martedì 17 aprile 2012

Le verità sulle vicende "Risorgimentali" nel Regno delle Due Sicilie(1860-1861):(Parte 30°): Battaglia intorno a Caiazzo salvataggio dei soldati caduti nel fiume incontro con Don Fulgenzio


Voglio ricordare che tale documento e stato scritto da un testimone dei fatti,quindi data la preziosa importanza del testo ne consiglio un attenta lettura.


Il generale Won Meckel, conosciuta la rotta della divisione garibaldina di Csadufy, corse con la sua brigata a Squilla per serrargli la via. Però quella divisione avea già passato il fiume a Solopaca. Meckel trovò Dugenta fortificata con barricate, e quattro compagnie di garibaldini che la difendevano. La truppa fu assalita fugandone i difensori che inseguiti da' dragoni e da' tiragliatori, ne uccisero molti, e trenta ne caddero prigionieri.
Meckel si spinse innanzi, e giunse sino al trivio tra Limatola S. Agata, e Maddaloni, senza che più incontrasse nemici; Bixio che trovavasi con la sua divisione in quest'ultima città, temendo di essere assalito chiese subito rinforzo a Caserta. Meckel però, compiuta quella ricognizione militare, tornò indietro, e si fermò in Campagnano.
Il giorno 24 settembre, i garibaldini fecero delle dimostrazioni ostili, e sembrava che volessero assalire i regï in diversi punti. Riunirono molta forza in Piedimonte ed Amoroso, facendo vista di prepararsi a passare il fiume; si sapea pure che Garibaldi era stato a Limatola, e che il 22 avea dormito nel Castello di quel paese. Dalla parte di S. Maria si notava ancora un movimento ostile. Il generale Ritucci dispose in modo la truppa da respingere qualunque aggressione; ma il nemico non si mosse. Garibaldi approfittando che Ritucci, disgraziatamente, restava sulla difensiva, restando a lui tutta la libertà d'azione, travagliava i regï.
Costoro erano sempre faticati con dimostrazioni di attacco, ma soffrivano qualunque fatica o disagio, anelando sempre l'ora della pugna.
In tutti i fatti d'armi del Volturno, dal 16 settembre sino al 24 dello stesso mese, i garibaldini ebbero sempre la peggio, e perdettero più di duemila uomini tra morti, feriti e prigionieri. Furono cacciati non solo dalla sponda destra dell'alto Volturno, ma eziandio allontanati anche dalla sinistra. Que' fatti di armi scoraggiarono i garibaldini abituati a vincere senza grandi pericoli e magicamente; quindi molti giovani siciliani e napoletani lasciavano il campo, ritornavano a Napoli, e domandavano invece impieghi civili.
I combattimenti sulle sponde del Volturno mostrarono, che Garibaldi ed i suoi capi di divisioni erano digiuni di ogni scienza militare. I capi garibaldini giornalisti
0scribacchini, erano incapaci di sostenere un fatto d'armi in aperta campagna, secondo le regole della guerra; distinguevansi invece nel combattere da dentro le case fortificate, dietro le barricate, e più di tutto con far celebrare da una stampa spudorata e bugiarda, in luogo di sconfitte, omeriche vittorie.
IIduce supremo Ritucci avrebbe dovuto valersi dell'entusiasmo della truppa dopo
1fatti di Caiazzo, e dello scompiglio e scoraggiamento de' garibaldini per lanciarsi incontanente alla riconquista di Napoli. Egli era un uomo istruito, onestissimo e prode, ma gli mancava slancio e genio militare. Maturava sempre il suo disegno di guerra, senza metterlo ad effetto, avea la debolezza di temere le reazioni, e non pensava ch'eravamo in piena rivoluzione.
Istigato dal Ministero di Gaeta a lanciarsi all'offesa contro Garibaldi, scrisse al Re e propose di muovere sopra Napoli con tre colonne di truppe parallele. Ma aggiungeva: temere che i soldati si sbandassero, (mentre avea sperimentato il contrario): anche vincendo, aspettarsi la resistenza delle popolazioni, ed il rinnovamento della santafede del 1799! Or io dico: Se tutti i Generali alla testa degli eserciti avessero gli scrupoli di Ritucci, l'umanità sarebbe redenta dal più terribile flagello sociale, e forse ritornerebbe l'età dell'oro immaginata da' poeti; però gli altri Generali non la pensano come Ritucci quando è necessario di venire a battaglia, e fan poco conto della avverse eventualità, e risolutamente attaccano. Gli stessi redentori de' popoli, cioè i rivoluzionarii, dannosi alla cieca, e perisca l'umanità intera, purchè essi vincano, fosse con l'esterminio, l'incendio, e la devastazione.
