S. Marcolfo
S. Marcolfo, abate del monastero di Nant, probabilmente l’attuale cittadina di S. Marcouf, nella diocesi di Coutances, nel nord-ovest francese, visse in epoca merovingia, attorno al 540.
Il convento divenne il luogo d’irradiazione del suo culto, fin quando non vennè dato alla fiamme e distrutto nel corso di una scorreria normanna. I monaci dovettero abbandonare in tutta fretta l’abbazia trasportando con sé le reliquie, e, dopo varie traversie, grazie all’intervento di Carlo il Semplice (898- 922) i religiosi trovarono rifugio a Corbeny, in una tenuta che il sovrano aveva loro donato, non distante da Reims, là dove tradizionalmente i Re di Francia venivano unti e incoronati.
Nel 906 iniziò la costruzione di un monastero, ove custodire le sante ossa di S. Marcolfo. Così il convento divenne il centro di diffusione più importante del suo culto e tale rimase anche per l’avvenire.
In un sermone databile tra il XII e il XIII secolo, compare la prima testimonianza scritta che associa il pio abate merovingio alla guarigione miracolosa delle scrofole:
“Questo santo ha ricevuto dal Cielo una tale grazia per la guarigione della malattia che vien chiamata male reale, che si vede accorrere a lui una folla d’infermi provenienti tanto da paesi lontani e barbari quanto da nazioni vicine”.
Anzi S. Marcolfo divenne presto il patrono degli scrofolosi, tanto da attirare l'attenzione dei sovrani taumaturghi. Così i Re di Francia, a partire dal secolo XIV, forse anche prima, iniziarono a far visita alla tomba del Santo a Corbeny, subito dopo la consacrazione a Reims, per invocarne la potente intercessione, nel momento stesso in cui si accingevano per la prima volta al miracolo reale.
Pare che già Luigi X (1314- 1316) nel 1315, di ritorno da Reims a Parigi dopo la sua consacrazione, abbia sostato presso l’abbazia per onorare il santo.
Certamente con Giovanni I I il Buono (135 0- 13 6 4) le sporadiche iniziative dei sovrani precedenti si fissarono in una vera tradizione, che durò ininterrotta fino al tempo di Luigi XIV (1643- 1715)105.
Il monarca, infatti, il giorno successivo all’Incoronazione di Reims, si recava in pio pellegrinaggio al monastero di Corbeny. Si formò così un vero e proprio cerimoniale.
Il priore del convento, accompagnato dagli altri monaci, s’avviava in processione verso l’eccezionale visitatore, portando la reliquia della testa di S. Marcolfo. Quando i due cortei s’incontravano, l’abate la consegnava al Re, deponendola nelle “sacre mani” del sovrano, perché la portasse, e così toccasse con le mani consacrate i venerandi resti del santo guaritore, di cui, dopo poco, il sovrano avrebbe imitato la prodigiosa efficacia. Il principe proseguiva fino alla chiesa, e sulla tomba del suo potente
intercessore, s’effondeva in preghiera.
Luigi XIV , nel 1654, innovò quell’antico rituale. Il principe, una volta incoronato, non si mosse da Reims, a causa della turbolenza situazione nel paese, ma attese che i religiosi di Corbeny vi conducessero processionalmente il reliquiario di S. Marcolfo.
Il monarca poteva quindi assolvere al suo debito di riconoscenza verso il santo taumaturgo senza doversi trasferire al convento.
L’esempio di Luigi XIV , fu imitato dai suoi successori Luigi XV (1715-1774) e Luigi XVI (1774- 1793), rispettivamente nel 1722 e nel 1775, quando furono incoronati.
La pia pratica delle visite alla tomba di San Marcolfo, finché rimase in vigore, rivestì tale importanza che i sovrani si rifiutarono di procedere al miracolo reale, prima d’averla compiuta.
Accadde così che i sovrani toccassero i loro primi malati, proprio nei chiostri dell'abbazia. Appena terminate le devozioni, infatti, il monarca era solito toccare gli infermi.
Così Carlo VI I I (1483- 1498) nel 1484 vide accorrere sei ammalati al suo padiglione per essere toccati108. Quando vi giunse Luigi XI (1461- 1483) nel 1498 erano già ventiquattro. Nel secolo successivo, quando fu la volta di Enrico I I (1547- 1559) vi erano presenti anche alcuni stranieri.
Ben presto il numero di coloro che volevano adire al medico coronato salì a centinaia, ed anche migliaia. Nel XVII secolo Luigi XI I I (1610- 1643) ne trovò novecento in attesa del tocco regio.
L’idea, in terra francese che il potere guaritore dei Re fosse legato all’intercessione del santo monaco merovingio, si fece strada. Spesso i risanati si conducevano a Corbeny in pio pellegrinaggio in ringraziamento per l’avvenuta guarigione.
Anche quando il miracolo era ottenuto soltanto col tocco regale, i fedeli si sentivano, infatti, in dovere di ringraziare San Marcolfo, compiendo novene in suo onore, o portandovi degli ex voto. Così attesta, per esempio, un certificato di guarigione redatto il 25 marzo 1669 da due medici d’Auray per uno scrofoloso, che si era trovato risanato “al ritorno dall’essere stato toccato da Sua Maestà Cristianissima e da un pellegrinaggio a San Marcolfo”.