Un antico Castello sulla costa Irlandese
La gloriosa e tragica storia di un popolo fiero nelle sue tradizioni e saldamente vincolato nella fedeltà alla Chiesa di Roma.
di Michael O'Hanlon
Il fulcro della storia irlandese, dall’invasione normanna del 1167 fino ai nostri giorni, è la lotta per l’indipendenza. Guerre e ribellioni sono vicende per noi comuni ormai da 800 anni.
Dalla Riforma protestante nel secolo XVI, questa lotta è inseparabile dal tentativo di acquistare o di conservare la libertà di praticare la religione cattolica. Nella mentalità irlandese, il cattolicesimo è inscindibilmente legato alle nostre aspirazioni nazionali, come elemento centrale della nostra identità.
Ciò non significa che tutti coloro che hanno lottato per l’indipendenza irlandese erano necessariamente cattolici. In realtà la stragrande maggioranza lo era. Ma nel quadro ci sono anche fattori politici, ideologici e perfino personali.
D’altronde, non pochi irlandesi, tra cui purtroppo uomini di Chiesa, non sono stati affatto immuni dalla seduzione del potere e della ricchezza, e anche della vendetta. Come altri, più di recente, non sono stati immuni da influenze liberali e perfino socialistiche.
Dai normanni a Enrico VIII
Una Bolla di Papa Adriano IV, emanata nel 1155, autorizzava il Re normanno Enrico II a invadere l’Irlanda «per porre fine alla barbarie del Paese». In realtà, sull’autenticità di questa Bolla aleggiano tuttora dubbi assai fondati. Vero o falso, questo documento permise a Enrico II di invadere e di sottomettere l’Irlanda nel 1167. Si racconta, però, che in poco tempo i normanni erano diventati più irlandesi degli irlandesi.
Il dominio normanno (il Re d’Inghilterra si dichiarava “Signore d’Irlanda”) è durato fino a quando Enrico VIII, abbandonando la sua fedeltà al Papa nel 1534, non poteva più servirsi d’una Bolla Pontificia per giustificare la sua autorità. Egli si è quindi autoproclamato “Re d’Irlanda”, scatenando una forte reazione. Molte famiglie di origine normanna, ma ormai saldamente dalla parte degli irlandesi, non hanno accettato l’autorità di un Re non in comunione con Roma.
La figlia di Enrico VIII, Maria Tudor, tentò una restaurazione cattolica che, purtroppo, ebbe vita effimera. Poi venne la sorellastra Elisabetta I, che per 40 lunghissimi anni diede carte blanche ai protestanti in Irlanda. La sua scomunica nel 1570 liberò tuttavia i cattolici dalla fedeltà a Lei. Gli atti di resistenza, nonché vere e proprie sommosse, divennero sempre più frequenti.
La Fuga dei Conti
La prima ribellione con qualche possibilità di successo scoppiò nel 1595. Si tratta della “Guerra dei nove anni”, portata avanti da Hugh O’Neill, Red Hugh O’Donnell ed altri leader, specialmente nell’Ulster.
Dopo aver quasi gustato la vittoria, la guerra si concluse con un disastro per gli irlandesi nella battaglia di Kinsale, a dispetto dell’aiuto spagnolo. Questa sconfitta segnò una svolta nella storia irlandese. La vittoria non sarà mai più così alla nostra portata.
La morte di Elisabetta nel 1603 non giovò molto alla causa irlandese, visto che O’Neill aveva già firmato il Trattato di Mellifont senza sapere che la Regina non c’era più. I nobili irlandesi riuscirono a conservare i titoli, ma furono a tal punto osteggiati dai protestanti che molti scelsero la via dell’esilio nel 1607.
Questo episodio – noto come Flight of the Earls, Fuga dei Conti – privò l’Irlanda di molti dei suoi migliori uomini. La migliore nobiltà dell’Ulster se ne andò per non farvi più ritorno.
La celebre Cronaca dei Quattro Maestri (Annala na gCeithre Mháistrí) canta: “Mai sorresse il mare, mai spinse il vento in Irlanda una nave più illustre e nobile, piena di nomi famosi per il coraggio, l’abilità e l’operosità”.
La guerra contro Cromwell
Seguirono alcune piccole ribellioni senza consistenza fino a che, una generazione più tardi, ci fu un altro serio tentativo di riprendere l’Irlanda. Nel 1641 Owen Roe O’Neill, nipote di Hugh O’Neill, tornò in Irlanda reduce dal servizio militare spagnolo.
All’epoca una parte del Paese era controllato dalla Confederazione cattolica di Kilkenny, che si era proclamata legittimo Governo irlandese. Owen Roe O’Neill diventerà il più grande militare della Confederazione, e il suo esercito dell’Ulster la maggior speranza per la libertà della Chiesa in Irlanda.
Per ben sette anni O’Neill guidò gli irlandesi contro gli inglesi, in una campagna meticolosamente pianificata e brillantemente comandata. Questa campagna quasi vittoriosa fu il canto del cigno dell’arte militare irlandese.
La Battaglia di Benburb (1646), che egli comandò in prima persona, è stata la più grande vittoria militare irlandese di tutti i tempi. Lo stesso Oliver Cromwell diceva che non temeva problemi in Irlanda, tranne che da O’Neill.
Visto che la sopravvivenza della Confederazione dipendeva praticamente da lui, la sua morte nel 1649 è stata una delle più grandi tragedie della nostra storia, già così spesso tragica. Dopo la sua scomparsa il suo esercito non durò molto, e Cromwell non ebbe difficoltà a riconquistare l’isola.
Quando nel 1688 il Parlamento inglese depose il Re cattolico Giacomo II Stuart e lo sostituì col protestante Guglielmo III d’Orange, l’Irlanda sostenne la dinastia cattolica. Ma Giacomo fu sconfitto nella battaglia del Boyne.
