mercoledì 19 marzo 2014

Che cos'è il legittimismo?(Parte 4°).


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La legittimità espressa e manifesta attraverso i miracoli dei Re d'Inghilterra.




“Confesso che assistere il Re equivale [per un chierico] compiere una cosa santa; perché il re è santo; egli è l’Unto del Signore; non invano ha ricevuto il sacramento dell’unzione, la cui efficacia, se per caso qualcuno la ignorasse o la mettesse in dubbio, sarebbe ampiamente dimostrata dalla scomparsa di quella peste che colpisce l’inguine e dalla guarigione delle scrofole” .



Enrico II
Enrico II d’Inghilterra.

Così scriveva, sul finire del secolo XII, riferendosi a Re Enrico II d’Inghilterra (1154-1189) Pietro di Blois, un chierico d’origine francese presso la corte di Londra. È la prima testimonianza documentata del tocco reale in terra inglese, ove è espressa anche la dottrina ufficiale con cui si spiegava il prodigioso potere. Il Re è santo, ossia sacro, poiché, a seguito dell’unzione ecclesiastica, è divenuto l’unto del Signore, un alter Christus, totalmente legittimato dinnanzi a Dio e agli uomini . L’effetto soprannaturale della sacralità del potere regale, palesato dalla cerimonia dell’Unzione consacrante, è provata, appunto, dalla guarigione miracolosa delle malattie. La facoltà taumaturgica del medico reale è, quindi, un fatto d’ordine spirituale, e non la magica ed oscura eredità di una famiglia, o di una stirpe . Enrico II Beauclear, primo rappresentante coronato della dinastia anglo- normanna dei Plantageneti, è, dunque, anche il primo sovrano d’Oltremanica che certamente s’applicò alla miracolosa medicazione della scrofolosi. Lo scritto di Pietro di Blois, tuttavia, lascia intendere che l’attitudine medicinale del monarca inglese fosse a quel tempo, come già in Francia, il frutto di una lunga e prestigiosa consuetudine. Durante il regno di Enrico I (1110-1135) infatti, penultimo sovrano della dinastia normanna discendente da Guglielmo il Conquistatore (1066-1087) s’andò formando una tradizione che individuava nella figura del Santo Re Edoardo il Confessore (1042-1066) l’autorevole iniziatore, sulle rive del Tamigi, del tocco miracoloso. Un episodio della sua vita in particolare, narrato in maniera identica dalle va- rie fonti, accreditava l’universale opinione. Si raccontava, infatti, che una giovane donna, afflitta da un’inesplicabile e vistosa enfiagione al collo, che le sfigurava il viso  e da cui emanava un lezzo nauseabondo, avvertita in sogno, si recò presso il sovrano per essere guarita. Dio premiò la sua fede, poiché S. Edoardo, anziché rimandarla, dopo aver asperso le dita in un vaso pieno d’acqua, toccò le piaghe purulente, benedicendole con il segno di croce. Subito il sangue marcio iniziò a fuoriuscire dalla piaga, mentre il gonfiore diminuiva, fino a scomparire del tutto in capo ad una settimana . Questo episodio, attestato da un’antichissima tradizione, è non a torto considerato come il primo esempio inglese del rito di guarigione delle scrofole. Shakespeare, cinque secoli più tardi, in una scena del Macbeth, si riferiva a quell’antica e unanime credenza quando metteva in bocca ad un personaggio della tragedia questi versi: “Della gente afflitta da strane malattie, tutta gonfia ed ulcerosa, che fa pietà a vederla, vera disperazione della medicina, egli [Re Edoardo] la guarisce, appendendo al loro collo una medaglia d’oro, con sante preghiere; e si dice che ai re suoi successori tra- smetterà questa benedetta virtù guaritrice” . In conclusione si può affermare che Enrico II Plantageneto (1154-1187) era solito eseguire pubblicamente la cerimonia guaritrice. Nulla esclude, tuttavia, che la meravigliosa prerogativa rimontasse a S. Edoardo il Confessore, un centinaio d’anni prima, sovrano che un’opinione universalmente accettata, indicava come l’autentico progenitore della potenza taumaturgica dei suoi successori inglesi.



File:King Edward II of England.jpg
Edoardo II d'Inghilterra.

Anche la monarchia inglese si gloriò di possedere un unguento dall’origine miracolosa. La prima notizia certa di tale prodigioso olio, si ha nel 1318, sotto il regno di Edoardo II (1307-1327). Il domenicano frate Nicholas Stratton, già Padre provinciale d’Inghilterra e penitenziere della Diocesi di Winchester, si presentò, per conto del sovrano, dinanzi a Papa Giovanni XXII (1316-1334) per narrarli un singolare episodio e sottoporgli un quesito che stava a cuore del suo Re. Ai tempi di Enrico II Plantageneto (1154-1189) il celebre S. Thomas Becket, Arcivescovo di Canterbury e Primate d’Inghilterra, esiliato in Francia, ebbe una visione. Gli apparve la Santa Vergine per predirgli la morte vicina. Inoltre la Madonna diede al santo Vescovo alcune profezie sul futuro dell’Inghilterra, e prima di scomparire, affidò al prelato un’ampolla contenente dell’Olio, che sarebbe stato impiegato in futuro per le consacrazioni reali. Dopo varie vicissitudini, l’ampolla giunse a Londra nel 1307, portata dal Duca Giovanni II di Brabante in occasione dell’incoronazione di Edoardo II . Il duca, che era sposo di una sorella del monarca, consigliò vivamente il sovra- no ad impiegare quell’olio per la sua unzione, ma Edoardo si rifiutò, non intendendo  prudentemente interrompere le usanze seguite fino ad allora. Poi sul regno s’abbatterono una serie di sciagure. Non era forse – domandava angosciato il sovrano, per bocca del frate domenicano – per aver disprezzato quel santo olio consegnato dalla Madonna a San Tommaso di Canterbury? Poteva il Re essere nuovamente consacrato senza commettere peccato? Giovanni XXII rispose il 4 giugno con una missiva, che sottolineava, conforme alla dottrina tradizionale, che, non essendo il rito dell’unzione dei Re un sacramento, ma piuttosto un sacramentale, e non imprimendo quindi il ‘carattere’, poteva essere ripetuto senza sacrilegio . È ignoto se Edoardo II si sia fatto ungere nuovamente. Il miracoloso olio, però,  donato dalla Vergine a San Tommaso Cantuariense, fu impiegato il 13 ottobre 1399 per la consacrazione di Enrico IV di Lancaster (1399-1413)70. Dopo d’allora il singolare unguento venne sempre utilizzato nella cerimonia d’incoronazione dei Re inglesi, anche quando l’eresia protestante prese piede in Inghilterra. Il primo Re che, se non rifiutò d’essere unto, rifiutò di ricevere l’unzione con l’olio miracoloso, fu il calvinista Giacomo I Stuart (1603-1625). Quell’olio era troppo legato alla devozione ‘papista’ della Madonna e al culto dei santi per trovare l’approvazione dell’eretico monarca.
Edoardo III
Edoardo III d'Inghilterra.

