L’8 giugno 2004, data altamente simbolica, la Basilica gotica di Saint-Denis, a nord di Parigi, è stata testimone di un evento senza precedenti. Qui, nella cripta dove da tempo immemorabile riposano i Re
di Francia, distolti dal loro sonno eterno soltanto dal furore anticristiano e regicida della Rivoluzione, che ne profanò le tombe il 1° agosto 1793, si è tenuta l’inumazione del cuore del Re fanciullo Luigi XVII (figlio di Luigi XVI e della Regina Maria Antonietta) murato vivo nel 1792, a sette anni, nella prigione del Tempio a Parigi e ivi lasciato barbaramente perire di stenti e di consunzione, appunto l’8 giugno 1795.
La notizia dei funerali è stata data dai principali organi d’informazione di tutto il mondo.
La reliquia è quella del cuore del piccolo Sovrano, espiantato dal medico Philippe Jean Pelletan al momento dell’autopsia eseguita il 9 giugno 1795 sul cadavere del bambino deceduto il giorno innanzi nella prigione del Tempio a Parigi, martire del furore anticristiano e antimonarchico dei rivoluzionari francesi. La certezza è stata raggiunta solo molto recentemente, a mezzo dell’esame del DNA, che ha comparato un frammento del cuore del fanciullo con le sequenze mitocondriali della madre Maria Antonietta e di altri discendenti del Casato. 208 anni dopo quel crimine orrendo, che si aggiunge ai tanti altri della satanica Révolution, la Repubblica, ancora agitata dai demoni del 1789 di cui si considera l’erede, come tutti i poteri di origine illegittima, si è fortemente inquietata per l’evento. Ha sì consentito la deposizione del cuore del Delfino nella cripta, che oggi è di proprietà dello Stato, accompagnando però la sepoltura a “editti degni del Terrore: proibito il funerale, che a qualunque essere umano è dovuto, proibiti gli onori, che a un Re figlio di Re sono giustamente attribuiti, proibiti i discorsi, che rappresentano la consolazione dei vivi. Proibito dalla Repubblica laica e spaventata di Francia anche il gesto di riparazione estrema: pagare le spese della sepoltura del cuore di un bambino martire. Le esequie saranno a spese dell’Istituto della Casa Reale di Borbone”.
Nell’occasione, secondo la CNN, i realisti francesi avrebbero invece inscenato un vero e proprio corteo regale medievale. Il vaso di cristallo contenente il cuore del Delfino, collocato su di un drappo funebre trapunto di gigli, simbolo della corona di Francia, è stato adagiato nella cripta per riposare assieme ai resti mortali del Re Luigi XVI e della Regina Maria Antonietta, suoi genitori. “Dopo due secoli di mistero che circondano il destino del fanciullo, il responso del DNA ha persuaso molti storici che quella reliquia, passata segretamente da una persona all’altra, sia veramente il cuore del Re”.
I legittimisti, che non fanno alcun mistero di voler restaurare la monarchia in Francia, hanno sfidato le proibizioni neo-giacobine della Republique chiracchiana. Al suono delle trombe e fra nuvole d’incenso, il corteo regale ha inceduto sotto le millenarie navate gotiche, con la reliquia avvolta in un drappo gigliato di colore viola, mentre fuori della Basilica una folla devota di migliaia di realisti si accalcava per seguire la Messa funebre su di un enorme schermo. Si è levato quindi ripetutamente il grido di Lunga vita al Re! con cui veniva salutato il Duca d’Anjou, Luigi Alfonso di Borbone,
uno dei pretendenti al trono di Francia, che contende i diritti al Conte di Parigi, discendente degli Orléans. Alla Messa funebre, il Cardinal Jean Honore ha paragonato lo sfortunato Delfino ai fanciulli abusati del giorno d’oggi.
Un regio decreto del 14 febbraio 1816, che faceva seguito ad una legge di cui Chateaubriand era stato il promotore, disponeva l’elevazione di un monumento espiatorio alla memoria del giovane Re Luigi XVII; ma si dovette rinunziare al progetto, a causa della pratica impossibilità di ritrovare i suoi resti mortali. Cosa che solo oggi è possibile.
Ma cosa si deve pensare dell’autenticità della reliquia collocata nella cripta di Saint- Denis? È veramente quella di Sua Maestà Cristianissima Luigi XVII, Re di Francia, perito a soli dieci anni nella prigione del Tempio, per la demoniaca volontà dei suoi aguzzini rivoluzionari? O non si tratta piuttosto di un falso? Proviamo a passare in rassegna, prima le argomentazioni recate dai sostenitori e poi dai contestatori dell’esame del DNA e della cerimonia di deposizione in Saint-Denis.
Tra i sostenitori, gli amici borbonici dell’Institut de la Maison de Bourbon, con i quali il Comitato per la celebrazione delle Pasque Veronesi ha intrattenuto amichevoli relazioni culminate in una loro visita a Verona nel 1998, quando furono ricevuti dal Vice-Sindaco e dal Presidente della Provincia insieme con i rappresentanti del Comitato per la celebrazione delle Pasque Veronesi. I realisti francesi in quell’occasione vollero anche deporre un cuscino di fiori ai Martiri delle Pasque Veronesi, vittime del delirio rivoluzionario giacobino e dell’espansionismo di Napoleone Bonaparte, usurpatore del trono di Francia e del quale non si parlerà mai male a sufficienza.
I contrari si contano sostanzialmente tra i fautori di uno dei tanti pretesi Luigi XVII che si palesarono nel XIX secolo nell’Europa della pseudo-Restaurazione, anzi del più celebre, Karl Wilhelm Naundorf, i cui attuali discendenti vedrebbero preclusa ogni ambizione dinastica sul trono di Francia, ove fosse acclarata la parentela genetica fra il cuore di cui sopra e il Casato capetingio. Da ultimo, vedremo di trarre qualche conclusione, se possibile assennata, su tutta questa intricatissima vicenda, nella quale sentimenti e ragione, ideologia rivoluzionaria e legittimismo si scontrano ancora una volta e in cui il gusto per il romanzo s’intreccia con la storia.