Il Ponte sul Garigliano
Il Garigliano come le Termopili, anche se nei libri di storia usati nelle scuole italiane con se ne trova traccia: una corona di fiori gettata nelle acque del fiume nei pressi del ponte “Real Ferdinando” è servita a ricordare l’eroico sacrificio di circa 300 soldati dal 6° battaglione “Cacciatori” dell’esercito del Regno delle Due Sicilie che, il 2 novembre 1860, si fecero uccidere, dal comandante – il capitato Domenico Bozzelli, 46 anni, abruzzese di Castel di Sangro, fino all’ultimo tamburino, per rallentare l’avanzata dell’esercito piemontese e consentire il trasferimento del grosso delle forze napolitane (così si chiamavano i cittadini dell’antico Regno) verso la fortezza di Gaeta per l’estrema difesa della secolare autonomia dello Stato fondato da Ruggero d’Altavilla, a Palermo, nel 1130.
A ricordare l’eroico sacrificio, in occasione della “Giornata della memoria” dedicata al “soldato napolitano”, è stato il giornalista Franco Nocella, presidente della Feder Mediterraneo, organizzazione indipendente non governativa membro della Task Force ONG del Consiglio d’Europa, accompagnato da tutti i delegati territoriali della federazione della provincia di Caserta e del Basso Lazio. Presenti anche Antonio La Rosa, delegato per l’Abruzzo, regione di provenienza dell’eroico capitano Bozzelli, il coordinatore della Consulta per il Sud Pietro Ferro, il presidente di Rinascita Meridionale Ferdinando M. d’Antonio e il segretario del Servizio Ambiente & Territorio Claudio Iorio. Contemporaneamente, a Torino, presso la fortezza San Carlo di Finestrelle l’associazione internazionale “Largo di palazzo” ricordava le inaudite sofferenze e il silenzioso sacrificio di migliaia di soldati napolitani che, dopo la capitolazione di Gaeta, Civitella del Tronto e Messina furono deportati nel Nord Italia e sottoposti a inaudite vessazioni che a molti di loro costarono la vita.
Il presidente della Feder Mediterraneo, Nocella, presso il ponte “Real Ferdinando” (recentemente restaurato dall’ANAS nelle forme in cui lo progettò nel 1828 Luigi Giura, primo ponte su catene d’Italia e terzo nel mondo), ha dato lettura del messaggio inviato dal lager piemontese di Fenestrelle dal presidente onorario dell’associazione “Largo di Palazzo” Paolo M. di Salerno, dove la “Giornata della memoria” è stata patrocinata anche dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Torino, sottolineando la necessità di “una radicale revisione storica, che chiarisca esattamente come e perché cadde il più antico e prospero stato dell’Italia pre unitaria e renda giustizia e onore ai soldati che ne difesero eroicamente l’autonomia e ai cittadini del Sud che, per quasi dieci anni, contrastarono valorosamente l’occupazione militare piemontese venendo la loro resistenza popolare marchiata con il nome di brigantaggio”.
“Il 2 novembre 1860”, ha ricordato il presidente della Feder Mediterraneo, Nocella, “l’esercito napolitano, incalzato al bombardamento della flotta piemontese, iniziò il ripiegamento verso Gaeta. I piemontesi attaccarono in forze il ponte del Garigliano per poter prendere alle spalle, oltre che dal mare, i napolitani, ma, sulla riva destra del fiume era rimasto, nonostante l’ordine di ritirarsi, Domenico Bozzelli con due compagnie del 6° battaglione Cacciatori. Esse impedirono il passaggio del fiume alle preponderanti forze avversarie per una intera giornata e, non avendo ottenuto l’onore delle armi da un nemico che non riconosceva l’eroismo e l’onore se non quando la cosa interessava le sue truppe, preferirono soccombere tutti grazie al coraggio e all’esempio dato dal capitano Bozzelli”. In una lettera indirizzata al presidente della Provincia di Caserta, Riccardo Ventre, e al sindaco di Sessa Aurunca, Elio Meschinelli, il presidente della Feder Mediterraneo, Franco Nocella, anche a nome di tutte le organizzazioni presenti alla commemorazione del Garigliano, ha chiesto che presso il ponte “Real Ferdinando” venga apposta una lapide che “ricordi il valore dei soldati napoletani e contribuisca a restituire agli abitanti dell’Italia meridionale l’orgoglio per la propria storia e per la propria identità, in mancanza del quale sarà più difficile vincere le battaglie di oggi contro l’emarginazione e il sottosviluppo”. (E.A.)