In epoca medioevale , anche in Inghilterra, così come in Francia,  vi si recavano migliaia di malati per ricevere il tocco guaritore dei Re. Ma contrariamente alla Francia in Inghilterra , per quanto concerne le annotazioni del numero dei sanati , abbiamo maggiori informazioni grazie ai  libri mastri di corte redatti durante i regni in sequenza di Edoardo I (1272-1307), Edoardo II (1307-1327) ed Edoardo III (1327-1377), che abbracciano un periodo di poco superiore al secolo (1272-1377), e che  sono la prova più eloquente della costante attività medica dei Re inglesi. Le cifre, come osserva Marc Bloch, “nel loro insieme, sono imponenti”.
Edoardo I , che regnò dal 1272 al 1307, nel quinto anno di regno (20 novembre 1276-19 novembre 1277) ‘toccò’ 627 ammalati; nel dodicesimo (20 novembre 1283-19 novembre 1284) ricorsero alla cure reali in 197 scrofolosi; 519 invece durante il diciassettesimo anno (20 novembre 1288-19 novembre 1289); si sale a 1736 nel diciottesimo (20 novembre 1289-19 novembre 1290); il venticinquesimo ne vide accorrere 725; 983 il ventottesimo anno; mentre furono 1219 i toccati da Edoardo I nell’anno trentasettesimo di regno (20 novembre 1303-19 novembre 1304). Per Edoardo II (1307-1327) nei quattro mesi che vanno dal 27 luglio al 30 novembre del 1316 sono 93 gli scrofolosi che ricorsero al suo tocco; tra il 20 marzo e il 7 luglio 1320 invece se ne presentarono 214; mentre nel suo quattordicesimo anno di regno (8 luglio 1320-7 luglio 1321) sono registrati 79 ammalati benedetti dal sovrano.
I funzionari di Edoardo III (1327-1377) registrarono, per il decimo anno di regno (10 luglio 1337-9 luglio 1338) 136 scrofolosi; mentre nei mesi tra il 12 luglio 1338 e il 28 maggio 1340, i toccati furono 885.
Non senza orgoglio, Thomas Bradwardine, già cappellano di Re Edoardo III , poi Arcivescovo di Canterbury († 1349) in un suo trattato teologico del 1344, De causa Dei contra Pelagium et de virtute causarum ad suos Mertonenses libri tres, poteva esclamare:

“Chi nega i miracoli del Cristianesimo, venga a vedere con i suoi occhi, anche ai nostri giorni sui luoghi dei santi i miracoli che vi avvengono. Venga in Inghilterra dal Sovrano attualmente regnante, conduca con sé un cristiano affetto dal mal reale, per quanto inveterato, profondo e deturpante, e fatta da quello orazione, imposta la mano e impartita la benedizione col segno della croce, lo curerà nel nome di Cristo. Ciò compie di continuo, spessissimo nei confronti di uomini e donne immondissimi, che si accostano a lui in massa, dall’Inghilterra, dalla Germania e dalla Francia. Cose attestate dai fatti che ogni giorno accadono, da coloro che guarirono, da chi era presente e vide coi suoi occhi, dalla opinione delle nazioni… tutti i Re Cristiani d’Inghilterra e di Francia son soliti compiere tali miracoli, come attestano concordemente le antiche cronache e la fama di quei regni, per cui tal malattia venne chiamata male del re”.

Durante il regno di Enrico VII (1485-1509), non risulta essere stato dedicato un giorno particolare per il tocco.


Edoardo I d'Inghilterra.

L’epoca medioevale vide nascere in Inghilterra una seconda prerogativa medicinale da parte dei principi regnanti: i cramps-rings, gli anelli miracolosi contro l’epilessia. Il più antico documento attestante tale prassi rimonta al 1323, durante il regno di Edoardo II (1307-1327). Si tratta di un’ordinanza emessa dal sovrano con cui viene ufficialmente regolata la cerimonia dei cramps-rings che, al pari del tocco delle scrofole, era divenuta una delle funzioni ordinarie della dignità reale inglese . Il rito dovette essere antecedente. Tuttavia la sua origine è avvolta nel mistero. Da allora, per oltre due secoli, i monarchi britannici s’applicarono a benedire gli anelli miracolosi contro l’epilessia.
  Il Re, il Venerdì Santo, giorno commemorativo della Passione di Cristo, era solito svolgere, come ogni altro fedele, il rito dell’Adorazione della Croce. In particolare, il monarca inglese, secondo un cerimoniale fissatosi nel tempo, dopo aver collocato nella cappella del palazzo reale, la Croce di Gneyth, che, conquistata da  Re Edoardo I (1272-1307) ai Gallesi, conteneva una reliquia miracolosa del legno della Santa Croce, si prosternava a terra e procedeva strisciando in quella posizione fin a giungere a baciare la Croce.
A partire sicuramente dal regno di Edoardo II (1307-1327), ma certamente anche prima, il sovrano deponeva sull’altare, toccandole con le mani nude, una certa quantità di monete d’oro e d’argento, poi le riscattava sostituendole con un equi- valente importo. Con le monete ‘riscattate’ e da lui ‘toccate’ erano in seguito fabbricati degli anelli medicinali: “da donare come medicina a varie persone”, come recita la sopra citata ordinanza.
Tali anelli erano indicati per la cura dell’epilessia e degli spasmi muscolari in genere, come indica il vocabolo inglese cramps-rings, anelli contro i crampi. Questa cerimonia il monarca la compiva una sola volta l’anno, il Venerdì Santo. Il libro dei Conti di Palazzo danno un quadro abbastanza preciso del rito degli anelli. Edoardo III (1327-1377) li consacrò il Venerdì Santo 14 aprile 1335, 29 marzo 1336, 18 aprile 1337, 10 aprile 1338, 26 marzo 1339, 14 aprile 1340, 30 marzo 1369, 12 aprile 1370. Così riporta, per esempio, la nota di spesa del 14 aprile 1335: “Offerte del Signor Re alla Croce di Gneyth, il Venerdì Santo, nella Sua cappella nel castello di Clipstone, per un importo di due fiorini fiorentini, il 14 aprile per sei scellini e otto denari, riscattati, per fare gli anelli, con una medesima somma, pari a sei scellini; in tutto 12 scellini e 8 denari ”.
Enrico V d'Inghilterra .

