domenica 13 maggio 2012

Una primavera autunnale. Cosa sta realmente accadendo nei paesi musulmani



La nuova Libia sarà ispirata alla legge islamica"

"L'onda islamica conquista Tunisi"

"La nuova Libia rinascerà sul Corano"

"Verso un nuovo ordine nel mondo arabo: avanza l'islamismo"

"Tunisia: il salafismo esce dall'ombra"
Ecco alcuni titoli di giornale di questi ultimi giorni.

Sembra che si stiano avverando le peggiori previsioni. Dall'inizio della famigerata "primavera araba", mentre certa propaganda salutava una nuova era storica per il mondo musulmano, fatta di libertà, modernità e democrazia, un piccolo numero di analisti — allora fuori dal coro — avvertivano come l'unico elemento che collegava i vari movimenti ribelli fosse la prevalenza delle fazioni islamiste.

Pur con tanti, gravissimi e palesi difetti, i vari dittatori nord-africani avevano comunque tenuto a bada le fazioni più radicali dell'islamismo. Robert Fisk, corrispondente dal Medioriente del britannico «The Independent», scriveva all'inizio dell'esplosione araba: "Credo che la maggior parte dei dittatori corrotti della regione cercheranno sempre l'appoggio di noi occidentali, come ha fatto Ben Ali con la Francia, la Gran Bretagna e gli altri paesi europei e gli Stati Uniti, ovviamente. Lo faranno perché questi leader, che non si presentano certo come democratici, garantiscono il pugno di ferro per tenere sotto controllo le fazioni islamiche violente e Al-Qaeda".

In Tunisia le moschee erano sotto la stretta tutela del Ministero degli affari religiosi. Nella predica del venerdì, gli imam dovevano fare atto di omaggio al presidente della Repubblica. I luoghi di culto venivano aperti soltanto durante le ore di preghiera ed era severamente vietato attardarsi o raggrupparsi nei suoi paraggi, fosse soltanto per commentare con amici le parole della preghiera.

Situazione non molto diversa in Libia, dove Gheddafi controllava e teneva a freno l'estremismo islamico. Un comitato di saggi islamici a Tripoli preparava in anticipo il testo dell'insegnamento religioso del venerdì, e lo mandava a tutte le moschee del paese. L'imam doveva leggere quel testo senza aggiungere né togliere nulla, pena la perdita del posto. Tramite un accordo stipulato dal figlio di Gheddafi, Saif-al-Islam, tutte le cellule di Al-Qaeda nel Paese erano state smantellate.

Ma, per ragioni che restano uno dei più fitti misteri di tutta questa faccenda, l'Occidente ha invece scelto di buttarsi nell'avventura, contribuendo, anche militarmente, al rovesciamento di questi regimi.

Una delle voci fuori dal coro era quella di Magdi Cristiano Allam che, il 26 marzo scorso, scriveva su «Il Giornale»: "Nella guerra esplosa in Libia e che vede l'Italia in prima linea, l'unica vera certezza, al di là delle reali intenzioni di chi l'ha scatenata, è che a vincere saranno gli integralisti islamici e che, di riflesso, le popolazioni delle sponde meridionale e orientale del Mediterraneo saranno sempre più sottomesse alla sharia, la legge coranica che nega i diritti fondamentali della persona e legittima la dittatura teocratica. Un esito che è esattamente l'opposto dei proclami ufficiali di Sarkozy e Obama straripanti delle parole d'ordine ‘libertà' e ‘democrazia'".

Detto e fatto. La caduta dei regimi ha permesso il ritorno in patria dei leader radicali in esilio e la riapertura dei centri legati alle fazioni più estremiste del salafismo e di Al-Qaeda. Il riemergere di queste fazioni ha fatto sì che i partiti sino ad ora ritenuti la punta di lancia dell'islamismo, come i Fratelli Musulmani in Egitto e il Nahda in Tunisia, si potessero permettere il lusso di presentarsi come "moderati". "Non siamo integralisti", ripeteva Hamadi Jebali, Segretario generale del movimento Nahda.


Un moderatismo che, però, non riesce a controllare (o non vuole controllare) le fazioni estremiste, col conseguente dilagare della violenza. Dall'assalto all'ambasciata di Israele al Cairo, all'assalto alla NessmaTV in Tunisi, al massacro dei cristiani copti in Egitto, un po' ovunque queste fazioni stanno padroneggiando le piazze. Alle bandiere verdi della ribellione araba si affiancano sempre di più quelle nere dei salafiti di Hizb Attahrir.

E adesso i partiti islamisti si apprestano a scalare il potere per via elettorale, a cominciare dalla Tunisia, dove le urne hanno consacrato la vittoria del Nahda. "L'onda islamica conquista Tunisi", titolava il «Corriere della Sera».

A novembre si voterà in Egitto, dove si prospetta un successo dei Fratelli Musulmani. Quando, nel 2005, il regime di Mubarak aveva timidamente aperto a possibili elezioni libere, i Fratelli avevano ottenuto un sorprendente 50% dei consensi. Gli attuali sondaggi gli attribuiscono intorno al 35%.

La "primavera araba" rischia perciò di trasformarsi, velocemente, in un precoce autunno. "La primavera araba si prepara a diventare qualcosa di più complicato e gelido", sentenzia «La Repubblica». "Nella Tunisia di questi giorni è calata una cappa soffocante di tensione e paura", avverte un blog specializzato in notizie sul mondo arabo. "Dopo una stagione di ribellione, nel Nord-Africa inizia una stagione di paura", scrive Roula Khalaf, esperta arabista e corrispondente del «Financial Times».

Ancora una volta, la storia sembra dare ragione ai "profeti di sventura"...

Il salafismo

Il termine “salaf” in arabo significa “devoti antenati”, e vorrebbe significare i compagni di Maometto. La corrente salafita propugna un ritorno alle origini, alla purezza dell’insegnamento dell’islam, non contaminato da nessuna tradizione e, soprattutto, libero da qualsiasi influenza occidentale e, in particolare, cristiana. “L’Occidente, con il suo benessere, con le sue vetrine scintillanti, con la sua potenza economica può essere considerato la tentazione di seguire una via diversa da quella insegnata da Allah”, commenta l’arabista prof. Giovanni di Dio Cesari.

I salafiti rifiutano qualsiasi interpretazione moderna del Corano e degli hadith – i racconti dei fatti e delle gesta di Maometto – imitando alla lettera il comportamento del profeta. La dottrina salafita inserisce lungo la linea di discendenza dei teologi più rigoristi dell’islam wahabita.

Il salafismo racchiude due anime. Coincidendo nell’intento di islamizzare l’Occidente, le due correnti si differenziano nei mezzi. Mentre la corrente “politica” predica un’espansione attraverso la predicazione e la conquista pacifica, la corrente “jihadista” proclama invece la guerra santa per sopraffare i miscredenti. A quest’ultima appartiene, per esempio, Al Qaeda.


Fonte:

http://circolopliniocorreadeoliveira.blogspot.it/2011/11/una-primavera-autunnale-cosa-sta.html#more