venerdì 7 marzo 2014

Niccolò V contro i Turchi e per l'unione di Costantinopoli con Roma - Ludwig von PASTOR.

tratto da: Ludwig von PASTOR, Storia dei Papi. Dalla fine del medio evo, Desclée, Roma 1942, vol. 1 (1305-1458), p. 592-596.


Niccolò V
Papa Nicolò V.

   Hunyady e Skanderbeg comunemente stanno insieme nel catalogo degli eroi, che nel secolo XV opposero rinomata resistenza al nemico ereditario della cristianità. Ricorderemo ancor più in particolare lo Skanderbeg quando tratteremo di Calisto III; qui sia semplicemente notato, che Niccolò V cercò di aiutare in tutti i modi anche questo «campione e scudo della cristianità contro i Turchi», il quale nel 1449 ottenne un importante successo contro gli infedeli .

Con questo non fu però esaurita l'azione del papa contro i Turchi. Colla massima attenzione egli seguì le singole fasi della guerra attorno a Rodi e in varia maniera si sforzò di venire in aiuto dei Giovanniti nella loro eroica resistenza . Similmente si diede pensiero della conservazione di Cipro, isola cotanto importante per la sua posizione e che nel 1451 sembrava seriamente minacciata dalla potenza turca. Il papa mandò forti invocazioni d'aiuto non solo all'imperatore, ma anche agli altri principi della cristianità, alla Francia, Polonia, Svezia, Danimarca, Norvegia, Inghilterra, Scozia, Castiglia e Leon, Aragona, Portogallo e Navarra, come pure ai singoli Stati d'Italia, concedendo insieme un'indulgenza per tre anni. Per rifare le mura della fortezza di Nicosia Niccolò V mise più tardi a disposizione del re di Cipro la metà dei denari dell'indulgenza provenienti dal regno di Francia . Il papa lavorò zelantemente anche per sostenere le lotte degli Spagnuoli e Portoghesi contro i Mori .

Quanto abbiamo finora comunicato dovrebbe bastare per provare, che si è ingiusti con Niccolò V quando lo si incolpa di madornale trascuratezza della guerra contro gli infedeli . È falsa parimenti l'affermazione, che il papa abbia fatto il meno possibile per la salvezza del popolo greco . È vero, che di fronte ai Greci Niccolò V faceva dipendere la concessione dell'aiuto dalla esecuzione dei decreti fiorentini, ma come papa era suo dovere porre questa condizione, alla stessa guisa che d'altra parte egli dovette lottare contro l'allargarsi della propaganda scismatico-greca .

Le aspettative per l'attuazione dell'unione nell'impero greco erano purtroppo molto sfavorevoli. Contro l'opposizione del popolo fanatizzato, anche il nuovo imperatore Costantino, ultimo dei Paleologi, nulla potè stabilire: nel 1451 egli mandò uno speciale legato, Andronico Bryennios, a Roma allo scopo di quietare papa Niccolò V per la non eseguita unione .

Il papa rispose con energia, efficacia e grande franchezza in una lunga lettera, che porta la data dell'11 ottobre 1451 .

«Si tratta» vi dichiarava, Niccolò V «d'uno dei principali articoli della fede cristiana, dell'unità della Chiesa. Ora una Chiesa una non è concepibile se non esiste un solo capo visibile, che rappresenta il posto di quell'eterno pontefice, che ha il suo trono nel cielo e se tutti i membri non obbediscono a quest'unico capo. Ove comandano due padroni, non v'ha impero unito. Fuori dell'unità ecclesiastica non si dà salute: chi non era nell'arca di Noè, andò perduto nel diluvio. Gli scismi sono sempre stati puniti più rigorosamente che tutti gli altri delitti. Core, Dathan e Abiron, che vollero scindere il popolo di Dio, sono stati puniti molto più terribilmente, che coloro che si macchiarono d'idolatria.

L'impero greco stesso ne è una prova vivente. Un tempo sì ricca d'uomini santi e dotti, questa magnifica nazione è diventata la più miserabile fra tutte; quasi tutta la Grecia è caduta nelle mani dei nemici della Croce. Quale sarà mai la ragione di questo grave giudizio di Dio? Per due delitti fu già un tempo gravemente punito da Dio il suo popolo eletto. A causa dell'idolatria esso fu condotto nella cattività babilonica, per il deicidio, compiuto nel nostro Redentore Gesù Cristo, tutto il popolo fu dato nelle mani dei Romani, distrutta la città di Gerusalemme e fino ad ora l'intiera nazione vive in esilio dispersa per tutto il mondo. Ora noi sappiamo, che, da quando hanno abbracciata la fede cattolica, i Greci nè hanno adorato idoli, nè commesso un deicidio per essere dall'ira di Dio gettati nella servitù dei Turchi. Un altro delitto dunque deve essere a provocare la giustizia divina ed esso è lo scisma, che cominciò sotto Fozio e da allora ha continuato per cinque secoli. Pieni di dolore e col cuore oppresso solleviamo questa accusa, che più volentieri vorremmo seppellita sotto eterno silenzio, ma bisogna scoprire la ferita se la si vuol sanare.