Riccardo II (1377-1399) li benedisse sicuramente il 4 aprile 1393 e il 31 marzo 1396. Enrico IV di Lancaster (1399-1413) il 25 marzo 1407; suo figlio e successore Enrico V (1413-1422) il Venerdì Santo 21 aprile 1413: “Offerte del Signor Re fatte adorando la Croce, il Venerdì Santo, nella chiesa dei frati di Langley, ossia tre nobili d’oro, e cinque soldi d’argento, pari a scellini 25; più l’offerta al decano della Cappella di pari importo per riscattare il denaro prima offerto e fare degli anelli medicinali. Importo: 25 scellini”.
Una pia tradizione riferiva tale prodigiosa e soprannaturale virtù degli anelli medicinali, come già per il tocco dello scrofole, al santo Re Edoardo I il Confessore (1042-1060). Si raccontava infatti di come il monarca avesse fatto dono ad un povero, in mancanza d’altro, del suo anello. Sotto i miseri cenci del mendicante la tradizione narrava celarsi San Giovanni Evangelista. In seguito due pellegrini inglesi in Terrasanta s’imbatterono nel medesimo vegliardo che restituì loro l’anello, pregandoli di riportarlo ad Edoardo coll’annuncio che fra poco l’avrebbe scortato in Paradiso . L’anello fu custodito nell’abbazia di Westminster, ove pure era sepolto il santo Re, e ben presto divenne celebre per il suo miracoloso potere di guarire l’epilessia.
Si comprende pure la connessione tra gli anelli medicinali, consacrati dal Sovrano nel giorno che commemorava la Passione e Morte di Cristo, in cui si svolgeva il rito dell’Adorazione della Croce, con la potenza esorcistica che emanava dalla Croce stessa, e l’epilessia, di cui i Vangeli menzionavano gli effetti con riferimento esplicito all’intervento del demonio. Si rammenti, ad esempio, il celebre episodio narrato in San Matteo dell’epilettico che gli Apostoli non riescono a guarire. “Demoni siffatti non si scacciano se non con la preghiera e col digiuno”, dice loro il Divin Maestro, dopo aver scacciato il maligno dal fanciullo . Sir John Fortescue, partigiano dei Lancaster e noto giurista, in un opera di diritto composta tra il 1461 e il 1463, nel pieno della guerra delle Due Rose, riportava l’opinione comune circa la miracolosa prerogativa dei monarchi inglesi di guarire l’epilessia: “Anche l’oro e l’argento devotamente toccati, secondo la costumanza annuale, dalle mani consacrate, dalle mani unte dei re d’Inghilterra, il giorno del Venerdì Santo, e offerti da essi, guariscono gli spasmi e l’epilessia; il potere degli anelli fatti con quell’oro e quell’argento e messi alle dita degli ammalati è stato sperimentato da un uso frequente in gran parte del mondo” . All’epoca di Fortescue il rito si era semplificato. Gli anelli guaritori era già preparati in precedenza. Poi la cerimonia procedeva come per il passato. Il principe, dopo aver ricevuto in un bacile d’oro dal dignitario presente di grado più levato , gli anelli, li toccava, li deponeva quindi sull’altare ove era la Croce; infine li ‘riscattava’ corrispondendo una somma fissata dalla tradizione in 25 scellini per la cappella reale.
Maria I d'Inghilterra .

Maria la Cattolica, figlia di Enrico VIII , che regnò dal 1553 al 1558, fu l’ultimo sovrano inglese a compiere il rito degli anelli contro l’epilessia. Dopo di lei, infatti, i suoi successori eretici protestanti si rifiutarono di compiere la cerimonia, evidentemente giudicata troppo ‘cattolica’. Il Messale della Regina contemplava anche la liturgia del Venerdì Santo colla funzione degli anelli medicinali. Il sovrano, terminata l’adorazione della Croce, si poneva ai piedi dell’altare, con a fianco il bacile d’oro contenente gli anelli medicinali da benedire. Recitava, quindi, una prima preghiera:
“O Dio onnipotente ed eterno che […] hai voluto che coloro che tu elevasti al fastigio della dignità regale, ornati delle grazie più insigni, fossero organi e canali dei tuoi doni, di modo che come essi regnano e governano grazie a te, così per tuo volere giovano agli altri uomini e trasmettono al popolo i tuoi benefici […]”.
Quindi il principe doveva pronunciare un’altra preghiera e due formule di benedizioni sugli anelli, ove, accanto alla virtù medica dei monili, appare anche la loro qualità esorcistica contro gli influssi diabolici:
“Dio, degnati di benedire e santificare questi anelli […], affinché tutti coloro che li porteranno siano immuni dalle insidie di Satana […], siano preservati dalla contrazione dei nervi e dai pericoli dell’epilessia”.
Dopo la recita di un salmo e di un’altra orazione, la cerimonia giunge al suo momento centrale: il re prende gli anelli guaritori e li strofina ad uno ad uno nelle sue mani, pronunciando nel contempo questa prece:
“O Signore, santifica questi anelli, e irrorali benigno con la rugiada della tua bene- dizione, e consacrali con il fregamento delle nostre mani, che tu ti sei degnato santificare, secondo l’ordine del nostro ministero, con la sacra unzione esterna dell’olio, così che tutto ciò che la natura del metallo non potrebbe fare, sia compiuto con la grandezza della tua grazia…

A questo punto, dopo l’aspersione con l’acqua benedetta, il monarca terminava la cerimonia con il rito del riscatto, sopra più volte riferito.


Enrico VI d'Inghilterra .

Col declinare del Medioevo, durante la seconda metà del secolo XV, l’istituzione monarchica in Inghilterra entrò in una grave crisi. Una lunga guerra dinastica, infatti, la Guerra delle Due Rose, vide scontrarsi per parecchi decenni i due rami (quello di Lancaster della Rosa Rossa, e quello di York della Rosa Bianca) della casata reale anglo-normanna dei Plantageneti. I sovrani tuttavia continuarono ad offrire alle popolazioni il loro taumaturgico beneficio. A riguardo di Enrico VI di Lancaster (1422-1461; 1470- 1471) così scrive il dotto giurista Sir John Fortescue, suo sostenitore: “Al contatto delle sue mani purissime … si vedono ancor oggi i malati sofferenti del male reale, quelli stessi per i quali i medici hanno disperato, recuperare, per intervento divino, la salute tanto desiderata; attraverso di ciò l’Onnipotente viene lodato, perché dalla grazia divina deriva la grazia della salute, e i testimoni di questi fatti vengono rafforzati nella loro fedeltà al Re; l’indubitato titolo di questo monarca, con l’approvazione di Dio, viene così confermato”.

Egli inoltre, come i suoi predecessori, continuò pure a benedire gli anelli contro epilessia il Venerdì Santo, dopo il rito dell’Adorazione della Croce. Così nel Libro dei conti di Palazzo alla data del 30 marzo 1442, si legge: “Offerte del Signor Re, fatte all’adorazione della Croce il giorno del venerdì santo, in oro e in argento, per farne anelli medicinali, 25 scellini”.

Enrico VIII d'Inghilterra .

