martedì 25 marzo 2014

La Civiltà Cattolica - R.P. G. Oreglia: Senso cabalistico e massonico della stella a cinque e a sei punte.

La Civiltà Cattolica anno XXXI, serie XI, vol. I, Firenze 1880 pag. 614-621.

R.P. Giuseppe Oreglia di Santo Stefano d.C.d.G.

Panteismo massonico (IV)

CRONACA CONTEMPORANEA
Firenze, 26 febbraio 1880.

I.

ROMA (Nostra corrispondenza) — Si espone il vero senso cabalistico e massonico della Stella d'Italia di Cinque Punte, cioè del Pentagono: e della Stella di Sei punte, cioè dell'Esagono: e si dimostra che questo simboleggia il Panteismo, e quello la potenza magica.
Poichè la Stella di cinque punte, detta ora la Stella d'Italia, non è, come vedemmo, che l'étoile flamboyante delle logge massoniche, ossia l'antico Pentalfa o Pentagramma dei Cabalisti e dei Rosacroce detti anche Illuminati; non è maraviglia che essa sia anche stata dal deputato toscano signor Toscanelli chiamata, in pubblico parlamento, qui a Roma, lo Stellone, in mezzo all'ilarità piuttosto ingenua di tutta quell'illuminata camera. Stellone, infatti, nel Vocabolario italiano della lingua parlata è definito per quel calore grandissimo di [e]state che a chi lo prova fa dire: A questo stellone non esco di casa davvero: oppure: A questi stelloni sul campo ci si sta male. [Stellone = sole ardente d'estate. N.d.R.] Il che di fatto già sperimentarono a loro spese tutti quei cabalisti di vario nome che, dal primo al diciannovesimo secolo della Chiesa, stornatisi dalla vera Stella dei Magi, dietro la falsa dei maghi, trovarono bensì stalle, ovvero sia logge, abbondantemente fornite di asini e di buoi massoni, ma non la Vera Luce. Tanto che, grazie a loro, illuminismo ed illuminato sono ora, presso tutti, sinonimi sia di ciarlatanismo e di ciarlataneria e sia, ancora, di pazzia e di pazzo da catena. Secondo che, del resto, come già altra volta notammo, è accaduto a tutti quei per sè onorati e bei nomi, sotto i quali, come sotto penne di pavone e pelli di leone, questi corbacchi e questi orecchiuti tentarono di mascherarsi ut insueta voce terrerent feras; et gloriari libeat alienis bonis [*]. Quando, infatti, costoro presero, per modo di esempio, a chiamarsi Cabalisti e Maghi, Cabala e Magia (che prima non significavano altro che Tradizione e Sapienza) presero subito a non significare più altro che mariuoleria e stregoneria. E quando, non volendo passare per mariuoli e stregoni, si mutarono il nome e presero a chiamarsi Filosofi, come poco prima si chiamavano Riformatori, e poco dopo si chiamarono Liberali, subito questi bei nomi assunsero naturalmente il significato basso e quasi ridicolo di empia ignoranza, di turpe corruzione e di illiberalissima tirannia. Non parliamo poi della Franco-massoneria, che prima non significava altro che l'associazione in confraternita degli artisti da muro. Sotto la quale avendo voluto nascondersi (nel 1720 o in quel torno) i Rosacroce, subito quell'onesta parola di Franco-massoneria diventò disonesta, scomunicata e ridicola, come ora si vede. Ed ora vi è perfin pericolo che, come Filantropia significa ormai già Egoismo, Religione umanitaria religione bestiale, e Progresso nichilismo; così Civiltà diventi sinonimo di barbarie. Già, infatti, il Culturkampf, ossia il combattimento per la civiltà, si vede non essere, in pratica, altro che una privilegiata e premiata fabbrica di socialisti, nichilisti ed assassini. Ma speriamo che di chi guerreggia, giocando a chi vince perde, tali battaglie, non dovremo cantare col Berni: E si pentì d'esser laggiù disceso, Giusto in quel punto in cui si fu annegato: come si vede essere sempre accaduto a quanti, secondo gli arcani sensi del Pentalfa cabalistico, vendendo lucciole per lanterne, la stella