Son quasi cinque secoli che Satana, autore d'ogni male, ma in ispecie delle discordie, ha condotto la chiesa di Costantinopoli alla disobbedienza verso il vescovo di Roma, successore di Pietro e vicario di Gesù Cristo Nostro Signore. Innumerevoli trattative sono state condotte nel frattempo, si sono celebrati ben molti concilii, si mandarono e di qua e di là ambascerie senza numero, fino a che da ultimo, accompagnati da molti prelati e grandi, l'imperatore Giovanni e Giuseppe patriarca di Costantinopoli convennero a Firenze con papa Eugenio IV, i cardinali della Chiesa romana ed una ragguardevole quantità di prelati occidentali allo scopo di togliere colla grazia di Dio lo scisma e di concludere l'unione.

Queste trattive hanno avuto luogo sotto gli occhi di tutti e il decreto d'unione, redatto in greco e latino e sottoscritto di propria mano da tutti presenti, è stato promulgato a tutto il mondo. Ne è testimone la Spagna coi suoi quattro regni cristiani di Castiglia, Aragona, Portogallo e Navarra; ne son testi l'Inghilterra, l'Irlanda e la Scozia, le grandi isole giacenti fuor del continente; ne è teste la Germania abitata da numerose stirpi ed estendentesi su varie terre; ne è teste il regno dei Danesi, Norvegesi e Svedesi posto all'estremo settentrione; teste il celebre regno di Polonia, l'Ungheria e la Pannonia; teste l'intiera Gallia, che fra Spagna e Germania si stende dall'Oceano occidentale al Mediterraneo. Tutti costoro hanno esemplari del decreto d'unione, secondo i quali quell'inveterato scisma è finalmente tolto conforme alla testimonianza dell'imperatore greco Giovanni Paleologo, del patriarca Giuseppe e di tutti gli altri, che dalla Grecia vennero pel sinodo a Firenze e corroborarono l'unione colla loro firma.

Ed ora sono già passati tanti anni, mentre presso i Greci il decreto d'unione rimane inosservato: anzi non si scorge neanche una speranza, che si sembri disposti ad accoglierlo, si differisce l'affare di giorno in giorno e si presentano sempre le medesime scuse. I Greci non crederanno, che il papa e l'intiera Chiesa occidentale abbiano perduto l'intelletto per non comprendere qual senso posseggano le continue scuse e dilazioni. Essi lo veggono bene, ma lo sopportano dietro l'esempio dell'eterno pastore supremo, che al fico infecondo lasciò ancora del tempo per recar frutti.

Sappia quindi la tua imperiale altezza» prosegue Niccolò V, «che anche noi aspetteremo fino a che questa nostra lettera abbia trovato obbedienza in te, e se coi tuoi grandi e il tuo popolo prenderai miglior consiglio e accoglierai il decreto d'unione, tu troverai noi, i cardinali e l'intiera Chiesa occidentale ognora pronti per te e pel tuo bene. Ma se col tuo popolo ti rifiuti, allora voi ci costringereste a fare ciò, che è egualmente necessario pel vostro bene e pel nostro onore». Indi il papa aggiunge come condizioni per la pace, che l'imperatore richiami e rimetta in tutti i suoi onori il patriarca Gregorio, che sia accolto nei dittici il nome del papa e che in tutte le chiese greche si preghi pel medesimo. Se alcuni avranno dubbio su ciò, che è contenuto nel decreto d'unione, l'imperatore li mandi a Roma, ove sarà provveduto per togliere questi dubbii e trattare onorevolmente le persone in questione .

La lettera pontificia dell'11 ottobre 1451 è interessante anche perchè da essa risulta, che a Roma s'era capito come il mezzo tante volte prima tentato di istituire pubbliche dispute a Costantinopoli, non poteva condurre mai alla mèta, perchè coll'odio inconciliabile del popolo contro i Latini i nemici dell'unione potevano contare ognora su approvazione e tutela e perciò mettersi fuori con tanto maggior arditezza e asprezza mentre i bene animati dovevano temere la sollevazione del popolo e non potevano pensare a concessione nel senso dell'unione .