SILLABO
ELENCO
dei principali errori dell'età nostra, che son notati nelle allocuzioni concistoriali, nelle encicliche ed in altre lettere apostoliche del ss. signor nostro PIO PAPA IX.
§ I.
Panteismo, Naturalismo e Razionalismo assoluto.
I. Non esiste niun essere divino, supremo, sapientissimo, provvidentissimo, che sia distinto da quest’universo, e Iddio non è altro che la natura delle cose, e perciò va soggetto a mutazioni, e Iddio realmente vien fatto nell’uomo e nel mondo, e tutte le cose son Dio ed hanno la sostanza stessissima di Dio; e Dio è una sola e stessa cosa col mondo, e quindi s’identificano parimenti tra loro spirito e materia, necessità e libertà, vero e falso, bene e male, giusto ed ingiusto.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
II. È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e il mondo.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
III. La ragione umana è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male indipendentemente affatto da Dio; ella è legge a se stessa, e colle sue forze naturali basta a procurare il bene degli uomini e dei popoli.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
IV. Tutte le verità religiose scaturiscono dalla forza nativa della ragione umana; laonde la ragione è la prima norma, per mezzo di cui l’uomo può e deve conseguire la cognizione di tutte quante le verità, a qualsivoglia genere esse appartengano.
Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Encicl. Singulari quidem, 17 marzo 1856.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
V. La rivelazione divina è imperfetta, epperciò soggetta a progresso continuo e indefinito, corrispondente al progresso della ragione umana.
Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Maxima quidam, 9 giugno 1862.
VI. La fede di Cristo si oppone alla umana ragione; e la rivelazione divina non solo non giova nulla, ma nuoce eziandio alla perfezione dell’uomo.
Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
VII. Le profezie e i miracoli, esposti e narrati nella sacra Scrittura, sono invenzioni di poeti, e i misteri della fede cristiana sono il risultato di indagini filosofiche; e nei libri dell’antico e del nuovo Testamento si contengono dei miti; e Gesù Cristo stesso è un mito.
Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
§ II.
Razionalismo moderato.
VIII. Siccome la ragione umana si equipara colla stessa religione, perciò le discipline teologiche hannosi a trattare al modo delle filosofiche.
Alloc. Singulari quadam perfusi, 9 decembre 1854.
IX. Tutti indistintamente i dommi della religione cristiana sono obbietto della naturale scienza ossia filosofìa, e l’umana ragione, storicamente solo coltivata, può colle sue naturali forze e principii pervenire alla vera scienza di tutti i dommi anche i più reconditi, purchè questi dommi sieno stati alla stessa ragione proposti.
Lett. all’Arciv. di Frisinga Gravissimas, 11 decembre 1862.
Lett. al medesimo Tuas libenter, 21 decembre 1863.
X. Altro essendo il filosofo ed altro la filosofia, quegli ha diritto e ufficio di sottomettersi alla autorità ch’esso ha provato essere vera; ma la filosofia nè può, nè deve sottomettersi ad alcuna autorità.
Lett. all’Arciv. di Frisinga Gravissimas, 11 decembre 1862.
Lett. al medesimo Tuas libenter, 21 decembre 1863.
XI. La Chiesa non solo non dee mai correggere la filosofia, ma eziandio deve tollerarne gli errori e lasciare che essa corregga se stessa.
Lett. all’Arciv. di Frisinga Gravissimas, 11 decembre 1862.
XII. I decreti della Sede apostolica e delle Romane Congregazioni impediscono il libero progresso della scienza.
Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 decembre 1863.
XIII. Il metodo e i principii, coi quali gli antichi Dottori scolastici coltivarono la teologia, non si confanno alle necessità de’ nostri tempi e al progresso delle scienze.
Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 decembre 1863.
XIV. La filosofia si deve trattare senza avere riguardo alcuno alla soprannaturale rivelazione.
Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 decembre 1863.
N. B. Col sistema del razionalismo uniti sono in massima parte gli errori di Antonio Günther, che vengono condannati nella Lett. al Card. Arciv. di Colonia Eximiam tuam, 15 giugno 1847; e nella Lett. al Vesc. di Breslavia Dolore haud mediocri, 30 aprile 1860.
§ III.
Indifferentismo, Latitudinarismo.
XV. È libero a ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione, che colla scorta del lume della ragione avrà riputato essere vera.
