È corrente l'uso dei vocaboli "destra" e  "sinistra" per qualificare posizioni assunte sui più svariati temi: fondamentalmente  su questioni politiche, sociali o economiche, ma anche su modi di sentire o di  essere, come pure in letteratura, a proposito delle arti, ecc. Un esame dei  diversi significati di questi termini mostra, subito a prima vista, un caos  tale da far dire a molti osservatori che quei vocaboli hanno perso qualsiasi  valore come etichette qualificanti atteggiamenti ideologici, culturali o morali.
                  Nonostante il talento, la cultura e l’influenza  propagandistica di molti di coloro che già da tempo pensano in questo modo, "destra" e "sinistra"  rimangono tuttavia parole di uso corrente e, si direbbe, indispensabili per chi svolga abitualmente  analisi ideologiche. Questo fatto sembra provare che, nel cuore di esse, vi  è qualcosa di sostanziale e di veramente significativo. Persino di  insostituibile, almeno fino a quando l'uso comune non consacrerà altri vocaboli  che li sostituiscano.
                  Mi propongo di analizzare in questa sede questo  "qualcosa di sostanziale", per verificare con i lettori se il mio  modo di sentire corrisponde al loro, cioè a quello del grande pubblico. Lo farò  molto in modo riassuntivo, date le naturali limitazioni di questo studio  giornalistico.
1. "Sinistra", ugualitarismo,  liberalismo e anarchismo
                  Comincio facendo notare che, nel significato di queste  due parole correlate, non tutto è impreciso. In esso vi è una zona chiara.  Avendola definita, sarà possibile trovare, de proche en proche, il  bandolo della matassa che conduce, attraverso i significati meno chiari, fino a  una spiegazione finale su quanto vogliono dire "destra" e  "sinistra".
                  La zona chiara è nella parola "sinistra". Di  fronte alla triade della Rivoluzione  francese, ancora oggi l'opinione generale non esita a qualificare come  perfettamente e compiutamente di sinistra chi si dichiari a favore non di una  libertà, di una uguaglianza e di una fraternità qualsiasi, ma della libertà totale, della uguaglianza totale e anche della  fraternità totale. Insomma, chiunque sia un  anarchico, nel senso etimologico e radicale della parola (dal greco an privativo,  e arché, governo), con o senza  una connotazione di violenza o di terrorismo. Gli uomini di  "sinistra" moderati qualificano come utopistico ("purtroppo  utopistico", sono soliti dire) il sogno del loro correligionario  integrale. Tuttavia nessuno di essi  negherà la piena autenticità di "sinistra" di questa utopia.
                  In funzione di questo marchio di sinistrismo assoluto è  facile discernere come - all'interno della scala di valori di  "sinistra" - un programma o un metodo può essere qualificato come più  o meno di "sinistra". Cioè sarà tanto più o tanto meno di  "sinistra", quanto più si avvicinerà o si allontanerà  dall'"an-archismo" totale.
                  Così, per esempio, il  socialista è tanto più di "sinistra" quanto più è effettiva e  generale l’uguaglianza che rivendica. E sarà integralmente di  "sinistra" chi rivendicherà la uguaglianza totale.
                  Analoga affermazione si deve fare in relazione a un altro  "valore" della triade del 1789. Mi riferisco in modo particolare al  liberalismo politico. Esso sarà tanto più di "sinistra", quanto più  reclamerà la libertà totale.
                  Ben inteso, vi sono certe contraddizioni tra socialismo e  liberalismo. E questo fatto porta a facili obiezioni contro quanto ho appena  affermato. Così, il totalitarismo economico distrugge facilmente la libertà  politica. E viceversa. Ma questa  contraddizione esiste solamente nelle tappe intermedie che non sono ancora  l'anarchismo totale, benché predispongano a esso. Intatti, si può giungere  a quest'ultimo tanto attraverso una libertà assoluta, quanto - e principalmente  - attraverso una uguaglianza assoluta. La libertà assoluta favorisce l'offensiva generale di  quanti sono o hanno meno, contro quanti sono o hanno di più. E, a  sua volta, l’uguaglianza  completa comporta la negazione di ogni autorità, e quindi di ogni legge.  Queste due vie così diverse non sono parallele che si incontrano all'infinito.  Per quanto siano contraddittorie nella  pratica del moderato qualunque di oggi, convergono verso il punto finale "an-archico", nel quale  sia l'uno che l'altra si incontrano e si completano.
                  Così, è certo che, secondo l’opinione generale, il  sinistrismo ha il suo punto omega e la sua scala di "valori" ben  definiti.
2. "Destra" e disuguaglianza cristiana
                  La questione sta nel sapere se li ha, in modo  corrispondente, la "destra".
                  A questo proposito, la confusione è innegabile. Senza  giungere, però, a tagliare il filo conduttore che, analogamente a quanto accade  con la "sinistra", porta, de proche en proche, a una  classificazione delle sottili sfumature del destrismo.
                  Le parole "destra" e "sinistra"  sono sorte nel vocabolario politico, sociale ed economico dell'Europa del  secolo XIX. Il sinistrismo era una partecipazione ideologica del pensiero e  dell'opera di qualcosa di ancora recente e di sufficientemente definito nelle sue  linee generali, cioè della Rivoluzione francese. La "sinistra" non  era solamente una negazione vulcanica di una tradizione che pareva morta, ma  anche e sempre di più l'affermazione di  un futuro che si sarebbe detto fatale. 