dei maghi per la Stella dei Magi, la Vera Luce delle Logge per la Vera Luce di Cristo e la civiltà liberale per la civiltà cristiana, presero a cozzare direttamente, da Giuliano l'Apostata fino ai nostri giorni, con Gesù Cristo e colla sua Chiesa. Noi, però, fidenti nell'inconsapevolezza, per non dire nell'ignoranza di (vogliamo sperarlo) tutti coloro che si lasciarono menare, come si dice, pel naso dalla potenza occulta fino a indossarne e farne indossare pubblicamente la notissima livrea a mezza ormai l'Italia, noi, diciamo, non siamo però senza qualche timore che la Stella, come accennava il Deputato Toscanelli, non abbia davvero, come già finanziariamente, così poi anche altrimenti, a diventare, anche per l'Italia, secondo il suo uso magico, un vero Stellone maligno.
Ma qual è poi, in conclusione, quel senso arcano, magico e cabalistico che sempre ebbe, e mantiene ancora presentemente tra i viventi cabalisti e Rosacroce, la Stella di cinque punte, ovvero sia il Pentalfa? Finora, infatti, noi non abbiamo dimostrato se non se essere questa Stella d'Italia la Stella massonica: nè essere la Stella massonica altro che il Pentalfa dei Rosacroce e dei Cabalisti: nè trovarsi punto, nell'antichità classica ed autentica, nè anche un cenno, anteriore alla scuola alessandrina dei neopitagorici e neoplatonici, sopra verun senso arcano o simbolico attribuitosi mai prima di Cristo a quella figura pentagona. Il qual senso arcano fa la sua prima apparizione nell'opuscolo Pro Lapsu di Luciano e nelle note poste alle Nuvole di Aristofane da uno Scoliaste ossia commentatore posteriore a Luciano di cui cita le parole, non significanti altro, in sostanza, se non che presso Pitagora ed i Pitagorici il Pentalfa si suol prendere per un simbolo di salute. Sotto il qual testo molti commentatori tedeschi (Tomo I, pag. 729 e seg. dell'edizione di Amsterdam 1743) pongono tutta la loro erudizione pentagrammatica e cabalistica del mille e seicento, colle figurine non solamente del pentagono ma anche dell'esagono: di cui tace Luciano. Ma bisognava bene che dotti tedeschi (i quali, come si vede da quelle note, credevano al Pentalfa ed al suo pitagoreismo lucianesco) vi unissero anche l'esagono, sia per mostrare erudizione, sia perchè, in verita, secondo che or ora vedremo, l'esagono o Stella di sei punte è, cabalisticamente parlando, il principio ed il fondamento del pentagono o Stella di cinque punte. Non potrebbero, infatti, le Cinque Punte, secondo l'occulta filosofia di costoro, non solo significare ma perfino produrre la salute, se non ci fossero prima le Sei Punte che non solo significano ma producono la potenza magica. E chi sa se uno di questi giorni, crescendo e perfezionandosi l'occulta potenza, noi non vedremo sopra le spalle dell'esercito, dall'una parte l'esagono di potenza e dall'altra il pentagono di salute? In presenza di tale Labaro, qual parte d'Italia rimarrà irredenta?
Or dunque è da sapere che, secondo la concorde sentenza di tutti i Cabalisti e Rosacroce antichi, moderni e viventi, (del che recheremo altrove le prove autentiche: contentandoci, per ora, di dare un'idea così generale, della cosa) tutta l'Occulta Filosofia, la Vera Luce, la Sapienza, l'Illuminismo ed, in una parola, la scienza magica e l'Eritis sicut Dii di Lucifero loro comune ispiratore, si fonda esclusivamente sopra un atto di fede cieca, mediante il quale si potrà poi capire tutto e fare tutto, ma senza il quale non si riesce in Cabala che a pestar l'acqua nel mortaio. Quest'atto di fede cieca si ha da fare sopra la verità indimostrabile, benchè certissima, del domma fondamentale di tutto lo scibile. Il quale domma è rappresentato dall'esagono, cioè dalla Stella di sei punte, in questo modo:

 ✡

Come si vede, qui non vi sono che due Triangoli l'uno sovrapposto all'altro in senso inverso. E così infatti si fa vedere, nei soliti libri, ai profani, indegni di pur vedere cogli occhi il vero esagono detto anche Sigillo di Salomone. A quelli però che cominciano a mostrare buona disposizione per la scienza, si fa vedere il sigillo di Salomone coi triangoli intrecciati, in questa guisa:



La quale intrecciatura comincia naturalmente a far riflettere l'illuminando ed indurlo a domandare a sè medesimo se, mai, forse, per caso, quell'intreccio non volesse, per avventura, significare qualche cosa. Gli si spiega allora che esso significa l'influsso e la dipendenza dell'uno dei triangoli sopra l'altro; in guisa che, parendo due, non sono in verità che uno in forza dell'indissolubilità del loro nodo. Nel che consiste la Sapienza e lo Scibile. Infatti questi due triangoli così intrecciati quando si espongono, senza velo, si dipingono come due busti d'uomo che si tengono per mano in questo modo:



L'uno di essi, cioè quegli che sta sopra, rappresenta ciò che in verità è Dio e che i Cabalisti chiamano il Mondo grande ossia Macrocosmo. Il quale, come si vede nella figura, tiene a sè unito per le mani e quasi immedesimato il Mondo e l'uomo che i cabalisti chiamano il Mondo piccolo, cioè il Microcosmo. E qui giace nocco; cioè la clavicula di Salomone, la chiave di tutta la scienza, la vera illuminazione ed il vero illuminismo. Bisogna cioè persuadersi e credere non meno fermamente che ciecamente, che il mondo è fatto proprio così come è qui figurato secondo i cabalisti. Cioè che Quod est Superius (come essi scrivono nei loro esagoni) est sicut id quod est Inferius: e che, viceversa: Quod est inferius est sicut id quod est Superius. E vuol dire che Dio, l'Uomo ed il Mondo, cioè il Superius e l'Inferius, il Macrocosmo ed il Microcosmo non sono che una cosa sola. Chi comincia col credere questo ciecamente e fermamente potrà andar innanzi e progredire nell'illuminazione, nella scienza e nella Cabala. Chi non vi vuol credere, colpa sua. Egli resterà sempre un profano; ancorchè fosse un Ulisse Bacci, un Senatore Tamaio, o un Archeologo Fabretti illustri membri del Grand'Oriente di tutte le dozzine delle tacite e sì varie massonerie italiane, menfitiche, scozzesi, italiane, riformate, mengotiche, angheresche mascoline e femminine.
È chiaro, da sè, ad ognuno che, per poter affermare, non diciamo con sicurezza, ma con qualche probabilità, che quod est Superius est sicut id quod est Inferius, e viceversa: cioè che Dio Creatore è come il mondo creato, e viceversa: bisognerebbe, prima di tutto, avere veduto, almeno di sfuggita, i due termini di comparazione, che si asseriscono, non solo simili, ma uguali. E non avendo mai nessun Cabalista, nè anche osato affermare, finora, di conoscere a fondo nè anche questo Inferius (infatti nessun di loro non è mai riuscito ad inventare o scoprire nè anche i zolfanelli) potrebbe facilmente ogni adepto di Cabala e di Massoneria ricavarne la chiara conseguenza che molto meno possono affermare di aver visto o conosciuto il Superius. Se pure non lo vedono anche loro intuitivamente come certi filosofi antichi e moderni: dai quali, del resto, abborrono anche loro. A torto però: giacchè non per altra filosofia potranno mai ascendere al loro Superius e persuadere certi individui dell'Inferius, che il Panteismo non è il Panteismo. Tuttavia, benchè nè per propria nè per altrui adottata filosofia, possano, com'è chiaro, affermare con qualche ombra di fondamento il loro domma fondamentale, cioè che il Macrocosmo ossia Dio e il Microcosmo ossia la Natura e l'Uomo sono una cosa sola: siccome, però, non ammettendo questo, ruinerebbe come un castelluccio di carte tutta la cabala e tutta la dottrina arcana della massoneria, bisogna bene che l'ammettano come fondamento inconcusso, indiscutibile, protologico, Sigillo e Clavicola di Salomone Re sapientissimo; cioè, per dir meglio, ebreo ignorantissimo del medio evo, autore stregonico della Clavicola, come dice anche Paracelso al Capo 1° de Consecrationibus della sua Occulta philosophia alla pagina 483 del volume 2° delle sue opere stampate a Ginevra. Donde anche si ricava perchè la filosofia, così detta tedesca, uscita dal capo dei Frammassoni più illuminati sia ora sì ciecamente e sì fermamente creduta, non ostanti i suoi assurdi panteistici, non solo dai giovani tedeschi sempre istintivamente portati a quanto sa di oscuro, di arcano e di cabala, ma anche, ora, da tanti professori italiani, spregiatori delle patrie glorie e della vera luce italiana, i quali credono stoltamente di non essere più schiavi dei tedeschi e dei croati perchè non col corpo, ma obbediscono e servono loro ciecamente coll'intelletto.
Mirabili sono le cose, e di poema degnissime e di storia, che sopra la necessità di credere a questo domma fondamentale e panteistico dicono i Cabalisti. Noi le esporremo altra volta. Ma di provare la verità del loro domma, e d'informarci chi l'abbia loro rivelato non si curano. Bisogna crederlo prima. Poi si vedranno cose stupende. E la principalissima tra queste cose stupende è la Stella d'Italia di cinque punte: quella Stella che, secondo il Rituale del diciottesimo grado della Massoneria Scozzese, detto dei Rosa Croce, il Saggissimo (per esempio Frate Bacci, o il Senatore Tamaio) dee portare sul petto quando è vestito in cerimonia, e presiede in Loggia. Agli altri la mettono in capo, sulle spalle o sulla carta da lettere degli Alpinisti. Loro se la mettono sul cuore con in mezzo la lettera G: che vuol dire Gnosi e Generazione; ed attorno F. S. C., che vuol dire Fede, Speranza, Carità; ma soprattutto Fede; fede cieca; senza la quale non si fa niente, neanche in Cabala ed in Massoneria. Tanto è vero che Lucifero è Scimmia di Dio: e si diverte ad esigere dai suoi, per suo divertimento e loro danno, anche più di quello che Dio vuole dai suoi per sua gloria e loro bene.
Posto, dunque, come vedemmo, che uno di questi Illuminandi creda, prima di tutto, fermamente alla Stella di Sei Punte, all'Esagono, al Sigillo e Clavicola di Salomone ebreo, al Macrocosmo e Microcosmo, al Superius idem ac Inferius e viceversa (cioe, in sostanza, al Panteismo tedesco-cabalistico-rabbinico), succede allora la Stella di Cinque Punte. La quale, appunto, come già l'esagono, si rappresenta in secondo luogo intrecciata in questo modo:



affinchè, come già nell'esagono, si cominci a capire da questo che vi cova sotto qualche gran mistero e nodo da sbrogliare. Poi il nodo si sbroglia colla figura dell'uomo così disposta a modo di pentagono:




affinchè si veda, se non col fatto, almeno colla figura, che l'uomo, cioè il Microcosmo, è di fatto in comunicazione diretta col cielo, cioè col Macrocosmo. Se, infatti, Dio e l'uomo, non sono, colla natura, che una cosa sola, nulla di più facile all'uomo sapiente, mago, cabalista e versato nella scienza occulta, che di attirare a sè, coi varii mezzi stregonici, le virtù celesti, ed astrali del Macrocosmo, e con esse fare tutte le maraviglie che vuole: ed anche salvare un esercito dalle sconfitte, redimere l'irredento e conquistare il Tirolo, Trieste, Lissa ed il mondo.
Dai quali cenni (giacchè questo non è che un cenno di quanto si esporrà più chiaramente altrove) già si vede come necessariamente siano tra sè connesse tutte quelle varie arti occulte che si chiamano necromanzia, geomanzia, chiromanzia, idromanzia, astrologia, alchimia, e somiglianti. Non sono esse che varii nomi della stessa cosa diversamente adoperata. Posto, infatti, che l'uomo sia Dio, e che Dio non sia che l'uomo (come vuole l'Esagono); e che perciò (come vuole il Pentagono) l'uomo possa agire su Dio come Dio sull'uomo: secondo che l'uomo sapiente (cioè Mago) si servirà, o delle mani, o dell'acqua, o della terra, o degli spiriti, o dei fornelli, o degli astri, o di qualsiasi altra cosa che egli preferirà, farà maraviglie e sarà signore e padrone di questo e dell'altro mondo o colla chiromanzia, o colla idromanzia, o colla geomanzia, o colla necromanzia, (che ora si chiama spiritismo) o colla alchimia, o coll'astrologia, o con qualsiasi altro mezzo che egli vorrà. Il che espressamente insegnano i Cabalisti e i Rosacroce antichi e viventi: e si fa, anche presentemente, in mille guise empie e superstiziose, non solo nelle logge della Massoneria più occulta, ma anche nelle società e sale spiritistiche. Lo sappiamo che tuttociò, spesse volte, non è che ciarlataneria. Ma non è sempre e tutta ciarlataneria. Giacchè anche ora permette Dio, come lo permise già tante volte (e basta per saper questo credere all'antico ed al nuovo testamento, ed anzi, al solo antico), che gli spiriti maligni si servano della loro naturale potenza, per operare ciò che a questi ignoranti di illuminati sembra miracolo. Ma non è qui il luogo di ripetere ciò che più volte già scrivemmo altrove in queste pagine sopra lo Spiritismo.
Sopra le quali cose tutte, finora più accennate che svolte e dichiarate, torneremo, se a Dio piacerà, nelle seguenti corrispondenze. Poniamo, intanto, qui fine alla presente con un fresco e chiaro esempio del modo onde anche presentemente seguono i cabalisti ad inventare di pianta fatti, dottrine e libri apocrifi, sia per comodo delle loro cause anticattoliche, sia anche, soltanto, per divertirsi nel vederci seriamente occupati nel perditempo della loro confutazione. Si lesse infatti testè riferita, colla solita unanimità cagionata dalla parola d'ordine liberalesca, pressochè da tutti i giornali la grande scoperta in Gerusalemme di un manoscritto ebraico contenente una lettera autografa di San Pietro a tutti i popoli della terra. Nè vi mancava il solito corredo di un vecchio ebreo più che centenario, che l'aveva tenuto sempre segreto; della commozione di tutti i dotti per tale scoperta che già si prenunziava dover mettere in sodo chi sa quanti punti contrarii alla Chiesa