Lett. apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
XVI. Gli uomini nell’esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salute, e conseguire l’eterna salute.
Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Ubi primum, 17 decembre 1847.
Encicl. Singulari quidem, 17 marzo 1856.
XVII. Almeno hassi a bene sperare della eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo.
Alloc. Singulari quadam, 9 decembre 1854.
Encicl. Quanto conficiamur, 17 agosto 1863.
XVIII. Il protestantismo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella quale egualmente che nella Chiesa cattolica si può piacere a Dio.
Encicl. Noscitis et Nobiscum, 8 decembre 1849.
§ IV.
Socialismo, Comunismo, Società secrete,
Società libere, Società clerico-liberali.
Cotali pestilenze spesso e con gravissime espressioni sono riprovate nell’Epist. encicl. Qui pluribus, 9 novemb. 1846; nella Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nell’Epist. encicl. Noscitis et Nobiscum, 8 decemb. 1849; nella Alloc. Singulari quadam, 9 decemb. 1854; nella Epist. encicl. Quanto conficiamur moerore, 10 agosto 1863.
§ V.
Errori sulla Chiesa e suoi diritti.
XIX. La Chiesa non è una vera e perfetta società pienamente libera, nè è fornita de’ suoi proprii e costanti diritti, conferitile dal suo divino fondatore, ma tocca alla potestà civile definir quali sieno i diritti della Chiesa e i limiti tra i quali possa esercitare i detti diritti.
Alloc. Singulari quadam, 9 decembre 1854.
Alloc. Multis gravibusque, 17 decembre 1860.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
XX. La potestà ecclesiastica non deve esercitare la sua autorità senza licenza e consentimento del governo civile.
Alloc. Meminit unusquisque, 30 settembre 1861.
XXI. La Chiesa non ha potestà di definire dommaticamente che la religione della Chiesa cattolica sia l’unica vera religione.
Lett. apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
XXII. L’obbligazione che al tutto vincola i maestri e gli scrittori cattolici, si riduce a quelle cose solamente che dall’infallibile giudizio della Chiesa sono proposte a credersi da tutti siccome dommi di fede.
Lett. all’Arciv. di Frisinga, Tuas libenter, 21 decembre 1863.
XXIII. I Romani Pontefici e i Concilii ecumenici si scostarono dai limiti della loro potestà, usurparono i diritti dei Principi, ed anche in definire cose di fede e di costumi errarono.
Lett. apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
XXIV. La Chiesa non ha potestà di usare la forza, nè alcuna temporale potestà diretta o indiretta.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
XXV. Oltre alla potestà inerente all’episcopato, ve n’è un’altra temporale che è stata ad esso conceduta o espressamente o tacitamente dal civile impero il quale per conseguenza la può rivocare quando vuole.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
XXVI. La Chiesa non ha connaturale e legittimo dritto di acquistare e di possedere.
Alloc. Nunquam fore, 15 decembre 1856.
Lett. encicl. Incredibili, 17 settembre 1863.
XXVII. I sacri ministri della Chiesa ed il Romano Pontefice debbono essere affatto esclusi da ogni cura e da ogni dominio di cose temporali.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
XXVIII. Ai Vescovi, senza il permesso del Governo, non è lecito nè anche di promulgare le Lettere apostoliche.
Alloc. Nunquam fore, 15 decembre 1856.
XXIX. Le grazie concedute dal Romano Pontefice si debbono stimare irrite, quando non sono state implorate per mezzo del Governo.
Alloc. Nunquam fore, 15 decembre 1856.
XXX. L’immunità della Chiesa e delle persone ecclesiastiche ebbe origine dal dritto civile.
Lett. apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
XXXI. Il foro ecclesiastico per le cause temporali dei chierici, sieno esse civili o criminali, dev’essere assolutamente abolito, anche senza consultare la Sede apostolica, e non ostante che essa reclami.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
Alloc. Nunquam fore, 15 decembre 1856.
XXXII. Senza violazione alcuna del natural diritto e della equità, si può abrogare l’immunità personale in forza della quale i chierici sono esenti dalla leva e dall’esercizio della milizia; e tale abrogazione è voluta dal civile progresso, specialmente in quella società, le cui costituzioni sono secondo la forma di più libero governo.
Lett. al Vescovo di Monreale Singularis Nobisque, 29 settembre 1864.
