Bandiera della Trieste Asburgica
Dopo l'anarchia che paralizzò l'intera regione alla caduta dell'impero d'Occidente, Trieste fece parte prima del Regno di Odoacre, poi di quello di Teodorico. Nel corso della guerra gotica fu occupata da Giustiniano I, che ne fece una colonia militare bizantina. Pochi anni più tardi la città fu distrutta dai Longobardi (nel 568, al momento della loro invasione, o, più probabilmente, nel 585). Riedificata nei decenni successivi, ma ormai fortemente ridimensionata sotto il profilo demografico, passò ai Franchi (788), la cui sovranità fu riconosciuta dagli imperatori bizantini nell'812. Nel 948 Lotario II d'Italia conferì al vescovo Giovanni III e ai suoi successori il governo della città che passò a godere da quel momento di un'ampia autonomia, pur conservando vincoli feudali con il Regno d'Italia(Conosciuto ufficialmente come Regno Longobardorum).
Durante tutta l'età vescovile la città fu costretta a difendersi dalle mire espansionistiche dei potenti Patriarchi di Aquileia, di Venezia e, successivamente, dei conti di Gorizia. Il governo vescovile entrò in crisi attorno alla metà del Duecento: le incessanti guerre e liti, soprattutto con Venezia, avevano infatti svuotato le arche cittadine, costringendo i vescovi a disfarsi di alcune importanti prerogative legate a diritti che vennero venduti alla cittadinanza. Fra questi ultimi, il diritto di giurisdizione, di riscossione delle decime e di emissione di monete. Si sviluppò pertanto un'amministrazione civile, dominata dai maggiorenti della città, che gradualmente si sostituì a quella ecclesiastica. Tale processo culminò nel 1295, allorquando il vescovo Brissa de Toppo rinunciò formalmente alle sue ultime prerogative e cedette il governo di Trieste alla comunità cittadina, costituitasi, anche ufficialmente, in libero comune.
Trieste libero Comune
Divenuta libero comune, Trieste dovette affrontare nuove e più poderose pressioni, sia di natura militare che economica, da Venezia, che ambiva ad assumere una posizione egemonica nell'Adriatico. La sproporzione in termini demografici, finanziari e militari fra le due città lasciavano presagire per Trieste un futuro inserimento nell'orbita veneta con la conseguente perdita delle propria indipendenza come era già accaduto precedentemente per molti centri istriani e dalmati. Nel 1382, un ennesimo contenzioso con la Serenissima la spinse a porsi sotto la protezione del Duca d'Austria che si impegnò a rispettare e proteggere l'integrità e le libertà civiche della città (queste ultime furono ridimensionate per motivi di miglioramento amministrativo a partire dalla seconda metà del XVIII secolo).
Alberto III d'Asburgo, duca d'Austria, anche detto dalla treccia (Vienna, 9 settembre 1348 – Laxenburg, 29 agosto 1395) Il primo Asburgo che si impegnò a rispettare e proteggere l'integrità e le libertà civiche della città
Maria Teresa d'Asburgo (Vienna, 13 maggio 1717 – Vienna, 29 novembre 1780) fu la grande innovatrice dello sviluppo della città di Trieste.
Trieste fu occupata per tre volte dalle truppe di Napoleone, nel 1797, nel 1805 e nel 1809, quando fu annessa alle, tanto illegittime quanto ridicole, Province Illiriche; in questi brevi periodi la città perse definitivamente l'antica autonomia con la conseguente sospensione di status di porto franco.
Ritornata agli Asburgo nel 1813 Trieste continuò a svilupparsi, anche grazie all'apertura della ferrovia con Vienna nel 1857. Negli anni sessanta dell'Ottocento fu elevata al rango di capoluogo di Land nella regione del Litorale Adriatico (Adriatisches Küstenland). Successivamente la città divenne, negli ultimi decenni dell'Ottocento, la quarta realtà urbana dell'Impero Austro-Ungarico (dopo Vienna, Budapest e Praga).