                  Di fronte alla Rivoluzione schiacciante, la  "destra" si definì solamente a poco a poco, in modo incerto e  contraddittorio. Definendosi come un anti-sinistrismo, e a fortiori come un  anti-anarchismo, che cosa avrebbe dovuto  essere, a completo rigore di logica, la "destra"?
                  Come ho già detto, è nell’essenza dell'anarchismo totale  l'affermazione secondo cui ogni e qualsiasi disuguaglianza è ingiusta. Così,  quanto minore è la disuguaglianza, tanto minore è l’ingiustizia. La libertà è  cara all'anarchismo precisamente perché l'autorità  è in sé stessa una negazione dell’uguaglianza.
Il  destrismo afferma, quindi, che, in sé stessa,  la disuguaglianza non è ingiusta. Che, in un universo nel quale Dio  ha creato tutti gli esseri disuguali, compresi e soprattutto gli uomini, l’ingiustizia sta  nell'imposizione di un ordine di cose diverso da quello che Dio, per ragioni  altissime, ha fatto disuguale. Così, la giustizia consiste nella  disuguaglianza.
                  Da questa verità di base - bisogna ricordarlo di  passaggio - non si deduce che la giustizia è tanto più perfetta, quanto  maggiore è la disuguaglianza. In materia di sinistrismo, è logica  l'affermazione antitetica (quanto minore la disuguaglianza, tanto minore l’ingiustizia).  È chiarissima l’asimmetria tra la prospettiva di "sinistra" e quella  di "destra".
                  Infatti, Dio ha creato le disuguaglianze, non terribili e  mostruose, ma proporzionate  alla natura, al benessere e al progresso di ogni essere, e adeguate  all'ordinamento generale dell'universo. E tale è la disuguaglianza cristiana.  Analoghe considerazioni si potrebbero fare a proposito della libertà  nell'universo e nella società.
                  Ma questo modello del destrismo non è la disuguaglianza  assoluta, simmetrica e opposta alla uguaglianza assoluta. Ma - bisogna insistere - è la  disuguaglianza armonica. Quanto più una dottrina sarà contraria alla  triade del 1789 e si avvicinerà a questo modello di disuguaglianze armoniche e  proporzionate, tanto più sarà di "destra".
                  Non sempre l'hanno intesa a questo modo i pensatori o gli  uomini di azione che, levandosi nel secolo XIX come nel secolo XX contro la  Rivoluzione, sono stati qualificati soltanto per questa ragione come di  "destra". Essi, o quanti li hanno studiati, hanno spesso immaginato  che l'etichetta del destrismo potesse giustificare disuguaglianze abissali  (politiche e sociali, ma, il più delle volte, economiche). Come  se in questo consistesse la punta estrema della coerenza di "destra". 
                  Altri "uomini di destra" hanno fatto, a loro  volta, concessioni allo spirito ugualitario, perché erano essi stessi inquinati  dai princìpi rivoluzionari che combattevano. O anche per  tattica politica, cioé per la conquista e la conservazione del potere. Ho  presente il carattere socialista  ufficiale del fascismo e quello non solo ufficiale, ma anche marcatissimo, del nazismo.
                  Per tutte queste ragioni, il vocabolo  "destra" non è giunto, nel linguaggio corrente, ad avere un senso  tanto chiaro quanto "sinistra" ed è servito per designare non  solamente il  vero destrismo di ispirazione cristiana, sacrale, gerarchico e armonico (*), ma anche destrismi  modellati in parte da tradizioni cristiane, e in parte da princìpi ideologici  (così come da esperienze) peculiari.
                  Tuttavia mi pare certo che, per quanto importanti  siano state le caratteristiche  socialiste di certe correnti dette di "destra", il linguaggio  comune le qualifica di "destra" solo perché immagina di vedere in esse una affinità (maggiore o minore) con il destrismo cristiano ideale che ho più  sopra descritto. Il quale, per una tradizione plurisecolare, fa parte delle  conoscenze consapevoli o inconsapevoli di tutti.
                  In sintesi, sia a "destra" che a  "sinistra", all'orizzonte vi è un segno definito, a partire dal quale  segue, en degradé, la gamma delle sfumature intermedie.
Corona di Carlo Magno
                  Io  ho parlato di  "sacrale". So che il termine è entrato inopinatamente nell'articolo.  E che il limite di esso non mi permette di mostrare qual è, a mio modo di  vedere, la  funzione centrale della religione nell'autentica concezione di  "destra", che ho appena  enunciato. E che, ovviamente, è la mia concezione e quella della TFP.
                  Dico solamente, quasi a titolo di post scriptum,  che il  destrismo laico o ateo è un assurdo, perché l'universo e l'uomo sono  impensabili senza Dio. Il che non comporta che io (e a  questo punto allungo un poco il post scriptum), che mi vanto di essere  sostenitore, in tesi, dell’unione della Chiesa e  dello Stato, la desideri attualmente in concreto. Anche su questo punto  raccomando la lettura del mio saggio citato a chi desideri conoscere il  pensiero della maggiore organizzazione civica anticomunista del Brasile  contemporaneo. 
                  Plinio Corrêa de Oliveira – “A justiça está na desigualdade cristã”, Jornal da Tarde,9 Giugno 1979
(*) “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”, Plinio Corrêa de Oliveira