Nonostante una coraggiosa e inutile resistenza guidata da persone del calibro di Patrick Sarsfield, l’aristocrazia cattolica irlandese fu annientata e costretta a lasciare definitivamente il Paese, in ciò che viene chiamato The Flight of the Wild Geese, il Volo delle oche selvatiche. L’Irlanda rimase senza leader.
Dalle leggi anticattoliche all’emancipazione
Nel periodo successivo alla sconfitta dei Giacobiti furono emanate diverse “Leggi penali” finalizzate a soffocare ancor di più la Chiesa Cattolica in Irlanda. Queste leggi controllavano strettamente la vita ecclesiastica. Per esempio, la celebrazione della Santa Messa era in tal modo limitata che spesso doveva essere celebrata su una pietra, chiamata Mass Rock, in qualche valle isolata, con guardie attorno per avvisare dell’arrivo di agenti del governo.
Queste Leggi penali, inoltre, trasformarono i cattolici in cittadini di seconda classe, vietando loro l’accesso ad alcune professioni, alle forze armate e alle cariche pubbliche, nonché restringendo gravemente il loro diritto di gestire proprietà e di lasciare patrimonio.
Tutti i beni appartenenti a cattolici vennero confiscati ed affidati a protestanti. La vita dei cattolici irlandesi nel secolo XVIII era così disagiata che, nonostante fosse ispirata dagli ideali della Rivoluzione Francese, e nonostante molti dei suoi capi fossero protestanti, non pochi cattolici, tra cui uomini di Chiesa, furono indotti a partecipare alla rivoluzione del 1798 pur di sbarazzarsene degli inglesi.
Fino agli albori del secolo XIX v’era in Irlanda un Parlamento indipendente, anche se di composizione esclusivamente protestante. L’Atto d’Unione del 1801 pose fine a questo Parlamento, integrandolo in quello inglese. Alcune Leggi penali furono abrogate, altre invece confermate.
Negli anni 1820 Daniel O’Connell capeggiò un movimento per abrogare le rimanenti Leggi penali e, in particolare, per ottenere per i cattolici il diritto al voto e l’accesso alle cariche politiche. Con massicce manifestazioni pubbliche, O’Connell riuscì a formare un potente movimento popolare in grado di convincere il Parlamento inglese a concedere l’emancipazione ai cattolici nel 1829.
Nella sua battaglia per l’emancipazione cattolica, O’Connell fu inizialmente ispirato da idee piuttosto liberali. Tuttavia, il suo impegno lo portò a contatto con molti cattolici praticanti, innescando in lui un processo di infervoramento spirituale, sicché i suoi ultimi anni furono caratterizzati da una grande Fede.
O’Connell morì nel 1847. Purtroppo, i suoi successori nella leadership del movimento nazionalista erano di un’altra stoffa. O’Connell si opponeva strenuamente alla violenza, anche se dovette utilizzarla in legittima difesa nella mischia di Carrickshock.
La generazione successiva proponeva invece l’insurrezione armata come unico mezzo per ottenere l’indipendenza. D’altronde, mentre O’Connell aveva man mano abbandonato le idee liberali per abbracciare con fervore la fede cattolica, i nuovi leader si ispiravano apertamente alla Rivoluzione Francese, sbandierando perfino idee socialiste.
Nacque quindi verso la metà del secolo XIX l’Irish Republican Brotherhood (IRB), un’organizzazione semi-segreta che rimarrà il principale elemento del movimento per l’indipendenza fino al secolo XX.
Affianco all’IRB v’erano fazioni ispirate ad un nazionalismo romantico tipicamente ottocentesco nonché correnti prettamente cattoliche. Il tutto formava un conglomerato assai variegato, il cui unico elemento fondente era il desiderio di indipendenza, mentre erano solite venir fuori, anche in modo aspro, le contraddizioni fra le varie fazioni.
La causa dell’indipendenza fu sostenuta da un buon numero di sacerdoti, il che sollevò un infuocato dibattito sulla liceità della violenza e della partecipazione del clero nella politica.
Finalmente liberi
Il primo frutto di questo movimento fu l’insurrezione del 1916. Sconfitta nell’immediato, essa pose tuttavia le condizioni per la guerra di indipendenza, iniziata nel 1919. Questa finì col trattato di pace del 1920 che, ammettendo una parziale indipendenza per l’Irlanda, in pratica la divise in due fazioni, che si scontrarono nell’orribile guerra civile (1922-1923) le cui conseguenze segnano la politica irlandese fino ai nostri giorni.
Dal 1922 fino al 1937 ci fu l’Irish Free State, raro esempio di democrazia in un’Europa sempre più tentata dai totalitarismi. Finalmente, con la Costituzione del 1937 nacque l’Irlanda (Érie, in gaelico), che nel 1949 cambiò il nome per Repubblica Irlandese, uscendo dal Commonwealth britannico.
L’attuale Costituzione irlandese rispetta la Chiesa Cattolica nonché alcuni degli elementi fondamentali d’una civiltà cristiana, come l’istituzione della famiglia e il diritto di proprietà privata.
Dopo la fondazione della Repubblica Irlandese, l’Irlanda del Nord, ancora sotto dominio britannico, è stata teatro di un movimento di indipendenza di natura violenta. Alla fine degli anni Sessanta questa lotta prese una nuova piega quando i suoi dirigenti accettarono l’assistenza e l’influsso della Russia comunista, un’influenza che ha colorato il movimento sin da allora.
Questo è un fattore nuovo che, per la prima volta, ha intaccato il legame tra fede cattolica e identità irlandese. (RC n. 38 - Ottobre 2008)