XXXIII. Non appartiene unicamente all’ecclesiastica potestà di giurisdizione, qual dritto proprio e connaturale, il dirigere l’insegnamento della teologia.
Lett. all’Arcivescovo di Frisinga Tuas libenter, 21 decembre 1863.
XXXIV. La dottrina di coloro che paragonano il Romano Pontefice ad un Principe libero che esercita la sua azione in tutta la Chiesa, è una dottrina la quale prevalse nel medio evo.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
XXXV. Niente divieta che per sentenza di qualche Concilio generale, o per opera di tutti i popoli, il Sommo Pontificato si trasferisca dal Vescovo Romano e da Roma ad un altro Vescovo e ad un’altra città.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
XXXVI. La definizione di un Concilio nazionale non si può sottoporre a verun esame, e la civile amministrazione può tenere cotali definizioni come norma irretrattabile di operare.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
XXXVII. Si possono istituire Chiese nazionali non soggette all’autorità del Romano Pontefice, e del tutto separate.
Alloc. Multis gravibusque, 17 decembre 1860.
Alloc. Iamdudum cernimus, 18 marzo 1861.
XXXVIII. Gli arbitrii eccessivi dei Romani Pontefici contribuirono alla divisione della Chiesa in quella di Oriente e in quella di Occidente.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
§ VI.
Errori che riguardano la Società civile,
considerata così in sè, come nelle sue relazioni colla Chiesa.
XXXIX. Lo Stato, come quello che è origine e fonte di tutti i diritti, gode un certo suo diritto del tutto illimitato.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
XL. La dottrina della Chiesa cattolica è contraria al bene ed agl’interessi della umana società.
Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849.
XLI. Al potere civile, anche esercitato da signore infedele compete la potestà indiretta negativa sopra le cose sacre; e però gli appartiene non solo il diritto, che dicono dell'exequatur, ma ancora il diritto, che dicono di appello per abuso.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
XLII. Nella collisione delle leggi dell’una e dell’altra potestà, deve prevalere il diritto civile.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
XLIII. Il potere laicale ha l’autorità di rescindere, di dichiarare e far nulli i solenni trattati (che diconsi Concordati) pattuiti colla Sede apostolica intorno all’uso dei diritti appartenenti alla immunità ecclesiastica; e ciò senza il consenso della stessa Sede apostolica, ed anzi a malgrado dei suoi reclami.
Alloc. In consistoriali, 1 novembre 1850.
Alloc. Multis gravibusque, 17 decembre 1860.
XLIV. L’autorità civile può mescolarsi nelle cose che riguardano la religione, i costumi ed il governo spirituale. Quindi può giudicare delle istruzioni che i Pastori della Chiesa sogliono dare, per dirigere, conforme al loro ufficio, le coscienze, ed anzi può fare regolamenti intorno all’amministrazione dei sagramenti, ed alle disposizioni necessarie per riceverli.
Alloc. In consistoriali, 1 novembre 1850.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
XLV. L’intero regolamento delle pubbliche scuole nelle quali è istituita la gioventù di alcuno Stato, eccettuati solamente sotto qualche riguardo i Seminarii vescovili, può e dev’essere attribuito all’autorità civile; e talmente attribuito, che non si riconosca in nessun’altra autorità il diritto d’intromettersi nella disciplina delle scuole, nel reggimento degli studii, nella collazione dei gradi, nella scelta e nell’approvazione dei maestri.
Alloc. In consistoriali, 1 novembre 1850.
Alloc. Quibus luctuosissimis, 5 settembre 1851.
XLVI. Anzi negli stessi Seminarii de’ chierici, il metodo da adoperare negli studii è soggetto alla civile autorità.
Alloc. Nunquam fore, 15 decembre 1856.
XLVII. L’ottima forma della civile società esige che le scuole popolari, quelle cioè che sono aperte a tutti i fanciulli di qualsivoglia classe del popolo, e generalmente gl’istituti pubblici, che sono destinati all’insegnamento delle lettere e delle più gravi discipline, nonchè all’educazione della gioventù, si esimano da ogni autorità, forza moderatrice ed ingerenza della Chiesa e si sottomettano al pieno arbitrio dell’autorità civile e politica, secondo il placito degli imperanti e la norma delle comuni opinioni del secolo.
Lett. all’Arciv. di Friburgo, Quum non sine, 14 luglio 1864.