In risposta al disegno di guerra del Ritucci, il Ministro della guerra gli scrisse che andasse avanti e distruggesse il nemico, e volgesse simultaneamente sopra Napoli.
Alcuni Capi di Corpo e Generali, e più di tutti il Generale Colonna, riferì a Ritucci, non potersi più rendere responsabile dell'osservanza della disciplina fra' soldati, se si seguitasse sulla difensiva, mentre crescevano le offese nemiche sul Monte S. Angelo da non rendere più sostenibile la posizione di Triflisco.
Il Re mandò il generale conte Cutrofiano a persuadere Ritucci di prendere l'offensiva, e poi si recò Egli medesimo a Capua. Ma quel Generale in Capo rispose al Re, che il meglio sarebbe raccogliere le forze, e tenerle pronte a qualunque eventualità. Propose anche l'abbandono di Caiazzo - che si era riconquistato con tanto sangue per non tenere l'esercito troppo diviso.
In Capua era un consiglio di uffiziali superiori, i quali approvavano gli espedienti di Ritucci, ma dominava quel consiglio il prode Colonnello Matteo Negri, che consigliava rimanere sulla difensiva. Alcuni dissero che Negri piegava a quel modo perché nelle file garibaldine eravi il proprio padre, ed un fratello. Ritucci ne' suoi comenti su de Sivo smentisce questa assertiva, assicurando non vera la presenza del padre di Negri nelle masse di Garibaldi. Negri però per quanto valoroso, pagò con la vita il palpito politico che animavalo.
Capua si armò con altri cannoni mandati da Gaeta, si raddoppiarono i posti avanzati, e si svelsero gli alberi all'estremità del Poligono, per così togliere al nemico il mezzo di fare delle sorprese fin sotto la fortezza.
Si eressero altre batterie che si estendevano fino a Triflisco e Formicola: e se ne prolungavano da Tavernola ad Amoroso.
In tutti que' lavori di fortificazioni si distinsero i soldati pionieri, specialmente quelli comandati dal 1° Tenente Giovanni Colucci, e diretti da' capitani Pinedo del genio, e Baratta dell'artiglieria. Que' soldati, assieme al Colucci, si esponevano a qualunque pericolo, faticando di notte e di giorno sotto una pioggia di palle e granate che lanciava l'artiglieria garibaldesca.
Quasi tutto l'esercito accampava nel Poligono alla destra del fiume, esposto a tutte le intemperie perché privo di tende; gli avamposti si estendevano sino a Formicola; Meckel con la sua brigata giungeva sino ad Amoroso. Sarebbe stato
quello il momento di approfittare dello scompiglio e scoraggiamento de' garibaldini, e dello entusiasmo de' soldati, fattosi gigante dopo le vittorie riportate il 19 e 21 settembre. Ma era scritto nel libro della volontà di Dio, la caduta della patria nell'abbiezione e nella rovina.
Vi era un'altra suprema ragione che avrebbe dovuto muovere Ritucci ad attaccar subito Garibaldi; l'esercito sardo avea invaso le Marche e l'Umbria, ed i proclami de' Generali piemontesi non lasciavano dubbio che quell'esercito sarebbe un dì o l'altro piombato sul Regno di Napoli, attaccando alle spalle l'esercito che difendealo. Questo pericolo era preveduto da tutti; al Re però i mestatori o traditori facevano supporre che il Piemonte non avea motivi d'invadere il Regno, che l'Europa si sarebbe commossa; quindi tutto al più lasciato lo avrebbe alle prese con Garibaldi.
Francesco II, benchè giovanetto, non si facea più illudere, e fece di tutto per iscongiurare la catastrofe che lo minacciava.
