di Angela Pellicciari
Tratti anticattolici del Risorgimento italiano. La persecuzione delle "gesuitesse", messa in atto da massoni & liberali dell’Ottocento. Un caso dimenticato dalla storiografia dominante.
[Da "Il Timone" n. 18, Marzo/Aprile 2002]
L’Italia dalle cento città, l’Italia dalla grande e creativa diversità, tutto ad un tratto al momento dell’unificazione politica nel 1861, diventa l’Italia della più cupa e tetra omologazione. Tutte le cento città devono prendere a modello Torino e la dottrina liberale che vi regna sovrana. Tutte devono regolarsi secondo la legislazione piemontese che sistematicamente combatte la religione cattolica. Tutte devono riprodurre come con lo stampino i retorici e vacui monumenti che magnificano l’epopea risorgimentale.
La pretesa massonica di incarnare le ragioni della bellezza, del progresso, della giustizia e della libertà - in una parola della perfezione -, e particolarmente evidente nel caso ormai dimenticato delle ’gesuitesse’. Corre l’anno 1848, anno rivoluzionario per eccellenza, e il costituzionale Regno di Sardegna comincia a smantellare tutte le istituzioni della Chiesa cattolica che pure il primo articolo dello Statuto definisce "unica religione di stato".
Costituzionali contro la costituzione? Ai liberali, che si definiscono tali, tutto è possibile per definizione: sono sciolti da qualsiasi obbligo nei confronti di chicchessia. Liberi, per l’appunto.
Dopo aver deciso la soppressione della Compagnia di Gesù definita ’peste’ e ’lue’, il governo ha gioco facile nel condannare uno dopo l’altro gli Ordini religiosi. Contagiati dal contatto con gli appestati gesuiti. E quindi pericolosi. E pertanto da sopprimere. Questo il contesto in cui in Parlamento si affronta il caso delle Dame del Sacro Cuore di Gesù, spregiativamente chiamate gesuitesse. Si tratta dì una ventina di suore che gestiscono a Chambery una scuola prestigiosa e svolgono molte opere di carità.
L’odio che circonda le istituzioni cattoliche nel parlamento subalpino è palpabile. Basti citare come il deputato Cesare Dalmazzi descrive la fondatrice dell’ordine, santa Margherita Maria Alacoque; "Maria Alacocca", dice, cui Cristo "palesava il suo desiderio ardente di fare seco lei il cambio del suo cuore, dichiarandola vittima dell’amor suo, trastullo dei suoi piaceri". Il deputato specifica: Cristo "ridiscendeva a lambire e tergere colle divine sue labbra le piaghe del seno di lei".
In questo clima il destino dell’ordine è segnato. Solo che i savoiardi non si rassegnano: hanno bisogno delle suore e della loro scuola. Invocate tanto la libertà - sostengono - e pretendete di giudicare delle questioni che ci riguardano meglio di noi? Come si fa a negare la libertà ad una ventina di suore in nome della libertà? Esasperati dalla sordità della maggioranza alle ragioni della regione che rappresentano, i deputati savoiardi invocano una consultazione popolare. Il fatto è che i liberali sanno perfettamente come stanno le cose. Sanno che la popolazione savoiarda è tutta favorevole alle suore. Lo afferma candidamente anche il Ministro della pubblica istruzione Carlo Boncompagni: "dalle informazioni che ci mandano le autorità preposte all’insegnamento in Savoia consta che veramente queste corporazioni hanno per sé l’opinione pubblica; abbiamo su questo informazioni di persone di diverse opinioni".
E allora? E allora l’opinione della popolazione non conta nulla. Perché? Perché la popolazione è ingenua e indottrinata dai preti e non capisce. Perché sono in gioco i sacri ’principi liberali’ e sui principi non si può transigere. Quali sono questi principi? Si riassumono in uno: la società deve essere liberata dalla superstizione cattolica e dalle sue istituzioni. L’istruzione in modo particolare deve interamente essere gestita dai liberi mutatori i quali sapranno riplasmare gli italiani a propria immagine e somiglianza.
La Massoneria, anima del mondo liberale, è certa di possedere la Luce. tace che difetta a tutti i "profani", ma che manca, in modo tutto particolare, ai cattolici. È fin troppo evidente - ritengono i "fratelli" - che chi obbedisce al dettato della Rivelazione e del Magistero è succube di imposizioni esterne alla propria ragione e alla propria volontà e, pertanto, non è libero ma schiavo.
Ecco la quadratura del cerchio: è una questione di definizione. I liberali pensano di incarnare il mondo della libertà perché prendono in considerazione solo se stessi e le proprie convinzioni. Definendo se stessi liberali, ritengono ovvio e giusto che uno Stato da loro guidato sia chiamato libero e cioè liberale.
Questo Stato opprime la libertà della maggioranza della popolazione, cattolica? Ciò non ha la minima importanza perché i cattolici non sono liberi. Anzi: lo Stato, attraverso la gestione liberale, deve incaricarsi di insegnare anche ai cattolici cosa e come pensare.
Nel 1848 i liberali rivendicano ed impongono la propria direzione politica (la propria "dittatura" scrive Gramsci) su tutto il Regno di Sardegna. Le validissime ragioni degli abitanti della Savoia vengono sacrificate sull’altare della Verità; della verità liberale. Nel 1861 succede la stessa cosa in tutta Italia. Il nuovo Regno è uno Stato rigidamente centralizzato perché i liberali hanno il fondato sospetto che gli italiani - proprio come i savoiardi - se lasciati a se stessi non avrebbero spontaneamente abbandonato la Chiesa di Roma.
Stata federale o Stato centralizzato? Il dibattito che ha appassionato per più di un secolo la storiografia nazionale e che è tornato di attualità da quando la Lega lo ha imposto alla discussione politica, è per molti versi un dibattito falsato..
Falsato dalla voluta dimenticanza delle caratteristiche dell’ideologia liberale. I liberali non potevano che dare vita ad uno stato monolita: solo così avevano qualche speranza di rifare gli italiani. Europa federale o Europa centralizzata? Chissà che il caso delle gesuitesse non costituisca un monito anche per il futuro prossimo venturo. Molte sono le analogie fra le modalità di formazione dello Stato italiano - esclusivamente elitarie - e quelle del vagheggiato Stato europeo.
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"È noto che questi Dame, giustamente chiamate gesuitesse, sono dirette dallo stesso principio [dei Gesuiti… ], che ne sono totalmente dipendenti, e che per loro mezzi s’infondono nel cuore delle alunne sentimenti politici e pratiche religiose che non vanno d’accordo con quelli che debbono nominare in un generoso sistema di educazione [...]. La tolleranza loro [...] non è cosa che debba essere approvata dalla Camera". (Deputato Cesare Dalmazzi, cit. in A. Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali & massoni contro la Chiesa, Ares, Milano 1998, p. 30).
Bibliografia
Angela Pellicciari, L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata, Piemme, Casale Mon.to 2000.
Angela Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali & massoni contro la Chiesa, Ares, Milano 1998.
Massino Viglione [a cura di], La rivoluzione italiana. Storia critica del Risorgimento, Il Minotauro, Roma 2001.
Associazione Culturale Identità Europea, [a cura di], Un tempo da riscrivere: il risorgimento italiano, Itacalibri, Castel Bolognese (RA) 2000.