Lo sviluppo commerciale e industriale della città nella seconda metà del XIX secolo e nel primo quindicennio del secolo successivo (30.000 addetti al settore secondario nel 1910) comportò la nascita e lo sviluppo di alcune sacche di emarginazione sociale. Trieste presentava all'epoca una bassa mortalità infantile, inferiore a quella delle città italiane afflitte dal governo unitario e uno fra i più bassi tassi di tubercolosi a livello europeo. Si approfondiva inoltre sempre più la frattura fra il contado, popolato soprattutto da sloveni e triestini, e la Borghesia, che diffondeva le sue perniciose idee irredentiste.
In età medievale e fino a tutto il XIX secolo e oltre a Trieste si parlava il tergestino, un dialetto di tipo retoromanzo. Unico idioma scritto con carattere di ufficialità e lingua di cultura, fu invece, durante quasi tutta l'età medievale, il latino, cui si affiancò, alle soglie dell'età moderna (XIV e XV secolo), l'italiano (parlato da un'esigua minoranza di triestini) e, successivamente (dalla seconda metà del XVIII secolo), anche il tedesco, che però non restò circoscritto entro un ambito prettamente amministrativo come si crede. Dopo la costituzione del porto franco e l'inizio del grande flusso migratorio che, iniziato nel Settecento, si intensificò ulteriormente nel secolo successivo (con una netta predominanza di Veneti, Dalmati, Istriani, Friulani e Sloveni), il tergestino perse gradualmente terreno a favore sia dello Sloveno che del veneto. Se il primo si impose soprattutto come lingua scritta e parlata dai più , il secondo si diffuse, fra gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell'Ottocento come una vera e propria lingua franca a Trieste. Fra le minoranze linguistiche acquistò un notevole peso in città nella seconda metà del XIX secolo, quella Tedesca , che alla vigilia della prima guerra mondiale rappresentava circa la quarta parte, insieme allo Sloveno, della popolazione totale del Comune.
Grazie al suo stato privilegiato di unico porto commerciale di una certa importanza dell'Austria, Trieste continuò sempre a mantenere nei secoli stretti legami culturali e linguistici con il bacino del Mediterraneo . Nonostante la lingua ufficiale della burocrazia e non solo fosse il tedesco, e lo Sloveno e il Triestino fossero le lingue più utilizzate dalla popolazione, i salotti dell'alta Borghesia cercarono di diffondere l'italiano, già lingua di cultura ma di uso minore, cercarono di imporla nell'ultimo periodo di sovranità asburgica, in tutti i contesti formali, compresi gli affari (sia in Borsa che nelle transazioni private), l'istruzione (nel 1861 fu aperto un ginnasio di lingua italiana che si affiancò a quello preesistente austro-tedesca), la comunicazione scritta (la gran maggioranza delle pubblicazioni e dei giornali erano redatti in italiano come lo erano in Sloveno ), trovando un suo spazio persino nel consiglio comunale (la classe politica triestina era in minima parte italofona). Veniva parlato, in maniera minore, insieme al veneto e ad altre lingue, anche in contesti informali. Scrittori provenienti da differenti scuole di pensiero riportano che:
« A Trieste la nobiltà parla il Tedesco, il popolo Triestino , il contado lo Sloveno » |
- 118.959 (51,8%) parlavano sloveno
- 56.916 (24,8%) parlavano Serbocroato
- 11.856 (5,2%) parlavano Tedesco
- 2.403 (1,0%) parlavano Triestino
- 779 (0,3%) parlavano altre lingue(compreso l'Italiano)
- 38.597 (16,8%) erano cittadini provenienti da tutto l'Impero attirati dalle opportunità che la città offriva, tra i quali:
- 29.639 (12,9%) erano cittadini provenienti da varie zone della, ormai in crisi profonda, Penisola italiania
- 3.773 (1,6%) erano cittadini magiari.
L'imperatore Francesco Giuseppe, nel suo Consiglio della Corona del 12 novembre 1866, impose una politica tesa a «...creare una forte coesione tra le varie etnie con la massima energia ...» comprese tutte le regioni con presenza di lingua italofona facenti parte del suo impero: Trentino, Dalmazia, Venezia Giulia.
