martedì 12 febbraio 2013

P. Julio Meinvielle-DAL MITO DEL PROGRESSO ALLA NUOVA CRISTIANITÀ (II)

P. Julio Meinvielle

 

 

 

Il duplice progresso dell'umanità ed il duplice cristianesimo

Tale dicotomia, operata nell'unità dell'essere umano, esplicitata apertamente  in Maritain e solo implicita in Lamennais, porterà l'uno e l'altro ad affermare che vi è un progresso nella storia, quello della Rivoluzione, operantesi a margine della Chiesa, e li porterà per ciò stesso ad affermare l'esistenza di due cristianesimi.
«Ebbene — afferma Lamennais —, le idee non retrocedono mai e non si è mai visto che la società, sospinta con forza continuamente in avanti dal movimento progressivo della civilizzazione, ritorni alle sue fonti. Bisogna risolversi a seguire insieme alla società il corso delle cose che la trascina irresistibilmente, e sottomettersi di buon grado ad una necessità che, anche se fosse deplorevole in sè, nondimeno sarebbe invincibile. E però, per quel che fin qui è stato detto, è necessario rendersi conto che nè l'umanità in generale, nè il cattolicesimo in particolare devono allarmarsi a motivo di una tale grande trasformazione sociale; vi si deve invece riconoscere  l'azione paterna e continua di Dio nei confronti del genere umano». Lamennais perciò distingue un progresso dell'Umanità da un progresso del cattolicesimo, a tal punto diversi che proprio nella loro separazione, ovvero nel rapporto di opposizione in cui la Chiesa si colloca di fronte alla Rivoluzione, egli scorge, come pure Maritain, la tragedia del mondo moderno, mentre nella loro riconciliazione vede la salute [1].
Quando Lamennais parla di Chiesa o di cristianesimo non si riferisce propriamente all'efficacia soprannaturale della Santa Chiesa che può compiersi solo per mezzo dell'azione della gerarchia cattolica, ma alla forza dell'azione sociale delle idee cristiane, anche qualora esse siano disarticolate dalla gerarchia Cattolica.
Maritain sarà più esplicito nell'affermare questi due cristianesimi scrivendo [2]: «La questione qui sollevata non riguarda il cristianesimo in quanto credo religioso e cammino verso la vita eterna, ma riguarda il cristianesimo in quanto fermento della vita sociale e politica dei popoli, ed in quanto portatore della speranza temporale degli uomini; non il cristianesimo come tesoro della verità divina mantenuto e propagato dalla Chiesa, ma il cristianesimo come energia storica che agisce nel mondo. Il cristianesimo agisce allora non sulle vette della teologia, ma nelle profondità della coscienza profana e dell'esistenza profana, assumendo talora forme eretiche o perfino forme di rivolta nelle quali parrebbe negare se stesso, come se i frammenti della chiave rotta del paradiso, cadendo sulla nostra vita miserabile e unendosi ai metalli della terra, riuscissero ad attivare la storia di questo mondo meglio della pura essenza del metallo celeste».
Tale cristianesimo maritainiano «fermento della vita sociale e politica dei popoli», «apportatore della speranza temporale», «energia storica che fa funzionare il mondo», è la liberazione del genere umano compiuta dal cristianesimo quaggiù, ici bas, come si esprime Lamennais [3], è il cattolicesimo (l'ispirazione cristiana di Maritain) del mutamento progressivo moderno [4], cristianesimo il cui frutto naturale è l'emancipazione dei popoli [5]. In altro luogo ci occuperemo in particolare di ciò; qui basti registrare quale aberrazione mostruosa sia quest'invenzione mennaisiana-maritainiana. Si può ammettere  l'esistenza di un'azione cristiana disarticolata dalla Chiesa che opera nel mondo, ma non si può ammettere una sua giustificazione: infatti nella misura in cui essa è disarticolata non è più cristiana ma anticristiana, come le virtù folli di Chesterton non sono virtù ma aberrazioni, e come il cristianesimo corrotto, a cui fa riferimento lo stesso Maritain in Trois Reformateurs quando non aveva ancora inventato l'ambivalenza della storia, non è altro che «puro anticristianesimo». «È un assioma dei peripatetici — scrive in tale libro [6] — che ogni forma superiore contenga nello stato di unità le perfezioni ripartite divisivamente nelle forme inferiori. Applicate tale assioma alla forma cristiana, e comprenderete che basta sminuire e corrompere il cristianesimo per scoccare nel mondo semi-verità e virtù folli, come diceva Chesterton, che prima si abbracciavano e che poi si odiano. Ecco perchè in ogni parte del mondo moderno si trovano analogie degradate della mistica cattolica e brandelli di cristianesimo laicizzato». E più avanti: «Il cristianesimo non è vivo se non nella Chiesa; se il mondo non vive del cristianesimo vivente nella Chiesa, muore a causa del cristianesimo che si è corrotto fuori dalla Chiesa.» [7]
Quel cristianesimo laicizzato che prima era esecrato — e giustissimamente —, ora è esaltato ed eretto a gran motore del Progresso dell'Umanità.
Ma tale Progresso consiste nella presa di quale coscienza? e consiste in quale liberazione?
Sia Maritain che Lamennais non concepiscono tale liberazione della coscienza come assoluta quale potrebbe immaginarla un pensiero agnostico o ateo, Kant — Marx, ma soltanto nei confronti di poteri umani, e specialmente del potere pubblico dello Stato.
«L'operare divino è tale — scrive Maritain — che, per vie tanto certe quanto meravigliose, sebbene spesso nascoste alla nostra vista, va compiendosi di secolo in secolo. Lo spirito cresce, e l'idea di diritto, riacquistando il proprio impero sulla materia, si separa in modo più chiaro dall'idea della forza...» [8] e più avanti: «liberazione del pensiero e delle coscienze sottratte all'autorità del potere politico», e ancora: «tende a realizzare un ordine sociale fondato sull'indipendenza spirituale più assoluta nei confronti del governo, che da qui in avanti sarà solamente un mero agente regolatore collocato, per delega nazionale, a capo di un sistema di amministrazioni libere, per unirle tra di loro e formare un tutto armonico e vivo» [9].
Maritain scriverà [10]: «La questione cruciale che si pone di fronte alla libertà umana riguarda la via atta a raggiungere tale unificazione progressiva: unificazione tramite forze esterne e coazione? Unificazione per mezzo di forze interne, cioè per mezzo di progresso della coscienza morale, di sviluppo delle relazioni di diritto ed amicizia, della liberazione delle energie spirituali? A questo proposito la scienza attesta che "l'unificazione per coercizione fa solo che appaia una pseudo-unità superficiale; essa può montare un meccanismo, ma non opera nessuna sintesi di fondo e, di conseguenza, non genera alcuna crescita della coscienza. Materializza, invece di spiritualizzare. La coercizione avrà sempre un ruolo nelle società umane; non bisogna far altro che imporle la legge del progresso.» In altri luoghi spiegherà come il progresso della persona umana esiga che si diminuisca fino ad eliminare il potere dello Stato, e che questo lasci il posto all'amicizia fraterna [11].
Notiamo qui la portata insospettata di questa tesi maritainiana-mennaisiana, comune peraltro a tutte le ideologie di agitazione sociale; al termine di questa ascesa della coscienza l'umanità sarà a tal punto condizionata che potrà fare a meno dell'autorità, gli uomini si autogoverneranno. L'insegnamento di Marx non è diverso quando scrive: «L'emancipazione umana sarà realizzata solo quando l'uomo individuo nella sua vita empirica, nel suo lavoro individuale, nelle sue relazioni individuali si sarà trasformato in un essere generico e avrà riconosciuto le sue proprie forze come forze sociali, ed egli stesso le avrà organizzate come tali, e di conseguenza non separerà da se stesso la forza sociale sotto forma di potere politico» [12].
