martedì 30 settembre 2014

CADORNA HA DICHIARATO...

 
 
 
 
 
CADORNA HA DICHIARATO...

Cadorna: Abbiamo vinto

La verità: "Invece le abbiamo prese!"...

Cadorna: Le cose vanno bene

La verità: "Abbiamo versato il nostro sangue invano!"

Cadorna: Catturati 400

La verità: "Eravamo noi che non potevamo uscire!"

Cadorna: Conquistata trincea nemica

La verità: "Fatelo felice!"

Cadorna: Guadagniamo spazio

La verità: "E' solo un bel sogno!"
 
 
Di Redazione A.L.T.A.

lunedì 29 settembre 2014

Libro in PDF: Boinas rojas en Austria


Boinas rojas en Austria



Proponiamo la lettura di questo interessantissimo libro intitolato "Boinas rojas en Austria reportaje sentimental"  di Ignacio Romero Raizábal . Il libro narra in maniera approfondita dell'ultimo discendente diretto di S.M.C. Carlo V di Spagna, Don Alfonso Carlo (Alfonso XII di Spagna).
Buona lettura!

 
 
Di Redazione A.L.T.A.

Libro in PDF: Los fueros como expresión de libertades y raíz de España





Proponiamo l'interessantissimo libro "Los fueros como expresión de libertades y raíz de España" il quale getta luce su un argomento chiave per la comprensione del Carlismo in particolare, e del legittimismo in generale, e della sua politica. Buona lettura!


Los fueros como expresión de libertades y raíz de España

 
 
Di Redazione A.L.T.A.

domenica 28 settembre 2014

Pillole di antiecumenismo. Dalla prefazione di don M. Tranquillo a "Sed Gladium"

Pubblichiamo alcuni estratti dal libro SED GLADIUM - Dottrina e Sacra Scrittura contro l'ecumenismo  provenienti dalla prefazione di don M. Tranquillo al testo: sono vere e proprie pillole di antiecumenismo che lasceranno disarmati modernisti, liberali e indifferentisti.
Buona lettura!

sed

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Dalla Prefazione

di Don Mauro Tranquillo, FSSPX

a SED GLADIUM

[…]
Il testo del Nostro vuole mostrare l’atteggiamento della Santa Scrittura verso le false religioni, che di certo non è tenero, nel Vecchio come nel Nuovo Testamento. A me, in questa breve introduzione, spetta di ricordare come la Chiesa, nella sua liturgia e nei suoi atti, prima ancora che in specifici documenti sull’argomento (peraltro citati nel seguito dell’opera), abbia tenuto verso le false religioni un atteggiamento tutt’altro che accomodante.
[…]
La Chiesa non ha mai avuto cognizione di un dialogo con i non cristiani. Eventuali discussioni erano esplicitamente finalizzate alla conversione; l’ascolto dell’altro era volto a una più efficace confutazione dei suoi errori; l’atteggiamento normale era combattivo, a livello dialettico o anche militare, se necessario e possibile. Nel caso in cui non si potesse convertire o prevalere, l’opzione normale non era l’adattarsi all’interlocutore, ma il martirio, esso stesso considerato il più completo trionfo della fede sull’errore.
Il Pontificale romano definisce, nel rito dell’ordinazione dei diaconi, la Chiesa di Dio come quae semper in procinctu posita, incessabili pugna contra inimicos dimicat: Una schiera ordinata nella sua gerarchia spirituale, capace di dotarsi di tutte le armi visibili e invisibili per una lotta contro le potenze spirituali e contro i nemici terreni. Seguace di Colui che approvò l’uso della spada, anzi ordinò agli Apostoli di comprarne una vendendo il mantello, la Chiesa, società perfetta, non ha esitato a mettere a esecuzione il Satis est uscito dalla bocca del Cristo a proposito delle due spade, ogni volta che lo ha potuto e dovuto, votandosi al martirio in tutti gli altri casi.
[…]
La liturgia abbonda di espressioni guerresche contro i nemici della fede. Il Papa benediva i vessilli bellici perché fossero temibili ai nemici del popolo cristiano, perché i condottieri cristiani penetrassero come un cuneo le schiere ostili, a lode e gloria del Nome di Dio; il Messale Romano pregava che Dio sottomettesse agli Imperatori cristiani le barbare nazioni che non conoscevano la verità (nel Venerdì santo); e contiene una Messa contra paganos, perché questi siano schiacciati dalla destra di Dio, che fa il paio con quella per la propagazione della Fede, che invoca il progresso constante della vera religione dall’oriente all’occidente e la conversione di tutte le genti.
[…]
L’atteggiamento dei Papi verso i non cristiani è stato costantemente quello della missione o della guerra, o nel caso si trovassero all’interno di stati cattolici, quello della repressione o della ri-conversione. Possono sembrare parole scritte dalla propaganda anticattolica, ma al di là degli eccessi leggendari della pubblicistica ottocentesca anticlericale, dobbiamo assumere come fatto normale che la Chiesa sia una società che deve diffondere la verità, e tutelare la trasmissione di questa verità con i mezzi che una società perfetta ha a sua disposizione, ogni volta che lo può. Che la Chiesa avesse nei suoi canoni leggi penali contro gli eretici è la normalità, che scendesse in guerra con i propri mezzi a difendere i cristiani in pericolo o a eliminare gli ostacoli alla diffusione del Vangelo, è la normalità in qualsiasi epoca in cui non c’è persecuzione ma Cristianità. Sant’Ambrogio non esitava a spingere l’Imperatore a negare a Milano qualsiasi luogo di culto agli ariani, occupando con i fedeli l’unica chiesa rimasta nelle loro mani; quando una sinagoga fu incendiata dai cristiani in Asia, il santo condannò l’atto, ma obbligò Teodosio a non imporre la ricostruzione, per di più a spese dei cristiani. Non ci deve stupire che Lucio III ordinasse di consegnare gli eretici al braccio secolare, o che Innocenzo III chiedesse ai signori laici di intervenire eliminando dalle loro terre tutti gli eretici segnalati dalla Chiesa; e che nella bolla dogmatica che condanna gli errori di Lutero, Leone X ricordi che bruciare gli eretici non è contro la volontà dello Spirito Santo. Anche la tolleranza verso l’errore, quando avviene, è sempre temporanea e dovuta a circostanze particolari, qualora l’applicazione rigorosa del diritto fosse controproducente rispetto al fine.
[…]
Un discorso tutto a sé meriterebbe la vita di quei santi che hanno fatto dell’atteggiamento anti-ecumenico il senso della loro stessa santità, riconosciuta dalla Chiesa. Se abbiamo citato sant’Ambrogio, flagello degli eretici, avremmo dagli Apostoli in poi tantissimi esempi di quella che oggi chiameremmo, secondo un linguaggio sgradevole, intolleranza; e che in realtà si deve dire vera carità. Non faremo esempi, perché solo persone in mala fede potrebbero trovare in un qualsiasi santo “preconciliare” la minima traccia di spirito ecumenico. Non si contano i santi che hanno scritto contro gli eretici, che li hanno avversati, che hanno distrutto templi pagani, che hanno sostenuto o personalmente guidato spedizioni militari contro gli infedeli. E non si contano i santi morti martiri per mancanza di spirito ecumenico. Mi limiterò a citare il Beato John Ogilvie, gesuita scozzese, catturato a Glasgow dai calvinisti per aver detto la Messa “in una città riformata”, e messo a morte da Giacomo VI per aver sostenuto il potere del Papa sui Re durante il processo. Questi, condotto all’impiccagione, dichiarò quanto dovrebbe far impallidire un Giovanni Paolo II, un Benedetto XVI o un Francesco: «If there be here any hidden Catholics, let them pray for me; but the prayers of heretics I will not have» («Se ci sono qui dei cattolici nascosti, che preghino per me; ma le preghiere degli eretici io non le avrò»). Atteggiamento veramente cattolico agli antipodi degli incontri di Assisi o delle preghiere a per la pace nei giardini del Vaticano: le preghiere degli eretici non solo sono inefficaci, ma blasfeme e pericolose.
[…]

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Fratelli coltelli: La massoneria risponde a De Bortoli

- di Davide Consonni - http://radiospada.org/

L'editoriale di De Bortoli sul Corsera del 24 settembre ha ferito il gran maestro del grande oriente d'italia. In particolare è l'espressione "odore stantìo di massoneria" in merito al "patto del Nazareno" che ha turbato l'animo del capo dei massoni nostrani. Qui di seguito è riportata la lettera di riposta del gran maestro Stefano Bisi, apparsa a pagina 49 del Corriere della Sera del 26 Settembre 2014. 

"Gentile direttore Ferruccio de Bortoli

Caro direttore il suo fondo o il "Nemico allo specchio", (Corriere della sera nell'edizione del 24 settembre), stimola alcune riflessioni sulla Libera muratoria in Italia. Sono rimasto colpito, mi permetta, anche un po' ferito da massone e Gran Maestro da una frase quella relativa "all'odore stantìo di Massoneria". Un passaggio sicuramente suggestivo ed evocativo per colpire l'immaginario collettivo e l'opinione pubblica, ma che non rispetta il passato, il presente e il futuro dei tanti Fratelli che portano e sventolano a testa alta il labaro del Goi ed i valori della Massoneria. Un aggettivo, quello stantìo, che paragona una plurisecolare e nobile Istituzione e la sua Tradizione ricca di valori e ideali, ad un alimento cattivo. Oppure, parlando in termini più astratti, la Massoneria sarebbe intesa, in un'altra accezione dello stesso vocabolo, come una cosa non più valida, fuori uso, fuori moda.

Noi massoni del del Grande Oriente lo possiamo testimoniare con le nostre azioni quotidiane e gridare a voce alta, è viva, pulsante e propulsiva. E' una forza fresca, antica ma allo stesso tempo giovane, che affonda orgogliosamente le sue radici nel passato ma che germoglia in continuazione i suoi alti valori e li difende, più che mai, in una società, ed in una fase storica, molto complessa.

Un nobile Ordine che merita rispetto, e che riceve da sempre telegrammi ed attestati di stima ufficiali, in occasione delle sue annuali ricorrenze, da parte delle massime cariche istituzionali, presidente della repubblica in testa. Ciò per la solidarietà che elargisce e perchè da sempre si batte per l'elevazione dell'Uomo, e il miglioramento dell'Umanità. Altro che ammuffito, sgradevole o indigesto.

Il Grande Oriente d'Italia, poi, ha appena celebrato l'equinozio d'autunno e la Breccia di Porta Pia e tra le tante emozioni che ricordo ne cito due: la donazione del sangue organizzata da una loggia di Roma in collaborazione con l'Avis e la presenza di Roberto, un nuovo italiano, venuto da lontano per lavorare e che al Vascello, sede del Grande Oriente d'Italia ha trovato affetto e lavoro. Solidarietà e amore per la Patria sono solo due aspetti del nostro essere liberi muratori del terzo millennio.

È un vero e proprio cult della politica e della informazione fare continui riferimenti alla Libera Muratoria come ad una occulta "centrale" di potere e del potere. Il Grande Oriente d'Italia non conosce non pratica e non partecipa a "patti occulti" e ambisce ad un solo "potere": quello che ciascuna persona possiede e con il quale può - se lo vuole - trasformare se stessa, migliorandosi e diventando degna di essere una piccola scintilla del grande fuoco dell'Umanità. E se qualcuno ha derogato da questa strada, ebbene costui non è degno di essere un Libero Muratore i nostri patti da rispettare sono esclusivamente quelli sanciti dagli antichi doveri, che sono il nostro codice etico e di comportamento, le costituzioni che ogni massone deve portare dentro di se è rispettare. Come la nostra costituzione italiana.

Cordialmente, Stefano Bisi Gran Maestro del Goi"
Fonte 1; Fonte 2;
Qui di seguito, per non far preferenze tra i vari articoli che massoni di ogni risma si son vicendevolmente dedicati in questi giorni caldi, riporto altri pezzi inerenti alla questione dell'editoriale di De Bortoli:
- Fatto Quotidiano: Il gran maestro cita Rino Gaetano e giura: "Nazareno? Non c'entro"- Libero: De Bortoli e il Renzi "massone". Bisignani: "Cerca un posto di lavoro". Il Gran Maestro: "Ci fa gli auguri anche Napolitano..."- Il tempo: Bisignani: «De Bortoli, i massoni e quel regalo a Renzi»

download

Napolitano, Grasso, Boldrini: tutti inviano auguri alla massoneria per il XX Settembre!

- di Davide Consonni- http://radiospada.org/

Della fitta e fraterna corrispondenza tra il Presidente Napolitano e i Gran Maestri del Grande Oriente d'Italia si è ampiamente scritto. Ora preme specificare che la Presidenza della Repubblica non l'unica Istituzione ad intrattenere rapporti pubblici e continuativi con la massoneria del Grande Oriente. Infatti il sito ufficiale del Grande Oriente d'Italia ha pubblicato una lettera ricevuta dal Presidente del Senato Grasso, qui di seguito il testo ella lettera:

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Fonte della lettera 1#
Fonte della lettera 2#
Tristemente non è finita. Il sito ufficiale del Grande Oriente d'Italia afferma che, oltre a Napolitano e Grasso, numerosissimi esponenti di istituzioni governative hanno inviato al Gran Maestro ringraziamenti e saluti per la festività massonica del XX Settembre. Parlamentari, membri del Governo e del Parlamento Europeo, esponenti di organi giurisdizionali e amministrativi, ambasciatori, forze armate, rettori d'università, giornalisti e lacchè. Tutti a fare i loro più sentiti ringraziamenti alla massoneria del Grande Oriente d'Italia. Il sito ufficiale del GOI ha pubblicato una lista folta di nomi e cariche istituzionali, qui di seguito ripropongo la lista pubblicata da grandeoriente.it [FONTE DELLA LISTA ]:
Hanno inviato saluti e ringraziamenti:
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
PARLAMENTO
• Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso
• Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrin
GOVERNO
Presidenza del Consiglio dei Ministri
• Sottosegretario di Stato con delega agli Affari Europei, Sandro Gozi
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
• Ministro Federica Mogherini
Ministero della Difesa
• Sottosegretario di Stato, On. Domenico Rossi
Ministero della Giustizia
• Vice Ministro Enrico Costa
Ministero della Salute
• Ministro Beatrice Lorenzin
Ministero dei Beni e Attività Culturali e Turismo
• Ministro Dario Franceschini
• Sottosegretario di Stato Ilaria Borletti Buitoni
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
• Sottosegretario di Stato Teresa Bellanova
• Sottosegretario di Stato Massimo Cassano
Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca
• Sottosegretario di Stato Roberto Reggi
Ministero per le Riforme Costituzionali e i Rapporti con il Parlamento
• Sottosegretario di Stato Luciano Pizzetti
Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali
• Sottosegretario di Stato Giuseppe Castiglione
PARLAMENTO EUROPEO
• On. Gianni Pittella
ORGANI GIURISDIZIONALI E AMMINISTRATIVI NAZIONALI
• Presidente Corte dei Conti, Dr. Raffaele Squitieri
ORGANI AMMINISTRATIVI LOCALI
REGIONI
LAZIO
• Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti
• Vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio
• Consigliere Regionale del Lazio, Marino Fardelli
PUGLIA
• Presidente della Regione Puglia. Nichi Vendola
SARDEGNA
• Presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru
VENETO
• Presidente del Consiglio Regionale Veneto, Clodovaldo Ruffato
TRENTINO ALTO ADIGE
• Presidente del Consiglio Regionale Trentino Alto Adige, Diego Moltrer
COMUNI
• Sindaco di Bolzano, Luigi Spagnolli
• Sindaco di Cuneo, Federico Borgna
• Sindaco di Firenze, Dario Nardella
• Sindaco di Lecce, Paolo Perrone
• Sindaco di Lampedusa e Linosa, Giusy Nicolini
• Commissario Straordinario di Venezia, Vittorio Zappalorto 2
ROMA
• Sindaco di Roma di Roma Capitale, Ignazio Marino
• Consigliera dell’Assemblea capitolina di Roma Capitale, Maria Gemma Azuni
AMBASCIATE E ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
• Ambasciatore del Belgio, S.E. Vincent Mertens de Wilmars
• Ambasciatrice della Repubblica Francese, S. E. Catherine Colonna
• Ambasciatrice del Guatemala, S. E. Stephanie Hochstetter Skinner-Klee De Towara
• Direttore Generale della Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e
l'agricoltura), Dr. José Graziano Da Silva
FORZE ARMATE
• Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli
• Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio Giuseppe De Giorgi
• Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Gen. S.A. Pasquale Preziosa
• Comandante Generale della Guardia di Finanza, Gen. C.A. Saverio Capolupo
UNIVERSITA’ E ISTITUTI CULTURALI
• Rettore Università La Sapienza di Roma, Luigi Frati
MEDIA E COMUNICAZIONE E COMUNICAZIONE
RAI
• Presidente Anna Maria Tarantola
• Direttore Generale Luigi Gubitosi
• Direttore Rai Due, Angelo Teodoli

[FONTE DELLA LISTA]

La nobiltà non si contrappone alla santità


Luigi IX di Francia 
Re, crociato e santo

L’odierna incomprensione nei confronti della nobiltà e delle élites tradizionali analoghe risulta, in gran parte, dalla propaganda abile, seppure priva di obiettività, fatta contro di esse dalla Rivoluzione francese.

Questa propaganda - alimentata continuamente durante i secoli XIX e XX dalle correnti ideologiche e politiche succedanee di quella Rivoluzione - è stata combattuta, con crescente efficacia, dalla storiografia seria. Vi sono però settori dell’opinione in cui essa perdura ostinatamente. È bene, quindi, dire qualcosa al riguardo.



Secondo i rivoluzionari del 1789, la nobiltà era formata sostanzialmente da gaudenti che, detenendo insigni privilegi onorifici ed economici che indoravano la vita grazie ai meriti e alle ricompense ottenute da lontani antenati, si potevano permettere il lusso di vivere solo godendo le delizie dell’esistenza terrena e, peggio ancora, specialmente quelle dell’ozio e della voluttà. Questa classe di gaudenti era inoltre di grave peso per la Nazione, a danno delle classi povere, queste si laboriose, morigerate e utili al bene comune.

Tutto questo ha prodotto l’idea che la vita tipica di un nobile, col risalto e la agiatezza che normalmente deve comportare, inviti per se stessa ad un atteggiamento di rilassatezza morale, molto diversa dalla ascesi richiesta dai principi cristiani.

Pur senza negare che possa contenere qualcosa di vero, poiché nella nobiltà e nelle élites analoghe della fine del secolo XVIII già si facevano notare i segni precursori della terribile crisi morale del nostro tempo, è bene sottolineare che questa versione, dannosa al buon nome della classe nobiliare, è molto più falsa che vera Lo prova fra l’altro la stessa storia della Chiesa, con il gran numero di nobili che Essa ha elevato all’onore degli altari, attestandone la pratica in grado eroico dei Comandamenti e dei consigli evangelici.

San Pier Giuliano Eymard ha così potuto dire che “gli annali della Chiesa dimostrano che un gran numero di santi, e fra i più illustri, portavano un blasone, possedevano un nome, una famiglia illustre: alcuni erano perfino di sangue reale”.

Molti fra questi santi abbandonarono il mondo per praticare più sicuramente le virtù eroiche. Altri invece, come i Re San Luigi di Francia e San Fernando di Castiglia, conservarono il fasto della loro posizione e praticarono le virtù eroiche vivendo completamente nella elevatissima condizione nobiliare che era loro propria.

Per smentire più completamente queste versioni denigratorie della nobiltà, e dei costumi e degli stili di vita che la sua condizione comporta, bisognerebbe indagare quale sia la percentuale dei nobili fra quelli onorati come santi dalla Santa Chiesa. (...)

Merita particolare attenzione uno studio fatto da André Vauchez, professore all’Università di Rouen, intitolato La Sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Age. Esso presenta una statistica di tutti i processi ordinati dai Papi tra il 1198 e il 1431. Ecco la statistica fornita da Vauchez:

Processi di canonizzazione: 71
Nobili: 62%
Classe media: 15,5% 
Popolo: 8,4%
Origene sociale ignota: 14,1% (...)

Questi dati, per quanto molto interessanti, non potevano soddisfare il desiderio di un quadro più completo, poiché si riferivano a un numero molto ridotto di persone e ad uno spazio di tempo relativamente breve. Si rendeva necessaria una ricerca che comprendesse un numero più vasto di persone e un tempo più ampio. (...)

Abbiamo scelto quindi l’Index ac Status Causarum, una pubblicazione ufficiale della Congregazione delle Cause dei Santi, erede della antica Sacra Congregazione dei Riti. Si tratta di una “edizione straordinaria e amplissima fatta per commemorare il IV Centenario della Congregazione e che include tutte le cause ad essa pervenute dal 1588 fino al 1988, e anche quelle più antiche conservate nell’Archivio Segreto Vaticano”:

Santi nobili: 21,7%
Beati nobili: 12% 
Conferma di culto di persone nobili: 31,8% (...)

Se prendiamo in considerazione che la classe nobile rappresenta non più del 1,5% della popolazione totale, i dati sopra riportati dimostrano che, in ciascuna delle categorie, la percentuale dei nobili è notevolmente maggiore di quella dell’insieme della popolazione di un Paese. Questo dimostra l’esatto contrario delle calunnie rivoluzionarie sulla pretesa incompatibilità tra, da un lato, l’appartenenza e permanenza nel ceto nobiliare e, dall’altro, la pratica della virtù.

Plinio Corrêa de Oliveira

(Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII, Marzorati, Milano 1993, pp. 255-259)





Parole profetiche sulla Prima guerra mondiale

 
 
La guerra del 1914-1918 non fu il frutto di circostanze fortuite, 
né soltanto la conseguenza di intrighi internazionali. 
Fu un episodio, violento e sanguinoso, 
del grande processo rivoluzionario che, ormai da cinque secoli, 
stava distruggendo la Cristianità.

Nel suo libro «Rivoluzione e Contro Rivoluzione», descrivendo la crisi dell’Occidente cristiano, il Dott. Plinio spiega:

“Il processo critico di cui ci stiamo occupando è, come abbiamo detto, una rivoluzione. Usiamo questo vocabolo per indicare un movimento che mira alla distruzione di un potere o di un ordine legittimo e all’instaurazione al suo posto di uno stato di cose (intenzionalmente non vogliamo dire ‘ordine di cose’) o di un potere illegittimo. In questo senso, a rigore, una rivoluzione può essere incruenta. Quella di cui ci occupiamo, si è svolta e continua a svolgersi con ogni genere di mezzi, alcuni dei quali cruenti e altri no. Le due guerre mondiali di questo secolo, per esempio, considerate nelle loro conseguenze più profonde, sono suoi capitoli, e dei più sanguinosi; mentre la legislazione sempre più socialista di tutti o quasi tutti i popoli odierni costituisce un progresso importantissimo e incruento della Rivoluzione” (1).



La miopia degli statisti europei nell’Ottocento

Secondo il pensatore cattolico brasiliano, l’esplosione del 1914 fu l’esito inesorabile della miopia degli statisti europei nell’Ottocento, assorbiti da stretti problemi nazionali mentre bruciava il continente. In un suo scritto del 1936 - in occasione della Conferenza Panamericana convocata dal presidente statunitense Franklin D. Roosevelt - il Dottor Plinio ammoniva:

“Non possiamo ripetere in America il grande errore politico che caratterizzò la diplomazia europea nel secolo trascorso fra la caduta di Napoleone e la Grande guerra.

“Tra il 1815 e il 1914 l’Europa era divorata dalle fiamme dell’incendio rivoluzionario iniziatosi nel 1789. Le forze anti-monarchiche e anti-sociali infierivano su tutti i paesi europei, scuotendo i troni, assalendo le istituzioni religiose, sconquassando ogni pezzo del vecchio edificio europeo di Filippo II e di Luigi XIV.

“Di fronte a tale assalto rivoluzionario, che misure prendevano le monarchie europee? Praticamente nessuna. Se si fossero unite, le cancellerie europee avrebbero potuto schiacciare l’idra rivoluzionaria in poche mosse. Disunite, sarebbero state divorate dalla stessa idra. Purtroppo, prevalse la seconda scelta. Perché? Perché l’unione di tutte le forze conservatrici avrebbe supposto una vasta intesa internazionale. La miopia degli statisti europei, però, li portava a non vedere, nel terreno della diplomazia, se non angusti problemi economici e microscopiche questioni nazionali.



“Mentre si versavano fiumi di sangue per il possesso di un paio di metri di terra nello Schleswig-Holstein, nell’Alsazia-Lorena, in Silesia o nei Balcani, nemmeno una goccia di sangue fu versata in difesa della struttura politica e sociale dell’Europa.

L’unica, gloriosa, eccezione a questa regola generale fu il sangue eroicamente versato dai martiri di Castelfidardo e di Mentana.

“Il risultato di questa miopia non si fece aspettare. Mentre i monarchi europei si consumavano in lotte sterili per estendere i loro imperi, la Rivoluzione scavava la fossa nella quale sarebbero stati sepolti. Così, l’Europa cristiana e monarchica del 1815 diventò l’Europa laica e repubblicana del 1918” (2). 



La distruzione della Cristianità

Nel 1945 Plinio Corrêa de Oliveira scrisse un lungo saggio gettando uno sguardo panoramico sulla prima metà del secolo XX. Ecco come descriveva, metaforicamente, gli anni successivi alla prima Guerra mondiale:

“Sarà molto difficile per gli storici del futuro comprendere, come la comprendiamo noi, l’epoca agitata, crepuscolare, indecisa nella quale irruppero nel mondo i partiti totalitari. Bisogna aver vissuto fra il 1920 e il 1925 per capire l’immane caos ideologico in cui versava l’umanità. Il cristianesimo sembrava un enorme edificio in fase finale di demolizione. Non si risparmiava nessuno sforzo per portare a termine questa distruzione. Ovunque, specialisti silenziosi strappavano le pietre dalle mura, tiravano giù gli architravi, scardinavano le porte e portavano via le finestre. Questo lavoro, fatto con la segretezza, l’astuzia e l’agilità di cospiratori, avanzava in modo freddo e implacabile, senza perdere un attimo. I demolitori si davano il cambio. Di giorno o di notte, mentre gli altri uomini si divertivano, dormivano, lavoravano o passeggiavano, i demolitori non si fermavano. Mostri con fattezze umane assalivano le vetuste mura della Cristianità, con un furore delirante e impetuoso, come se stessero attaccando non un edificio di pietra, ma uno di carne, un grande corpo vivente. Masse arrabbiate sfondavano le porte e si calavano dalle finestre, saccheggiavano le reliquie indifese e i tesori abbandonati, spaccavano le vetrate, profanavano gli altari, distruggevano le immagini, abbattevano torri millenarie, finora inespugnate. A una certa distanza, turbe di randagi cercavano i relitti della Casa di Dio per costruire con essi le strutture stravaganti e sensuali dell’orgogliosa Città del demonio.

“Questo è soltanto un’allegoria. Nessuna allegoria, però, nessuna immagine, nessuna descrizione potrà mai ritrattare la confusione di quei giorni del post-guerra” (3).

L’egemonia occidentale si sposta dall’Europa tradizionale agli Stati Uniti livellatori

Nello stesso saggio, dopo aver descritto il processo rivoluzionario tra il 1789 e il 1918, Plinio Corrêa de Oliveira afferma:

“Nel 1918 un soffio rivoluzionario spazzò l’Europa. Lo zarismo crollò strepitosamente, lasciando al potere il comunismo. Tutta la vita intellettuale e sociale si staccò ancor di più dal passato. In Occidente, l’egemonia si spostò dall’Europa tradizionale agli Stati Uniti livellatori” (4).

L’ “americanismo”: una conseguenza della guerra

José Gustavo de Souza Queiroz fu un amico della prima ora e compagno d’armi del dott. Plinio. Morì nel 1946 in giovane età, lasciando in eredità alcune proprietà che diventeranno le prime sedi della futura TFP. Descrivendone la personalità, nelle “Note biografiche” che accompagnano la sua traduzione dell’opera di Joseph de Maistre sull’Inquisizione, Plinio Corrêa de Oliveira commenta l’“americanismo” degli anni ‘20:

“Il collegio è un microcosmo in cui si riflettono, spesso con esagerazione e a volte anche in modo tempestoso, le preoccupazioni, le idee, le tendenze dell’ambiente domestico e sociale di ogni studente. Nel tempo in cui José Gustavo era un ragazzo, soffiavano fortissime le raffiche del dopoguerra. La Prima guerra mondiale provocò una vera rivoluzione che rovesciò vari troni in Europa e democratizzò i costumi in tutto il mondo.

“Le maniere dette ‘americane’ dominavano totalmente le nuove generazioni. E per ‘maniere americane’ voglio dire i modi impudenti e bruti dei ragazzi, la sensualità precoce e sfrenata, lo spirito di rivolta contro ogni legge e ogni autorità, atteggiamenti in cui erano esimi i cow boys che vedevamo nel cinema. Lontano dagli sguardi supervisori degli insegnanti e dei genitori, anche nelle migliori scuole i modi, le opinioni, i temi di conversazione, tutto era improntato a questo ‘americanismo’ dirompente” (5).

La scienza e il progresso non hanno risolto i problemi

Commentando le rivelazioni della Madonna a Fatima, il Dott. Plinio denunciava lo stato d’animo ottimista che contraddistingueva la Belle Époque, e la cecità riguardo ai veri problemi dell’epoca. Ottimismo poi smentito, appunto, dalla Grande guerra:

“I fatti contemporanei più significativi sono: (…) Una crisi universale. La società ostentava nei primi anni di questo secolo, cioè fino al 1914, un aspetto brillante. Il progresso regnava indiscusso in tutti i terreni. La vita economica aveva raggiunto una prosperità senza precedenti. La vita sociale era facile e attraente. L’umanità sembrava avviarsi verso un periodo d’oro. Alcuni pochi sintomi stonavano da questo sfarzo. C’era miseria materiale e morale. Ma erano in pochi a misurare l’importanza di queste lacune. La maggior parte pensava che la scienza e il progresso avrebbero risolto tutti i problemi. La prima Guerra mondiale pose una terribile smentita a tale ottimismo. Anzi, i problemi si aggravarono fino al 1939” (6).

Il tempo di Dio arriverà

Chiudiamo, riferendo il giudizio, durissimo, di Plinio Corrêa de Oliveira sui massimi responsabili della catastrofe del 1914-1918, con le sue sequele. Si tratta di un articolo scritto “col cuore indignato e l’anima sanguinante” nel 1937 in occasione dell’Anschluss, cioè l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista. Il pensatore cattolico vi denuncia il connubio fra i “Cesari totalitari” e i “sinedri liberali”:

“La drammatica scomparsa dalla mappa europea dell’Austria cattolica, calpestata con brutalità criminale dagli stivali nazisti, rende opportuna una visione politica retrospettiva, che facciamo col cuore indignato e l’anima sanguinante. Più di qualsiasi argomento teorico, questa retrospezione mostrerà il connubio dei Cesari totalitari e dei sinedri liberali, lavorando insieme per crocifiggere di nuovo il Divino Salvatore, rappresentato oggi dalla Santa Chiesa.

I. Di fronte alla situazione disperata delle truppe tedesche durante il passato conflitto, l’imperatore Guglielmo II cedette alle promesse allettanti di certi poteri occulti. Fece trasportare segretamente Lenin dalla Svizzera in Russia. La spedizione si realizzò in un treno d’acciaio sigillato in partenza per impedire la diffusione del virus comunista in Germania. La rivoluzione ambita esplose quindi in Russia, portando al potere i bolscevichi. I comunisti ricompensarono Guglielmo II firmando la pace di Brest-Litovsk, molto vantaggiosa per la Germania.

“Il cristiano Guglielmo II tradì la causa di Cristo. L’Imperatore tradì la causa dell’Ordine. Ma Dio ha il suo tempo. Per Guglielmo II, il tempo di Dio non tarderà.

II. Nell’ultima fase della Grande guerra, un cataclisma spaventoso coprì di sangue la Russia. Fatta la pace, ci si aspettava che le potenze occidentali vi intervenissero per riportare il paese all’ordine. La Gran Bretagna e la Francia, invece, contemplarono con indifferenza la vittoria comunista in Russia. Oltre a qualche protesta platonica, non mossero un dito per difendere le popolazioni cristiane perseguitate, né per riportare sul trono la Famiglia imperiale che, anzi, fu vilmente assassinata a Ekaterinburgo.

“Cristiana, la monarchia inglese tradì la causa di Cristo e il principio monarchico. Cristiana anch’essa, la borghesia che governava la Francia tradì la causa di Cristo e il principio della proprietà privata. Non avevano tempo per pensare a Cristo e alla civiltà cristiana. Pensavano solo a come spartirsi le spoglie, ancora palpitanti, degli imperi vinti. Bisognava raccogliere il frutto della vittoria. Riguardo a Cristo, che si arrangi! In questo modo, 155 milioni di anime furono lasciate senza difesa di fronte alla propaganda atea e alla persecuzione religiosa.

“Ma Dio ha il suo tempo. E per l’Inghilterra e la Francia, il tempo di Dio non tarderà.

III. Il virus comunista si diffuse dalla Russia alla Germania, all’Austria e all’Ungheria. Guglielmo II vide con rammarico che il fuoco che egli aveva appiccato nella casa del vicino, ora avvampava in casa sua e in quella degli alleati. Cadde l’orgogliosa monarchia creata da Bismark, e l’altero Kaiser finì a terra. Nel frattempo, Francia, Gran Bretagna e gli Stati Uniti vedevano con malcelato piacere come il socialismo si diffondeva nell’Europa centrale, indebolendo e demoralizzando ulteriormente le potenze perdenti. Quanto a Cristo, che se la cavi!

IV. Nel trattato di Versailles, la Germania fu diminuita nel suo territorio e umiliata nel suo morale. La perdita delle colonie e il peso insopportabile delle riparazioni di guerra schiacciarono il popolo tedesco. Di conseguenza, crebbe il malcontento e il socialismo. La Santa Sede chiese clemenza per i vinti, ma i poteri occulti sorridevano nell’ombra. Il principale perdente non era la Germania, ma Cristo, contro cui si scatenò, in Russia e nell’Europa centrale, la furia dei comunisti.

V. Molto più perseguitata della Germania fu, però, l’Austria. Sebbene comprendesse un’importante minoranza protestante, agli occhi dei poteri occulti, l’Austria era colpevole di un reato imperdonabile: essere una potenza cattolica. La disparità di trattamento degli Alleati nei confronti della Germania e dell’Austria è scioccante. La Germania fu umiliata e mutilata, ma sopravvisse. L’Impero austro-ungarico fu squartato, ne rimase solo l’Austria germanica, che a stento riuscì a sopravvivere.

Mentre Guglielmo II, ritenuto dagli stessi Alleati il massimo colpevole della Guerra, soggiornava tranquillamente a Doorn, in Olanda, l’imperatore Carlo d’Austria moriva di tubercolosi a Madeira, Portogallo, povero come Giobbe, ma come lui mirabilmente rassegnato. Nessun governante del mondo osò venire in suo aiuto. Abbandonato da tutti, l’ultimo imperatore della Casa d’Austria morì come un paria. Solo la Chiesa lo confortò nella sua agonia. Eppure, asceso al trono alla fine della guerra, su di lui non pesava la benché minima colpa per il conflitto. Anzi, aveva cercato in ogni modo la pace. La sua unica colpa era di essere cattolico. Ma verrà il tempo di Dio. (...)

XIII. Appoggiato dal cancelliere Franz von Papen, il traditore dei cattolici tedeschi, il signor Adolf Hitler prese il potere in Germania. E il tempo di Dio cominciò ad arrivare per la Francia e l’Inghilterra. ( ... ) Nel 1935, consolidatosi l’asse Roma-Berlino, Hitler cominciò a chiedere imperiosamente l’annessione dell’Austria alla Germania. Mentre le potenze alleate scuotevano la testa, ma restavano immutate, l’Italia esprimeva discretamente il suo gradimento. (...)

