Proponiamo la traduzione integrale in italiano della seconda parte (qua la prima) dell’articolo Inflation and the Fall of the Roman Empire, tratto dal Ludwig von Mises Institute, scritto da Joseph R. Peden, saggista ed autore di varie pubblicazioni, ha insegnato storia al Baruch College of the City University of New York. Si tratta di una trascrizione della lezione da lui tenuta al Seminar on Money and Government a Houston in Texas, il 27 Ottobre 1984. La registrazione audio originale è qua reperibile. (Traduzione di Luca Fusari)
Il successivo imperatore che interferì con la moneta in modo significativo fu Costantino, il primo imperatore cristiano di Roma. Nel 312, in prossimità dell’emissione dell’Editto di Tolleranza per il Cristianesimo, Costantino emise una nuova moneta d’oro che chiamò con un nuovo nome: il solido (solidus) d’oro massiccio. Furono coniate 72 monete per libbra, sicché fu degradato più delle monete di Diocleziano.
La questione e le perplessità che gli storici si sono posti è su dove egli abbia preso tutto quell’oro; in realtà non è un vero e proprio rompicapo una volta che si inizia a guardare alla legislazione che ha avuto luogo. Prima di tutto Costantino introdusse due nuove imposte. La tassa sui possedimenti dei senatori fu una novità, poiché i senatori erano generalmente liberi dalla maggior parte delle imposte sulla loro terra. Inoltre stabilì una tassa sul capitale dei mercanti; non sui loro guadagni ma sul loro capitale. Questa venne riscossa ogni cinque anni e doveva essere versata in oro.
Inoltre richiese che gli affitti delle proprietà imperiali, che fossero affittati ad inquilini, dovessero essere pagati solo in oro. Prese le riserve di lingotti del suo ex socio Licinio, il quale li aveva a sua volta estorti con la forza dalle città orientali dell’Impero. In altre parole i lingotti d’oro o d’argento del tesoro delle città furono semplicemente requisiti da Licinio; quest’oro passò poi nelle mani di Costantino dopo essersi sbarazzato di Licinio in una guerra civile.
Stiamo anche dicendo che Costantino spogliò i templi pagani dei loro tesori. Questo lo fece piuttosto tardi durante il suo regno, a quanto pare inizialmente aveva ancora un po’ di paura nel far arrabbiare gli dei di Roma. Quando però la cristianità divenne più presente, sentì di poter derubare i templi pagani con maggior facilità. La riforma di Costantino, in un certo senso, iniziò l’inversione del processo: la coniazione della moneta d’oro fu sufficientemente estesa che cominciò a prendere piede e a circolare più liberamente.
Tuttavia la coniazione della moneta d’argento fallì, quel che era peggio il governo centrale non cercò di controllare il flusso di moneta a gettone coniata in questo periodo. Il risultato di tutto questo fu che la monetazione venne coniata non solo dalle zecche imperiali ma anche dalle zecche delle città provinciali (in rosso le aree di coniazione provinciali, n.d.t.).
In altre parole, se una città non poteva pagare i suoi costi e il pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti, semplicemente batteva un po’ di moneta e la emetteva. Entro la fine del III° secolo si cominciò ad avere in forma massiccia ciò che i numismatici chiamano moneta contraffatta, anche se bisognerebbe chiamarla credito odierno. La gente aveva bisogno di spiccioli e semplicemente andava a produrseli, il che ovviamente significò che la quantità di moneta in circolazione fu incontrollata e sempre più massiccia.
Una delle cose che accaddero nel corso di questa inflazione del III° secolo fu la scoperta da parte del governo che, quando pagava le sue truppe con la monetazione coniata a gettone o anche con monete d’argento svalutate, i prezzi aumentavano subito. Ogni volta che il valore d’argento del denario scese i prezzi ovviamente aumentarono, e il risultato di tutto questo fu che il governo, al fine di cercare di proteggere i suoi funzionari e i suoi soldati dagli effetti dell’inflazione, cominciò ad esigere il pagamento delle tasse in natura e con servigi anziché in moneta. Liquidarono la moneta ripudiando i propri problemi e non accettandola per la riscossione delle imposte.