Egli capi che co' Generali suoi nulla avrebbe potuto più fare, ed a malincuore, spinto dal supremo bisogno di salvare i suoi popoli, si decise ad invitare un Generale straniero, onde prendere il comando dell'esercito napolitano. All'uopo fece invitare Lamoricière, ma questi si negò. Il 24 Settembre Re Francesco spedì a Parigi il distinto Capitano di Stato Maggiore Luverà per invitare Changarnier o Bedeau. Quest'ultimo era ammalato. Changarnier, dopo che intese Luverà circa lo stato del Regno e dell'esercito, sembrava voler condiscendere all'invito di recarsi a Capua; ma poi si negò, forse per non inimicarsi di più Napoleone III, accettando un comando contro i protetti di costui. Fu allora che il Luverà chiese un disegno di guerra contro Garibaldi, e Changarnier rispose: «Il disegno di guerra si fa contro un Generale; contro un Garibaldi si va diritto a sconfiggerlo dove sta.»
Mentre si faceano queste pratiche, Garibaldi non restava inoperoso; facea dimostrazioni di voler valicare il Volturno, ed assalire i regï sulla destra sponda.
I soldati combatteano una guerra difficile, perché mancavano di tutto: lottavano nel proprio paese contro stranieri, i quali tutto aveano in abbondanza; le ricchezze di Napoli e del regno servivano contro i napoletani stessi. I soldati soffrivano tutte le privazioni e tutti i disagi, perché tutto si volle abbandonare al nemico. Nondimeno essi andavano incontro alacremente alle penurie ed alla morte, sottoponendosi a qualunque difficile prova per salvare l'onore militare e lo scettro glorioso di quel giovanetto re che tanto amavano; e badi il lettore, quando dico soldati, intendo pure la gran maggioranza degli uffiziali. Il soldato napoletano ben guidato, non è secondo ad alcuno, ed ha una principalissima qualità che ritrovo soltanto ne' soldati spagnuoli; cioè tollera in pace i disagi e la fame con pazienza ammirabile, battendosi da prode!
Tra le altre cose necessarie, nella campagna militare del Volturno, mancava il tabacco per fumare; e questa mancanza era esiziale per la maggior parte degli individui dell'esercito. Non pochi supplivano con farsi delle pipe di canna, e fumavano erbe e foglie secche; le quali in resultato cagionavano maggiori inconveniente a chi ne facesse uso.
Quando i soldati afferravano qualche prigioniero garibaldino, pria di tutto gli domandavano se avesse tabacco da fumare!
Il 28 settembre, Garibaldi, da S. Iorio, fingeva, o realmente volea passare il fiume vicino Triflisco: il Maggiore Pianelli comandante il 15° cacciatori, domandò pochi battelli per passare sulla sponda sinistra, ed attaccarlo non solo, ma provavasi a sloggiarlo dalle sue posizioni fortificate. Ritucci giudicò inopportuno quell'attacco, e lo proibì espressamente!
Meckel venne a zuffa co' garibaldini a Ducenta, e tolse a costoro 23 carri di viveri. Altri fatti d'armi avvennero negli ultimi giorni di settembre; quello però di Triflisco merita di essere ricordato particolarmente.
Garibaldi, dopo che fortificò S. Iorio con cannoni lisci e rigati, la mattina del 30 settembre aprì un micidiale fuoco contro i regï che si trovavano in Triflisco. Nel medesimo tempo comparvero innumerevoli masse di garibaldini sulla sponda sinistra del fiume ov'era il ponte; le quali masse conduceano de' battelli per passare sulla destra sponda ed assalire la brigata del generale Barbalonga che guardava quella posizione. Quel Generale dispose in modo la sua brigata da respingere il nemico su tutta la linea. Fece collocare due mezze batterie di montagna, e quattro cannoni rigati, da battere il nemico di fronte. L'artiglieria napoletana anche in quel rincontro fece prodigii; la lotta durò sino a mezzo giorno; le batterie nemiche tacquero perché smontate. Il Maggiore Pianelli alla testa del battaglione che comandava, respinse da prode le masse garibaldine, le quali faceano di tutto per passare il fiume; e quel giorno il Pianelli meritò gli elogi del Generale in capo. Oh! se questo Maggiore fratello del ministro della guerra avesse perseverato nella via dell'onore, non sarebbe anch'egli ascritto tra il numero di coloro che tradirono la patria ed il Re: Son sicuro che oggi vorrebbe cancellare l'atto di turpe tradimento perpetrato agli avamposti di Gaeta, in novembre 1860, cercando adepto un suo amico e compagno d'armi innocente, come dirò in appresso.