Romana; dell'offerta perciò di forti somme per parte della società biblica desiderosa di possedere sì grande ed antibiblico tesoro. Cosicchè «la narrazione di questo fatto valse a destare in questi due ultimi mesi la curiosità dei bibliografi e dei giornalisti» secondo che scrisse da Roma all'Osservatore Romano dei 21 febbraio il Revmo Fr. Maurizio da Venezia, Minor Osservante, superiore generale per le missioni francescane sotto la data dei 17 febbraio 1880. È inutile di dire che tutto ciò fu sempre una favola; secondo che ora è dimostrato anche dalle dotte ed accurate ricerche fattesi perciò in Gerusalemme stessa dai sì benemeriti Padri Francescani colà residenti, non che dalla concorde attestazione degli stessi Rabbini e rappresentanti della società biblica di colà; secondo che è chiaramente riferito nella lettera citata. Ma vede ognuno che se, in tanta, come ora si dice, luce di tempi e diffidenza di critica, potè, anche presentemente, un sì goffo mentitore occupare di sè «per due mesi la curiosità dei bibliografi e dei giornalisti», assai più facilmente poterono fare molto di più i falsarii e i bugiardi ebrei e filosofi dei primi secoli della Chiesa ed i loro successori, cabalisti, rosacroce e frammassoni, per tutto il medio evo fino a noi. E diciamo fino a noi: giacchè non crediamo vi sia chi ignori la sì impudente, eppure sì lungamente creduta e sì dottamente discussa, impostura dei così detti scienziati francesi del secolo scorso scopritori dei famosi Zodiachi di Denderah in Egitto. I quali dimostravano scientificamente, come dicevano quegli scienziati, che il mondo e l'uomo erano ben più antichi di quello che insegnino le sacre scritture. Ma ora è noto anche ai meno eruditi (come dimostrarono il Letronne ed il Champollion) non essere quei due Zodiachi, come pure tutti gli altri trovati finora in Egitto, che un lavoro dei primi tre secoli della Chiesa quando i Romani dominavano nell'Egitto. Parimente chi non sa della Statua di Memnone in Egitto, che parlava al sole nascente secondo tanti testimoni? Se non che si venne poi a sapere, dopo la dimostrazione del Letronne, che quella statua non cominciò a salutare con certi romorii il sole se non che quando, spezzata nel primo secolo della Chiesa, per la qualità della pietra ed il suo riscaldamento al sole scricchiolava naturalmente. Sì che, quando, per la sua gran divozione al Sole e a Memnone, Settimio Severo la fece ristaurare, essa si tacque subito; e continuò sempre fino ad ora a tacere miracolosamente, come fino allora aveva miracolosamente schricchiolato al sole. Così, presentemente, tante sì dotte e nuove speculazioni anticattoliche, colle quali i geologi, i trasformisti, i mesmeristi ed altri tentano di occupare ed impacciare la polemica ed il tempo dei cristiani, durano appunto come Memnone e la neve al sole. Verificandosi sempre che la verità cattolica sorge tanto più limpida e trionfante dalle imposture degli empii, quanto queste paiono, talvolta a prima vista, più scientificamente e più furbescamente ordite. Non sono, infatti, altro che mine nichilistiche; dalle quali esce illeso appunto quel solo che si voleva esclusivamente annichilare.
Del che basti per questa volta.
[CONTINUA]

NOTE:

[*] «... per mettere paura agli animali colla voce insolita; e per vantarsi dei meriti altrui.» Cfr. le favole di Fedro La voce dell'asino (Asinus et  leo venantes) e La cornacchia superba e il pavone (Graculus superbus et pavo). Il liberet che l'originale riporta al posto di libeat è ovviamente un refuso.