Con la riforma di Costantino questa situazione cambiò un po’ più lentamente ma inesorabilmente, il governo cominciò ad allontanarsi dalla riscossione delle imposte e dal pagamento dei salari in natura privilegiando invece l’oro. Nel lungo periodo questo significò che un gold standard fu rafforzato e l’oro rimase la vera moneta dell’Impero Romano.
Tuttavia l’inflazione per le masse del popolo non finì. In altre parole, l’oro fu una copertura contro l’inflazione per chi l’aveva, e questi furono principalmente le truppe e i funzionari pubblici. I contribuenti dovettero acquistare queste monete d’oro per pagare le tasse e così, se erano abbastanza ricchi, potevano permettersi di acquistare queste monete d’oro le quali erano sempre più costose in termini di denaro gettone. Se si fosse stati più poveri semplicemente non si poteva pagare le tasse, e questo significava la perdita delle terre e in un modo o nell’altro si finiva per diventare dei delinquenti.
Sentiamo costanti riferimenti su persone che abbandonarono la loro terra scomparendo. E’ un dato di fatto nel III° secolo e fu un problema costante a Roma: tutte le tipologie di persone stavano cercando di sfuggire alle maggiori imposte che necessitavano i militari. L’esercito stesso crebbe, dal tempo di Augusto quando era di circa 250 mila soldati, agli oltre 600 mila uomini del tempo di Diocleziano. L’esercito raddoppiò nel corso di questa spirale inflazionistica, e ovviamente contribuì notevolmente all’inflazione.
Sotto di loro vi erano quattro prefetture pretoriane, delle unità amministrative regionali con il loro personale e i loro bilanci. Queste quattro prefetture furono poi divise in 12 diocesi, ogni diocesi aveva del personale amministrativo e così via. Sotto i governanti diocesani, i vicari della diocesi, abbiamo le province. Al tempo di Augusto c’erano circa 20 province, trecento anni dopo, senza alcun aumento sostanziale del territorio, ci furono oltre un centinaio di province. Avevano semplicemente cominciato a dividere e suddividere le province allo scopo di mantenere il controllo militare all’interno di queste regioni. In altre parole, il costo amministrativo e di polizia dello Stato romano diventò sempre più enorme.
Tutti questi costi sono alcuni dei motivi per cui l’inflazione ha avuto luogo, ne dirò altri in un attimo. Per darvi un’idea della situazione dopo la riforma aurea di Costantino vorrei solo brevemente aggiungere le cifre di quanto costò in termini di monete d’argento, gettoni, denari, e in libbra d’oro. Al tempo di Diocleziano, nell’anno 301 d.C, egli fissò il prezzo a 50 mila denari per una libbra d’oro. Dieci anni dopo salì a 120 mila. Nel 324 d.C., 23 anni dopo che fu fissata a 50 mila, arrivò a 300 mila, e nel 337 d.C., anno della morte di Costantino, una libbra d’oro valeva 20 milioni di denari.
Tra l’altro, così come a tutti è familiare la moneta tedesca degli anni ’20 del XX° secolo e la sua estesa stampa, la monetazione romana aveva anche bolli e sovra-timbri sul metallo, indicanti multipli di valore. A un certo punto Diocleziano ebbe una meravigliosa idea: invece di emettere una moneta unica ideò un metodo per gestire l’inflazione. Prese delle monete in bronzo e le mise in un sacchetto di pelle e lo chiamò ‘follaro’ (‘follis’), la gente cominciò a passarsi questi sacchetti tra loro come valore.
Credo che fosse l’equivalente romano di quei cestini di carta che vediamo nelle immagini della Germania degli anni ’20. E’ interessante notare che, entro dieci anni o giù di lì dalla sua adozione, la parola ‘follaro’ indicante questo sacchetto di monete ormai indicava le monete. Non poterono nemmeno tenere i sacchetti stabili anche loro si erano inflazionati.
Con tutta questa inflazione, vi è una cosa interessante che penso debba esserci di grande conforto: gli storici dei prezzi dell’Impero romano giunsero alla conclusione che nonostante tutta questa inflazione (o forse dovremmo dire a causa di tutta questa inflazione) il prezzo dell’oro, in termini di potere d’acquisto, rimase stabile dal I° al IV° secolo. In altre parole l’oro rimase in termini di potere d’acquisto un valore stabile, mentre tutto questo conio diventò sempre più inutile.
Continua…