Giustizia vuole che si dicesse, che nel bel fatto d'armi di Triflisco del 30 settembre, si distinsero pure sei compagnie del 4° Cacciatori, ed erano poste sull'altura della Casina Segardi e due compagnie del 14° stavano a Pontelatone. E vedete quanto vale nella pugna un buon esempio, anche di un soldato. Queste due Compagnie, distanti l'una dall'altra erano il bersaglio dell'artiglieria garibaldesca, e già cominciavano a non star ferme a' loro posti, quando si presenta un soldato di nome Ialone, ch'era stato ferito in sul principio della pugna, ed apparteneva alla 3° Compagnia del 14°. Ialone era tutto fasciato, impugna il fucile, e mal reggendosi in piedi, nondimeno si avanza contro i nemici. Il Capitano di quella 3° Compagnia, Sinibaldo Orlando, disse amorevolmente a quel soldato di ritirarsi, ed avesse riguardo alle sue ferite; no, rispose costui, finchè vedo voi ed i miei compagni nel cimento, voglio combattere sino all'ultimo fiato. Gli altri soldati risposero con grida di applausi, e con entusiasmo si slanciarono alla pugna, e sbaragliarono il nemico. Gloria al soldato Ialone...!
Si distinse in quel brillante fatto d'armi il capitano Ferdinando Ricci,
Comandante la 4° Compagnia del 14°. Cacciatori. Quel Capitano, alla testa della sua Compagnia, si spinse sopra Pontelatone, ed esposto alla più micidiale mitraglia nemica, arrecò non pochi danni alle masse garibaldine per soccorrere la 3° Compagnia molto compromessa. Il Comandante di quelle Compagnie richiamò indietro il Capitano Ricci, perché giudicò troppo compromessiva la posizione presa da costui.
Nel fatto d'armi di Triflisco, 12 soldati furono gravemente feriti, altri 21 lo furono più lievemente; ma i garibaldini soffrirono non poco danno.
Il Re dolente pel rifiuto de' Generali francesi, e sentendo la necessità di muovere subito all'offensiva contro il nemico, il 27 settembre ordinò al Ritucci di dar battaglia presentandogli un disegno di guerra che il medesimo Ritucci e Meckel disapprovarono.
Si disse che quel disegno presentato dal Re sia stato fatto dal Generale francese Lamoricière. Ritucci si sentiva umiliato perché Francesco II richiesto avesse un Generale straniero per comandare il residuale esercito delle Due Sicilie, e perché non fu preferito il suo disegno di guerra accettando quello di Lamoricière.
Ritucci, ne' suoi Comenti confutatorii, se ne mostra indispettito tanto, che critica Lamoricière pel modo come si difese dai Piemontesi negli Stati della Chiesa.
Egli ingiustamente si corrucciava, una volta che si era mostrato indeciso di prendere l'offensiva preferendo trincerarsi in Capua e non andare innanzi; mentre era suprema necessità farla finita con Garibaldi a qualunque costo; dappoichè i Piemontesi già marciavano sul Regno di Napoli. Queste circostanze determinarono il Re, forse anche a malincuore cercare un Generale straniero come ultimo mezzo di tentare la sorte delle armi per salvare i suoi popoli. Per Ritucci sarebbe stato meglio dimettersi; ma volle rimanere a quel posto, come egli dice, perché la sua dimissione in que' momenti si sarebbe potuta qualificare di defezione. Ma che avrebbe egli voluto? che il Re avesse sacrificato un Regno alla sua ostinazione che dava la certezza di una prossima catastrofe? Avrebbe forse voluto che il Re avesse perduto il trono, il popolo l'autonomia ed il benessere per non offendere l'amor proprio e l'orgoglio di alcuno de' Generali napoletani, che in quell'ultima guerra si erano dimostrati soltanto inetti? Io rispetto la memoria dell'onesto, fedele e prode generale Ritucci, ma debbo pur dire che nel 1860, non si mostrò all'altezza de' tempi e delle circostanze!
