Carlo VIII (Amboise, 30 giugno 1470 – Amboise, 7 aprile 1498) Re di Francia della dinastia dei Valois dal 1483 al 1498.
Sul finire dell’età di mezzo, su entrambe le rive della Manica, la popolarità del miracolo regio era rimasta immensa.
Per la Francia sono ancora i Libri di Conti dell’Elemosina reale, che permettono di valutare la frequenza e quindi la fama del rito di guarigione.
Carlo VI I I (1483- 1498) in un solo giorno, il 28 marzo 1498, toccò sessanta persone. Se Luigi XI I (1498- 1515) nel periodo dal 1° ottobre 1507 al 30 settembre 1508, si limitò a toccare 528 scrofolosi, il suo immediato successore Francesco I (1515- 1547) ne guarisce 1326 durante il 1528, 988 nel 1529 e 1731 durante l'anno 1530. Carlo IX (1560- 1574), suo nipote, pur regnando nel travagliato periodo delle guerre di religione, durante il solo 1569 vide accorrere alla sua reggia 2092 ammalati di scrofole.
Tra i malati non francesi, che accedevano in gran numero presso il Re Cristianissimo, figuravano al primo posto gli spagnoli, la cui terra a quel tempo era particolarmente devastata dall’adenite tubercolare. Questi, quando le circostanze lo permettevano, formavano delle vere e proprie carovane di pazienti, guidate da un 'capitano'.
A. Duchesse, scrivendo nel 1609, accenna al “grande numero di questi ammalati, che vengono tutti gli anni dalla Spagna per farsi toccare dal nostro pio e religioso Re. Il Capitano che li guidava nel 1602, riportò la testimonianza dei Prelati di Spagna, di un gran numero di guariti con il tocco di Sua Maestà”.
I sovrani Capetingi, inoltre, esercitarono talvolta il tocco taumaturgico fuori dal Regno. Già Carlo VI I I (1483- 1498), durante la spedizione in Italia del 1494, aveva dato un saggio del suo potere guaritore: a Roma, il 20 gennaio 1495, presso la cappella di Santa Petronilla, mezzo migliaio di affetti da scrofole avevano beneficiato del suo tocco, suscitando l’ammirazione della città eterna. Lo stesso si era verificato a Napoli il 19 aprile 1495.
Luigi XI I (1498- 1515) eseguì il tocco a Pavia il 19 agosto 1502 ed a Genova il 1° settembre dello stesso anno130. Francesco I (1515- 1547) a Bologna, ospite di Papa Leone X, compì la cerimonia taumaturgica il 15 dicembre 1515, dopo averne dato pubblico annuncio, in una cappella del palazzo apostolico. Tra i numerosi infermi, che accorsero a farsi toccare dal medico reale, era presente anche un vescovo polacco.
L’evento fu immortalato in un affresco eseguito alla metà del XVII secolo da Carlo Cignoni ed Emilio Taruffi su commissione del Cardinal Girolamo Farnese, legato pontificio a Bologna, e che è tuttora visibile nella Sala Farnese del Palazzo Comunale.
Su un cartiglio si legge: “Francesco I Re di Francia guarisce a Bologna numerosi ammalati di scrofole”.
Ancora Francesco I , sconfitto e prigioniero dell’Imperatore Carlo V dopo la battaglia di Pavia (1525), continuò in terra spagnola, prima a Barcellona, poi a Valenza, ove era stato imprigionato nel giugno di quell’anno, ad esercitare la sua prerogativa taumaturgica, e, benché nemico giurato del signore di quel regno, vide accorrere a sé numerosissimi spagnoli, “un così gran numero di malati di scrofole – riferiva De Selve, Presidente del Parlamento di Parigi – con grande speranza di guarigione quale, in Francia, non vi fu mai in sì grande calca”. Situazione immortalata da un celebre distico del poeta Lascaris: “Dunque, il re accostando la sua mano guarisce le scrofole – benché prigioniero, egli è, come per il passato, gradito ai celesti”.
In questi primi decenni del ‘500, s’assiste al passaggio dall’amministrazione del tocco a cadenze irregolari all’introduzione, sotto Francesco I , di giorni determinati in cui il sovrano s’esercita nella sua prerogativa medicinale, secondo un cerimoniale più fastoso e regolare.
Può tuttavia ancora accadere, come per l’addietro (ma si tratta ormai di casi isolati) che il sovrano usi del miracoloso potere occasionalmente. Così Francesco I nel gennaio 1530, mentre attraversa la Champagne, permette che ad ogni tappa del viaggio gli scrofolosi si presentino al suo cospetto136. Un’altra volta, commosso dal pianto di un infermo che lo importuna, il sovrano lo tocca sul posto (aprile 1529).
Il Re, però, decise di dare sistematicità alla cerimonia. Così il Servizio dell’Elemosina raggruppava i malati fino al giorno stabilito per il rito, mantenendoli a spese del Sovrano. Trattandosi, tuttavia, spesso, di una corte itinerante, quel singolare corteo d’ammalati s’accodava al monarca, in attesa del giorno favorevole.
Infine prevalse la modalità di far comparire gli scrofolosi in giorni prefissati.
Le date che divennero ben presto canoniche per il rito guaritore coincidevano con le principali feste liturgiche: le Candelora, le Palme, Pasqua, o un giorno della Settimana Santa, Pentecoste, Ascensione, il Corpus Domini, l’Assunzione, la Natività della Vergine ed il S. Natale.
Spesso il sovrano toccava i malati già dalla vigilia della festa. In via eccezionale Francesco I guarì gli scrofolosi l’8 luglio 1530, in occasione del suo matrimonio con Eleonora d’Austria.
La concentrazione del tocco in alcune date comportò, da un lato, che vere e proprie folle, anche di parecchie centinaia d’infermi, si presentassero alla Corte, e, dall’altro, favorì lo sviluppo del rituale, che ora riveste un carattere imponente.
Il sovrano francese assolve in primo luogo devotamente i più importanti doveri religiosi: si confessa e, in conformità ad un antico privilegio, si comunica, alla maniera dei sacerdoti, sotto entrambe le Specie. Il principe, poi, accompagnato dall'Elemosiniere di Corte, procede verso il luogo prescelto per il miracolo reale, dove i chirurghi regi hanno fatto accedere solo quei malati che presentano con certezza i sintomi dell’adenite.
Così attesta, nel suo Diario di viaggio, il nobile veneziano Girolamo Lippomano, che scrive nel 1577:
“Prima che il Re tocchi, alcuni medici e cerusichi vanno guardando minutamente le qualità del male, e se trovano alcuna persona che sia infetta d’altro male che dalle scrofole, la scacciano”.
I malati attendono pazientemente in ginocchio l’arrivo del Re-medico, il quale, prima di procedere al tocco, compie una breve liturgia dedicata a San Marcolfo.
Poi, accompagnato dall’Elemosiniere e da alcuni nobili del seguito, procede al tocco, fino all’esaurirsi del numero dei sofferenti. “Essendo gl’infermi accomodati per fila … il re li va toccando d’uno in uno, riferisce sempre Lippomano nella sua relazione.
Anche il luogo ove compiere la cerimonia era prescelto, in modo da sottolineare la solennità dell’evento. Lippomano parla di “cortili regali, o qualche gran chiesa”.
Così, potevano essere le volte gotiche di Nôtre-Dame di Parigi ad accogliere i pazienti, come avvenne l’8 settembre 1528, festa della Natività di Maria SS., quando Francesco
I toccò 205 scrofolosi145; oppure, il 15 agosto 1527, festa dell’Assunzione, quando nell chiostro del Palazzo vescovile di Amiens, il Cardinal Wolsey potè ammirare il medesimo sovrano segnare un numero quasi uguale di pazienti.
Il rito rimase immutato rispetto a quello praticato in precedenza. Il sovrano toccava con la mano nuda le piaghe, facendo poi il segno di croce. Si venne però fissando in quel tempo la formula che rimase in uso fino a Luigi XIV (1643- 1715), e che il Re pronunciava su ciascun ammalato: Il Re ti tocca, e Dio ti guarisce.
Nemmeno nella Francia sconvolta dalle guerre di religione, nella seconda metà del secolo XVI, gli scrofolosi rinunciarono al rimedio regale, né i monarchi francesi, seppure, forse, con minor sollecitudine, data la pericolosità dei tempi, si sottrassero al loro dovere.
Enrico I I I (1574- 1589) ultimo sovrano del ramo Valois-Angouleme, pur nell’infuriare della guerra civile tra la Lega cattolica dei Duchi di Guisa e i protestanti calvinisti, guidati da suo cugino Enrico di Borbone, trovò modo di toccare gli scrofolosi in varie circostanze: a Poitiers il 15 agosto 1577, festa dell’Assunzione, a Chartres almeno nel 1581, 1582 e nel 1586.
Con la conversione al cattolicesimo e l’ascesa al trono, del calvinista Enrico IV di Borbone (1594- 1610), appartenente ad un ramo collaterale della dinastia capetingia, continuò la tradizione del tocco regio.
La domenica di Pasqua del 10 aprile 1594, poco più di un mese dopo la sua consacrazione (27febbraio 1594) che avvenne a Chartres, anziché a Reims, e senza l’impiego del crisma della Santa Ampolla, toccò i malati per la prima volta a Parigi. Se ne presentarono circa 900, e così fino alla morte (1610) non rifiutò mai il rito, non solo nei giorni più solenni fissati dalla tradizione, ma anche in molte altre occasioni meno importanti.
Come per i suoi predecessori, gli infermi erano migliaia: nella Pasqua del 1608, per esempio, Enrico IV toccò 1250 scrofolosi. In altra occasione salirono addirittura a 1500!
Il grand siécle non fu avaro d’altrettanto strepitoso favore che i precedenti secoli alla fama guaritrice dei principi francesi. Anzi, nell’epoca della Controriforma, il tocco reale riconfermò il proprio prestigio.
Le cifre sono più eloquenti delle parole: Luigi XI I I (1610- 1643) tocca nel 1611 2210 scrofolosi, 3125 nel 1620. Nella Pasqua del 1613 sono ben 1070 gli ammalati che si presentano al Louvre per il miracolo regio150. Il sovrano compie regolarmente la funzione nelle grandi solennità, Pasqua, Pentecoste, Natale, o Capo d’Anno, talvolta, come per il passato, alla Candelora, la Trinità, l’Assunta, Ognissanti. La cerimonia si svolge in luoghi diversi. A Parigi, di solito, nella grande galleria del Louvre, o in una sala bassa della reggia.
Poiché la folla degli infermi è numerosa, il rito è faticoso per il Re fanciullo, salito al trono ancora adolescente, soprattutto a causa del gran caldo: “Egli si sentiva un po’ affaticato, ma non voleva farlo apparire… Egli si sente debole”, riporta Héroard, medico personale del monarca. Ma il sovrano, a meno che non sia serimente indisposto, non si sottrare mai alla cerimonia.
Anche quando la peste sconsiglia gli assembramenti per non diffondere il contagio, gli scrofolosi si presentano ugualmente a centinaia per accedere al medico regale:
“Essi mi perseguitano molto – si lamenta il Re con un certo sarcasmo – Dicono che i Re non possono morire di peste…Pensano che io sia un Re di Carte”.
Con Luigi XIV (1643- 1715), suo figlio, nulla cambia nella sostanza, a parte l’atto di venerazione alle reliquie di San Marcolfo che - come si disse più sopra - ora erano condotte presso il Re a Reims, prima dell’inizio del tocco, senza che il principe si recasse fino al monastero che le custodiva.
Il sovrano, ricorda Saint-Simon, “si comunicava sempre col collare dell’Ordine, facciole e mantello, cinque volte l’anno, il Sabato Santo nella Parrocchia, gli altri giorni nella Cappella: la vigilia di Pentecoste, il giorno dell’Assunzione, seguita da una gran messa, la vigilia di Ognissanti e la vigilia di Natale… e ogni volta toccava gli ammalati”.
Se il rito si svolge nella capitale è cura del Gran Prevosto far affiggere dei manifesti che annunziano l’evento. Uno di essi recita così:
Da parte del Re e del Signor Marchese di Souches, Prevostodell’Ostello della Maestà e Gran Prevosto di Francia.
Si fa sapere ad ognuno che legge, che Domenica prossima giorno di Pasqua, Sua Maestà toccherà i Malati di Scrofole, nella Galleria del Louvre, alle ore dieci del mattino, in modo che nessuno possa scusarsi per non esserne a conoscenza, e che coloro che sono afflitti da detto male, se così gli aggrada, abbiano a trovarsì lì. Redatto a Parigi, alla presenza del Re, il 26 marzo 1657.
Firmato, De Souches.
Il Re Sole nel Sabato Santo del 1666 tocca 800 scrofolosi. Ammalato di gotta la Pasqua 1698, e quindi impossibilitato a compiere il rito, vede presentarsi a corte la Pentecoste successiva circa tremila infermi. Nella solennità della SS. Trinità, il 22 maggio 1710, vide presentarsi a Versailles si accalcano 2400 scrofolosi. Il sabato 8 giugno 1715, invece, vigilia di Pentecoste, tre mesi prima di morire († 1° settembre 1715), il sovrano toccò per l’ultima volta i malati. Gli scrofolosi, nonostante “il grandissimo calore”, s’ammassarono in circa millesettecento.
Come per il passato, i pazienti che accorrono a farsi benedire dal Re appartengono a svariate nazioni europee. Vediamo così “tanto Spagnoli, Portoghesi, Italiani, Tedeschi, Svizzeri, Fiamminghi, che Francesi”, i quali, durante il regno di Luigi XI I I , a Saint-Germain-en-Laye, la Pentecoste del 1618, si schierano “lungo tutto il gran viale e sotto il fogliame del parco” in attesa del principe medico.
Gli ecclesiastici non disdegnano la cerimonia. Tre gesuiti portoghesi sono tra i malati il 15 agosto 1620, festa dell’Assunta. Gli spagnoli, comunque, sono gli stranieri più numerosi. Per questo il cerimoniale prevedeva che fossero i primi ad essere beneficiari del tocco regale.