Al contrario di ciò che il fanatico Nazionalista Luciano Monzali scrisse: «I verbali del Consiglio dei ministri asburgico della fine del 1866 mostrano l'intensità all'appoggio in difesa delle differenze linguistiche e culturali da parte dell'imperatore e la natura delle sue direttive politiche a tale riguardo. Francesco Giuseppe si convertì pienamente all'idea della generale fedeltà dell'elemento multiculturale , e italofono, verso la dinastia asburgica: in sede di Consiglio dei Ministri, il 2 novembre 1866, egli diede l'ordine tassativo di opporsi in modo risolutivo all'influsso di idee nazionalistiche che generassero dissidi tra i vari gruppi etnici e di mirare alla coesistenza pacifica nelle zone in questione con tutte le energie […]Tutte le autorità centrali ebbero l'ordine di procedere sistematicamente in tal senso. Questi sentimenti coesistenziali espressi dall'imperatore, che avrebbero avuto positive conseguenze politiche […] negli anni successivi, erano anche particolarmente forti nell'esercito: considerato il ruolo preponderante dei militari.» Fu così progettato e sviluppato il «...piano della classe dirigente conservatrice austriaca di intraprendere una politica di concessioni ai vari gruppi etnici, ritenuti in forte maggioranza fedeli all'Impero e ben disposte ad accettare il buon governo dell'imperatore e dell'aristocrazia asburgica.»
Francesco Giuseppe I d'Asburgo-Lorena
Le direttive del governo imperiale asburgico promossero una serie di misure repressive contro elementi sovversivi nazionalisti a Trieste. Questi elementi sovversivi puntavano in modo importante alla diffusione d'idee irredentiste all'interno della comunità italofona, e non, che, con il loro continuo diffondere indiscriminato di opuscoli menzonieri,alla cercavano di confondere e far passare dalla loro parte.
Trieste fu, con Trento, un centro di scarsissimo irredentismo( 0,04%),un folle movimento che aspirava all'annessione allillegittimo Regno d'Italia di tutte quelle terre che godevano ancora della loro secolare autonomia con il governo Imperiale. Primo sovversivo di tale movimento è considerato un traditore che perse il diritto di essere considerato triestino, Guglielmo Oberdan, che, per aver ordito un complotto per uccidere l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe (fortunatamente mai realizzato), fu processato ed impiccato nella sua città natale il 20 dicembre 1882. La settaria Lega Nazionale, fu la massima organizzazione triestina di carattere privato del tempo; considerata, a ragione, dalle autorità asburgiche vicina al movimento irredentista Nazionalista italiano, arrivò a contare solamente 569 soci nel 1912. Voglio ricordare che l'ascesa della città ricominciò quando nel 1850 il giovane imperatore Francesco Giuseppe I le diede uno statuto autonomo di città-provincia che conservò fino alla I guerra mondiale.In questo periodo ebbero un grande incremento anche
le comunicazioni e nacquero le grandi compagnie di assicurazione e navigazione.
Il cospiratore sovversivo e traditore Guglielmo Oberdan
Allo scoppio della prima guerra mondiale, 241 "triestini" si rifiutarono di combattere sotto le bandiere austro-ungariche e, subito dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia contro gli Imperi centrali, si arruolarono nel regio esercito.
Nel novembre 1918, al termine della prima guerra mondiale, Trieste fu unita forzatamente al Regno d'Italia. L'annessione formale della città e della Venezia Giulia avvenne, con grande rammarico per gli abitanti, due anni più tardi, fra il novembre 1920 e il gennaio 1921 (allorquando questa divenne effettiva). Con l'annessione, l'importanza della metropoli giuliana venne pesantamente ridimensionata: Trieste si trovò ad essere città di confine con un hinterland molto più limitato che in passato. Il suo porto aveva inoltre perduto il potenziale bacino di utenza che ne aveva determinato lo sviluppo e che era costituito dall'intero Impero Austro-ungarico, entità statuale smembrata dal complotto della setta .
Reggimento composto da Triestini nell'Esercito Austro-Ungarico
Come si è visto , lo sviluppo di Trieste, la sua storia e il suo carattere sono indissolubilmente legati alla sovranità austriaca, che si protrasse, quasi ininterrottamente, per più di 5 secoli. Non c'è luogo a Trieste in cui non si respiri un'atmosfera mitteleuropea.