XIV. Di Mussolini, nelle cui mani sta la direzione di uno dei popoli più nobili e più cattolici del mondo, è meglio non parlare. Il Führer lo ringraziò con un telegramma benevolo e generoso: “Non dimenticherò il vostro gesto”. 
“Ma neanche Dio dimentica. E il Suo tempo sta per arrivare” (7).
Fin qui le parole profetiche scritte da Plinio Corrêa de Oliveira nel 1937. Due anni dopo, con lo scoppio della seconda Guerra mondiale, l’ora di Dio arrivò per quasi tutti i popoli europei.

Juan Gonzalo Larraín Campbell

(Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà – Giugno 2014)





1. Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Luci sull’Est, Roma 1998, p. 57.
2. Id., Os mexicanos, nossos irmãos, in “Legionário”, n. 220, 29 novembre 1936.
3. Id., A grande experiência de 10 anos de luta, in “Legionário”, n. 666, 13 maggio 1945.
4. Ibid.
5. Id., Notas Biográficas sobre o Sr. José Gustavo de Souza Queiroz pelo Prof. Plínio Corrêa de Oliveira, in “Cartas sobre a Inquisição Espanhola”, Revista Leituras Católicas, Anno LIX, settembre 1949, n. 712.
6. Id., Fátima explicação e remédio da crise contemporânea, in “Catolicismo”, n. 29, maggio 1953.
7. Id., A conjuração dos Césares e do Sinédrio, in “Legionário”, n. 288, 20 marzo 1938.

CARATTERE SATANICO DELLA RIVOLUZIONE (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo II°) .




Joseph de Maistre
Quello che apparisce a prima vista nella Rivoluzione, quello che de Maistre vide e vi segnalò fin dal giorno che si pose a considerarla, e quello che noi vediamo nell'ora presente con maggiore evidenza, è l'Anticristianesimo, o più radicalmente, l'Ateismo. La Rivoluzione consiste essenzialmente nella ribellione contro Dio e nella negazione stessa di Dio. Suo ultimo fine è sottrarre l'uomo e la società all'autorità di Dio. La parola Libertà, nella sua bocca non ha altro significato.
La Rivoluzione si chiama da sé "il radicalismo". Essa si dà il mandato di frugare nell'opera di Dio fino al punto dove si trovano le sue radici, per coglierla a questo punto, strapparla e sbarazzarne il mondo.
Nulla di somigliante erasi ancora tentato sopra la terra.
Il paganesimo, al principio, avea radunate tutte le sue forze per impedire al cristianesimo di stabilirsi nel mondo.
In appresso, le eresie aveano fatto l'impossibile per alterare la sua essenza dopo ch'erasi stabilito e che era cresciuto.
Il protestantesimo si era lusingato di dividerlo in due separando dalla Chiesa metà dell'Europa.
Ma la Rivoluzione si mostra più decisa: sono le radici della pianta divina che si propone d'estirpare.
I pagani s'erano opposti, - gli eresiarchi avevano alterato, - i protestanti si erano separati, - i rivoluzionari, da veri figli di Satana, vogliono estirpare.(1)
Questo radicalismo era stato segnalato anticipatamente da Gius. de Maistre.
"Ciò che distingue la Rivoluzione francese, e che ne fa un avvenimento unico nella storia, si è che essa è malvagia radicalmente; nessun elemento di bene conforta l'occhio dell'osservatore: è il più alto grado di corruzione conosciuto; è la impurità pura. In qual pagina della storia troverassi una quantità così grande di vizi che agiscono insieme sul medesimo teatro? Quale intreccio spaventevole di bassezza e di crudeltà! Che profonda immoralità! Qual oblio d'ogni pudore!" Meno la crudeltà, che per il momento si appaga di far spargere lagrime, il quadro rimane vero alla distanza di un secolo. "Senza dubbio, la Rivoluzione francese ha percorso un periodo i cui momenti non si rassomigliano; ma il suo carattere generale non è punto variato e fin nella culla fe' conoscere quello che dovea essere". "Vi ha nella Rivoluzione un carattere satanico che la distingue da tutto ciò che si è veduto e forse da tutto che si vedrà. Essa è satanica nella sua essenza".(2) 
Pio IX

Pio IX, nella sua Enciclica dell'8 dicembre 1849, con maggiore autorità disse: "La Rivoluzione è ispirata da Satana medesimo; suo fine è distruggere da capo a fondo l'edificio del cristianesimo e ricostruire sulle sue rovine l'ordine sociale del paganesimo".
Parlando della Convenzione, una delle fasi del governo rivoluzionario in Francia, de Maistre additava Satana che la presiedeva in persona. "Io veggo il nemico del genere umano sedere al governo e convocare tutti gli spiriti mali in questo nuovo Pandemonio; odo distintamente il rauco suon della tartarea tromba: veggo tutti i vizi della Francia accorrere all'appello e non so se scrivo un'allegoria".(3) L'allegoria è viva di nuovo sotto i nostri occhi. L'odio satanico che animava i Convenzionali, lo udiamo ruggire nel Palazzo Borbone ed anche nel Lussemburgo.(4) Oggi come allora "molti dall'odio del cristianesimo trapassarono sino all'odio contro il suo divino Autore. Essi l'odiano veramente come si può odiare un nemico vivente".(5)

Questo soprattutto ci obbliga a dire che la Rivoluzione è satanica. Satana è il nemico di Cristo, a cui porta un odio inestinguibile. Ei vede in Lui l'umanità, - una natura tanto inferiore alla sua - elevata alla partecipazione della divinità, partecipazione così intima da formare l'unità personale. Egli disse fra sé che se quest'onore, veramente infinito doveva attribuirsi ad una creatura, quest'onore spettava a lui, il più bello degli angeli, il più sublime degli spiriti creati. 
Egli invidiò l'Uomo-Dio, lo detestò fin dal momento che se lo vide proposto alle sue adorazioni; e si sforza di trasfondere quest'odio nel cuore di quelli dei quali il Verbo incarnato s'è fatto fratello.
Fino al secolo XVIII, non avea osato di proporre direttamente l'odio. Avea trovato un Ario per negare la consustanzialità del Verbo con Dio Padre, altri eretici per alterare in vari sensi la verità rivelata intorno al Cristo, ma il Cristo rimaneva oggetto di ammirazione e d'amore pel bene che avea fatto all'umanità.
Infine egli trovò Voltaire, e per mezzo di lui poté dare a tutta una sètta sparsa su tutti i punti del globo, questa parola d'ordine: "Schiacciamo, schiacciate l'infame!".
Grazie alla Framassoneria, la razza di coloro che odiano il Cristo non ha cessato di riprodursi da Voltaire in poi; e molto meno ha cessato di essere alla testa degli affari. Ed anche allora che n'era allontanata, conservava, mercé la stampa, la direzione dello spirito pubblico. In piena Ristaurazione, il 5 settembre 1818 de Maistre scriveva ad Obry: "Satana è felice come un re, e come non esserlo, poiché tutto si fa per lui, lo si segue e lo si imita? Aggiungiamo che i suoi delegati operano come lui: non vi manca nulla".(6) 

