna), era il Duca di Parma Roberto I (1848-1907),
ed è qualcosa di universalmente conosciuto e riconosciuto:
L'Infante
di Spagna è un suddito del Re di Spagna e soggetto alle leggi di
successione spagnola! Per chi afferma che i re delle Due Sicilie o i duchi di
Parma non aggiunsero in tutti i documenti l’intera lista dei titoli a loro
correlati, vorrei ricordare che nemmeno il Re di Spagna usava la sua titolatura
completa in tutti gli atti legislativi, naturalmente.
Vorrei
riportare un Concordato con la Santa Sede come un esempio di atto legislativo
di alto livello nel quale viene riportato il titolo di Infante di Spagna prima
degli altri titoli:
Sono
stati Infanti di Spagna, e quindi sudditi del Re di Spagna, tutti i Re di
Napoli e tutti i duchi di Parma dalla restaurazione ispanica di questi stati da
parte di Don Filippo V.
I
membri del ramo Due Sicilie usarono il titolo di Infante di Spagna, cosa che
smisero di fare e ripresero pubblicamente nel corso del travagliato secolo XIX,
specie dopo che la successione spagnola
subì le complicazioni derivanti
dall’usurpazione liberale. Durante la terza guerra carlista riutilizzarono quel
titolo apertamente, pur non essendo né loro né i membri della ramo di Parma
figli o fratelli del Re di Spagna.
Per essere più chiari , se il successore alla Corona delle Spagne è un fratello o un cugino del Re, per esempio, non è Principe
delle Asturie, titolo che spetta solo al
primogenito del regnante, ma è Infante ereditario.
In maniera definitiva con Filippo V e, fuori da ogni dubbio, con Carlo III, i figli degli Infanti di Spagna che non sono incorsi in causa di esclusione sono Infanti di Spagna a loro volta. E’ questo il caso dei Borbone-Parma e Borbone-Due Sicilie i quali usarono questo titolo apertamente durante la Terza Guerra Carlista, come detto precedentemente.
E’ impossibile per un Borbone possedere il diritto al Trono delle Spagne senza essere Infante di Spagna. Quando Ferdinando II delle Due Sicilie protestò contro la "prammática sanzione" con la quale Ferdinando VII pretendeva di alterare l’ordine successorio spagnolo, lo fece tra le altre ragioni anche perché tale atto pregiudicava i propri diritti al Trono più alto (quello di Spagna). Ciò implica, anche se non l’ha usato (diplomáticamente) in questo documento, che si riconosceva come Infante di Spagna:
In maniera definitiva con Filippo V e, fuori da ogni dubbio, con Carlo III, i figli degli Infanti di Spagna che non sono incorsi in causa di esclusione sono Infanti di Spagna a loro volta. E’ questo il caso dei Borbone-Parma e Borbone-Due Sicilie i quali usarono questo titolo apertamente durante la Terza Guerra Carlista, come detto precedentemente.
E’ impossibile per un Borbone possedere il diritto al Trono delle Spagne senza essere Infante di Spagna. Quando Ferdinando II delle Due Sicilie protestò contro la "prammática sanzione" con la quale Ferdinando VII pretendeva di alterare l’ordine successorio spagnolo, lo fece tra le altre ragioni anche perché tale atto pregiudicava i propri diritti al Trono più alto (quello di Spagna). Ciò implica, anche se non l’ha usato (diplomáticamente) in questo documento, che si riconosceva come Infante di Spagna:
Per chi non demorde e si
aggrappa al “Per la grazia di Dio” e non “Per la grazia del Re di Spagna” è
utile ricordare che "Per la grazia di Dio" governa qualunque
governante. La dottrina cattolica insegna che tutti i poteri vengono da Dio. Questo non ha nulla a che
fare con la dottrina del “diritto divino” dei re, che è protestante.
Per
concludere, osservate attentamente lo stemma reale delle Due Sicilie: nelle
armi reali delle Due Sicilie, che sono quelle di Spagna con aggiunte, è chiaro
che appartengono ai Borbone di Spagna. Il linguaggio araldico era molto chiaro
per i nostri antenati.
Infine, ricordiamoci che ciò non significa che il Regno delle Due Sicilie fosse un "Viceregno", appellativo scorretto da usare anche quando ci si riferisce al periodo così detto spagnolo, ma che il Re delle Due Sicilie (come il Duca di Parma), essendo Infanti di Spagna, erano (e sono) sudditi del Re di Spagna al quale devono la propria infeudazione. Ringraziamo gli amici della Comunión Tradicionalista per averci fornito il materiale presentato in questo articolo.