XLVIII. Può approvarsi dai cattolici quella maniera dì educare la gioventù, la quale sia disgiunta dalla fede cattolica e dall’autorità della Chiesa e miri solamente alla scienza delle cose naturali, e soltanto o per lo meno primieramente ai fini della vita sociale.
Lett. all’Arcivescovo di Friburgo Quum non sine, 14 luglio 1864.
IL. La civile autorità può impedire i Vescovi ed i popoli fedeli dal comunicare liberamente e mutuamente col Romano Pontefice.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
L. L’autorità laicale ha di per sè il diritto di presentare i Vescovi e può esigere da loro che incomincino ad amministrare le diocesi prima che essi ricevano dalla santa Sede la istituzione canonica e le Lettere apostoliche.
Alloc. Nunquam fore, 15 decembre 1856.
LI. Anzi il Governo laicale ha diritto di deporre i Vescovi dall’esercizio del ministero pastorale, nè è tenuto obbedire al Romano Pontefice nelle cose che spettano alla istituzione de’ vescovati e de’ Vescovi.
Lettere apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
LII. Il Governo può di suo diritto mutare la età prescritta dalla Chiesa in ordine alla professione religiosa tanto delle donne quanto degli uomini, ed ingiungere alle Famiglie Religiose di non ammettere alcuno ai voti solenni senza suo permesso.
Alloc. Nunquam fore, 15 decembre 1856.
LIII. Sono da abrogarsi le leggi che appartengono alla difesa dello stato delle Famiglie Religiose, e de’ loro diritti e doveri; anzi il Governo civile può dare aiuto a tutti quelli i quali vogliono disertare la maniera di vita religiosa intrapresa, e rompere i voti solenni; e parimente può spegnere del tutto le stesse Famiglie Religiose come anche le Chiese collegiate ed i beneficii semplici, ancorachè di giuspadronato, e sommettere ed appropriare i loro beni e le rendite all’amministrazione ed all’arbitrio della civile podestà.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
Alloc. Probe memineritis, 22 gennaio 1855.
Alloc. Cum saepe, 26 luglio 1855.
LIV. I Re ed i Principi non solamente sono esenti dalla giurisdizione della Chiesa, ma eziandio nello sciogliere le questioni di giurisdizione sono superiori alla Chiesa.
Lettere apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
LV. È da separarsi la Chiesa dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
§ VII.
Errori circa la morale naturale e cristiana.
LVI. Le leggi dei costumi non abbisognano della sanzione divina, nè fa di mestieri che le leggi umane siano conformi al diritto di natura, o ricevano da Dio la forza di obbligare.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
LVII. La scienza delle cose filosofiche e dei costumi, ed anche le leggi civili possono e debbono declinare dall’autorità divina ed ecclesiastica.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
LVIII. Non sono da riconoscere altre forze da quelle in fuori che son poste nella materia; ed ogni disciplina ed onestà di costumi devesi riporre nell’accumulare ed accrescere per qualsivoglia maniera la ricchezza e nel soddisfare le passioni.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
Encicl. Quanto conficiamur, 10 agosto 1863.
LIX. Il diritto consiste nel fatto materiale, e tutti i doveri degli uomini sono un nome vano e tutti i fatti umani hanno forza di diritto.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
LX. L’autorità non è altro che la somma del numero e delle forze materiali.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
LXI. La fortunata ingiustizia del fatto non apporta alcun detrimento alla santità del diritto.
Alloc. Iamdudum cernimus, 18 marzo 1861.
LXII. È da proclamarsi e da osservarsi il principio che dicono del non intervento.
Alloc. Novos et ante, 28 settembre 1860.
LXIII. Il negare obbedienza anzi il ribellare a Principi legittimi è cosa lecita.
Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Quisque vestrum, 4 ottobre 1847.
Encicl. Noscitis et Nobiscum, 8 decembre 1849.
Lett. apost. Cum catholica, 26 marzo 1860.
LXIV. E la violazione di qualunque santissimo giuramento, e qualsivoglia azione scellerata e malvagia ripugnante alla legge eterna, non solo non è da riprovare, ma eziandio da tenersi del tutto lecita e da lodarsi sommamente, quando si commetta per amore della patria.
Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849.
§ VIII.
Errori circa il matrimonio cristiano.