Antoine Blanc de Saint-Bonnet

Dopo i nostri disastri del 1870-1871 de Saint-Bonnet segnalava particolarmente uno di quegli atti, per i quali questi "delegati", hanno meglio espresso i sentimenti, da cui, sono animati. "La Francia", diceva egli, "lavora da un secolo ad escludere da tutte le sue istituzioni Colui, al quale ella deve Tolbiac, Poitiers, Bouvines e Denain, vale a dire, Colui da cui ripete il suo territorio e la sua esistenza! Per dimostrargli tutto il suo odio, per fargli l'ingiuria di cacciarlo dalle mura delle nostre città, aizza, dal 1830 in poi, una stampa empia a prender di mira il giorno della festa di questo "Cristo che ama i Franchi", di Colui che si fece "Uomo per salvare l'uomo, che si è fatto Pane per nutrirlo". E conchiude: "E la Francia dimanda, qual'è la causa delle sue sventure!".
Senza dubbio, vi furono nel corso del secolo XIX, dei momenti in cui Satana dovette chiedere a se stesso se la reazione non si accentuasse contro la sua opera di odio. Ma ben presto poté rassicurarsi e ridere di nuovo. Oggidì, nei giorni della separazione della Chiesa e dello Stato, l'inferno vede i suoi affari in tale prosperità, che si tiene sicuro di un trionfo vicino e così completo che pari non poté mai ambire.
All'odio di Cristo quale non erasi veduto mai, né si poté creder possibile in seno al cristianesimo, si aggiunse la ribellione diretta contro Dio, ribellione che il paganesimo non ha punto conosciuta. Egli aveva lasciato alterarsi nello spirito umano la nozione della divinità; avea attribuito il carattere divino alle creature, ma non si è mai levato contro Dio.(7)
È ciò che si scorge al giorno d'oggi. "La Rivoluzione è la lotta tra l'uomo e Dio; e dev'essere il trionfo dell'uomo su Dio". Ecco ciò che dichiarano quelli i quali dicono che nell'ora presente si tratta di sapere chi la vincerà della Rivoluzione o della Contro-rivoluzione.
"Sebbene in ogni tempo ci sieno stati degli empi", osserva G. de Maistre, "non vi fu mai, prima del XVIII secolo, una insurrezione contro Dio".(8) Egli ne fa risalire l'origine ai protestanti. "Il cattivo
principio regna in Europa da tre secoli. E desso che nega tutto, che scuote tutto, che protesta contro tutto; sulla sua fronte di bronzo è scritto: No".(9)
Or fanno quattro secoli, che il grido di protesta è stato lanciato contro il cielo. Il tempo non gli ha fatto perder nulla della sua rabbia, tutt'altro. Nei giornali, nei clubs, nel Parlamento stesso scoppiano grida di rivolta contro Dio, grida veramente sataniche - lo vedemmo in tutta la prima parte di quest'opera, - dappertutto e tutti i giorni, con un'impudenza che si fa d'ora in ora più balda. Perciò, B. de Saint-Bonnet non disse troppo quando affermava che "il tempo presente non può essere paragonato se non a quello della ribellione degli angeli".
Ecco dove noi siamo.
De Maistre, de Bonald, Donoso Cortes, Blanc de Saint-Bonnet ed altri senza numero s'accordano nel dire: "Il mondo non può durare in questo stato".
O egli è presso alla sua fine, nell'odio di Dio e del suo Cristo che l'Anticristo renderà più generale e più violento; o egli è alla vigilia d'una delle più grandi misericordie che Dio abbia mai fatto in questo mondo.
Noi dobbiamo esaminare le probabilità che si presentano per far credere ad una di queste conclusioni a preferenza dell'altra.
 
 

Note:

(1) Vedi Joseph Lemann, La Religion de Combat.
(2) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. I, p. 51, 52, 55, 303. 
(3) Ibid., t. I, p. 52.
(4) Parlamento e Senato (Nota del trad.).
(5) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. I, p. 305.
(6) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. I, XIV, p. 148.
(7) In una delle sue lettere a d'Alembert, Voltaire assegna per carattere speciale a Domilaville di "odiare Iddio", e di adoperarsi a farlo odiare. Egli è perciò che scriveva a lui più spesso e con maggiore intimità che a tutti gli altri suoi adepti. Dopo la morte di questo sciagurato, fallito e separato dalla sua moglie, Voltaire scriveva al medesimo: "Io compiangerò Domilaville per tutta la mia vita. Io amava l'intrepidezza del suo cuore. Egli avea l'entusiasmo di S. Paolo (cioè tanto zelo per distruggere la religione, quanto S. Paolo per istabilirla): era un uomo necessario".
(8) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. I, p. 303.
(9) Ibid., t. VIII, p. 373.

venerdì 26 settembre 2014

Le due Rome

Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 73/14 del 26 settembre 2014, SS. Cipriano e Giustina



Segnaliamo alcuni brani del libro "LE DUE ROME. Dieci anni dopo la Breccia", del padre Gaetano Zocchi (Tip. Giachetti, Figlio e C., Prato 1881). 

… Vi ha la Roma vecchia e la Roma nuova. Vi ha la Roma dei Papi e la Roma dei framassoni. Vi ha la Roma che prega e quella che bestemmia; la Roma dei martiri e quella dei tiranni; la Roma benedetta e quella maledetta. Vi ha la Roma di granito e la Roma di cartapesta; la Roma eterna e quella che, nata ieri, non è certa di vedere il domani. Vi ha la Roma di Cristo e la Roma dell’Anticristo.

… Essa era la città di tutti i popoli della terra e la patria di tutte le genti per cagione del suo Pontefice, che è il padre universale dei cattolici; perciò, secondo la sublime sentenza del Fénelon, ogni cattolico è romano. Ora il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica si trova chiuso dentro al Vaticano, che è la sua reggia e la sua prigione, il suo trono e la sua croce, il suo tempio e il Calvario. Della restante Roma altri divennero signori; e perciò fuori della cerchia del Vaticano, a propriamente parlare, non vi è più Roma, ma un cumulo di edifizii e di ruine, di antico e moderno, di grande e venerando e di piccolo e spregevole, che altra volta fu Roma, ora non è più nulla….

…(La fedeltà dei romani al Papa) mi pare abbastanza provata dal modo con cui accolsero la rivoluzione entrata in Roma per la breccia di Porta Pia. Il popolo romano rimase nella massima parte estraneo a quel movimento, cominciato e continuato da forestieri; le larghe promesse, lo splendido fantasma di avvenire fecondo di ricchezze e di potenza, che sembrava inseparabile dal titolo fastoso di capitale di un grand regno, non illusero il popolo romano. Sicchè, mentre tutte le altre città italiane venivano ciecamente travolte nei flutti della passioni anarchiche, Roma invece diede esempio memorando di fedeltà al suo antico e legittimo Sovrano. Professori, impiegati, soldati, grandi signori e principi, elessero il sacrificio, gli stenti, il disprezzo, l’oblio, piuttosto che mutar casacca… 

… Soprattutto la strage delle case religiose, dei conventi, dei monasteri, di chiese e di istituzioni pie; la licenza illimitata concessa ad eterici di qualsiasi setta, che ora hanno chiesa e scuola in tutti gli angoli di Roma, e adescano i miserabili e la feccia del popolo con promesse di guadagni materiali, e all’occasione affiggono nei luoghi pubblici avvisi crudelmente oltraggiosi alla fede cattolica, resero i nuovi padroni oltremodo antipatici ai romani… 