Il suo rivale Edoardo IV (1471-1483) benedisse pure gli anelli il 27 marzo 1467 e il 15 aprile 1468 . I successori, Enrico VII (1485-1509) ed Enrico VIII (1509-1547) non furono da meno. La medesima fonte, il Libro dei conti di Palazzo, rammentano che il primo compì sicuramente l’antica cerimonia il 5 aprile 1493. Enrico VIII, invece, vi si dedicò il 29 marzo 1532: “Per offerte del Signor Re fatte adorando la croce il giorno del Venerdì Santo e per il riscatto, dovendo farne anelli medicinali, oro e argento, 25 scellini”, e l’11 aprile 1533.
I regni di questi ultimi sovrani, nel corso del secolo XVI, sono poveri di notizie relativamente alla frequenza del tocco guaritore. La documentazione, invece, sullo svolgersi della cerimonia è relativamente abbondante, e permette di notare le differenze dal contemporaneo rito francese. Comune ai due riti era l’offerta da parte del monarca di un’elemosina ai sofferenti. In terra inglese questo elemento secondario assunse, almeno dai tempi di Enrico VII (1485-1509) una caratteristica peculiare. L’elemosina del sovrano infatti si fissò in una moneta d’oro dal peso di cinque grammi, che portava impressa da un lato l’effigie di San Michele Arcangelo, e dall’altro la Croce. Era detta volgarmente angel.
Il rito inglese in età moderna prevedeva prima della cerimonia vera e propria, la recita da parte del Sovrano del Confiteor, l’assoluzione impartita dal cappellano, e la lettura di due brani evangelici: il primo, tratto da San Marco, rievocava il potere taumaturgico del Redentore, il secondo era l’Incipit di quello di San Giovanni, assai in uso nelle formule di benedizione.
Il Re riceveva i malati, a differenza del suo collega francese, seduto sul trono. Un ecclesiastico glieli conduceva uno ad uno. Allora il Re li toccava, passando la mano nuda sulle piaghe. Concluso il tocco vero e proprio, i malati ripassavano una seconda volta. Il Re li benediceva, sempre uno ad uno, facendo sulle piaghe il segno della croce, mentre teneva fra le dite la moneta d’oro, l’angel, già preparata con un foro e munita di nastro, che poi appendeva al collo dello scrofoloso . Così, nella liturgia d’Oltremanica, l’elemosina divenne un elemento accessorio, ma integrante del rito.
Maria I la Cattolica (1553-1558) modificò la scritta che si leggeva sull’esergo della moneta, e sostituì la frase “Per Crucem tuam salva nos Christe Redemptor” [Cristo Redentore, salvaci con la Tua Croce] con un motto che appariva più appropriato al miracolo reale: “A Domino factum est istud, et est mirabile in oculis nostris” [Questo è stato compiuto dal Signore, ed è una cosa meravigliosa ai nostri occhi]. In questo periodo, tuttavia, il rito inglese entrò in una nuova e convulsa fase. Molti principi che lo praticarono non era più cattolici, avendo aderito agli errori dell’eresia protestante. Questa singolare situazione non poté non recare i suoi effetti an- che sulla cerimonia del tocco. Enrico VIII (1509-1547) con lo  scisma, compì il primo passo verso la rottura completa col Cattolicesimo.
Edoardo VI d'Inghilterra.
Suo figlio e successore Edoardo VI (1547-1553) educato nel Calvinismo, attuò nello sventurato regno una persecutoria politica anti-cattolica, ed operò una riforma liturgica in tal senso, promossa da Thomas Cranmer, che previde, tra l’altro, l’abolizione nel 1549 dell’antico rito dell’Adorazione della Croce. Edoardo, tuttavia, non smise, né di consacrare gli anuli medicinales contro l’epilessia, né di toccare i ma- lati more antiquo, mantenendo persino, cosa inconcepibile per un calvinista, il segno della croce. Il lealismo monarchico era evidentemente troppo forte nel principe malaticcio per cedere su questo punto. Così egli benedisse sicuramente i cramp-rings l’8 aprile 1547, come attesta il già citato Libro dei conti di Palazzo: “Per le offerte fatte dal Signor Re adorando la Croce secondo un’antica usanza e cerimonia il Venerdì Santo e l’oro e l’argento per il riscatto per gli anelli medicinali da benedire, importo di 25 scellini” e, poco prima della morte, il 31 marzo 1553. Con Maria la Cattolica (1553-1558) come sappiamo da altre fonti, i riti guaritori continuarono, ma mentre il tocco avrà ancora un lungo futuro, il rito del Venerdì Santo morì con quella sovrana, poiché Elisabetta I (1558-1603) non lo eseguì mai durante il suo lungo regno. Come il fratellastro Edoardo VI , Elisabetta, pur avendo aderito all’eresia, mantenne quasi integralmente il rito del tocco nella sua veste ‘papista’, segno della croce incluso. S’accontentò - pare – di far eliminare una preghiera accessoria che accennava alla Vergine e ai Santi, e a far tradurre il rituale in lingua inglese . È conservata qualche cifra del numero di ammalati che si accostava alla sanguinaria sovrana: il 18 luglio 1575 a Kelinworth toccò nove scrofolosi, mentre il Venerdì Santo del 1597 (?) furono in 38 ad accostarsi ad Elisabetta .

Giacomo I d'Inghilterra.
Alla sua morte, avvenuta nel 1603, salì sul trono inglese un principe scozzese, educato nel più puro calvinismo e lontano cugino dell’ultima Tudor, Giacomo I Stuart (1603-1625) figlio di Maria Stuarda. Egli si rifiutò, in occasione della sua solenne incoronazione, d’essere unto con l’olio donato dalla Vergine a San Tommaso Becket. Domandò poi d’essere dispensato dalla cerimonia del tocco. “E’ però anco vero – scrive un anonimo informatore al Vescovo di Camerino, nunzio in Francia, nel gennaio 1604 – che il Re dal principio della sua entrata nel Regno d’Inghilterra desiderò e domandò queste tre cose … 2° di non toccare le scrofole, non volendosi vanamente arrogare tal virtù et divinità di potere col solo tatto guarire le malattie … intorno alle quali domande fu risposto dalli consiglieri, che non poteva Sua Maestà senza suo gran pericolo e del Regno fuggir queste cose” . Il Re vi fu quindi quasi costretto dai suoi consiglieri inglesi. Nell’ottobre del 1603 compì riluttante il suo primo tocco:
“Il Re s’abbia questi giorni intricato – riferisce il medesimo informatore – in quello che aveva di fare intorno a certa usanza antica dei Re d’Inghilterra di sanare gl’in- fermi del morbo regio, et così essendogli presentati detti infermi nella sua anticamera, fece prima fare una predica per un ministro calvinista sopra quel fatto, e poi lui stesso disse che se trovava perplesso in quello ch’aveva di fare, respetto che dell’una parte non vedeva come potessero guarire gl’infermi senza miracolo, et già li miracoli erano cessati et non se ne facevano più; et così aveva paura di commettere qualche superstizione; dall’altra parte, essendo quella usanza antica et in beneficio delli suoi sudditi, se risolveva di provarlo, ma solamente per via d’orazione la quale pregava a tutti volessero fare assieme con lui; e con questo toccava alli infermi. Vedremo presto l’effetto che seguirà. Si vedeva che quando il Re faceva il suo discorso spesse volte girava gli occhi alli ministri Scozzesi che stavano appresso, come aspettando la loro approvazione a quel che diceva, avendolo prima conferito con loro”.