Redazione A.L.T.A.
Etichette:
Carlismo,
Casate d'Europa,
Ducato di Parma,
La vera storia d'Europa,
La vera storia d'Italia,
Le Spagne,
Legittimismo,
Politica,
Regno delle Due Sicilie
venerdì 3 giugno 2016
Giugno, mese del Sacro Cuore

«De todos es conocido que durante mi mando en Cataluña, en 1873, hice entronizar el Sagrado Corazón de Jesús en la bandera de mis zuavos, colocando este divino emblema sobre las armas del Santo Padre y las de España, y ...que consagré el Ejército a mí confiado a este divino Corazón.
Fiel a la devoción de toda mi vida y en justo anhelo de que sea hermosa realidad su reinado de paz y de amor sobre nuestra querida Patria, sus instituciones y sus leyes.
Yo, de mi libre voluntad, en este día en que la Iglesia celebra la fiesta del Deífico Corazón, Prometo Solemnemente que, si la Divina Providencia dispone que sea yo llamado a regir los destinos de España, será entronizado el Sagrado Corazón de Jesús en el escudo nacional, siendo colocado sobre las flores de lis de la Casa de Anjou y entre los cuarteles de Castilla y de León, bajo la Corona Real.
Seguro de interpretar los sentimientos religiosos del pueblo español, hago esta declaración, que firmo hoy, en mi destierro, a 3 de junio de 1932.
ALFONSO CARLOS
A la Junta Suprema Nacional de la Comunión Tradicionalista.»
http://www.carlismo.es/
Yo, de mi libre voluntad, en este día en que la Iglesia celebra la fiesta del Deífico Corazón, Prometo Solemnemente que, si la Divina Providencia dispone que sea yo llamado a regir los destinos de España, será entronizado el Sagrado Corazón de Jesús en el escudo nacional, siendo colocado sobre las flores de lis de la Casa de Anjou y entre los cuarteles de Castilla y de León, bajo la Corona Real.
Seguro de interpretar los sentimientos religiosos del pueblo español, hago esta declaración, que firmo hoy, en mi destierro, a 3 de junio de 1932.
ALFONSO CARLOS
A la Junta Suprema Nacional de la Comunión Tradicionalista.»
http://www.carlismo.es/
mercoledì 1 giugno 2016
TRADIZIONE: MIGUEL AYUSO, COSÌ SI COMBATTE NEL SECOLO XXI

LETTERA NAPOLETANA lo ha chiesto al prof. Miguel Ayuso, docente di Scienza della Politica e di Diritto Costituzionale all’Università Comillas di Madrid, presidente dell’Unione Internazionale dei Giuristi Cattolici, e direttore della prestigiosa rivista Verbo, edita dalla Fundación Speiro.
D. Il Tradizionalismo, in Europa, continua ad esprimere un pensiero di notevole qualità intellettuale e a produrre studi di valore, ma ha un impatto debole sulla realtà politica-sociale. Se condivide questo giudizio, come lo spiega?
R. Vorrei ricordare anzitutto che il tradizionalismo è la continuità, esistenziale ed intellettuale, della Cristianità, come incarnazione sociale del Vangelo. Elías de Tejada lo ha chiarito bene parlando del Carlismo: dopo la crisi della Christianitas maior del Medioevo, la Monarchia ispanica del periodo barocco (della quale il Regno di Napoli era parte importante) costituí una sorta di Christianitas minor e, quando quest’ultima fu contagiata da idee deleterie, i suoi ideali sopravvissero nel Carlismo, in forma di Christianitas minima. È logico dunque che, se la tradizione cattolica viene abbandonata prima nella sfera politica, poi in quella sociale, il tradizionalismo (purtroppo, l’ismo è indispensabile) si riduca ad un ambito intellettuale. A questo si aggiunge un secondo problema: nella Cristianità sussistevano una serie di elementi dottrinali e di opere che dopo la sua scomparsa si sono frantumati e successivamente si sono spesso assolutizzati. Potremmo dire, ripetendo quanto Chesterton diceva parlando delle virtù, che sono “impazziti”. C’è chi si preoccupa esclusivamente della giusta difesa della Santa Messa tradizionale di fronte al disastro del “nuovo rito”, chi si dedica esclusivamente alla morale naturale familiare, trascurando gli altri ambiti del retto agire umano. E c’è chi si dedica alla politica, riducendola ad una battaglia per l’autonomia territoriale oppure alla legittimità dinastica. Il Carlismo ha subito negli ultimi decenni una drastica riduzione della sua base sociale ma, con la vera Comunione Tradizionalista, quella di S.A.R Don Sisto-Enrique di Borbone, non ha visto frantumarsi il suo patrimonio ideale.
D. In Italia, lo schieramento tradizionalista, già meno significativo di quello francese o spagnolo, conosce alcune clamorose defezioni ed è diviso in gruppi e singoli che sembrano interessati ad una battaglia di pura testimonianza…
R. Direi, se me lo consente, che un tradizionalismo vero e proprio in Italia non si è mai delineato. Ad impedirlo è stata prima l’unificazione, imposta contro il Papa e contro il Regno borbonico di Napoli, e, successivamente, nella seconda metà del XIX secolo, il modello conservatore straniero, soprattutto di reazione in senso negativo, adottato dai gruppi che facevano riferimento al tradizionalismo. Le recenti defezioni di alcuni di questi gruppi sono una conferma del suo fallimento. Altri gruppi più recenti si muovono nella prospettiva limitata della quale parlavo prima, oppure sono privi già in partenza di una visione d’insieme. Vorrei citare però in campo intellettuale – ma non slegato dai problemi reali – una figura di rilievo come il professor Danilo Castellano.
D. In Francia invece i tradizionalisti, nonostante le forti divisioni che pure esistono, riescono ad avere un’influenza concreta sulle vicende politiche, se pensiamo alla reazione della Manif pour Tous, oppure alla battaglia in difesa della Sovranità nazionale contro il neo-totalitarismo dell’Unione Europea. A che cosa lo attribuisce?
R. Non credo che in Francia il tradizionalismo abbia una influenza effettiva sulla politica. Certo, la Manif pour Tous è stata un successo dei cattolici perché ha dimostrato la loro capacità di reazione, ma non si può inquadrarla solo in ambito tradizionalista. Anche in Spagna il governo Zapatero suscitò una reazione forte, ma la definisco più conservatrice che tradizionalista. Direi che questi episodi di reazione sono stati una mobilitazione di cattolici conservatori, innescati però abilmente da elementi tradizionalisti. Accade lo stesso con la battaglia contro l’Unione Europea, espressione di una corrente di pensiero sotterranea in Francia, che emerge periodicamente e non è costituita solo da tradizionalisti. Non mi soffermo sul concetto, che considero errato, di “Sovranità nazionale”. Non è alla logica della Sovranità (in ambito maggiore o minore) che dobbiamo fare riferimento, ma a quella del bene della Comunità politica, che rispetta gli enti minori ed è aperto ad integrazioni da parte di quelli superiori. In sintesi, in Francia il tradizionalismo è riuscito a collegarsi in parte con le aspirazioni di un’ampia area liberal-conservatrice, cosa che non è avvenuta in Italia o in Spagna. Ma, nonostante la presenza di un ambiente tradizionalista più esteso che in Spagna o in Italia, non mi pare che il tradizionalismo francese esprima un pensiero più acuto o sia più lungimirante nell’analisi della situazione presente e del futuro. Vorrei citare, come esempio di lucidità la rivista Catholica diretta da Bernard Dumont, che supera, per profondità ed acutezza di analisi la storica Itinéraires.
D. In America Latina, dove svolge un’intensa attività di seminari nelle Università e di incontri con giuristi e studiosi del pensiero politico, vede prospettive migliori per la Tradizione?
R. Ci sono Paesi come il Messico, dove resiste una fede popolare vigorosa, nonostante la sovrastruttura laicista del Paese, che risale alla secessione e soprattutto alla Rivoluzione del secolo scorso. Il movimento tradizionalista, però, non è significativo. In Colombia c’è ancora una devozione mariana molto viva, ma il Partito Conservatore, al quale hanno aderito personalità di area tradizionalista, è ormai un partito liberal-conservatore in tutto e per tutto, come è logico che sia, poiché, mantenendo le leggi rivoluzionarie, il governo diventa sempre più liberale. C’è una personalità straordinaria, quella del Procuratore Generale Alejandro Ordoñez, che dispone di un grande potere ed è la terza o quarta autorità del Paese. Lui sarebbe capace di cambiare le cose. Neanche in Perù, un Paese ancora sociologicamente cattolico, c’è una forza tradizionalista apprezzabile. Paradossalmente l’Argentina, un Paese molto più secolarizzato, vede la presenza di un tradizionalismo che, per quanto diviso e mescolato con il nazionalismo ed altri errori moderni, ha un certo peso intellettuale e sociale. Si tratta, però, di un ambito di influenza che non incide sulla società nel suo complesso. La stessa situazione del Cile, aggravata da un individualismo che impedisce la nascita di gruppi o movimenti e riduce il tradizionalismo a singole personalità di valore. Resta il Brasile…. Concludendo, nell’America ispanica ci sono piccoli gruppi tradizionalisti, spesso di grande qualità, ma il panorama complessivo non è molto diverso da quello europeo. La Comunión Tradizionalista, attraverso il suo braccio culturale, che è il Consiglio di Studi Ispanici Filippo II mantiene i contatti con i leader ed i gruppi più interessanti ed ha propri delegati in gran parte del Continente e non solo.
D. LETTERA NAPOLETANA pubblica il suo numero 100. Si tratta di un’iniziativa idealmente gemella ad altre Lettere d’Informazione pubblicate on-line in Spagna, sul modello di Agencia FARO, in Francia, in Portogallo. Che importanza attribuisce a questa battaglia di informazione e controinformazione? I piccoli mezzi d’informazione, animati da buona dottrina, possono servire a contrastare i “battaglioni della grande stampa”, come sosteneva Ploncard d’Assac, della Tv e di Internet?
R. Siamo molto soddisfatti del ruolo che si è ritagliato Agencia FARO, che si è affermata come un importante mezzo di comunicazione del tradizionalismo spagnolo, con l’attenzione rivolta all’Ispano-America, ma anche all’Europa ed agi Fa informazione, ma fornisce chiavi di lettura e di interpretazione degli avvenimenti. Seguo con interesse anche altri piccoli media di diversi Paesi, in particolare la vostra eccellente Lettera Napoletana. Ad essere sincero mi pare che ci troviamo di fronte ad un fenomeno a due facce: da un lato si ha l’impressione di poter contrastare, con mezzi molto limitati i grandi mass-media che diffondono, grazie ad ingenti investimenti, l’ideologia dominante del nichilismo globalizzato. Dall’altro però dobbiamo prendere atto che un singolo, davanti ad un computer, può essere in grado di distruggere gruppi organizzati e con una lunga tradizione alle spalle. Certamente dobbiamo approfittare della tecnologia elettronica che, a differenza di quelle meccanica della prima rivoluzione industriale, è decentralizzata. Nello stesso tempo però, dobbiamo renderci conto che, oltre ad darci la possibilità di opporci ai grandi mezzi d’informazione, essa può aumentare la dialettizzazione tra quanti ad essi resistono. In ogni caso dobbiamo continuare a combattere. Al meglio delle nostre forze. (LN100/16)
martedì 29 marzo 2016
S.A.R. Sisto Enrico di Borbone, un Principe Legionario.
Il passato 12 marzo S.A.R. Don Sisto ha ricevuto a El Pardo un alto riconoscimento legionario, con la imposizioni della insignia de honor de la Hermandad de Caballeros Legionarios de Sevilla, dalle mani di una insigne famiglia carlista e legionaria, come ce ne sono molte. Vale la pena ricordare i particolari del suo percorso nel Tercio.
La Famiglia Reale si distinse negli anni sessanta del secolo scorso per un incredibile attivismo in azioni umanitarie. Per la famiglia rivale il confronto era troppo difficile da raggiungere: l'Infanta María Francisca aveva servito nella Croce Rossa in ausilio degli ungheresi durante la repressione sovietica del 1956; la allora infanta María de las Nieves aveva svolto il Servizio Sociale nel Castillo de la Mota en Medina del Campo, e inoltre la allora infanta Cecilia si adoperò in aiuto al disastro umanitario nel Biafra. Nel gennaio 1964 José Arturo Márquez de Prado, capo nazionale aggiunto del Requeté, spinse per l'inserimento nella Legión di S.A.R. Don Sisto. L'iniziativa partì in gran parte da suo fratello maggiore Carlo Ugo e contava dell'appoggio entusiasta di Don Javier. In una operazione totalmente riservata il Comandante Sisto Barranco, delegato dello Stato Maggiore dei Requetés, capo carlista de Melilla e del Banderín de Enganche della Legión e Capitano della Legión Morán Carapeto –ambe due avevano combattuto nella Cruzada nel Tercio de Requetés sivigliano de Nuestra Señora de los Reyes e mantenevano vivo l'entusiasmo e gli ideali di quei giorni -- realizzarono le modalità opportune per l'inserimento di S.A.R. sotto il nome di Enrique de Aranjuez. Nell'ambiente militare solo loro conoscevano la sua vera identità, e mai venne dispensato da favoritismo alcuno, obbedendo agli ordini come un soldato qualunque. Con Don Sisto si arruolò un altro giovane carlista bilbaíno, Juan Carlos García de Cortázar, che lasciò i suoi studi al quarto corso della carriera di ingegneria industriale, per stare al fianco dell'Infante. Finalmente sul finire del 1964 Don Sisto iniziò il periodo di istruzione a Melilla, nel Tercio Gran Capitán, I de la Legión, giurando sulla bandiera il 2 maggio 1965, rendendo questa data molto significativa. Al giuramento assistettero vari carlisti andalusi e valenziani, che mantennero segreta l'identità dell'Infante di Spagna. Il giuramento alla bandiera fu il seguente:
· ¿Juráis a Dios y prometéis a España, besando con unción su bandera, respetar y obedecer siempre a vuestros jefes, no abandonarlos nunca y derramar, si es preciso, en defensa del honor e independencia de la Patria y del orden dentro de ella, hasta la última gota de vuestra sangres?
Quando alcuni "juanisti" scoprirono la presenza di Don Sisto nella Legión iniziarono a fare pressione sui vertici più alti e più sensibili del governo costituito, i cui membri facevano parte dei seguitori del ramo liberale alfonsino. Però nel corpo degli ufficiali legionari e tra il popolo carlista la presenza di Don Sisto suscitava grande simpatia.
La pretesa di Don Sisto era quella di realizzare i suoi tre anni di servizio militare. Tuttavia la chiamata Segreteria Tecnica di Carlo Ugo capì che era più propizio pubblicizzare la cosa sfruttando la sua presenza, filtrandolo ai media di comunicazione e dedicando un reportage sulla stampa carlista. Il franchismo licenziò anticipatamente il legionario Enrique de Aranjuez dopo undici mesi cercando di attutire l'impatto propagandistico dovuto alla sua presenza, che era in contrasto con l'immagine dei membri della dinastia liberale (il chiamato "Conde de Barcelona" servì sotto bandiera nemica nella Royal Navy e Juan Carlos fu dispensato di una blanda e favoritistica istruzione all'interno dell'accademia generale, con un più che mediocre espediente). Da allora Don Sisto mantenne strette relazioni con la Legión, ricevendo riconoscimenti da parte di diversi Hermandades e manifestando pubblicamente la sua disposizione e spirito legionario, come nel manifesto “A los Navarros” del novembre 1977, che oggi non potrebbe essere di maggiore attualità :
· (…) Yo pido a todos los navarros que por encima de actitudes partidistas y bajo la Bandera de España, que como soldados todos hemos jurado, en esta hora triste y de prueba en que parece que se quiere castigar a Navarra su glorioso sacrificio en la Cruzada del 36 y su valor —con los que logró para su Escudo, que con los de Castilla, León y Aragón forman el real y nacional de España, la Gran Cruz Laureada de San Fernando—, formen en derredor de sus Instituciones naturales para defender las legítimas libertades que constituyen sus Fueros.
Un altro fatto degno di nota è che la Repubblica francese reclamò a Don Sisto la realizzazione del servizio militare, come già aveva fatto suo fratello Carlo Ugo. Don Sisto era nato in esilio, a Pau, città occitana, puramente ispanica, ma sotto la Francia. Tuttavia, come Infante di Spagna, Don Sisto comprendeva di non poter giurare sulla bandiera della Rivoluzione francese e non rispose alla chiamata del servizio militare francese. Per questo fatto fu condannato a un anno di prigione dal Tribunale permanente delle Forze Armate, il quale dispose anche il sequestro dei suoi beni.
Dopo essere stato congedato dalla Legión contro la sua volontà e contro il suo diritto, Don Sisto passò in Portogallo, dove ospitato da amici e parenti della Famiglia Reale lavorò nei principali ambiti della amministrazione civile e anche nel mondo della finanza con la familia Espíritu Santo. Visitò le province portoghesi in Africa, dove mise a servizio la propria istruzione militare.
Fonte: http://elmatinercarli.blogspot.it/2016/03/sar-don-sixto-enrique-principe.html
Di Redazione A.L.T.A.
giovedì 10 marzo 2016
10 Marzo: Festa dei Martiri della Tradizione
Ai Martiri della Comunione Cattolico-Monarchica
A voi , Martiri della Tradizione che con il vostro eroico coraggio avete lasciato un glorioso segno indelebile nella storia, costituendo una delle sue pagine più brillanti.
Si, voi rappresentate il genuino esempio del carattere cavalleresco di Spagna e d'Europa.
Nobili compagni che deste il vostro generoso sangue in difesa della Santa Causa e per la Vera Libertà! Le vostre imprese furono degne di soldati della Religione e del Trono .
E noi altri legittimisti d'Europa, disponibili al servizio del Re legittimo in ogni contrada, quando lo disporrà , seguiremo il vostro glorioso esempio, e con l'aiuto di Dio l'esito coronerà i nostri sforzi, nostra sarà la vittoria, per castigo dei traditori della Patria concreta.
HIMNO.
Al clamor de la Patria afligida
Raza de héroes, del polvo salid;
Que a besar vuestra sangre vertida
Hoy acuden los hijos del Cid.
Sin desmayo en la lucha homicida,
Del deber escuchando la voz,
Ofrecisteis la sangre y la vida
Por el Rey, por la Patria y por Dios.
Sobre el fúnebre mármol que os cierra
Ruge herido el hispano león;
Y se abate, cubriendo la tierra
Vuestro, ayer, invencible pendón.
Hoy con paso tardío y doliente
Vuestra tumba el guerrero al pisar
De su llanto, en la amarga corriente
Sus laureles arroja quizás.
Vuestra sangre fecunda la Historia
Como fuente inmortal de virtud;
Y reciben su beso de gloria
Las cenizas que ampara la Cruz.
Fonte: http://reinodegranada.blogspot.it/2016/03/a-los-heroicos-martires-de-la-bandera.html
Adattamento: Redazione A.L.T.A.
martedì 19 gennaio 2016
IL LEGAME TRA LA CORNA DELLE DUE SICILIE E QUELLA DI SPAGNA
![]() |
La Penisola italiana, e il Regno di Napoli e di Sicilia all'ascesa di Alfonso V d'Aragona (I di Napoli e Sicilia). |
E’ storica e tradizionale la vincolazione politica delle
Sicilie alla Corona aragonese; fin dalla fine del secolo XIII con la presenza in
Sicilia, e in Sardegna, della milizia catalana. Dal secolo XIV il dominio fu
pacifico e di accordo, rispondendo allo spirito imperiale spagnolo, una vera
federazione basata sull’unione personale e nei mutui fueros. Nel secolo XV,
Alfonso V d’Aragona conquistò il Regno di Napoli (con maggiore diritto degli
Anjou, discendendo dalla dinastia catalana come da quella castellana, per ambo
i lati discendente dalla Casa di Svevia) legandolo al Regno d’Aragona e divenendo Alfonso I di Napoli.
Durante il secolo XVI e XVII, Sardegna, Sicilia e
Napoli, e i presidi di Toscana e Milano, formarono parte della grande
confederazione ispanica, corrispondendo al Re cattolico dal 1556 il Vicariato
perpetuo del Santo Impero in Italia.
La Guerra di Successione Spagnola fece naufragare la
vincolazione dei due Regni di Sicilia con l’Aragona, così come la vincolazione dei Paesi
Bassi con la Castiglia. Ma Filippo V di Spagna, con proprio desiderio
aumentato dalla benevola influenza di Isabella Farnese, sua seconda moglie, si
dedicò alla restaurazione dell’Impero spagnolo in Italia.
![]() |
Don Carlo di Borbone: Duca di Parma dal 1731
al 1735; Re di Napoli come Carlo VII dal 1734
al 1759; Re di Spagna come Carlo III dal 1759
al 1788.
|
Ciò ebbe inizio nel Ducato di Parma, dove, morto il
Duca Antonio si estinse la linea maschile dei Farnese. Passo a regnare in quelle contrade nel
1731 l’Infante Don Carlo, fino al 1735, essendo divenuto Re di Napoli nel 1734,
dove regnò fino al 1759, ascendendo al Trono di Spagna con il nome di Carlo III,
lasciando a Napoli suo figlio
terzogenito Don Ferdinando. Con questa formula, più flessibile politicamente
rispetto al dominio diretto, si assicurava l’egemonia spagnola in Italia anche nel secolo
XVIII. Il Re di Spagna non diede la proprietà degli Stati di Napoli e Sicilia
agli Infanti titolari, ma la riservò per se, dando a questi i suddetti Stati come
infeudazione, con diritto a titolarsi Re, ma conservando per il Monarca
spagnolo l’uso di questi titoli, che continuarono a figurare nella larga
enumerazione dei regni del Re cattolico, così come la sua autorità sugli
Infanti feudatari, senza che ciò significasse in realtà un annullamento dell’indipendenza
delle Due Sicilie, ma piuttosto un alleanza perpetua fondata su basi molto più
salde di quanto potesse essere con un semplice Trattato. Allo stesso modo, venendo
a mancare la successione sul Trono di Napoli, questa spetta al Re di Spagna che
nomina un Infante per la successione; mentre se viene a mancare la successione
in Spagna il Re di Napoli è chiamato alla successione lasciando uno dei suoi figli o
fratelli a Napoli o, rinunciando al Trono spagnolo, nominare uno di questi alla
successione spagnola. Accadde così quando Carlo VII di Napoli succedette al
Trono di Spagna divenendo Carlo III e lasciando a Napoli il terzogenito Don
Ferdinando.
![]() |
Da sinistra: Ludovico I d'Etruria, la Regina
Infanta Maria Luisa con i figli Maria Luisa Carlotta e
Carlo Ludovico.
|
E 'curioso che il tiranno d'Europa, l’usurpatore Napoleone Bonaparte, per creare il Regno d'Etruria si accordò con le autorità spagnole e l’Infanta Maria Luisa, e suo figlio, nipote dell’inflessibile Duca Ferdinando I di Parma, anche se con intenzione di mantenerlo per pochi anni, rispettando l'applicazione di condizioni simili per il Nuovo Regno, essendo il Ducato di Parma di esplicita proprietà della Casa di Spagna.
![]() |
S.A.R. Alfonso di Borbone-Due Sicilie; Re delle Due Sicilie dal 1894 al 1900. |
L’instaurazione del ramo liberale in Spagna, non venne riconosciuto dai Borbone Hispanoitaliani, salvo alcune eccezioni nel tempo, come nel caso del ramo di Napoli che, all’inizio del secolo XX, vide la dolorosa e tardiva defezione del Conte di Caserta (Alfonso I delle Due Sicilie) il quale, morto suo fratello, l’integerrimo Francesco II delle Due Sicilie, trascinò con se l’intero ramo dei Borbone-Napoli privando i suoi membri del diritto alla successione in Spagna e nelle Due Sicilie. Infatti, come da noi riportato nei precedenti scritti, i Sovrani di questi Stati italiani, come principi reali della dinastia borbonica spagnola, erano Infanti di Spagna, titolo che frequentemente anteponevano all’espressione dei propri titoli reali.
![]() |
Stemma di S.A.R. Sisto Enrico di Borbone. |
Essendo Infanti di Spagna e infeudati, venuti meno
alla fedeltà nei confronti di colui nel quale risiede il Vicariato del Santo
Impero in Italia , il Re Cattolico, la loro esclusione è maggiormente
sostenuta. Ricordiamoci che Carlo IV di Spagna stava per detronizzare suo
fratello Ferdinando IV di Napoli per molto meno.
Ciò interessa, ovviamente, anche il diritto di
fregiarsi dei titoli connessi che spettano ad oggi a S.A.R. Sisto Enrico di
Borbone.
Redazione A.L.T.A.
Fonte:
¿QUIÉN ES EL REY? di
FERNANDO POLO;
NOTA AL CAPITOLO XI; NOTA 10.
Etichette:
Carlismo,
Ducato di Parma,
La vera storia d'Europa,
La vera storia d'Italia,
Le Spagne,
Legittimismo,
Politica,
Regno delle Due Sicilie
Iscriviti a:
Post (Atom)