LXV. Non si può in niun modo tollerare che Cristo abbia elevato il matrimonio alla dignità di sacramento.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
LXVI. Il sacramento del matrimonio non è che una cosa accessoria al contratto e da questo separabile, e lo stesso sacramento è riposto nella sola benedizione nuziale.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
LXVII. Il vincolo del matrimonio non è indissolubile per diritto di natura, ed in varii casi può sancirsi per la civile autorità il divorzio propriamente detto.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
LXVIII. La Chiesa non ha la podestà d’introdurre impedimenti dirimenti il matrimonio, ma tale potestà compete all’autorità civile, dalla quale debbono togliersi gli impedimenti esistenti.
Lett. apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
LXIX. La Chiesa incominciò ad introdurre gl’impedimenti dirimenti nei secoli posteriori, non per diritto proprio, ma usando di quello che ricevette dalla civile potestà.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
LXX. I canoni tridentini, nei quali s’infligge scomunica a coloro che osano negare alla Chiesa la facoltà di stabilire gl’impedimenti dirimenti, o non sono dommatici, ovvero si debbono intendere dell’anzidetta potestà ricevuta.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
LXXI. La forma del Concilio Tridentino non obbliga sotto pena di nullità in quei luoghi ove la legge civile prescriva un’altra forma, ordinando che il matrimonio celebrato con questa nuova forma sia valido.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
LXXII. Bonifacio VIII pel primo asserì che il voto di castità emesso nella ordinazione fa nullo il matrimonio.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
LXXIII. In virtù del contratto meramente civile, può aver luogo tra i cristiani il vero matrimonio: ed è falso che o il contratto di matrimonio tra i cristiani è sempre sacramento, ovvero che il contratto è nullo se si esclude il sacramento.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
Lettera di S. S. Pio IX al Re di Sardegna, 9 settembre 1852.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
Alloc. Multis gravibusque, 17 decembre 1860.
LXXIV. Le cause matrimoniali e gli sponsali di loro natura appartengono al foro civile.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
N. B. Si possono qui ridurre due altri errori, dell’abolizione del celibato dei chierici e della preferenza dello stato di matrimonio allo stato di verginità. Sono condannati, il primo nell’Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846; il secondo nelle Lett. apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
§ IX.
Errori intorno al civile principato del Romano Pontefice.
LXXV. Intorno alla compatibilità del regno temporale col regno spirituale disputano tra loro i figliuoli della cristiana e cattolica Chiesa.
Lett. apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.
LXXVI. L’abolizione del civile impero, che la Sede apostolica possiede, gioverebbe moltissimo alla libertà ed alla prosperità della Chiesa.
Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849.
N. B. Oltre di questi errori censurati esplicitamente, molti altri implicitamente vengono riprovati in virtù della dottrina già proposta e decisa intorno al principato civile del Romano Pontefice; la quale dottrina tutti i cattolici sono obbligati di tenere fermissimamente. Essa apertamente s’insegna nell’Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nell’Alloc. Si semper antea, 20 maggio 1850; nelle Lett. apost. Cum catholica Ecclesia, 26 marzo 1860; nell’Alloc. Novos, 28 settembre 1860; nell’Alloc. Iamdudum 18 marzo 1861; e nell’Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
§ X.
Errori che si riferiscono all’odierno liberalismo.
LXXVII. In questa nostra età non conviene più che la religione cattolica si ritenga come l’unica religione dello Stato, escluse tutte le altre quali che si vogliano.
Alloc. Nemo vestrum, 26 luglio 1855.
LXXVIII. E però lodevolmente in alcuni paesi cattolici si è stabilito per legge che a quelli, i quali vi si recano, sia lecito di aver pubblico esercizio del culto proprio di ciascuno.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
LXXIX. Per fermo è falso che la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l’ampia facoltà a tutti conceduta di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero alla scoperta ed in pubblico, conduca a corrompere più facilmente i costumi e gli animi de’ popoli, e a diffondere la peste dell’indifferentismo.
Alloc. Nunquam fore, 15 dicembre 1856.
LXXX. Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e colla moderna civiltà.
Alloc. Iamdudum cernimus, 18 marzo 1861.
[Fonte:
Enciclica di Pio IX Pontefice Massimo data addì VIII decembre MDCCCLXIV del suo pontificato l’anno XIX ed elenco dei principali errori dell'età nostra, Torino 1865]