Quello non fu l’unico tocco dello Stuart, che anzi da allora lo praticò costante- mente. Apportò tuttavia alcune modifiche di pretto stampo calvinista all’antico cerimoniale. Quando infatti i malati ripassavano dal re, dopo essere stati toccati, Giacomo si limitava ad appendere al collo la moneta d’oro, senza tracciare il segno di Croce sulle piaghe. Così quell’antico gesto, così profondamente cattolico, venne abolito. La Croce scomparve anche dagli angels, ove era raffigurata su uno dei versi della moneta. Come pure ne venne modificata la legenda, che si ridusse alla più banale: Questo è stato compiuto dal Signore, sopprimendo: ed è una cosa meravigliosa ai nostri occhi.
Carlo I d'Inghilterra.

Suo figlio Carlo I (1625-1649) educato nell’anglicanesimo, non ebbe gli scrupoli del padre nell’esercitare la prerogativa taumaturgica. Come in Francia, la Corte pubblicava e faceva affiggere gli avvisi che indicano il luogo e la data del tocco. Così Carlo toccò il 13 maggio e 18 giugno 1625; il 17 giugno 1628; il 6 aprile e 12 ago- sto 1630; il 25 marzo, 13 ottobre, 8 novembre 1631; il 20 giugno 1632; l’11 aprile 1633; il 20 aprile, 23 settembre, 14 dicembre 1634; il 28 luglio 1635; il 3 settembre 1637.
Il rito è il medesimo dei tempi di Elisabetta I e di Giacomo I . Il numero dei malati è notevole. Molti cercano addirittura d’essere toccati due volte, probabilmente attirati dalla generosa elemosina in oro. Per questo il proclama del 13 maggio 1625 ordina che gl’infermi si presentino al rito con un certificato attestante la loro condizione rilasciato dalla parrocchia d’origine. Inoltre le parrocchie dovevano tenere un registro ove trascrivere i nomi dei beneficiati.
 Come in Francia, anche a Londra, il malato dove superare una visita medica preventiva che ne accerti la patologia. Il medico di servizio distribuiva poi ai pazienti un gettone metallico, che serviva come biglietto d’entrata . Nel 1633, la funzione religiosa per la guarigione delle scrofole fece la sua comparsa ufficiale nel Book of Common Prayer – il libro di preghiere della Chiesa Anglicana . Che il taumaturgo reale riscuotesse ancora successi, dimostra la lettera del 30 aprile 1631 inviata da Lord John 1° Barone Poulett (1586-1649) un calvinista, al Segretario di Stato, Lord Dorchester, grazie ai buoni uffici del quale la figlioletta di Poulett, devastata dalle scrofole, era stata sollecitamente presentata al Sovrano e guarita:

“Il ritorno di una bimba malata così sollevata dal male fa rivivere un padre mala- to… è stata una grande gioia per me che Sua Maestà si sia degnata di toccare la mia povera bambina con le sue mani benedette; così con l’aiuto della benedizione di Dio, egli mi ha reso una figlia che avevo così poca speranza di salvare, tanto che avevo dato istruzioni per farne riportare il cadavere… essa è tornata sana e salva; la sua salute migliora di giorno in giorno; la sua vista mi dà ogni volta l’occasione di ricordarmi la graziosa bontà di Sua Maestà verso di lei e verso di me e di renderle grazie in piena umiltà e gratitudine”.

Oliver Cromwell .

Lord Poulett, durante la guerra civile, si schierò apertamente per il partito del Re. Esplose infatti il conflitto intestino tra i partigiani della monarchia e i fanatici calvinisti repubblicani di Cromwell. Nel 1647, gli scozzesi consegnarono ai puritani il sovrano. Questi venne condotto a Londra per essere giudicato dal Parlamento. Durante il viaggio, gli ammalati gli si affollavano attorno per farsi toccare, portando essi stessi le monete da appendere al collo, poiché il Re nelle mani dei suoi implacabili ne- mici non poteva certo disporne. I Commissari del Parlamento, tutti di fede calvinista, cercavano vanamente di tener lontana la folla. Quando Carlo venne rinchiuso a Holmby, si rivide la medesima scena. La Camera dei Comuni decise allora d’intervenire drasticamente, nella consapevolezza di quanto quel rito parlasse contro la pretesa di giudicare il Re. Il 22 aprile 1647 venne istituita una Commissione incaricata di redigere una Dichiarazione destinata ad essere diffusa tra la gente in merito alla Superstizione del Tocco183. Il Re venne giustiziato il 30 gennaio 1649. Durante la dittatura di Cromwell, nessuno toccava più in Inghilterra.


Carlo II d'Inghilterra .
Carlo II (1649-1685) esiliato sul continente, proseguiva tuttavia la pratica guaritrice. Un ingegnoso commerciante organizzava viaggi per condurre gli scrofolosi inglesi e scozzesi verso le città olandesi dove il sovrano era solito soggiornare . La Restaurazione della monarchia che seguì all’ingloriosa fine della sanguina- ria dittatura puritana (1649-1659) comportò pure la restaurazione del rito guaritore, da secoli una delle prerogative più illustri dei Re britannici. Il 30 maggio 1660, poco dopo che il Parlamento aveva fatto atto di sottomissione al Sovrano, questi, ancora in Olanda, nella città di Breda, compì una cerimonia del tocco assai solenne. Appena rientrato in patria, i malati corsero a lui in  massa. Il 23 giugno nella Sala dei Banchetti di Whitehall, Carlo accostò più volte la mano con- sacrata ai pazienti . Il monarca, consapevole di quanto la singolare cerimonia, dopo i torbidi del regime repubblicano, fosse adatta a ravvivare la fede nella monarchia, compì assai coscienziosamente il suo dovere di medico reale. Egli toccava gli scrofolosi tutti i venerdì, almeno all’inizio del regno. Il cerimoniale era sempre quello modificato da suo nonno, mentre la moneta d’oro con corso le- gale, l’angel, fu sostituita con una medaglia d’oro appositamente coniata per l’occasione.
Le cifre del tocco sotto Carlo II sono impressionati. È stato infatti calcolato sulla base di documenti inoppugnabili che il monarca toccò nel corso del suo lungo regno (1660-1685) non meno di 100.000 ammalati! Dal maggio 1660 al settembre 1664 sono circa 23.000 persone; dal 7 aprile 1669 al 14 maggio 1671 si presentarono a Corte in 6666; dal 12 febbraio 1684 al 1° febbraio 1685 in 6610 . A Whitehall non si accalcavano solo inglesi e scozzesi, com’era naturale, ma pure tedeschi, olandesi, francesi, e molti coloni americani, provenienti dalla Virginia e dal New Hampshire.

