SARDEGNA - 21 Marzo 2012, "Arriva la Primavera e con essa un'aria di secessione". No, non è il titolo di un romanzo e nemmeno una storia fantasy. Si tratta di pura realtà marchiata "testa di moro". Mentre Bossi continua a blaterare dagli inizi degli anni '90, in Sardegna passano ai fatti. L'ordine del giorno del consiglio regionale del 21 Marzo 2012 verte tutto su un'unica domanda: "perché restare in Italia?"
La Primavera arriva di fuoco dopo un inverno gelido sia per l'Italia che per la Sardegna. Una Regione a statuto speciale che prima si appella all'articolo 51 per cercare di svincolarsi fiscalmente da Equitalia, poi prende la situazione di petto ed organizza un Consiglio Regionale primaverile per chiedersi effettivamente se sia giusto restare nel bel paese. E se in primavera i balneatori organizzano già la stagione estiva e rinascono i posti che vivono di turismo, anche alcuni politici pensano ad un "restyling regionale". C'è chi si chiede perché un bel fiore come la Regione Sarda debba finire nelle grinfie di un'Italia sanguinante e con le unghie lunghe ed affilate come una tigre? Mica siamo in Africa? Siamo in Sardegna, appunto.
Il Consiglio Regionale ormai passato alla storia non poteva che cadere il 21 Marzo. In un clima di assoluta neutralità la maggioranza approva l'ordine del giorno. Un ordine molto poco politico, privo di ogni tipo di spirito propagandistico e volto solo a stimolare una riflessione: "vale la pena intrattenere rapporti politici con le istituzioni italiane"? Una domanda d'obbligo perché se nell'ipotetica Padania c'è chi grida alla secessione in Sardegna ci si sente già di fatto di un altro paese.
E chi è a favore di questo storico cambiamento? I Riformatori? Neanche per scherzo! Si tratta di partiti misti di destra e di sinistra. La proposta è stata del Partito Sardo d’Azione, da SEL, dall’UDC, da FLI, dall’Idv, dall’Api. Con 31 voti favorevoli e 25 contrari il Consiglio Regionale ha approvato la proposta a cui si è opposto tutto il PD, una parte del PDL ed i Riformatori.
Il Consiglio ha così deliberato di "avviare una sessione di riflessione su quelle che sono le relazioni tra la Regione a statuto speciale in questione e lo Stato italiano. I relativi rapporti istituzionali e la lealtà sociale e civile". Il solo fatto che partiti misti di destra e di sinistra abbiano votato a favore per quella che è un'azione propedeutica ad una possibile Secessione, ci fa capire che evidentemente la situazione in Sardegna non è delle più rosee.
Decine di migliaia gli imprenditori sull'orlo del baratro senza contare i cassaintegrati e le vittime di Equitalia. Troppe le famiglia finite in mezzo alla strada in una Regione che oltre alle spiagge multicolor di problemi ne ha diversi: contaminazioni nucleari e radioattive a Quirras, abuso edilizio sulla costa, settore agricolo coi conti in rosso e l'occupazione? Beh, anche qui stendiamo un velo pietoso… del resto se la Sardegna pensa di abbandonare il tricolore è certamente perché le sue spiegge bianche non possono vivere sempre col rosso della bandiera, nè del verde della speranza...