Tuttavia sia Lamennais che Maritain, che entrambi si situano all'interno di una concezione cattolica della vita, non possono evidentemente accettare che questo progresso si realizzi tramite la via del materialismo dialettico. «L'obiettivo — scriverà Lamennais in un articolo de L'Avenir del 28 gennaio 1831 — verso il quale tende la società, non solamente in Francia ma ovunque sia penetrato il cristianesimo... consiste in una liberazione dell'intelligenza, più o meno soggiogata da tutti i governi moderni alla forza bruta del potere, ed in una estensione dell'ambito dell'attività pubblica e privata, proporzionata agli sviluppi di questa stessa intelligenza, con le garanzie necessarie dei diritti che risultano da questo nuovo stato sociale» [13]. Maritain per parte sua dedurrà da questa prise de conscience della persona, e particolarmente della persona operaia, i diritti nuovi della persona umana in ambito politico, economico ed intellettuale.
«Di fronte allo Stato — scrive Maritain —, alla comunità temporale ed al potere temporale [la persona umana] è libera di scegliere la propria via religiosa a proprio rischio e pericolo; la sua libertà di coscienza è un diritto naturale inviolabile [14]. Diritto della Chiesa e delle altre famiglie religiose al libero esercizio della propria attività spirituale. Diritto di libera ricerca e di discussione (libertà d'espressione). Diritto di suffragio uguale per tutti [15], con valore politico ed umano assolutamente fondamentale [16]. Diritto dell'operaio ad emanciparsi da ogni "forma di servitù più o meno attenuata in quanto contraria al diritto naturale inteso come esigenze o aspirazioni più o meno secondarie e come dinamismo che esso comporta" [17]. Nella prossima fase dell'evoluzione il ruolo principale è quello del proletariato e del suo movimento di ascesa storica» [18].
Questi diritti nuovi che il progresso morale della prise de conscience operata nell'uomo impone, sono i famosi diritti o libertà di Lamennais. «...La libertà di coscienza o libertà religiosa, piena, universale, senza distinzione come pure senza privilegio... la libertà di stampa... o libertà di parola [19], libertà non di fronte a Dio ma di fronte allo Stato [20], libertà di suffragio universale o "principio di elezione tale da penetrare fino nel seno delle masse"» [21].
Ma se si diminuisce il potere pubblico dello Stato, in che modo l'ordine sociale potrà esser mantenuto? Tanto Lamennais quanto Maritain hanno considerato l'amicizia fraterna un salutare rimedio che versandosi e sviluppandosi nella sostanza profana dei popoli costituisce il loro progresso sociale e politico e consente la sopravvivenza con un'autorità pubblica sempre minore.
«Nella misura in cui crescendo l'intelligenza, scrive Lamennais, la società si sottrae all'impero della forza che è la legge del bruto, è opportuno che al posto di questo vincolo materiale sopraggiunga un vasto vincolo ad unire gli uomini isolati e separati dalla libertà, e ad unirli volontariamente, altrimenti cesserebbero di esser liberi. Tale vincolo non è altro che l'amore, e giacchè il cattolicesimo per sua propria natura sviluppa la libertà sviluppando l'intelligenza, è necessario che sviluppi proporzionalmente l'amore, altrimenti invece di perfezionare la società la distruggerebbe. Ed in effetti vi è nel seno del cattolicesimo un principio di amore inesauribile, immenso; e l'amore, compimento della legge, e l'intera vita del cristianesimo, la sua vita temporale e la sua vita eterna. Il potere che viene esercitato dal cattolicesimo a questo proposito sull'uomo... è manifesto perfino in quest'epoca di fede debilitata... Che sarà quando il cattolicesimo interamente libero potrà senza impedimenti spargere, e spargere anche su questa società, che è opera sua, i suoi fiumi sempre crescenti di amore? Allora sarà cancellato successivamente, per quanto possibile sulla terra, tutto ciò che separa, tutto ciò che divide gli individui e le nazioni che, liberate politicamente ed unite tra loro per obbedienza volontaria ad un unico potere spirituale divino, vivranno di una vita poderosa e comune. L'amore ha creato il genere umano, l'amore lo ha salvato, l'amore portando a termine la propria unità terrena gli mostrerà anche quaggiù come una magnifica immagine di ciò che è destinato ad essere nell'altra patria» [22].
E Maritain per parte sua scrive [23]: «E la coscienza profana ha compreso che nell'ordine temporale, sociale e politico, non solo l'amicizia civica è, come gli antichi filosofi avevano riconosciuto, l'anima ed il vincolo costitutivo della comunità sociale — seppure la giustizia sia una esigenza previa, sia come una condizione necessaria che rende possibile l'amicizia —, ma che tuttavia questa amicizia civica non può prevalere di fatto all'interno del gruppo sociale se un amore più forte ed universale, l'amore fraterno, non penetra in essa e se, trasformandosi in fraternità, non supera i limiti del gruppo sociale per estendersi a tutto il genere umano.
«Una volta che il cuore dell'uomo ha sperimentato la frescura di tale terribile speranza, sarà turbato per sempre. Se cessa di riconoscere le sue sorgenti e le sue esigenze sovrumane, rischia di pervertirsi e di far ricorso alla violenza per imporre a tutti "la fraternità o la morte".
«Ma disgraziati noi se la disprezziamo e cerchiamo di liberare la razza umana dalla speranza della fraternità, dalla quale è stata esaltata, e che non perderà se non diventando più selvaggia di prima. Questa speranza è santa di per sè, risponde ai desideri più profondi e più radicati della natura umana, pone le anime in comunione di dolore ed impazienza con tutti gli oppressi e perseguitati, esige l'eroismo, e possiede una forza divina atta a trasformare la storia umana. Ciò che la coscienza profana ha conquistato, se non devia verso la barbarie, è la fede nella fraternità umana, il senso del dovere sociale di compassione per l'uomo nella persona dei deboli e di coloro che soffrono; la convinzione che l'opera politica per eccellenza è quella di rendere migliore e più fraterna la vita comune, e di lavorare per fare della struttura legislativa, delle istituzioni e dei costumi di questa vita in comune una casa per dei fratelli».
Utopia pericolosa, come vedremo nel luogo opportuno, la quale, indebolendo la necessaria funzione del potere pubblico, che deve promuovere l'ascesa dell'umanità non sulla via dell'«emancipazione» ma su quella della vita virtuosa, abbandona le comunità nazionali in mano a combriccole internazionali [oggi si direbbe in mano a lobbies internazionali, N.d.T.] che impianteranno nell'universo il regno legale dell'astuzia e della forza, per usare l'espressione di Pio X.
Muovendo da un'utopia — il Progresso dell'Umanità — si va a sfociare nella più spaventosa e terribile delle realtà — la Schiavitù universale Legalizzata —. Ma non è questo ciò che ora ci interessa, è invece importante porre in evidenza le tesi implicite in questa dinamica del pensiero di Maritain-Lamennais, che sono le seguenti: L'Umanità è la causa più alta al cui servizio l'uomo si deve dedicare; l'Umanità progredisce acquisendo sempre maggior coscienza e libertà; tale Progresso, che si effettua nella sostanza profana dell'esistere terreno dell'Umanità, raggiungerà il suo grado più alto come anticipando la terra dei risuscitati; la Chiesa è stato il motore di questo Progresso terrestre dell'Umanità; questo Progresso coincide con la sostanza della Rivoluzione se non proprio con la sua ideologia accidentale; quando questo progresso si spogli dell'ideologia anticristiana e si cattolicizzi, cioè quando la Rivoluzione si identifichi con la Chiesa, allora si giungerà al colmo della felicità terrestre in cui l'Umanità, libera dalle servitù, soprattutto da quella del Potere Pubblico, sarà unita dall'amicizia fraterna; la «nuova cristianità», che consiste in una tale identificazione della Rivoluzione colla Chiesa, arriverà al culmine del Progresso dell'umanità.