Con la temporanea caduta della monarchia ad opera dei settari calvinisti di Cromwell (1649-1660) pure cessò in terra inglese, se pur momentaneamente, la cerimonia delle scrofole. Lo spirito protestante infatti non poteva che veder di malocchio la sopravvivenza d’un rito marcatamente ‘papista’ e cattolico. Gli Stuart, d’altra parte, una volta reinsediati sul trono (1660) edotti dalla se- vera lezione della guerra civile, compresero che il più saldo appoggio e sostegno della monarchia restaurata era il ritorno alla religione cattolica. L’eresia protestante infatti aveva dimostrato a sufficienza, nella sua sanguinaria versione puritana, l’odio anti- monarchico. Se infatti la nuova dottrina eterodossa postulava l’inutilità della mediazione della Chiesa docente in ordine alla retta pratica cristiana, a maggior ragione, inutile e nociva era pure la mediazione politico-sociale rappresentata dall’istituto monarchico nell’ordine temporale. Ci si era sbarazzati dell’autorità spirituale, forse, per sottomettere la religione - ragionavano coerentemente i fautori di Calvino - ad un potere terre- no, ad una Chiesa di Stato? Gli Stuart compresero la gravità della situazione, e, prima timidamente, poi con maggior convinzione, improntarono la loro politica religiosa al ritorno in seno alla Chiesa romana. Era noto che Carlo II era morto ‘papista’.

Giacomo II d'Inghilterra .
Suo fratello e successore, Giacomo II (1685-1688; + 1701) s’era convertito al cattolicesimo romano prima della salita al trono. Era il primo sovrano cattolico inglese dai tempi di Maria Tudor (1553- 1558). Il rito inglese delle scrofole rientrò così nel suo alveo naturale. Giacomo non mancò al suo dovere di guaritore. Dal marzo al dicembre 1685 toccò 4442 scrofolosi. Il 28 e il 30 agosto 1687, nel coro della cattedrale di Chester, gli s’accostarono rispettivamente 350 e 450 ammalati . Dal 1686 il clero cattolico, anziché quello anglicano, lo assisteva nel rito. Il messale cattolico in latino dei tempi di Enrico VII (+1509) venne ristampato.
Giacomo pensava addirittura di Restaurare la cerimonia di benedizione dei cramp-rings, quando la reazione protestante guidata da Guglielmo d’Orange, marito di Maria Stuart, figlia anglicana di primo letto del sovrano, lo costrinse all’esilio (la così detta "Gloriosa Rivoluzione", 1688).
L’usurpatore, calvinista convinto, non volle saperne di toccare le scrofole. Un articolo di cronaca della “Gazette de France” datato 28 aprile 1689 riferiva:
“Il 7 di questo mese il principe d’Orange ha desinato presso Mylord Newport. Quel giorno, secondo l’usanza ordinaria, egli avrebbe dovuto compiere la cerimonia del tocco dei malati e lavare i piedi a molti poveri. Ma egli dichiarò che credeva che queste cerimonie non era esenti da superstizione; e diede solamente ordine che venissero distribuite le elemosine ai poveri secondo l’usanza”.

Guglielmo "III" d'Inghilterra. 

Guglielmo aveva usurpato il Trono, dopo la breve guerra civile, chiamatovi dalla fazione calvinista, che mal tollerava, dopo la nascita a Giacomo II di un erede cattolico, che l’Inghilterra fosse governata da una dinastia ‘papista’. Lo Stuart aveva infatti sposato nel 1673, dopo la morte della prima moglie anglicana, che gli aveva dato due figlie, pure educate nell'eresia protestante (Maria ed Anna), la duchessa Maria Beatrice d’Este (1658-1718), da cui aveva avuto Giacomo III , detto il Gran Pretendente.
Dopo la morte di Guglielmo III (1688-1701), il trono inglese venne occupato da Anna Stuart (1702-1714), figlia protestante di Giacomo II . Anna ripristinò il tocco reale nel marzo-aprile 1703, seppure con una cerimonia ancor più semplificata rispetto al passato: i malati passavano davanti al sovrano una sola volta, ricevendo immediatamente dopo il tocco la medaglia che ricordava l’evento . Il 12 aprile 1714, pochi mesi prima di morire, la regina toccò gli scrofolosi per l’ultima volta. Fu anche l’ultima volta che la cerimonia ebbe luogo nell’isola.


Giacomo III d'Inghilterra .

La cricca protestante che dominava la Corte, ottenne che il fratellastro cattolico di Anna Stuart, che viveva in esilio sul continente, Giacomo III , il Gran Pretendente, fosse escluso dalla successione. Venne chiamato a regnare sull’Inghilterra un lontano cugino degli Stuart, Giorgio I (1714-1727), Principe elettorale dell’Hannover, pure protestante. Egli non toccò mai le scrofole.
Giacomo II tuttavia continuò a compiere il rito guaritore nel suo esilio francese, a Parigi e Saint-Germain, ove morì nel 1701 . Suo figlio Giacomo III (1688- 1766) fece lo stesso. Gli Stuart cattolici, infatti, erano i legittimi sovrani della Gran Bretagna, e, come tali, non mancarono al loro officio di Re guaritori. Giacomo III toccò i malati a Parigi, Avignone, Bagni di Lucca e Roma . 
I sudditi inglesi intraprendevano lunghi viaggi per raggiungere i loro sovrani spodestati, ma ancora dotati del singolare privilegio taumaturgico. Nel 1716 il Gran Pretendente sbarcò in Scozia per tentare la riconquista del trono.


Carlo EdoardoCarlo III
Carlo III d'Inghilterra .
Vi tentò di nuovo nel 1745 Carlo III d'Inghilterra , il Giovane Pretendente (1720-1788), figlio di Giacomo III , ma dopo promettenti inizi, dovette ritornare nel suo esilio . Succeduto al padre, Carlo Edoardo proseguì ad accogliere gli scrofolosi. Toccò a Firenze, Pisa ed Albano nel 1770 e nel 1786. Alla sua morte, non avendo avuto figli, gli successe il fratello minore Enrico IX (1725-1807) Vescovo di Tuscolo e Cardinale di York, che non dimenticò il celebre rito e lo praticò a Roma fino alla morte avvenuta nel 1807. Con lui s’estinse la casata reale degli Stuart e cessò definitivamente il tocco guaritore operato da Principi inglesi . La fine del tocco nel Regno d’Inghilterra era in certo senso strettamente connesso alla concezione politica rivoluzionaria che vi prese piede. Nota giustamente Marc Bloch:
“La Gran Bretagna dovette il consolidamento del suo regime parlamentare, all’avvento, nel 1714, di un principe straniero, che non poteva appoggiarsi né al diritto divino né su alcuna popolarità personale. Gli dovette anche, certamente, d’aver eliminato, più presto che in Francia, l’elemento soprannaturale dalla politica mediante la soppressione del vecchio rito, nel quale s’esprimeva così perfettamente la regalità sacra dei vecchi tempi”.
Circle of Anton Raphael Mengs, Henry Benedict Maria Clement Stuart, Cardinal York (ca 1750) -002.jpg
Enrico IX d'Inghilterra .