Il disegno di battaglia presentato dal Re al Ritucci, era quello di assalire S. Angelo con una colonna, S. Maria con un'altra, e con un'altra colonna passare il fiume ad Amoroso, sboccare pei ponti della Valle, e piombar alle spalle dei garibaldini di Caserta. Questo disegno di battaglia fu criticato perché dividea la non numerosa truppa, spingendo una colonna ad Amoroso 20 miglia lontano da Capua, perché assaliva Garibaldi ove si era fortificato, e perché non avea lo scopo immediato di marciar sopra Napoli.
Il disegno di guerra di Ritucci era secondo me peggiore; perché sarebbe stato diametralmente opposto allo scopo di non insanguinare Napoli. Egli volea marciare sopra questa Città con più colonne parallele; accampare sopra Capodimonte, e da
lì intimare a' rivoluzionari di mettere giù le armi. Quel Generale in capo si cullava in due falsi supposti, che non faceano onore alla sue perspicacia ed a' suoi talenti militari.
Egli supponea che i garibaldini sarebbero rimasti nelle loro posizioni della sinistra riva del Volturno, mentre l'esercito regio marciasse sopra Napoli per la via di Aversa, e che li avrebbe tagliati fuori della loro base di operazione. È certissimo che Garibaldi, in tale circostanza sarebbe piombato in Napoli come un fulmine seguito da' suoi più arditi dipendenti, avrebbe alzate delle barricate e fatta una resistenza ad oltranza. Quindi falsa l'altra supposizione del Ritucci che i garibaldini avrebbero messo giù le armi alla intimazione di rendersi. Si sa da tutti qual conto han fatto sempre i così detti liberali del sangue cittadino: non trattavasi di napolitani ma di stranieri, che avrebbero distrutta o fatta distruggere Napoli, anzi che cedere la ghermita preda. A Ritucci, accampato sopra Capodimonte, gli sarebbero rimaste due sole strade a prendere, o entrare in Città a viva forza, ed allora sarebbe andato incontro a quel male che si era voluto evitare; o retrocedere a Capua, e l'esercito sarebbe stato battuto alle spalle, e son sicurissimo, che in questo sol caso, si sarebbe sbandato. Al contrario, il disegno di guerra presentato dal Re a Ritucci, sebbene avesse pure i suoi inconvenienti, nonpertanto se vi fosse vinto dai regï, Napoli sarebbe stata preservata dagli orrori della guerra, e fu questa la ragione che determinò Francesco II a preferirlo a quello del Generale in capo. I garibaldini sloggiati e battuti nelle posizioni di S. Maria, S. Angelo, Caserta e Maddaloni, sarebbero stati inseguiti da' soldati, e si sarebbero sicuramente sbandati, perché senza disciplina e senza coesione. Pochissimi sarebbero retrocessi fuggitivi a Napoli, la maggior parte per salvarsi; quindi i regï sarebbero entrati senza far guerra dentro il recinto di questa Città; al più vi sarebbe stata qualche scaramuccia insignificante.
Questo disegno di battaglia messo in esecuzione il 1° ottobre fallì, come vedremo tra breve, perché fu eseguito a malincuore dal Generale in capo Ritucci; fallì pel testardo Meckel, per la inqualificabile e sempre trista condotta militare di Ruiz de Ballestreros (quello di Calabria!) e per la viltà della maggior parte de' tanto prediletti Reggimenti della guardia reale!
Il disegno di battaglia de' regï, era conosciuto con anticipazione non solo da Garibaldi, ma ne' caffè di Napoli se ne parlava con cognizione di causa. Ciò non dee far maraviglia, lo stesso Ritucci ne' suoi comenti confutatorii dice in una nota a pag. 147:
«Il nemico era sempre informato, dopo poche ore di ogni disposizione che da me si dava sotto qualsiasi riserva; ciò che può far sospettare, che fino nel mio Stato Maggiore abbiano potuto esservi sue spie.» Ed egli, io soggiungo, non potendo disfarsi di tutto il suo Stato Maggiore, ignorando chi fra esso fosse il vero Giuda, certo dovè trovarsi in un letto di Procuste! Infelice condizione dei tempi, e guai allorchè questo colosso delle ombre, il tradimento, spiega il funesto suo impero!
