Appena eletto, venne scaltramente salutato come "papa liberale" dai
rivoluzionari [da "La Padania", 10 agosto 2001].
"Senza il Viva Pio IX, chi sa quando le moltitudini
italiane si sarebbero per la prima volta agitate nell’entusiasmo della vita
nazionale", commenta Giuseppe Montanelli. Senza la chiesa, senza rivendicare il
suo appoggio, era impossibile che i liberali riuscissero a far accettare alla
popolazione italiana massicciamente cattolica la bontà dell’idea
dell’unificazione nazionale. Il reiterato fallimento dei tentativi carbonari e
mazziniani stava lì a provarlo.
L’elezione del riformatore Mastai
Ferretti nel 1846 al soglio di Pietro dà ai liberali l’occasione che cercano. La
leggenda del "papa liberale" fa magnificamente al caso loro. Fervente cattolico,
Pio IX inizia il pontificato con un atto di grande spessore politico e
religioso: un perdono elargito pubblicamente a quanti hanno complottato contro
lo Stato della Chiesa. Il gesto - politicamente suicida - si spiega solo tenendo
presente la grande fede del papa ed il suo sincero desiderio di arrivare ad una
conciliazione con i nemici della chiesa.
L’amplissima amnistia concessa
da Pio IX trasforma gli ex-detenuti e gli esiliati in liberi cittadini che
animano con sempre maggiore fanfara giornali, giornaletti, comizi, clubs,
continue manifestazioni di tripudio nei suoi confronti. Così d’altronde ha
suggerito Mazzini scrivendo Agli amici d’Italia: "Profittate della menoma
concessione per riunire le masse simulando riconoscenza, quando ciò convenisse.
Le feste, gli inni, gli attruppamenti, le relazioni moltiplicate fra uomini di
ogni opinione, bastano per dar lo slancio alle idee, per infondere al popolo il
sentimento della sua forza, e renderlo esigente".
"E Roma fu un
carnevale": lo storico cattolico Cesare Cantù sintetizza in questi termini i
primi diciassette mesi di pontificato di Pio IX. "Ogni giorno corso, battimani,
inni, serenate; tripudio quando il papa usciva, quando villeggiava, quando
tornava", scrive Cantù; popolani, nobili, borghesi, rivoluzionari di tutte le
tendenze, governanti italiani e stranieri, tutti ripetono: Viva Pio IX.
"Protestanti, cattolici, turchi, ebrei": applaudono tutti. Per rendersene conto
è sufficiente un rapido sguardo all’ode Pel glorioso ed immortale Pio IX
composta da Mosè Israel Kazzan, rabbino capo dell’università israelitica
chiamato a Roma nel 1847. "Popoli, benedite l’Eterno!", esclama il rabbino, "or
regna un Prence che è padre pietosissimo de’ popoli suoi [...] dicasi nelle più
remote isole con quanta gloria Pio IX imperi, come esatta amministri la
giustizia, di quanto novello splendore l’orbe intero per Lui rifulga". Se questo
è il tono del salmo, la preghiera inizia così: "Dio Signore! Tu che al regno
innalzasti l’Augusto il clemente Pio IX, e da primordj simile il rendesti al
Sole, allorché nel mattino surge con pien vigore ad irradiare il creato Tu dal
cui favore Ei sua gloria ripete. Deh Signore! Tutte le benedizioni del Cielo
posino sul suo capo".
L’8 settembre 1846 un solenne arco di trionfo
accoglie il papa in visita a S. Maria del Popolo. Sull’arco c’è una scritta che
proclama: "Per magnificare il trionfo della pace, il popolo romano innalzò
quest’arco a Pio IX. Egli vinse la discordia colla bontà, stabilì le pubbliche
udienze, ordinò la costruzione delle ferrovie, aprì la sorgente della
civilizzazione e della ricchezza. Battete le mani, o popoli. Pio, ecco il nome
amorevole, cui i secoli benediranno".
Il 2 agosto 1847 il principe
Metternich fotografa la situazione scrivendo a lord Palmerston: "L’Italia
centrale è in preda al movimento rivoluzionario. Coperti sotto il manto delle
riforme amministrative" i rivoluzionari cospirano per l’instaurazione della
repubblica. Vero. Nel giro di qualche mese, in un battibaleno, tutto si
trasforma. Dal Viva Pio IX, si passa al Viva Pio IX solo, cioè senza i
cardinali, al grido di Morte ai neri! Morte ai gesuiti! All’improvviso il papa è
solo. Tutto è cambiato. È arrivata - e solo qualche mese prima chi l’avrebbe
detto? - la rivoluzione. Ha ragione Arturo Carlo Jemolo, prestigioso storico e
giurista cattolico-liberale, a sottolineare il ruolo svolto a sua insaputa da
Pio IX.
Dopo aver esplicitamente negato che, almeno in senso proprio, ci
si possa riferire al Risorgimento come ad un movimento ‘religioso’, Jemolo
sostiene: "ma non c’è qualcosa di schiettamente religioso nel Risorgimento?
Direi di sì. Direi l’origine, il 1846-47. In questa origine, ed ancora poco
appresso, nella leggenda del ‘Dio lo vuole’, Pio IX appare davvero infungibile.
Nessun principe italiano potrebbe sostituirlo. Il ‘48 sorge e si afferma così,
grande passione popolare, perché è un Papa che se ne fa garante". Identico il
parere del fondatore del Pci Antonio Gramsci. "Che il movimento liberale sia
riuscito a suscitare la forza cattolico-liberale - scrive nei Quaderni del
carcere - e a ottenere che lo stesso Pio IX si ponesse, sia pure per poco, sul
terreno del liberalismo (quanto fu sufficiente per disgregare l’apparato
politico ideologico del cattolicesimo e togliergli la fiducia in se stesso) fu
il capolavoro politico del Risorgimento".
Ugualitarismo e liberalismo:
l'inversione di cui abbiamo parlato, cioè il diritto di pensare, sentire e fare
tutto ciò che le passioni sfrenate esigono, è l'essenza del liberalismo. Questo
appare chiaramente nelle forme più esacerbate della dottrina liberale.
Analizzandole, ci si accorge che il liberalismo dà poca importanza alla libertà
per il bene. Gli interessa solo la libertà per il male. Quando è al potere,
toglie facilmente e perfino allegramente al bene la libertà, in tutta la misura
possibile. Ma protegge, favorisce, sostiene, in molti modi, la libertà per il
male. In questo dimostra la sua opposizione alla civiltà cattolica, che dà al
bene tutto l'appoggio e tutta la libertà, e limita, per quanto possibile, il
male.
Ora, questa libertà per il male è precisamente la
libertà così come è intesa dall'uomo in quanto "rivoluzionario" nel suo intimo,
cioè in quanto consente alla tirannia delle passioni sulla sua intelligenza e
sulla sua volontà.
E in questo senso il liberalismo è
frutto dello stesso albero che produce
l'ugualitarismo.
(Plinio Corrêa de Oliveira - Rivoluzione e
Controrivoluzione - Parte I, Cap. VII, parag. 3B)