Il miracolo dei Re ha una notevole importanza e valore dottrinali. Vediamo innanzi tutto cosa si debba intendere per miracolo.
 Il miracolo è un fatto sensibile, straordinario e divino. È sensibile nel senso che produce effetti sensibili, ossia conoscibili tramite i sensi. È un segno della Rivelazione divina. Tale segno è straordinario, nel senso che sorpassa l’ordine della natura creata. Il miracolo non opera la distruzione, la violazione o la sospensione dell’ordine o delle leggi di natura, ma è piuttosto una deroga e un certa qual particolare eccezione a dette leggi, prodotta e causata da uno speciale intervento di Dio. Per questo il miracolo è divino, nel senso che Dio è l’autore del miracolo. Solo Dio infatti, che è onnipotente, può compiere qualcosa che supera e sorpassa l’ordine di natura. Dio opera il miracolo sia immediatamente per sè, o mediatamente per mezzo delle creature.
“(1) La causa principale di tutti i miracoli è soltanto Dio. Solo Dio infatti può operare oltre l’ordine naturale con la proprio potenza, ovvero compiere da sè veri miracoli.
 (2) La causa ministeriale o strumentale del miracolo è talvolta la creatura libera, ovvero gli angeli, o gli uomini. Gli Angeli buoni e gli uomini santi intervengono o moralmente influendo con le preghiere, o agendo con autorità in nome di Dio”.
In ordine alle leggi di natura che deroga, il miracolo è (a) fisico, “quando si veri- fica fuori dall’ordine consueto della natura fisica, come ad esempio nella moltiplicazione dei pani, o nella cura di un lebbroso” ; oppure può essere (b) intellettuale, se la cogni- zione si attua al di fuori dell’ordine consueto della natura intellettuale, come nel caso della profezia, o della cognizione dei pensieri reconditi; o (c) morale, se l’azione si pro- duce fuori dalle norme ordinarie della morale, come per esempio nella repentina con- versione di San Paolo.
Il miracolo poi va considerato in ordine alla natura che supera: ossia (a) riguardo alla sostanza o essenza, tale effetto non sarebbe in nessun modo possibile alle forze della natura, ma solo a Dio, come nel caso della glorificazione del corpo umano; o (b) in ordine al soggetto in cui avviene, nel senso che tale effetto potrebbe prodursi dalla natura, ma non in quel soggetto particolare, come la visione in un cieco nato; (c) infine in ordine al modo, nel senso che tale effetto sarebbe possibile nell’ordine naturale, ma non in quanto al modo in cui avviene, come nel caso della guarigione di una malattia operata con il semplice tocco della mano . Infine, per quel che riguarda il modo o maniera con cui il miracolo supera la natura si distingue in 1) miracolo che è sopra la natura, quando supera assolutamente tutte le forze della natura, come nel caso della risurrezione di un morto; 2) oltre la natura, se produce effetti che la natura può operare, ma non in quel modo in cui effettivamente si sono operati, come nel caso di una guarigione miracolosa; o 3) contro la natura, quando si verifica pur permanendo la disposizione contraria della natura, come nel caso dei tre fanciulli rimasti illesi nella fornace . I veri miracoli provano con assoluta certezza l’origine divina della Rivelazione. “Ripugna infatti, da un punto di vista metafisico, che Dio, la verità per essenza, confermi come vero ciò che è falso. Quindi se la religione in cui favore si opera il miracolo fosse falsa, Dio approverebbe come vera tale religione, poiché il miracolo, potendo essere operato solo da Dio, è come il divino sigillo che testimonia l’origine divina della religione. «Si deve infatti sottolineare – insegna San Tommaso – che nessun vero miracolo avviene senza il concorso della potenza di Dio, e che Dio non è mai testimone della menzogna. Dico quindi che, quando un miracolo avviene in prova di una dottrina predicata, necessariamente quella dottrina è vera»” . La Sacra Scrittura infatti mostra i miracoli come prova certissima della missione divina di qualcuno o della dottrina che insegna. Così Mosé, Gesù Cristo, San Paolo compirono miracoli a conferma della origine divina della loro predicazione. In ordine all’utilità e vantaggio spirituale degli uomini, Dio opera il miracolo con due scopi: 1) per dimostrare e provare la santità di un uomo; 2) o per confermare la verità insegnata.
“Il miracolo prova e dimostra la verità della religione non intrinsecamente, ossia tramite prove e argomenti scientifici, ma estrinsecamente dimostrando la sua divina origi- ne: se infatti una certa religione è insegnata da Dio, necessariamente deve essere vera. Così si comprende come un fatto contingente confermi e provi l’immutabile verità di qual- che dottrina. Tuttavia, affinché il miracolo abbia tale valenza probatoria, occorre assolutamente che si verifichi a conferma della religione. Mancando infatti ogni vincolo tra il miracolo e la dottrina, il miracolo non sarebbe affatto il sigillo di Dio apposto sulla dottrina ”.
Le guarigioni miracolose operate dai Re di Francia ed Inghilterra sono prove e conferme della Verità della cattolica religione e della loro legittimità. Ogni vero miracolo, lo si è visto, attesta l’origine divina della Rivelazione. Che si tratti di un vero miracolo, poi, non mette conto dilungarsi troppo. Non occorrono lunghe disquisizioni per ritrovare, infatti, anche nel miracolo reale, le note caratteristiche, in quanto fatto sensibile, straordinario e divino.

Però , ve un’obiezione apparentemente insormontabile che potrebbe levarsi contro la veracità del rito guaritore. Non è forse vero che, almeno per il Regno d’Inghilterra, dei sovrani non cattolici, eretici, esercitarono il tocco medicinale? Quale credibilità allora può avere il rito miracoloso se fu tranquillamente operato col medesimo successo anche da monarchi nemici dichiarati della Chiesa e da Essa formalmente scomunicati? Se il miracolo è un fatto da tutti constatabile che dimostra e attesta la verità della dottrina cattolica e della piena legittimità del Principe , come è possibile che il medesimo rito, operato da Principi cattolici e protestanti, ne sia un’attendibile argomento?


Elisabetta I d'Inghilterra.

Enrico VIII (1509-1547) morì scismatico, mentre Edoardo VI (1547- 1553), Elisabetta I (1558-1603), Giacomo I (1603-1625), Carlo I (1625-1648) e Carlo II (1660-1685) furono eretici notori, anche se quest’ultimo si convertì in punto di morte. Solo con Giacomo II (1685-1688), a parte la parentesi di sua figlia Anna (1702-1714) che era anglicana, il rito inglese rientrò pienamente nell’ambito cattolico per restarvi fino alla morte di Enrico IX , ultimo Principe legittimo inglese a toccare i malati (1807).
Già alcuni teologici cattolici, come il gesuita Martin Antonio Delrìo nel Disquisitionum magicarum libri sex, risolsero la questione negando per i principi eretici la possibilità del miracolo ed avanzando tre spiegazioni non miracolose: 1) l’uso di medicine da parte del sovrano al momento del tocco; 2) l’illusione di guarire da parte chi malato non era; 3) un prodigio diabolico.
Senza nulla togliere a tali argomentazioni, vorrei avanzare in via ipotetica un’altra soluzione. Tanquerey si domanda se sono possibili miracoli nelle altre religioni:
“È metafisicamente certo – insegna l’eminente teologo – che Dio non può confermare col miracolo l’errore: poiché, se consta con certezza che alcuni prodigi siano stati compiuti a vantaggio dell’errore, tali fatti debbono essere attribuiti ai demoni, che dispongono di un qualche potenza preternaturale e che impiegano volentieri per perdere le anime […] Se i fatti sono veri, occorre investigare se sono d’origine soprannaturale e divina, o meno. Molti di essi si spiegano con la frode, la suggestione, le forze straordinarie di cui dispone il diavolo o con le leggi di natura. Così i miracoli attribuiti ad Asclepio molto verosimilmente si devono alla scienza medica dei sacerdoti. I prodigi avvenuti sulla tomba del diacono Paris [pseudo-santo dei giansenisti francesi del XVIII secolo] spesso s’accompagnavano a violente convulsioni e atti disonesti, che manifestano l’eccitamento nervoso. I prodigi degli spiritisti e dei fachiri spesso procedono da cause naturali ” . Il grande teologo, quindi, confermando le assennate affermazioni di Delrìo, ammette che un evento straordinario, che però non è vero miracolo, può essere prodotto per intervento del demonio. È possibile che i ‘miracoli’ inglesi, operati da principi non-cattolici, fossero quindi il risultato di un influsso preternaturale. Si tratterebbe in questo caso di prodigi. Tuttavia – continua Tanquerey – “Dio, talvolta può operare miracoli per mezzo di ministri che professano una falsa dottrina, non per approvarne l’errore, ma per pro- muovere il bene o una verità particolare: per esempio, a lode del nome di Cristo, che invocano, e in virtù dei sacramenti, che impiegano. Così Dio avrebbe potuto compiere veri miracoli per mano del sacerdote scismatico P. Giovanni da Cronstadt a conferma della presenza di Cristo nell’Eucaristia; o per mezzo di Sadhu Sundhar, o del monaco Serafino di Sarov, per distogliere gli Indiani e i Ruteni dalle superstizioni del paganesimo e chiamarli a Cristo. In questo caso, tuttavia, non vi deve essere alcuna relazione diretta tra il miracolo e la parte propriamente erronea della dottrina professata dal taumaturgo”.
 
Il miracolo delle scrofole fu suscitato da Dio in ambiente cattolico quale naturale corollario della concezione cristiana dell’origine divina del potere politico (legittimità). La sua sopravvivenza nel Regno d’Inghilterra, caduto disgraziatamente nell’eresia, fu resa assai difficile dall’incompatibilità con le erronee opinioni degli eretici. Era insomma un retaggio di cattolicesimo in un ambiente in cui dominava uno spirito avverso. Esso probabilmente fu mantenuto dalla Provvidenza, poiché non aveva alcun nesso diretto con le eretiche dottrine sostenute dai principi che lo compivano, anzi in un certo senso ne era la confutazione.  I protestanti inglesi non credevano nella possibilità che Dio operasse miracoli al presente, e il loro Re li compiva quotidianamente col tocco della mano. Essi negavano l’origine divina del potere politico, ed il sovrano protestante li sconfessava con un miracolo visibile.
La loro falsa teologia contestava alla radice l’efficace mediazione della Chiesa in ordine alla santificazione individuale. Tra Dio ed il singolo fedele non v’era posto per nessuno, né per i santi in Cielo, né per i sacerdoti sulla terra. Il loro monarca, semplice laico, sebbene laico sui generis, attestava proprio il contrario. Essendo capace, in quanto re, di guarire il corpo, si mostrava mediatore efficace tra Dio, fonte del potere regale, e il malato di scrofole. Era insomma difficile, anzi impossibile, giustificare il tocco taumaturgico del sovrano in un’ottica rigorosamente anglicana. Tale incontestabile evento sovrannaturale, a ben vedere, sembrava più una prova contro che a favore della dottrina eretica. Una fazione assai coerente del movimento eterodosso, quella calvinista, giunse ad ab- battere in nome di tali idee la monarchia, assassinando il Re. Il miracolo reale, restaurato dopo la sanguinaria prima Rivoluzione inglese (1649-1659) era la pratica confutazione e sconfessione di quelle opinioni. Quando, con la seconda Rivoluzione (1688) le idee sovversive ripresero il sopravvento, se non nella forma, poiché la monarchia venne mantenuta, certamente nella sostanza, ciò decretò la morte del rito inglese, che sopravvisse solo presso i legittimi principi cattolici di- scendenti da Giacomo II .

Giorgio I
Giorgio "I" di Gran Bretagna.
Primo Hannover a usurpare il Trono d'Inghilterra.
Gli Hannover, che salirono sul trono inglese nel 1714, e i loro successori, semplicemente si rifiutarono di operare il tocco guaritore.
Il miracolo reale è la prova dell’origine divina dell’autorità politica. Il potere dei Re è sacro. “Ogni potere proviene da Dio”, insegna, infatti, San Paolo. Dio è la fonte e l’origine di ogni legittima autorità, quella del Capofamiglia, del Sovrano e del Sacerdote.













Continua...

Fonti:

Ad. Tanquerey, Synopsis Theologiae…, t. I, p. 201, nr. 330.

 M. Bloch, I Re Taumaturghi.

 E. Delassus, Il problema dell’ora presente. Antagonismo tra due civiltà, vol. II, Piacenza, Cristianità, 1977.

 S. Tommaso d’Aquino, De Regimine Principum, (l. II, c. XVI),  traduzione di R. Tamburini, introduzione e note di P. Tito S. Centi, OP, Sie- na, Cantagalli, 1981.

Scritto da:

Presidente e fondatore A.L.T.A.