Noti il lettore che Lamennais-Maritain non invitano i popoli a rifiutare la Rivoluzione e a porsi al servizio della Chiesa per i fini propri alla Chiesa stessa, i quali principalmente consistono anzitutto nell'amore di Dio: no! ma al contrario invitano la Chiesa a piegarsi a far propria la causa della Rivoluzione, che sarebbe il Progresso dell'Umanità, perchè i popoli, crescendo in coscienza e libertà, realizzino la loro fraternità universale; ecco perchè costoro implicitamente subordinano la Chiesa all'Umanità e, se fanno ricorso alla Chiesa, ciò non si verifica a causa del valore di guida che essa possiede e che la rende indispensabile, ma perchè la considerano un mezzo per giungere alla fraternità universale. Perciò sia Lamennais che Maritain sviluppano la loro concezione di «cristianità» sulla base di una Chiesa che attua la formazione dei popoli i quali, a partire dal Medioevo, seguirebbero una strada ascendente verso «l'instaurazione della città fraterna in cui l'uomo sarebbe liberato dalla miseria e dalla servitù» [24].

La nuova cristianità

«Il cristianesimo — scrive Lamennais [25] — trovò il mondo in schiavitù: la sua missione politica era quella di liberarlo. Col proclamare il regno dell'intelligenza, la supremazia dello spirito sulla carne, della ragione sulla forza, del diritto sul fatto, esso stabilì il sacro ed immutabile fondamento della libertà, inseparabile dall'ordine e tanto maggiore quanto l'ordine è più perfetto; perchè l'ordine e la libertà si confondono alla loro fonte, infinita per entrambi, Dio... Così il cristianesimo creò dapprima, a poco a poco, senza confusione nè scossoni, ciò che oggi si chiama il popolo, cioè fece passare alla condizione  di uomini liberi le innumerevoli frotte di schiavi che coprivano il mondo da quattromila anni a questa parte [26]».
Maritain procede allo stesso modo; nel capitolo L'ispirazione evangelica e la coscienza profana del suo Christ. et Dém. [27] dapprima espone il contenuto soprannaturale del messaggio cristiano, e poi l'effetto politico (per così dire) che tale messaggio ha prodotto nel popolo. «Quali sono — si chiede [28] — le idee e le aspirazioni risvegliate a poco a poco dal messaggio cristiano nelle profondità della coscienza dei popoli, e che avanzarono sotterraneamente nei secoli prima di manifestarsi? Per quanto potessero essere mal comprese e deformate durante questa marcia oscura nella coscienza profana, quali sono le verità di origine evangelica alle quali tale coscienza ha poi legato l'idea stessa di civilizzazione identificandola con esse?».
Ed in una lunga e drammatica risposta include anche il seguente passo: «Sotto l'ispirazione evangelica in atto nella storia, la coscienza profana ha compreso la dignità del popolo e dell'uomo dell'umanità comune. Popolo fedele, piccolo popolo di Dio, popolo reale chiamato a partecipare all'opera di Cristo; popolo come comunità di cittadini di un paese unito sotto leggi giuste; popolo come comunità di lavoro manuale e come riserva e ricorso dell'umanità per coloro che soffrono di fronte alla natura. L'idea che la coscienza profana si è formata poco per volta dal popolo proviene dall'incontro e dalla coalizione di tutti questi elementi ed è dall'eredità della cristianità che tale idea deriva» [29].
«Però questo popolo nuovo — continua Lamennais [30] —, questo popolo nascente che, appassionato, vano, ignorante, improvvido, esibiva tutte le caratteristiche come pure tutte le debolezze dell'infanzia, ed incapace di regolarsi e difendersi da sè, incapace di organizzarsi politicamente, era necessario avesse, come ogni uomo, la sua minore età. Era opportuno che, formato con una educazione progressiva, sotto l'occhio vigilante e la tenera mano della madre che lo aveva dato alla luce, acquisisse poco a poco ciò che gli mancava, lumi, speranze e perfino proprietà (proprietés même); che la ragione ed il senso morale si sviluppassero in lui perchè potesse senza pericolo esercitare i propri diritti naturali, cioè la sua liberazione spirituale doveva precedere e preparare la sua liberazione politica. Qui sta tutto il segreto delle istituzioni che la sapienza del cattolicesimo aveva fondato nel medioevo, e che... si sarebbero modificate, nel corso del tempo, a profitto della comune libertà»...
Maritain con forma più austera mette in risalto la stessa azione politica della Chiesa medievale nella formazione dei popoli bambini. «La Chiesa medioevale, dice [31], ha formato e modellato direttamente l'Europa politica perchè le conveniva far sorgere allora dal caos l'ordine temporale stesso: compito aggiuntivo che non poteva rifiutare, ma al quale si rassegnò fin dall'inizio non senza una legittima apprensione».
«Proprio come il bambino nella famiglia [32] — scrive Lamennais — è libero per mezzo del padre, e non può esser libero se non per mezzo del padre il quale obbedisce ad una legge di giustizia che è a garanzia del bambino, così il cattolicesimo comunicò ai popoli bambini la libertà per mezzo di una più alta paternità emanata da Cristo, o per mezzo dei re subordinati al potere emancipatore che li dirigeva, vigilava ed esercitava su di loro una vera e propria giurisdizione sociale per reprimere gli abusi della forza, proteggere e soccorrere i deboli, difendere i loro diritti e preservare dal dispotismo e dalla tirannia la grande famiglia cristiana, collocata anche temporalmente sotto la sua tutela».
Maritain parla più volte dell'ingenuità infantile della Cristianità medievale. «Comprendiamo poi che, se per una civilizzazione cristiana ingenua (voglio dire quella che si basava sull'unità nativa ed ingenua dell'uomo) il progredire verso Dio consisteva anzitutto nell'erigerGli un trono sulla terra (secondo i diritti di Sua Maestà); per una civilizzazione cristiana, invece, che non può più essere ingenua, ed in cui l'uomo deve recuperare la propria unità perduta volgendosi sopra di se stesso sotto l'istinto della grazia, il progredire verso Dio consisterà (così a me pare) anzitutto nel predisporre per l'uomo in questo mondo condizioni di vita tali che l'amore sovrano possa scendere e realizzare nell'uomo e coll'uomo un'opera divinamente umana» [33].
«L'abbiamo detto in un nostro precedente capitolo: coll'ambizione assoluta e l'animo privo di scrupoli dell'infanzia, la cristianità edificava allora un'immensa fortezza sulla cui cima si sarebbe seduto Dio...» [34].
Questa tesi maritainiana-mennaisiana della funzione politica della Chiesa nel medioevo a motivo dell'infanzia dei popoli, comporta una seconda parte diventata famosa quanto la prima nell'ambito del liberalismo cattolico, ovvero: i popoli sono divenuti già grandi ed ormai non sopportano nè necessitano di questa tutela da parte della Chiesa, di conseguenza non pretenda la Chiesa di esercitare alcuna funzione politica all'interno dei popoli moderni, e per ciò stesso la «nuova cristianità» sia concepita come essenzialmente differente dalla cristianità medioevale.
«Sotto il cattolicesimo — dirà Lamennais [35] — che è la legge sempre feconda ed inalterabile della natura spirituale, tutto cresce, tutto si sviluppa in un progresso senza fine. E come la famiglia giunge in un'epoca in cui, per la stessa necessità delle cose, il bambino cresciuto in intelligenza si trasforma in naturalmente libero della stessa libertà del padre, giunge egualmente un'epoca in cui per la medesima necessità i popoli, cresciuti anch'essi in intelligenza, si trasformano in naturalmente liberi come i padri della grande famiglia. È il tempo della loro regalità, e questo tempo è giunto per i popoli cristiani».
In Maritain tale maggiore età del popolo è legata alla tesi dell'«autonomia raggiunta dall'ordine profano o temporale in virtù di un processo di differenziazione, la quale non consente che tale ordine temporale sia considerato come ministro di quello spirituale» [36], ed e legata all'altra sua tesi della maggiore età del popolo stesso, il quarto Stato, che egli sviluppa [37] e che presenta riassuntivamente [38] quando scrive: «Generalmente una nuova epoca di civilizzazione dovrà riconoscere e definire i diritti dell'essere umano nelle sue funzioni sociali, economiche e culturali... diritto in funzione della presa di coscienza di sè effettuata dalla persona operaia e dalla comunità operaia. Tale presa di coscienza, che concerne sia la vita economica sia quella morale e l'ordine temporale, è prima di tutto di ordine spirituale e morale, e ciò costituisce la sua importanza. È la presa di coscienza di una dignità umana offesa ed umiliata, e la presa di coscienza della missione del mondo operaio nella storia moderna. Significa l'ascesa verso la libertà e la personalità, prese nella loro realtà interiore e nella loro espressione sociale, di una comunità di persone, della comunità più prossima alle basi materiali della vita umana ed anche più sacrificata, la comunità del lavoro manuale, la comunità delle persone umane che fanno tale lavoro» [39].
«In una parola la presa di coscienza storica di cui parliamo è la presa di coscienza della dignità del lavoro e della dignità operaia, della dignità della persona umana nel lavoratore come tale. Se il proletariato reclama di essere trattato come persona maggiorenne, per ciò stesso non deve essere soccorso, migliorato o salvato da un'altra classe sociale. Al contrario il ruolo principale nella prossima fase dell'evoluzione ricade sul proletariato e sul suo movimento di ascesa storica» [40].
Ecco perchè sia Lamennais che Maritain eliminano dalla nuova cristianità il mito del Sacro Impero ovvero la paternità regale.
«D'altra parte è chiaro — prosegue Lamennais — che durante i secoli in cui i popoli cristiani sono vissuti sotto il regime, in origine necessario, della paternità regale, da questa modalità ancora imperfetta di società risultava un miscuglio inevitabile dei due poteri, quello spirituale e quello temporale... Da cui l'istituzione del sistema sociale che, a partire dal secolo IX, prese il nome di sacro romano impero: sistema ammirabile di unità, e che offriva nel suo insieme la più bella e la più profonda applicazione che il mondo ha veduto dei principî del diritto nella costituzione politica della società, ma, nello stesso tempo, sistema di transizione e pieno di inconvenienti... Così, ora che è giunta l'età dell'emancipazione, nulla di somigliante al sistema politico a cui i Papi avevano dato come fondamento la potente spada di Carlo Magno potrebbe stabilirsi d'ora in avanti, e sarebbe uno strano abuso vedere altro nel Sacro romano impero che uno dei più magnifici ruderi della storia» [41].
«L'inevitabile miscuglio dei due poteri, spirituale e temporale» è, da parte della Chiesa, quella funzione politica che essa assunse, secondo Maritain, durante l'infanzia dei popoli mentre, da parte del potere temporale, è l'impiego del proprio «apparato temporale» per fini «spirituali» [42] che in Réligion et Culture [43] egli chiama imperialisme in spiritualibus. Maritain, che rinnova la tesi di Lamennais, scrive [44]: «In maniera assai generale possiamo dire che l'ideale storico del Medioevo era sottomesso a due fattori dominanti: da una parte all'idea o al mito (nel senso in cui George Sorel impiegava questo termine) della forza al servizio di Dio; e d'altra parte al fatto concreto che la civilizzazione temporale stessa era in un certo modo una funzione del sacro ed implicava imperiosamente l'unità religiosa...». «Parliamo del Sacro Impero in quanto ideale storico concreto o in quanto mito storico, cioè come immagine lirica che orienta ed eleva una civilizzazione. Da questo punto di vista può dirsi che il Medioevo ha vissuto l'ideale del Sacro Impero (ed è morto per esso)...» «Può dirsi che nel Medioevo l'autorità temporale era concepita prima di tutto in conformità al tipo dell'autorità paterna nelle concezioni di per sè sacre della famiglia, in quelle concezioni di cui si ha un esempio nell'età romana del paterfamilias, che la fede cristiana sublimava legandola all'idea della paternità divina universale».     
«La consacrazione fa del re il padre della moltitudine e, attestando che egli governa le cose temporali in nome del Re Sovrano, conferma la sua autorità di capo della città terrena nell'ordine della grazia. Gli ultimi barlumi di tutto il pensiero politico del Medioevo si incarnano in Giovanna d'Arco nel momento in cui ella impiega tanta energia ed ostinazione per ottenere la consacrazione del re, quando ottiene da Carlo VII che ceda il sacro regno a Cristo, per poi restituirselo solennemente da parte sua ricevendolo "in beneficio"».
Infine, se Lamennais dice: «la concordia del sacerdozio e dell'impero non esistette in nessuna epoca se non nei libri in cui si trattava di ciò direttamente» [45], Maritain dirà: «la civilizzazione del medioevo, per grande e bella che sia stata, e più bella ancora nei ricordi purificati dalla storia che nella vivida realtà...» [46].
Che pensare di tali dottrine sulla formazione dei popoli per mezzo della Chiesa con la sua azione politica tutelare esercitata nella loro infanzia, e della maturità raggiunta ora, che esige de jure un adattamento della Chiesa in accordo alla nuova condizione? Siccome queste dottrine formano la sostanza stessa della nuova cristianità maritainiana, la loro analisi critica sarà formulata al momento opportuno. Qui basti enunciare la verità che fa da contraltare a questi errori. Certissimo è che la Chiesa ha formato i popoli dell'Europa cristiana. Le prime righe della Immortale Dei di Leone XIII lo mette in rilievo: «La Chiesa, opera immortale del misericordioso Iddio, sebbene per natura sua abbia direttamente in mira la salute delle anime e la eterna felicità del cielo, tuttavia anche nell'ordine temporale reca tali e tanti vantaggi, che più e maggiori non potrebbe se fosse destinata direttamente e sopra ogni cosa a procacciare la prosperità della vita presente. Infatti dovunque le succedette di mettere il piede, cambiò immantinente l'aspetto delle cose, ed i costumi dei popoli informò a virtù dianzi sconosciute ed a civiltà nuova; ["ita et nova urbanitate imbuit", N.d.T.] per la quale, coloro che l'accolsero, andarono sopra gli altri per mitezza d'indole, per equità e per isplendore d'imprese.»  Ma è interamente falso e peregrino che la Chiesa abbia formato i popoli con un'azione politica suppletiva; la Chiesa li formò mantenendosi nella propria sfera spirituale, sfera tanto ampia e profonda che, penetrando nelle anime dei cristiani, santifica e consolida tutti gli stati e condizioni di vita in accordo con ciò che graziosamente insegna Sant'Agostino e che Leone XIII allega nell'enciclica citata quando, parlando della Chiesa, dice: «Tu muovi ed insegni, con argomenti adattati ai fanciulli, quelli che sono fanciulli; con magnanimi sensi i giovani, e con calma solenne i vecchi, secondo che richiede non pure l'età, quale apparisce nello stato del corpo, ma quale si scorge in quello dello spirito. Tu fai che le spose se ne stiano con casta e fedele obbedienza soggette ai mariti, non a soddisfacimento di passioni, ma per averne figli, e procedere di conserva nel governo della famiglia. Tu metti i mariti a sovrastare alle mogli, non perchè tolgano a soggetto di trastullo la debolezza del sesso, ma perchè siano ad esse legati coi vincoli di un amore sincero. Tu per via di una cotale servitù ingenua sottoponi i figli ai genitori [Tu parentibus filios libera quadam, servitute subiungis, N.d.T.], e costoro metti sopra i figli per via di un dominio pieno di tenerezze... Tu i cittadini ai cittadini, i popoli ai popoli, e l'umanità tutta intera, rammentando i primi progenitori, congiungi non pure con i legami della convivenza, ma ancora con quelli di una cotale fratellanza. Insegni ai re ad esser provvidi verso i popoli, ed i popoli ammonisci ad esser buoni sudditi dei re. Sei accorta maestra ad indicare a cui si debba fare onore, a cui si debba tributare affetto, a cui riverenza, a cui timore, a cui conforto, a cui consiglio, a cui esortazione, a cui freno, a cui rimprovero, a cui pena, mostrando come non ogni cosa a ciascuno si convenga di dare, sebbene si sia ad ognuno debitore della carità, ed a veruno non si abbia mai da far torto.»
Tuttavia tali effetti dell'influenza della Chiesa che, giungendo ad ogni uomo, giunge anche alle sue strutture profano-temporali, sono prodotti necessariamente quando le società si sottomettono alla Chiesa, ma quando esse si sottraggono alla Chiesa smettono di essere prodotti. Pertanto la stessissima influenza spirituale che salvò l'Europa nel Medioevo anche come società temporale, può salvarla anche oggi; e stessissima dev'essere di conseguenza la relazione dei popoli colla Chiesa, allora come ora.
E però la Rivoluzione consiste proprio nel sottrarre i popoli al governo spirituale della Chiesa: quella Rivoluzione che, brandita all'inizio dai re, espulse la Chiesa dalla vita temporale; brandita poi dai borghesi, ne espulse i re conducendoli al patibolo; e brandita ora da coloro che dicono di essere gli interpreti delle aspirazioni popolari, farà piazza pulita dei resti della borghesia per consegnare i popoli al padrone di questo mondo. «Perchè — si chiede il salmista (Salmo II) — si sono infuriate le nazioni, ed i popoli macchinano vani progetti? Si sono alleati i re della terra, si sono confederati i Principi contro il Signore e contro il suo Cristo. Spezziamo, hanno detto, i suoi vincoli e scuotiamo lontano da noi il suo giogo» Questa è la vera storia dei secoli moderni, che durerà finchè il Signore si compiaccia di compiere la parte successiva in cui si dice: «Ma colui che ha in cielo la sua dimora si burlerà di essi, si farà beffe di loro il Signore».
Ciò che Maritain insinua, che cioè «La Chiesa medievale modellò direttamente l'Europa politica perchè bisognava che facesse sorgere dal caos l'ordine temporale stesso..., ma che oggi l'organismo temporale esiste in modo altamente differenziato...» [47] dimentica che ciò che oggi esiste è da una parte uno Stato universale mostro, dall'altra un'anarchia totale, e questo non si può dire un organismo, bensì un caos spaventoso che il Pontefice Pio XII nella Summi Pontificatus paragona alle tenebre che hanno invaso tutta la superficie della terra quando il Signore fu crocifisso, caos talmente spaventoso che i popoli «allontanandosi dalla dottrina di Cristo, non si resero pienamente conto che erano ingannati dal falso miraggio di frasi brillanti che proclamavano quella separazione come una liberazione dalla servitù nella quale erano precedentemente ritenuti; nè prevedevano le amare conseguenze della deplorevole sostituzione tra la verità che rende liberi e l'errore che riduce in schiavitù; nè pensavano che, rinunciando alla legge di Dio, infinitamente saggia e paterna, ed alla dottrina d'amore unificante e nobilitante di Cristo, si consegnavano all'arbitrio di una potenza umana povera e mutevole: parlavano di progresso, e retrocedevano, di elevazione, e si degradavano; di ascesa verso la maturità e si schiavizzavano; non percepivano la vanità di ogni sforzo umano che tenta di sostituire la legge di Cristo con qualcosa che la eguagli: si infatuarono nei loro pensieri».   
Riassumendo, oggi così come nella presunta infanzia dei popoli è altrettanto vero ciò che insegna Pio XI: «la Chiesa esercita il suo ministero della parola per mezzo dei sacerdoti, convenientemente distribuiti nei vari gradi della gerarchia sacra, che essa invia da ogni parte come predicatori infaticabili della buona novella, unica che può conservare, o piantare, o far risorgere la vera civiltà» [48].
Fu Lamennais a forgiare per primo il progetto della nuova cristianità che non si fonderebbe sulla paternità regale, sulla concordia del sacerdozio e dell'impero o, come odiosamente dirà più tardi Maritain, sul «mito della forza a servizio di Dio», bensì «su un immenso sviluppo di libertà», o sul «mito della realizzazione della libertà».
«Un nuovo ordine sociale — scrive Lamennais — fondato su un immenso sviluppo di libertà che il cattolicesimo ha reso necessario collo sviluppare esso stesso nelle anime la vera nozione ed il senso del diritto; e poichè è il cattolicesimo il loro principio in ciò che hanno di salutifero e di conforme alla legge del progresso che regge l'umanità, costituiranno per il cattolicesimo stesso una grande epoca di rinnovamento e, per così dire, il segnale delle vittorie tramite le quali, sottomettendo le nazioni fin qui ribelli alla sua legge, esso porterà a termine la costituzione del genere umano in unità» [49].
Ed il 22 dicembre del 1830 Lamennais pubblicò ne L´Avenir un articolo intitolato Il Papa in cui piangeva il recentemente defunto Pio VIII, glorificava il Papa futuro, ancora sconosciuto, — tu che non possiamo ancora chiamare per nome, la nostra fede ti saluta anticipatamente — e che fu poi Gregorio XVI, al quale riservava una missione provvidenziale che mai, «dall'epoca del compimento della liberazione dell'universo se ne ebbe una più elevata; comincerà per il cristianesimo una nuova era, un'era di salute, di forza e di gloria, di una gloria tale che ogni gloria del passato impallidirà di fronte al suo splendore [50]
Maritain per parte sua ci parla della sua terza epoca del cristianesimo che «sarebbe sotto un regime temporale, un cielo storico nuovo... in cui si sarebbe cominciato a sviluppare l'umanesimo integrale, l'umanesimo dell'Incarnazione... e che non avrebbe comportato altra teocrazia che quella del divino amore» [51].
Mentre Maritain dice che l'attuale civilizzazione è un «vestito assai usato su cui non si possono cucire pezze nuove, e che si tratta di una rifondazione totale e quasi sostanziale, di un rovesciamento (renversement) dei principii culturali» [52], Lamennais scriveva: «Come sulle macerie dell'impero romano, e mentre i barbari attraversando dal nord al mezzogiorno passavano e ripassavano su queste vaste rovine, costruì l'imponente edificio della società del medioevo, così sui resti di questo edificio lesionato si leverà un'altra società, la quale non sarà altro che l'espressione dello stato che il genere umano ha raggiunto sotto la sua influenza per mezzo di uno sviluppo progressivo, sviluppo proporzionale di libertà: perchè l'uomo, come il bambino, deve crescere nella libertà nella misura in cui cresce in intelligenza. Non è forse così che in origine il cristianesimo, fecondando a poco a poco i germi primitivi del vero e del bene sepolti fin da allora nella natura umana, abolì la schiavitù e creò ciò che tra di noi si chiama popolo? Ciò che succede ora, qualunque sia la differenza che vi apporti il miscuglio di un principio differente, però più debole, non è altro, in fondo, che un prolungamento di questa azione liberatrice che si estenderà nei secoli futuri, fino a che l'uomo, avendo percorso il cerchio intero del suo perfezionamento possibile quaggiù, si trasformi, in sintonia alle leggi della propria natura immortale, per entrare in un nuovo ordine di sviluppo che non terminerà mai perchè si compie nel cielo infinito dell'eternità» [53].

La condanna di Lamennais

Quale risposta avrebbero trovato da parte della Cattedra Romana, colonna e fondamento della Verità [54] tali speranze di insospettati trionfi assicurati alla conciliazione della Chiesa colla Rivoluzione?
A mo' di risposta Gregorio XVI nell'enciclica Mirari vos del 15 agosto 1832 condanna alcune delle dottrine sostenute da L'Avenir; ciò fu reso noto a Lamennais dal Cardinal Pacca, su incarico del Santo Padre, nella lettera allegata all'enciclica, di cui gli fu inviata copia.
Ivi è condannato il tentativo, immaginato dai cattolici liberali fino ai giorni nostri, di realizzare per la via della libertà una nuova cristianità.
Il Papa condanna una Cristianità essenzialmente differente da quella medievale, ricordando che «la Chiesa Universale rifiuta qualunque novità e che, secondo l'avviso del Pontefice Sant'Agatone, delle cose che furono regolarmente definite, nessuna devesi diminuire, nessuna mutare, nessuna aggiungere, ma tali esse debbonsi e nelle parole, e nei sensi custodire illibate». Ricorda anche che solo al Romano Pontefice «è affidata la dispensazione dei Canoni, e che ad esso solo si appartiene, e non a privato uomo chi che sia, il definire alcuna cosa sulle regole degli antichi decreti, e, siccome scrive San Gelasio: bilanciare di tal maniera i decreti de' Canoni, e commensurare in guisa i precetti de' Predecessori, che dopo diligenti riflessioni si dia un conveniente temperamento a quelle cose che la necessità de' tempi richiede doversi prudentemente moderare in bene delle Chiese.» Il lettore confronti questo insegnamento con ciò che insegna Maritain circa la «collaborazione del filosofo e dell'uomo d'azione» allo scopo di fissare l'immagine dinamica della futura cristianità.
Il Papa condanna il tentativo di erigere una città naturalista laddove riprova «i voti di coloro, che vorrebbero vedere separata la Chiesa dal Regno, e troncata la mutua concordia dell'Impero col Sacerdozio. Poichè troppo è chiaro, che dagli amatori d'una impudentissima libertà assai si teme quella concordia, che fu sempre al sacro ed al civile governo fausta e vantaggiosa
Il Papa condanna il tentativo di simulare una Cristianità che possa strutturarsi senza l'aiuto del potere temporale subordinato in quanto strumento dei fini spirituali della Chiesa: «Del resto secondino questi comuni voti pel bene della Chiesa e dello Stato i Figli Nostri Carissimi in Cristo i Principi col loro aiuto, e con quella autorità, la quale debbono considerare a sè conferita non pel governo soltanto delle cose terrene, ma in modo speciale per sostenere la Chiesa. Riflettano seriamente, farsi pel loro impero e per la loro quiete quanto si adopera per la salvezza della Religione: si persuadano anzi, dover esser loro assai più a cuore la causa della Fede, che quella del Regno, e a grande onore si rechino, il ripetiamo col Pontefice San Leone, che al loro diadema per man del Signore la corona si aggiunga altresì della Fede. Posti quasi per padri e tutori de' Popoli procureranno a questi quiete e tranquillità vera, costante, e doviziosa, se attendano particolarmente a far fiorire tra essi la Religione e la pietà verso Dio, il quale porta scritto nel femore: Re dei Re, e Signor dei Signori
Il Papa condanna il tentativo di edificare una città libertaria esecrando «quell'assurda ed erronea sentenza, — o piuttosto delirio —, che debbasi ammettere, e garantire per ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui appiana il sentiero quella piena, e smodata libertà di opinare, che va sempre aumentandosi a danno della Chiesa, e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza alcun comodo alla Religione. Ma qual può darsi morte peggiore dell'anima che la libertà dell'errore? esclama Sant'Agostino. Tolto infatti ogni freno che contenga nelle vie della verità gli uomini già volgentisi al precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità essersi aperto il pozzo d'abisso dal quale vide San Giovanni salire tal fumo, che oscurato ne rimase il sole, uscendone locuste innumerabili a disertare la terra[«... A questo fine è diretta quella pessima, nè mai abbastanza esecrata ed aborrita libertà della stampa nel divulgare scritti di qualunque siasi genere; libertà, che taluni osano d'invocare, e promuovere con tanto clamore. Inorridiamo, Venerabili Fratelli, nel rimirare, qual Ci opprima stravaganza di dottrine, e più veramente portentosa mostruosità di errori, che si spargono e disseminano per ogni dove con quella sterminata moltitudine di libri, di opuscoli, e di scritti, piccoli certamente di mole, ma per malizia grandissimi, da' quali veggiamo con le lacrime agli occhj uscire la maledizione, ed innondare tutta la faccia della terra.» Ibid., N.d.T.]
Il Papa condanna il tentativo di edificare una città indifferentista riprovando coloro «i quali sognano, che veleggiando sotto bandiera di qualunque Religione possa egualmente approdarsi al porto della eterna felicità», perchè si deve considerare «che per testimonianza dello stesso Salvatore sono essi contro Cristo, perchè non sono con Cristo, e che sventuratamente disperdono sol perchè con lui non raccolgono; e che quindi senza dubbio periranno in eterno, se non tengano la fede Cattolica, e questa non conservino intera ed inviolata».
Il Papa condanna la città democratista riprovando «certe dottrine tendenti a far crollare la fedeltà e sommessione dovuta ai Principi, e ad accendere ovunque il fuoco della ribellione, Vi esortiamo ad essere sommamente guardinghi, affinchè i Popoli per tale seducimento non si lascino miseramente rimuovere dal diritto sentiero. Riflettano tutti, che secondo l'avviso dell'Apostolo non vi ha Potestà, se non da Dio, e che le cose che sono furono ordinate da Dio. Chi perciò resiste alla Potestà, resiste alla ordinazione di Dio, e quelli che resistono, si procurano da se stessi la condanna. Ecco perchè e il divino e l'umano diritto gridano contro coloro, i quali con infamissime trame, e con macchinamenti di fellonía e di sedizioni impiegano i loro sforzi nel mancare di fede ai Principi, ed in balzarli pur anche dal Trono.»
Gregorio XVI non omette di avvisare, come più tardi faranno Pio IX, Leone XIII e Pio X con la condanna del Sillon, che «un ammasso sì enorme di calamità devesi in ispecial modo ripetere dalla cospirazione di quelle Società, nelle quali sembra essersi accolto, come in sozza sentina, quanto v'ha di sacrilego, di abominevole e di empio nelle eresie e nelle sètte più ree», riferendosi con ogni evidenza alle società segrete della massoneria.
Ma Lamennais, nel cui subcosciente la causa dell'Umanità prevaleva sulla causa della Chiesa, era troppo terribilmente ingannato per poter discernere, con un salutare giudizio pratico, la gravità dei suoi errori. Più tardi, in Affaires de Rome, in cui riferisce le vicissitudini di quel suo stizzito conflitto con la Curia romana, volendo giustificarsi scriverà: «Convinti che la libertà alla quale aspirano i popoli cristiani, e che certamente costituirà la base della società futura, lungi dall'esser opposta al cristianesimo, non è altro che sua conseguenza diretta, suo sviluppo necessario, credettero [quelli de l'Avenir] di servire l'umanità che soffre dei suoi propri sforzi e delle resistenze che tali sforzi incontrano, cercando di portare alla sua fonte primigenia il sentimento, dappertutto vivo, che spinge le nazioni ad emanciparsi. Perchè non basta, è chiaro, abbattere gli oppressori... il vero ed unico rimedio Dio lo ha posto nella legge evangelica destinata ad unire gli uomini per mezzo di un affetto fraterno il quale faccia sì che tutti vivano in ciascuno e ciascuno viva in tutti.
L'Avenir si proponeva anche di difendere l'istituzione cattolica... pensava che essa dovesse estendere le sue radici quasi secche nel seno dell'umanità stessa per bere la linfa che le mancava, e che unendo la sua causa a quella dei popoli, avrebbe potuto recuperare il suo vigore estinto, regolarizzare il movimento sociale... La fraternità universale proclamata da Gesù rianimò all'istante i germi appassiti che Dio aveva deposto in origine... Per qual motivo dopo diciotto secoli [il popolo] si andava slegando da questa Chiesa, se non perchè, almeno in apparenza, essa si era praticamente appartata dalle massime in cui aveva vissuto, alla sua origine, una vita tanto grandiosa? E quale mezzo per tornare ad essere ciò che fu ai suoi inizi, per riguadagnare, con la fiducia delle masse popolari, la sua influenza su di esse, se non quello di tornare a riattingere forza alla sua fonte, identificare i suoi interessi, nella misura in cui li aveva propri, con gli interessi della razza umana, venire in soccorso delle sue necessità, aiutarla a svilupparle in tutti i suoi aspetti ed in tutte le sue conseguenze attualmente applicabili, il principio cristiano dell'eguaglianza del diritto, la cui realizzazione costituisce l'ordine senza cui nessuna libertà, e la libertà senza cui nessun ordine?» [55]. Il lettore può riconoscere qui il pensiero di Maritain quando afferma [56]: «Non è una situazione giuridica privilegiata ma un diritto cristiano eguale, in un diritto eguale ispirato dal suo proprio spirito... Non è accordando alla Chiesa un trattamento di favore, cercando di guadagnarsela con vantaggi temporali pagati a prezzo della sua libertà, ma richiedendole di più — richiedendo ai sacerdoti che vadano alle masse e si uniscano alla loro vita per diffondere nel loro interno il fermento del Vangelo e per aprire i tesori della liturgia al mondo del lavoro ed alle sue feste —, esigendo dagli ordini religiosi che cooperino con le opere di assistenza sociale ed educative della comunità civile, dai suoi militanti laici e dalle sue organizzazioni giovanili che supportino il travaglio morale della nazione e sviluppino nella vita sociale il senso della libertà e della fraternità».
Maritain con la sua «nuova cristianità», un secolo più tardi di Lamennais, rinnova il tentativo di conciliazione tra la Rivoluzione e la Chiesa, come ai tempi di Pio IX aveva fatto il liberalismo cattolico col suo gran capo Montalembert, come ai tempi di Leone XIII i democratici cristiani, e come al tempo di Pio X Marc Sangnier col Sillon; ma ciò si verifica non senza una profonda e nefasta alterazione del concetto stesso di Cristianità, delle relazioni dell'ordine naturale con quello soprannaturale, non senza una glorificazione della libertà e della democrazia, in breve, non senza cadere nell'orbita della città della Rivoluzione che, in ultima analisi, non è altro che «quell'abisso aperto dal quale, secondo la visione di San Giovanni, salì un tal fumo da oscurare il sole uscendone innumerevoli locuste che devastavano la terra». (Apoc., IX, 2).
Che errore terribile e decisivo! Intraprendere il cammino della Rivoluzione in nome del Vangelo, quando in realtà esso conduce solamente all'intronizzazione del «figlio della perdizione» di cui parla l'Apostolo! Come si spiega che Maritain abbia commesso un errore così grave? Lui stesso ci decifra l'enigma [57] quando scrive: «Si può credere che una delle cause che hanno indebolito più gravemente molti cattolici moderni e favorito in essi il liberalismo, l'americanismo, il modernismo ecc. è il fatto che si siano infiltrati nelle loro anime i dogmi massonici del Progresso necessario e dell'ottimismo umanitario, pseudo-idea sentimentale che risponde al desiderio segreto della natura di accettare i fatti compiuti e che non ha pari nell'obnubilare il giudizio».
Però nessuno, — nemmeno un filosofo — può evitare la logica dei fatti, logica che Maritain ha esposto con forza nel suo Théonas condannandosi anticipatamente da se stesso: «Chi dice progresso, dice cambiamento. Poichè il Progresso è assolutamente necessario, e poichè la legge del progresso detiene da allora, come abbiamo veduto, un dominio assolutamente universale, ciò che è detto fondamento e principio, sia nell'ordine della conoscenza, sia in quello della vita morale, deve evidentemente cambiare così come tutto il resto... ne consegue che, poichè la legge del Progresso esige il cambiamento costante dei fondamenti e dei principii ammessi in passato, esige altresì che il movimento dell'umanità verso il meglio si compia per mezzo di un rinnovamento ininterrotto di sovversioni, e perciò di distruzioni... Dovremo dire che il progresso, in quanto progresso che presuppone come abbiamo ammesso la conservazione, in un modo o nell'altro, dei guadagni acquisiti dal passato, è profondamente conservatore e positivo; ma che il Progresso necessario, poichè esprime una pretesa legge metafisicamente necessaria all'ambito universale, è essenzialmente rivoluzionario e negativo. L'Idea mito del Progresso divora in tal modo il progresso reale» [58]. Così si esprimeva saggiamente Maritain, ed è perciò che la sua «Nuova Cristianità» divora la Cristianità reale, così come la Rivoluzione divora la Civiltà Cristiana.
Brano estratto da: De Lamennais a Maritain, Buenos Aires 1945, traduzione: C.S.A.B.
«Tu pueriliter pueros, fortiter iuvenes, quiete senes, prout cuiusque non corporis tantum, sed et animi aetas est, exerces ac doces. Tu feminas viris suis non ad explendam libidinem, sed ad propagandam prolem, et ad rei familiaris societatem, casta et fideli obedientia subiicis. Tu viros coniugibus, non ad illudendum imbecilliorem sexum, sed sinceri amoris legibus praeficis. Tu parentibus filios libera quadam, servitute subiungis, parentes filiis pia dominatione praeponis... Tu cives civibus, tu gentes gentibus, et prorsus homines primorum parentum recordatione, non societate tantum, sed quadam etiam fraternitate coniungis. Doces reges prospicere populis, mones populos se subdere regibus. Quibus honor debeatur, quibus affectus, quibus revererentia, quibus timor, quibus consolatio, quibus admonitio, quibus cohortatio, quibus discliplina, quibus obiurgatio, quibus supplicium, sedulo doces; ostendens quemadmodum et non omnibus omnia, et omnibus caritas, et nulli debeatur iniuria.» Leone XIII, Immortale Dei.

«Id porro apprime praestabitis, si, quod vestri muneris ratio postulat, attendatis vobis, et doctrinae, illud assidue revolventes animo, universalem Ecclesiam quacumque novitate pulsari, atque ex sancti Agathonis pontificis monitu nihil de iis, quae sunt regulariter definita, minui debere, nihil mutari, nihil adjici, sed ea et verbis, et sensibus illibata esse custodienda.
Perpendant vero, qui consilia id genus machinantur, uni Romano pontifici ex sancti Leonis testimonio canonum dispensationem esse creditam, ipsiusque dumtaxat esse, non vero privati hominis, de paternarum regulis sanctionum quidpiam decernere, atque ita, quemadmodum scribit sanctus Gelasius, decreta canonum librare, decessorumque praecepta metiri, ut quae necessitas temporum restaurandis Ecclesiis relaxanda deposcit, adhibita consideratione diligenti, temperentur.
Neque laetiora et religioni, et principatui ominari possemus ex eorum votis, qui Ecclesiam a regno separari, mutuamque imperii cum sacerdotio concordiam abrumpi discupiunt. Constat quippe, pertimesci ab impudentissimae libertatis amatoribus concordiam illam, quae semper rei et sacrae et civili fausta extitit ac salutaris.
Ceterum communibus hisce votis pro rei et sacrae, et publicae incolumitate carissimi in Christo filii Nostri viri principes sua faveant ope, et auctoritate, quam sibi collatam considerent non solum ad mundi regimen, sed maxime ad Ecclesiae praesidium. Animadvertant sedulo, pro illorum imperio et quiete geri, quidquid pro Ecclesiae salute laboratur; imo pluris sibi suadeant fidei causam esse debere, quam regni, magnumque sibi esse perpendant, dicimus cum s. Leone pontífice, si ipsorum diademati de manu Domini etiam fidei addatur corona. Positi quasi parentes, et tutores populorum, veram, constantem, opulentiam iis quietem parient, et tranquillitatem, si in eam potissimum curam incumbant, ut incolumis sit religio et pietas in Deum, qui habet scriptum in femore: rex regum, et Dominus dominantium.
Atque ex hoc putidissimo indifferentismi fonte absurda illa fluit ac erronea sententia, seu potius deliramentum, asserendam esse ac vindicandam cuilibet libertatem conscientiae. Cui quidem pestilentissimo errori viam sternit plena illa, atque immoderata libertas opinionum, quae in sacrae, et civilis rei labem late grassatur, dictantibus per summam impudentiam nonnullis, aliquid ex ea commodi in religionem promanare. At quae pejor mors animae; quam libertas erroris! inquiebat Augustinus. Freno quippe omni adempto, quo homines contineantur in semitis veritatis, proruente jam in praeceps ipsorum natura ad malum inclinata, vere apertum dicimus puteum abyssi, e quo vidit Joannes ascendere fumum, quo obscuratus est sol, locustis ex eo prodeuntibus in vastitatem terrae. ... Huc spectat deterrima illa, ac numquam satis exsecranda et detestabilis libertas artis librariae ad scripta quaelibet edenda in vulgus, quam tanto convicio audent nonnulli efflagitare ac promovere. Perhorrescimus, venerabiles fratres, intuentes, quibus monstris doctrinarum, seu potius quibus errorum portentis obruamur, quae longe ac late ubique disseminantur ingenti librorum multitudine, libellisque, et scriptis mole quidem exiguis, malitia tamen permagnis, e quibus maledictionem egressam illacrymamur super faciem terrae.
Admonente apostolo, unum esse Deum, unam fidem, unum baptisma, extimescant, qui e religione qualibet patere ad portum beatitudinis aditum comminiscuntur, reputentque animo ex ipsius Servatoris testimonio, esse se contra Christum, quia cum Christo non sunt seque infeliciter dispergere, qui cum ipso non colligunt, ideoque absque dubio in aeternum esse perituros, nisi teneant Catholicam fidem, eamque integram, inviolatamque servaverint.
Cum autem circumlatis in vulgus scriptis doctrinas quasdam promulgari acceperimus, quibus debita erga principes fides atque submissio labefactatur, facesque perduellionis ubique incenduntur: cavendum maxime erit, ne populi inde decepti a recti semita abducantur. Animadvertant omnes, non esse, juxta apostoli monitum, potestatem nisi a Deo: quae autem sunt, a Deo ordinata sunt. Itaque qui resistit potestati, Dei ordinationi resistit, et qui resistunt, ipsi sibi damnationem acquirunt. Quocirca et divina et humana jura in eos clamant, qui turpissimis perduellionis seditionumque machinationibus a fide in principes desciscere, ipsosque ab imperio deturbare connituntur.
Quae quidem tanta calamitatum congeries ex illarum in primis conspiratione societatum est repetenda, in quas quidquid in haeresibus, et in sceleratissimis quibusque sectis sacrilegum, flagitiosum, ac blasphemum est, quasi in sentinam quamdam, cum omnium sordium concretione confluxit.» Gregorio XVI, Enc. Mirari vos.





NOTE:

[1] Christ. et Dém., pag. 33; ed. cast. pag. 35.
[2] Ibid., pag. 43; ed. cast. pag. 48.
[3] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 431.
[4] Ibid., II, pag. 438.
[5] Ibid., II, pagg. 466-467.
[6] Trois Reformateurs, Librairie Plon, Paris, pag. 205.
[7] Ibid., pag. 212.
[8] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 460.
[9] Ibid.
[10] Les Droits, pag. 47; ed. cast. pag. 57.
[11] Principes d'une politique humaniste, Editions de la Maison Française, New York, 1944, pagg. 61-63, e Christ. et Dém., pagg. 57-64 ; ed. cast. pag. 62.
[12] Morceaux Choisis, 217, Citato da Charles de Koninck, De la Primauté du Bien Commun contre les personnalistes, pag. 183.
[13] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 439.
[14] Les Droits, pag. 103; ed. cast. pag. 128.
[15] Ibid., pag. 136; ed. cast. pag. 162.
[16] Ibid., pag. 107; ed. cast. pag. 135.
[17] Ibid., pag. 131; ed. cast., pagg. 153 sgg.
[18] Ibid., pagg. 129-131; ed. cast., pag. 144; Christianisme et Démocratie, pag. 89; ed. cast., pag. 97.
[19] Les Doctrines de l’Avenir, 7 dic. 1830 in: Obras Completas de Lamennais, II, pag. 428.
[20] Necessité de s'unir, in: Ibid., II, 422.
[21] Ibid., II, pag. 428.
[22] Ibid., II, pag. 467.
[23] Christianisme et Démocratie, pag. 63; ed. cast., pag. 68.
[24] Les Droits, pag. 51; ed. cast., pag. 78.
[25] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 463.
[26] Ibid.
[27] Christ. et Dém., pagg. 51-53; ed. cast., pagg. 55 e ss.
[28] Ibid. 53.
[29] Ibid., pag. 55; ed. cast., pag. 60.
[30] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 463.
[31] Humanisme Intégral, pag. 273.
[32] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 463.
[33] Problemas espirituales y temporales de una Nueva Cristiandad, pagg. 61-62.
[34] Humanisme Intégral, pagg. 22 e 159.
[35] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 463.
[36] Humanisme Intégral, pag. 182.
[37] Ibid., pagg. 234  e sgg.
[38] Les Droits, pag. 114; ed. cast., pagg. 141 e sgg.
[39] Ibid., pag. 115; ed. cast., pag. 144 e sgg.
[40] Ibid. 116.
[41] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 465.
[42] Humanisme Intégral, pag. 156.
[43] Réligion et Culture, pag. 59.
[44] Problemas espirituales y temporales, pagg. 117, 118, 126 e 127.
[45] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 465.
[46] Réligion et Culture, pag. 40.
[47] Humanisme Intégral, pag. 273.
[48] Pio XI, Ad Catholici sacerdotii.
[49] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 464.
[50] Ibid., II, pag. 431.
[51] Humanisme Intégral, pag. 248.
[52] Humanisme Intégral, pag. 212.
[53] Obras Completas de Lamennais, II, pag. 431.
[54] I Tim., III, 15.
[55] Si veda Affaires de Rome, in op. cit., di Lamennais, II, pagg. 515-516.
[56] Les Droits, pag. 43; ed. cast., pag. 51.
[57] Antimoderne, pag. 207.
[58] Théonas, pag. 140-142.