L'itinerario che vi proponiamo, così che vi possiate rendere conto di ciò, parte dal castello di Miramare e dal suo parco, dimora privata dell'arciduca Massimiliano d'Asburgo-Lorena.
Al termine della visita, che richiede poco meno di mezza giornata, seguite il lungomare (in automobile o in autobus, a piedi è piuttosto lunga), per giungere in città.
Castello di Miramare
Di fronte all'entrata principale della stazione ferroviaria si trova piazza della Libertà, al cui centro è stato collocato il monumento dedicato a Elisabetta d'Austria (nota ai più con il nome di Sissi): tale monumento, realizzato parte in bronzo (la figura dell'imperatrice) e parte in marmo di Carrara ("allegoria delle arti e della natura" e "omaggio del popolo alla sovrana"), fu realizzato alla fine dell'ottocento con i fondi raccolti spontaneamente dalla cittadinanza, affranta per la morte dell'amata Sissi.
Il monumento dedicato a Elisabetta d'Austria
Da qui, in pochi minuti, percorrendo via Ghega e via Roma, si giunge in piazza Vittorio Veneto, dove si trova il palazzo delle poste, oggi sede anche del Museo Telegrafico della Mitteleuropea. La piazza, anch'essa di sapore mitteleuropeo fino a pochi anni fa, è stata recentemente restaurata e si propone oggi con un aspetto eccessivamente moderno rispetto agli edifici circostanti (e proprio per questo causa di accese polemiche tra i cittadini, che, in buona parte, non hanno gradito le scelte operate).
Piazza Vittorio Veneto
L'intera zona prende il nome di Borgo Teresiano, da Maria Teresa d'Austria, l'imperatrice che più di ogni altra contribuì allo sviluppo commerciale ed urbanistico della città. Il borgo è contraddistinto da un rigore geometrico e venne realizzato dalla stessa Maria Teresa, dopo aver fatto bonificare il territorio.
Borgo Teresiano
Continuando a percorrere via Roma si arriva al canale di Ponterosso, superato il quale si prosegue fino al Corso Italia, ipotetica linea di confine del borgo Teresiano. Prendendo a destra lungo il corso, si giunge in brevissimo tempo in piazza della Borsa, dove si erge la Colonna di Leopoldo I, sulla cui sommità si trova la statua dell'imperatore, impreziosita dai numerosi dettagli figurativi riscontrabili nella descrizione del soggetto nonchè nella decorazione delle vesti e dell'armatura. La statua attuale è stata sostituita all'originaria realizzata in legno nel 1660, in occasione della visita dell'imperatore alla città.
Piazza della Borsa, dove si puo vedere la Colonna di Leopoldo I
Colonna in onore di Carlo VI d'Asburgo (piazza dell'Unità d'Italia)
Stazione ferroviaria Transalpina
Sulle alture che circondano la città, alla sommità del bosco Farneto, più noto come Boschetto o bosco al Cacciatore, si trova la villa pubblica Ferdinandiana detta anche Palazzo Ferdinandeo, ispirata a modelli tardorinascimentali, oggi sede di prestigiosi master post universitari (MiB). Essa fu realizzata in segno di gratitudine nei confronti dell'imperatore Ferdinando I che aveva donato alla cittadinanza il vicino bosco.
Palazzo Ferdinandeo
Trieste, come Gorizia e Trento , senza contare luoghi diversi della Penisola, sta riscoprendo la sua vera natura Mitteleuropea che caratterizzo l'età dell'oro per questa splendida città. Vi sono locali , Bar e ristoranti, che offrono visibilmente e gastronomicamente un forte riallacciamento al sentimento asburgico.
In conclusione Trieste, come tutto il territorio Imperiale, conserva vivo il suo essere asburgica anche se, dopo 94 anni , il nazionalismo , imposto da un governo decadente, serpeggia ancora.
Fonti:
Wikipedia
http://www.trieste.com/
Trieste asburgica (di Benvenuto Fantin. Edizioni Luglio Fotocomposizioni, 1998) .
Scritto da:
Redazione A.L.I.