… Veniamo a Montecitorio. Qui sono gli eletti del popolo, qui è il palladio delle pubbliche libertà, qui è l’arena delle gloriose tenzoni nazionali. Ai tempi del Papa-Re, nel palazzo di Montecitorio, opera di un Papa Innocenzo, onde chiamasi anche palazzo Innocenziano, era la sede della polizia pontificia. Ora i poliziotti se ne sono andati… partiti gli onorevoli poliziotti, entrarono gli onorevoli deputati… Il luogo delle loro solenni comparse è l’aula provvisoria architettata nel 1871 dall’ingegnere Comotto, in forma di una baracca di legno, di ferro e di cristalli, stretta, disagiata, color di cioccolatte, e di disgraziata figura. Goffo baraccone è il nome, onde essa venne battezzata allora e che porta tuttavia; ma l’avrebbero potuta benissimo chiamare gabbia, poiché uno degli onorevoli (scordai quale) non dubitò una volta di asserire solennemente, credo in nome proprio e de’ suoi colleghi: noi siamo una gabbia di matti. Codesta gabbia o baraccone, che dir si voglia, in un col palazzo, costò ai contribuenti italiani cinque milioni e mezzo… Di che tanto più ammirevole è lo zelo, con cui gli inquilini di Montecitorio trattano gli affari dl popolo italiano che li ha mandati!… Già non sono mai troppi nel baraccone sopra descritto… Quando poi in un modo o in un altro si sia finalmente razzolato il numero legale, le discussioni incominciano. Parlano pochi, ma parlano egregiamente: sono bocche d’oro! Specie se si tratta di rompere lance contro preti, frati, persone e cose di Chiesa, correte, oratori, correte ad ascoltare in Montecitorio: non troverete i migliori maestri a cercarli fra milioni… E quelli che tacciono, cioè la maggior parte? Quelli ascoltano? No, quelli vanno e vengono dall’aula al buffet, dal buffet all’aula; o, se sono avvocati, il che, per disgrazia nostra, si verifica almeno ottanta volte su cento, preparano le loro arringhe per la Corte delle assise. Alcuni ridono, altri interrompono l’egregio oratore, poi, giunto il momento opportuno, votano tutti. M come votate in buona coscienza per il bene del popolo che vi ha mandato, se a non avete seguita la discussione, o solo a sbalzi e sbadatamente? La discussione non è fatta per quelli che debbono votare, ma per quelli che debbono leggerla nei giornali e negli atti ufficiali. La discussione non muta mai il risultato del voto, che si conosce già prima della discussione… 

… Su per la comoda via aperta dalla munificenza di Pio IX, fui sulla piazza di Montecavallo, vicino al monumento equestre, opera superba di greco scalpello, dinanzi al palazzo del Quirinale… Quel palazzo colle sue sontuose sale, colle sue opere d’arte, coi suoi giardini, era stato la reggia di molti Papi. Anche Pio IX vi aveva, prima dell’esilio, posto la sua Corte. Ora quel palazzo è sede di un re e di una regina, portati a Roma dal turbine rivoluzionario, e si dicono incoronati dalla volontà popolare. In quelle sale, al cospetto delle sacre scene dipinte dal pennello devotissimo dell’Owerbek, si danza e si banchetta: in quei giardini viene Garibaldi a restituire cavallerescamente al re d’Italia la visita; ricevutone nella propria casa. Sopra la porta principale del palazzo sporge una loggia. Di lassù ogni Papa, appena eletto dal Conclave, dava al popolo affollato la sua prima benedizione di Pontefice e di re: ora il re e la regina d’Italia ricevono lassù le ovazioni del popolo sovrano. Sotto l’arco maestoso di quella porta passavano cardinali e Prelati in severo abito talare, colle mozzette ed i rocchetti del cerimoniale liturgico; ora invece di là entrano ed escono le eleganti toilettes delle dame di corte e delle mogli di generali e ministri. È una processione assai poco edificante di soldati che bestemmiano e di ministri che vanno a sottoporre alla firma reale leggi e decreti, di cui non pochi recano lo sfratto di monache o di religiosi, lo smantellamento d’una chiesa, l’abolizione del catechismo, la leva dei chierici, il matrimonio civile e andate voi discorrendo. E sopra quella porta restano tuttavia S. Paolo colla spada sguainata, S. Pietro colle sue chiavi, la Vergine Santa col Bambino tra le braccia!…

… Lessi il nome di tutte le vie delle già finite e di quelle che si stanno terminando. D'Azeglio, Cavour, Manin, Gioberti, Mazzini, Napoleone III, ti guidano a Vittorio Emanuele. E nella parte opposta della stazione, dal Venti Settembre a Castel Fidardo, da Castel Fidardo a Solforino, a Palestro, a Goito, alla Cernaia, quei nomi ti conducono come per mano sulla strada percorsa dalla rivoluzione italica, te ne narrano tutte le geste, te ne cantano tutti i trionfi; quindi, giunto sulla piazza della Indipendenza, tu ammiri finalmente l’ultima meta…  La Indipendenza! La Indipendenza! Ed io là ritto in mezzo a quella piazza, non paranco bene rassettata, andava con me stesso meditando questa parola, e confrontava il suo significato filologico, col significato che essa piglia nella mente di quelli che l’hanno colà fatta esporre, in grandi lettere, alla vista del pubblico. Nel pensiero di costoro, indipendenza vuol dire: togliti di lì, che mi ci metta io; vuol dire: morte alla teocrazia! Morte ai tiranni, che comandavano nel nome del vecchio Dio! Viva lo Stato! Il dio nuovo, che fa quando gli talenta, senza l’impaccio di dover render conto ai dogmi ed alla morale. 
Ma lo Stato fu dio altra volta, quando sul colle Esquilino, dove adesso sorge una parte della nuova Roma, abitava il carnefice incaricato di fustigare e di crocifiggere nel sesterzio gli schiavi, condannati al supplizio: Anche allora il dio Stato non rendeva conto de’ fatti suoi né ai dogmi, né a principi morali, perché la sua divisa era questa. Sic volo sic iubeo, stat pro ratione voluntas! Allora nel suolo della nuova Roma si seppellivano alla rinfusa gli schiavi, avuti in conto di bestie. E dei 900 mila abitanti, che Roma conteneva, i due terzi erano schiavi, poiché il dio Stato vedeva nel servaggio dei più la condizione necessaria della propria indipendenza. Credo che, in materia di indipendenza, non si pensi molto diversamente oggidì… La concorrevano le maghe nel silenzio della notte, a stracciare coi denti vittime eziandio umane, e del fegato bollente di quelle componevano filtri amorosi, e per la virtù del sangue versato in una fossa, evocavano i Mani, a scoprire le cose nascoste, lontane e future. Così, fra gli altri, lasciò scritto l’epicureo Orazio. Ma nemmeno oggidì son rari, tra coloro cui dobbiamo la nuova Roma, i fattucchieri e le streghe, che sotto nomi meno ignobili, rinnovano quelle ignobilissime superstizioni, e posseggono l’anima di molti epicurei moderni, atei e materialisti, che predicano l’indipendenza del pensiero e del cuore…
Roma papale aveva cancellati i delitti di Roma pagana, col sangue dei suoi martiri e colle santificazioni dei suoi sacramenti; nel fuoco della carità aveva disciolti i ceppi della schiavitù; aveva sfrantumata la statolatria e fondata la verace indipendenza dei popoli, sul principio della paternità divina… Indipendenza! Indipendenza, e intanto siamo tutti schiavi. La Chiesa schiava dello Stato, lo Stato schiavo dei ministri pro tempore, i ministri schiavi delle fazioni, le fazioni schiave delle logge massoniche, le logge schiave di Satana, tutti schiavi del mal costume, dell’empietà, della rapina, della violenza, della miseria, della fame! … 

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