Garibaldi istruito dell'ora, del modo e del luogo degli assalimenti, provvide alla difesa: Rustow ce ne dà i dettagli. Il duce supremo della rivoluzione passò a rassegna tutte le divisioni di S. Maria,
di S. Angelo, di Caserta e di Maddaloni, ed inculcò a Capi di tenersi pronti alla difesa. Avvertì poi i comandanti che guardavano S. Angelo, di tormentare i regï la vigilia della grande battaglia ed in effetti, il giorno 30 settembre fece eseguire quella dimostrazione guerresca di S. Iorio contro Triflisco, che abbiamo già accennata più sopra.
Garibaldi avea circa 40 mila uomini sotto le armi, e l'appoggio morale di estere Potenze: però egli sapea benissimo che la maggior parte de' suoi armati l'avrebbero abbandonato in qualche sinistro momento, quindi chiamò da Napoli tutti i garibaldini esteri, tutti i soldati piemontesi, e si ebbe dalla fregata inglese Renown seicento uomini che vi erano imbarcati. Richiamò Turr d'Ariano, il quale avea con sè molti altri individui esteri, ed Orsini che condusse batterie di cannoni, rette da uffiziali disertori dell'esercito napoletano. Da Napoli gli giunsero tutti i soccorsi necessarii; danaro, armi, vettovaglie, farmachi, infermieri ed anche infermiere, tra le quali le tre famose Miss White, appellata la Mario, Miss Flora Durant, e la Contessa della Torre, figlia di un Generale piemontese: tutte e tre queste eroine da teatro vestivano da uomo, con gli stivaloni, sproni e sciabola. Il Rustow dice che faceano più da Sirene che da infermiere, ed erano spesso alle prese co' chirurgi degli ospedali, i quali si annoiavano delle ciarle e delle moine di quelle tre battagliere.
Vi era pure una legione di preti, impropriamente detta sacra; que' reverendi eser citavano tutti gli ufficii buoni e cattivi!
Garibaldi per difendere le sue posizioni, divise in questo modo la sua gente. A Maddaloni stava Bixio con la 18a divisione, Eberhardt con una brigata della divisione Medici, e Fabrizi con un'altra divisione, ed otto cannoni: in tutto ottomila uomini.
Tra Caserta e Limatola vi era Bronzetti con poche centinaia di garibaldini, e quasi a sentinella. Presso Gradillo Sacchi con la sua brigata.
A S. Angelo stavano Medici ed Avezzana con la 17a divisione carabinieri genovesi, il reggimento Brocchi del genio, una brigata della 15a divisione comandata da Spangaro, e nove cannoni da campo, tra' quali quattro rigati.
All'ala sinistra, cioè a S. Maria, stava Milbitz con la I6a divisione, e parte della 15a, con la brigata Basilicata venuta d'Aversa comandata da Corte e quattro cannoni.
A Caserta, Quartier generale, Turr comandava le brigate Eber, Giorgis, Paterniti e Pace; avea tredici cannoni; in tutto erano in Caserta ottomila uomini.
La truppa regia venne divisa in questo modo: il Maresciallo Gaetano Afan de Rivera con 4500 uomini dovea assalire S. Angelo. Il generale Tabacchi con altri tanti uomini dovea investire S. Maria. Il Generale Meckel, con seimila uomini dovea passare il Volturno ad Amoroso, e pe' ponti della Valle volgersi sopra Maddaloni e Caserta. Un'altra divisione comandata dal Generale Colonna dovea guardare la diritta sponda del Volturno da Capua a Caiazzo. Quest'ultima divisione era condannata a non far nulla, mentre si avea bisogno di forza sul luogo del conflitto. Si inutilizzò una divisione perché si temea quello che non potea avvenire, cioè che i garibaldini, lasciassero le loro posizioni minacciate per attaccare i regï e prenderli alle spalle. Non sarebbe stata questa una manovra insensata se Garibaldi l'avesse tentata? Egli avrebbe divisa la sua forza per mandarne una parte ove sarebbe stata disfatta e massacrata sotto i piedi della cavalleria regia. Quindi fu un grande errore lasciare inoperosa una forte divisione, comandata dal Generale Colonna, soldato che sapea ben menare le mani; e nel momento del bisogno sarebbe statoil vero colpo di grazia.


(Estratto dal libro di Giuseppe Buttà, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta).