venerdì 6 aprile 2012

La Chiesa e la stregoneria



La relazione tra le persecuzioni degli stregoni e la Chiesa fu assai piccola. A Roma, centro della cattolicità, dove l’autorità pontificia era svincolata da intromissioni esterne, il papato si distinse per la propria tolleranza, mentre i protestanti furono assai più crudeli nell’impiegare la tortura e il fuoco per eliminare le streghe.
[Da AA.VV., Satana, (dalla collezione degli Etudes Carmelitaines), trad. it., Vita e Pensiero, Milano 1954, pp. 199-208]

Nessun cristiano, convinto che la Bibbia è parola ispirata da Dio, può negare l’esistenza, presente o passata, della stregoneria. Non si può ammettere che la storia dell’indovina di Endor (I Re, XXVIII), di Simon Mago (Atti, VIII, 9) o della donna con lo spirito di Pitone (Atti, XVI, 16) siano da intendersi come mere allegorie. Inoltre, la realtà del possesso demoniaco ammessa dai Vangeli, sembra rendere implicito che il diavolo non solo può impossessarsi del corpo e delle sue facoltà umane, se ciò gli aggrada, ma può anche comunicare con esse in maniera sensibile. Non vi è pericolo di errare nell’affermare che l’interferenza di Satana nelle cose umane fu probabilmente più immediata e più palese nelle età passate che nel periodo attuale. È logico attendersi che egli muti la sua tattica col mutare dei moti delle menti umane. In un’epoca in cui la fede in Dio era troppo fermamente radicata per venire attaccata con una qualche speranza di successo, alla tattica del diavolo può essere meglio convenuto accendere le passioni della malignità, della crudeltà e del piacere, mediante le arti e le illusioni della magia. Ai nostri giorni, in cui la fede va celermente scemando e acuta è la sete di conoscere, gli può far più comodo ricorrere a quei culti non definiti, vaghi, come la teosofia e lo spiritismo, che implicano entrambi, sostanzialmente, il ripudio di qualsiasi rivelazione. Tenendo presenti questi principi, dobbiamo andar cauti nell’affermare che non vi sia mai stato alcun fondamento alle cause mosse ai sedicenti stregoni, cosi com’è difficile credere che i particolari confessati dagli accusati siano sempre stati estorti col terrore della tortura. Anche quando ci si è trovati completamente di fronte all’impostura e alla delusione, i maghi sembra abbiano piuttosto deluso e loro stessi e i loro clienti. Tuttavia, mentre possiamo ammettere l’esistenza di pratiche realmente diaboliche, è perfettamente certo che la maggioranza delle vite così sacrificate apparteneva a vittime innocenti di un panico cieco di odio e di terrore. Il precetto dell’antica legge: «Non permetterai che uno stregone viva», se può attenuarlo, non può certo sanzionare le atrocità già sanzionate dai giudici ecclesiastici e civili di quasi tutti i paesi d’Europa.

Ma mentre nessun cattolico può desiderare di sminuire gli orrori della stregofobia quali ebbero luogo nel XVI e XVII secolo, vale la pena di rilevare che nelle dichiarazioni di coloro che ne hanno scritto, vi sono state molte esagerazioni, specialmente per quanto riguarda le cifre. Di queste, quelle che si trovano nelle enciclopedie popolari non sono assolutamente accettabili, essendo meramente fondate su dati che non hanno maggior fondamento storico di quello dell’intima coscienza dello scrittore. I resoconti del processi per magia, anche quando ne rimase traccia, o ne vennero osservate le forme legali, sono in molti casi andati dispersi, o ancora sono sepolti sotto la polvere dei secoli. D’altra parte, non bisogna dimenticare che storie oziose e sciocche di chiacchieroni da strapazzo, stampate in libercoli a buon mercato o riportate come pettegolezzi in lettere del tempo, sono state accettate come verosimili, e hanno formato la base di deduzioni assai più fantastiche e assurde. Mi permetto citare qui, a maggior chiarimento, un tipico esempio che mi è capitato di leggere nel 1895. Nel 1616, per le strade di Parigi, gli strilloni vendevano un libercolo da pochi soldi intitolato: La vera storia dell’esecuzione di cinquanta stregoni e streghe condannati a morte nella città di Douai... Parigi, in base alla copia stampata a Mons nell’Hainault, 1606. (1)

Ora, lo storiografo di Douai ha dimostrato, con tutta l’autorità gli deriva come studioso profondo della storia della sua città, che questo racconto strepitoso non è, dal principio alla fine, che il prodotto di pura fantasia. Non vi furono mai esecuzioni in massa di streghe a Douai, né se ne ebbe mai alcuna relazione scritta a Mons nell’Hainault, ma la fantasia ebbe la sua origine, per la prima volta, a Parigi. Non dobbiamo dimenticare che la gente di città del XVII secolo era, in erto qual modo, avida di libri sensazionali quanto lo è oggi il pubblico inglese. Oggigiorno i giornali debbono limitarsi nella pubblicazione delle notizie e nell’estrinsecazione del loro genio inventivo, ben sapendo a che cosa si espongono di fronte alla pubblicazione delle stesse notizie da parte di giornali rivali che, implicitamente, ne denunciano il mendacio, e che l’inganno di oggi comporta la perdita dell’attuale fiducia e della diffusione futura del giornale. Nel secolo XVII queste limitazioni non esistevano che in forma ridottissima e i particolari di fatti meravigliosi, riferiti soltanto da un libercolo a poco prezzo, devono esser accolti con la massima cautela. C’è poi un’altra considerazione che tende a gettare il sospetto su queste storie di esecuzioni di decine e centinaia alla volta, ed è la questione della spesa. Nella stessa città di Douai esiste una completa relazione, negli archivi pubblici, del processo a carico di tre stregoni davanti ai magistrati civili nel 1599. (2) Due di questi furono condannati al rogo ed il terzo fu cacciato dal Paese. Le spese per tutto questo processo sono elencate nei loro più minuti particolari, inclusi i pagamenti fatti a tutte le persone chiamate comunque in causa: onorari ai professori di università per il loro parere sopra un articolo di legge, indennità a magistrati e testimoni per il tempo perso, onorario al carnefice e ai suoi aiutanti, somme spese in cibi e bevande, e le fascine di legna per il rogo; il tutto culminante in una cena preparata per i magistrati e i funzionari, alla quale parteciparono pure il boia e sua moglie. L’intero processo costò più di mille lire, equivalenti probabilmente a circa 1.500 sterline d’oggi. È naturale che processi di questo calibro contro gl’indovini non potevano verificarsi tutti i giorni. Sono perciò incline ad affermare che l’unica prova accettabile, relativa al numero di coloro che vennero accusati di stregoneria, stia nella esistenza di documenti ufficiali, o nella testimonianza di testimoni oculari. Se ci si basasse su questa regola, I calcoli ora circolanti sia riguardo sia riguardo ai cattolici che ai protestanti dovrebbero essere notevolmente ridotti. (3)

Veniamo ora alla parte avuta dai Pontefici nelle persecuzioni contro stregoni. È stato talvolta fatto rilevare che la bolla Summis desiderantes affectibus di Innocenzo VIII, pubblicata nel 1484, va considerata come l’origine sia della credenza popolare nella magia, sia della severità usata nel sopprimerla. Ciò, come ne convengono anche Soldan e Heppe, (4) è completamente errato. La stregoneria è esistita in ogni tempo e in ogni paese e basterebbero i classici pagani a dimostrare che l’odio contro gli stregoni era universale quanto la fede riposta nella loro abilità illusoria. Vediamo infatti che, mentre ancora sopravviveva il paganesimo, la Chiesa usò spesso della sua influenza nel distogliere i convertiti dal credere troppo alla magia. Già sulla fine del X secolo il vescovo di Worms, Burchard, (5) compilò una specie di formulario di esame di coscienza, fondato sull’ancora più antico Canon Episcopi, nel quale venivano fatte al penitente domande come queste: «Hai mai creduto che ci siano donne che hanno il potere di far sorgere tempeste coi loro incantesimi, o di cambiare l’indole del cuore umano, mutando l’amore in odio e l’odio in amore, o di ferire o di derubare gli uomini del loro averi? Hai mai creduto che queste donne cavalcano di notte con la sedicente dea Holda e in compagnia di altre donne e di animali?». Se il penitente rispondeva affermativamente, doveva essergli data una opportuna penitenza.

Eppure fu sempre tenuto fermo il principio che la magia o le sue imitazioni erano mali da reprimere senza pietà, e nella stessa Inghilterra, sotto Edoardo il Vecchio nel 905 e sotto Cnut nel 1033, troviamo leggi che riconoscono la magia come delitto punibile con il bando o la morte. (6) In quasi tutti gli Stati europei, si ricordano numerosi processi contro gli stregoni del XIV e XV secolo, e fin dai primi giorni dell’Inquisizione quel tribunale affermò la sua giurisdizione in quei casi particolari di stregoneria in cui si potesse riscontrare una particolare forma di eresia. Lo scopo principale della bolla di Innocenze VIII fu quello di definire e risolvere questo conflitto giurisdizionale, ed il Papa si pronunciò in favore dell’Inquisizione e contro i magistrati civili. (7) Al tempo stesso egli si esprime molto recisamente sulla prevalenza della magia nei «territori della Germania Settentrionale», una questione di fatto sulla quale il Pontefice si trovava, ovviamente, alla mercè dei suoi informatori, e ciò diede occasione ad un’ondata di persecuzioni in quelle regioni nelle quali molte povere vittime furono condannate a morte. Il risultato più durevole della Bolla fu la stesura di un trattato intitolato Malleus Maleficorum ad opera degli Inquisitori Krämer e Sprenger, cui era diretta la bolla, e questo libro servì per molti anni come testo di procedura nei tribunali civili ed ecclesiastici. (8)

Per quanto riguarda, tuttavia, l’oggetto principale della bolla, vale a dire la questione della giurisdizione, è molto importante rilevare che essa non produsse risultati notevoli. I processi per magia non restarono nelle mani degli inquisitori, ma passarono ai tribunali secolari in quasi tutti gli Stati d’Europa, fatta eccezione per la penisola iberica. Fu sotto la giurisdizione di questi magistrati civili che vennero commessi i più gravi eccessi; sotto la furia cieca di ciò ch’era poco meno che un linciaggio e superato soltanto dagli errori indescrivibili delle camere di tortura. (9) La procedura imposta dall’Inquisizione avrebbe quindi introdotto almeno certe forme di giustizia, avrebbe fatto qualcosa per garantire l’osservanza di certi controlli e salvaguardie previste persino dal codice civile. Ma, sotto l’influenza di odii e terrori, queste forme furono in realtà di continuo trascurate. Per esempio, il Carolina, il codice penale compilato a Ratisbona sotto Carlo V, stabiliva che le domande principali non venissero fatte agli stregoni durante la tortura; esso stabilì inoltre che la pena di morte non venisse inflitta se non in quei casi speciali in cui fosse risultato che gli incantesimi avevano provocato notevoli danni. Gli interrogatori fatti sotto la tortura erano praticamente diretti all’unico scopo di ottenere le «confessioni», e divenne regola riconosciuta che il tentativo di far uso della stregoneria doveva essere punito con la morte effectu non secuto, anche se non ne erano derivate conseguenze. (10)

Quanto piccola fosse l’importanza delle relazioni tra la persecuzione degli stregoni e il Papato e la Chiesa Cattolica, si può giudicare dal fatto che gli Stati Protestanti furono i primi ad impiegare la tortura ed il fuoco per l’eliminazione degli stregoni. (11) È difficile dare un giudizio sul grado relativo di barbarie usata tra i cattolici e i protestanti con tale scarsità di documenti storici, ma, stando a quelli pubblicati sulle città dell’Europa centrale, sembra che, in questa caccia, i Riformatori siano stati assai più crudeli e spietati che non gli aderenti all’antica fede. (12) Non servirebbe a nulla il cercar di redigere un elenco delle atrocità comprovate, quasi ovunque, da testimonianze, o discutere la verità delle denuncie più assurde fatte in entrambi i campi. Si narra che il giudice protestante Carpzovius abbia firmato 20.000 sentenze di morte, ma una tale affermazione non ha, con tutta probabilità, alcun fondamento. E faccio pure le più ampie riserve riguardo alle pretese condanne al rogo, in un solo anno, di 133 stregoni nella cittadina di Quedlingburg (1589) e della monte, nel 1613 e 1614, di 300 stregoni a Westernstretten, presso Ellwangen. (13) È certo tuttavia che in nessuna parte d’Europa la fobia degli stregoni fu cosi violenta come nella Scozia, calvinista, e lo stesso Giacomo I, il re forse più adulato quale incarnazione di giustizia, umanità e saggezza illuminata che qualunque re mai vissuto prima, fu istigatore e testimone oculare dei tormenti inflitti a molti di quei disgraziati.

Di fronte a questa cecità e brutalità quasi universali, non sarà inopportuno far rilevare le eccezioni. Mentre, a tutta prima, gli Stati protestanti e cattolici sembrano sullo stesso piano, un esame più approfondito rivela invece una sensibile differenza. Presso i riformatori, l’iniziativa della persecuzione contro gli stregoni parte dai capi religiosi. Nel campo cattolico, invece, il movimento ha quasi sempre origine da timori ciechi del popolino ignorante o dalla malizia di uomini completamente indifferenti in materia religiosa, giacché gli eccessi non sono dovuti alla chiesa come chiesa. Non è indubbiamente difficile provane questa tesi mediante testimonianze che si dimostrano perfettamente conclusive, ma è impossibile tentarlo qui negli stretti limiti concessimi. Mi limiterò perciò ad alcune indicazioni.

Se la molla istigatrice della persecuzione degli stregoni fosse stata costituita dai Papi, dovremmo aspettarci di trovare che a Roma, città nella quale la loro autorità era completamente svincolata da interferenze esteriori, la crociata fosse condotta con la più spietata crudeltà. Ed invece è avvenuto proprio il contrario. Per quanto non si possa affermare con certèzza che nessun stregone sia mai stato bruciato vivo, è certo però, ed è generalmente ammesso, che Roma, in fatto di tolleranza verso gli indovini, fu sempre all’avanguardia di tutte le altre città europee. (14) E che Roma sia spesso chiamata il paese del mondo più dominato dai preti, costituisce un’altra eccezione. Il signor Lecky ha dimostrato la singolare assenza di stregomania in Irlanda, quando afferma che «in un solo anno in Inghilterra e in Scozia sono perite per quel motivo più persone di quanto ne siano cadute in Irlanda in tutto il corso della sua storia». (15) Preferisco però citare qui le parole di uno scrittore del «Dublin University Magazine», non certo sospetto di simpatia per Roma: «È però curioso come l’Irlanda, sebbene considerata di solito, e ben a ragione, un paese superstizioso per quanto riguarda spiniti e fate, sia stata invece sempre relativamente immune dalla strego mania». (16)

Quel che si dice per i Paesi si può ripetere per gli individui. Quei figli della Chiesa che si conquistarono la venerazione da parte dei loro compagni per la vera santità della vita, e che furono poi canonizzati santi, come S. Filippo Neri, S. Carlo Borromeo, S. Ignazio di Loyola, S. Vincenzo de Paoli, S. Francesco di Sales, per quanto abbiano avuto sufficiente influenza per riformare intere città e popolazioni, pure non hanno mai usato di quell’influenza per cercar di distruggere l’impero di Satana mediante ecatombi di stregoni. Ben diversamente accadde coi riformatori Calvino e Lutero, Melantone e Giovanni Knox. La prima legge del parlamento scozzese comminante la pena di monte agli stregoni fu approvata nel 1563 su esplicita istigazione di Giovanni Knox, e in quell’anno stesso molte furono le vittime che dovettero soccombere. (17) Giacomo Melvill, devoto ammiratore di Knox, ci narra che la prima esecuzione di cui fu testimone oculare fu quella di una strega di S. Andrews: «contro la quale il signor Knox — quell’eccellente servo di Dio — parlò dal pulpito, in presenza della stessa vittima, legata ad un pilastro di fronte a lui». (18) Venticinque anni dopo gli immediati seguaci di Knox si diedero molto da fare nell’organizzare in tutto il regno la caccia agli Stregoni, sotto la personale direzione di Sua Maestà il Re Giacomo VI.

Quanto a Calvino, troviamo scrittori protestanti che dichiarano francamente che il codice penale, promulgato a Ginevra sotto la sua ispirazione, fu in realtà scritto col sangue più delle leggi di Dracone. Tra il 17 febbraio e il 15 maggio del 1545, si ebbero a Ginevra 34 esecuzioni, in gran parte di stregoni. I riformatori rimproverano persino al Papato la troppa longanimità dei cattolici nel condurre le persecuzioni. Più curioso di tutti è il fatto della condanna di certi stregoni, da parte di questo padre del Protestantesimo, ad essere «murati». Un decreto del Consiglio in data 2 aprile 1545 così dichiara: «si ordina che essi (cittadini proscritti che tornano dal bando) siano murati, e non siano tratti fuori sin quando non abbiano confessato la vera, altrimenti finiranno i loro giorni in questo tormento». (19)

Ma, ci si può chiedere, in che cosa differisce la crudeltà di Calvino e di Knox dalla parte avuta in questa persecuzione da Papi come Innocenzo VIII? La grande differenza sta nel fatto che Calvino e Knox furono essi stessi istigatori e testimoni delle torture e dei roghi degli stregoni, mentre Innocenzo VIII non fu che un semplice legislatore per popolazioni assai lontane, viventi in quello che, per lui, era il barbaro nord. Convinto, come gli avevano insegnato le Sacre Scritture, della possibilità della magia, egli non ebbe probabilmente difficoltà a credere che in quei paesi selvaggi la stregoneria fosse una organizzazione attiva e potente, richiedente severe misure di repressione. Ai nostri giorni, più di una persona sensibile che si sbellicherebbe dalle risa per qualsiasi diablerie accaduta in Inghilterra, non la ritiene però affatto incredibile quando essa si riferisce all’India o all’Africa o a San Domingo. Quanto ai barbari mezzi impiegati, essi non furono che quelli comuni a tutti i tribunali civili d’Europa di quell’epoca di quelle immediatamente successive. (20)

Mi ero ripromesso di accennare qualcosa sugli uomini che per anni cercarono di fugare questa densa e nera nube della persecuzione contro gli stregoni, di questa specie di marchio obbrobrioso sulla faccia dell’Europa cristiana. Ma mi limiterò a dire che tali uomini non furono né filosofi, né statisti, né fondatori di nuove religioni. Il più illustre di tutti, secondo la imparziale testimonianza del protestante Leibniz, fu un santo sacerdote gesuita, P. Federico Spee. (21)

Quando ci mettiamo a passare in rassegna con calma i dati di questo complesso problema della magia e della persecuzione degli stregoni, l’unica sana conclusione cui possiamo pervenire sembra quella che i nove decimi, e forse il novantanove per cento di questi fatti, si debbono ricercare nelle condizioni di menti malate ed isteriche, conseguenza di tante superstizioni e, tra gente così poco istruita, di un’atmosfera di sospetto, di terrore e di mistero. Ne certamente mancarono anche qui e là persone intelligenti, quali Gilles de Rais, che credettero in queste cose e che, a scopo di denaro o a fini diabolici, cercarono deliberatamente di mettersi in comunicazione con lo spirito di tutti i mali e che, datisi alla disperazione, non si arrestarono davanti ad alcun genere di delitti, bestemmie o sacrilegi. La stragrande maggioranza, però, non fu probabilmente colpevole se non di una curiosa e, talvolta, di una maliziosa ricerca superficiale dell’occulto e del rischio. Ogni volta che infuriava la persecuzione o un terrore così grande da lasciar il mondo senza parole, la fantasia dette forma alle streghe e le moltiplicò; fin quando i giudici, sia protestanti che cattolici, constatarono la loro impotenza a procedere oltre nell’inseguimento di piste immaginarie. (22)

(*) Con note di J. H. Crehan, S. J.

(1) Discours véritable de l’exécution faite de cinquinte tant Sorciers que Sorcières, executés en la ville de Douay... a Paris... joute la copie imprimée a Mons en l’Hainault. MDCVI. Vedi un articolo nel Souvenirs de la France Wallone, II serie, vol. II, p. 177 (1828), in cui l’autore dimostra che non solo manca ogni traccia di tal fatto negli annali di Douai ma persino che i particolari riflettenti gli accusati e il loro luogo di residenza sono completamente incompatibili con il fatto del loro processo ed esecuzione in quella città.

(2) Souvenirs de la France Wallone, I serie, vol. IX, pag. 35-62. L’importanza di questo argomento delle spese può essere confermata dal reclamo presentato da Matteo Hopkins, avvocato puritano e procuratore generale contro gli stregoni, e ricordato nella sua Scoperta degli stregoni (1647): «Egli mi chiese soltanto 20 scellini e tuttavia deve fare talvolta 20 miglia a cavallo e non riceve di più per le sue spese di andata e ritorno». Se una città avesse dovuto pagare forti somme per la ricerca degli indovini, e cosi per le spese di giudizio, non si sarebbe ricorso al poliziotto investigatore.

(3) L’importanza di questo argomento delle spese può essere confermata dal reclamo presentato da Matteo Hopkins, avvocato puritano e procuratore generale contro gli stregoni, e ricordato nella sua Scoperta degli stregoni (1647): «Egli mi chiese soltanto 20 scellini a tuttavia deve fare talvolta 20 miglia a cavallo e non riceve di più per le sue spese di andata e ritorno». Se una città avesse dovuto pagare forti somme per la ricerca degli indovini, e così per le spese di giudizio, non si sarebbe ricorso al poliziotto investigatore.

(4) W. C. Soldan e H. Heppe, Geschichte der Hexen-Processe, 2 vol. pubbl. da M. Bauer (1912). La bolla viene discussa nel vol. I, pp. 270-280. Essa parla delle immoralità commesse e praticate dagli indovini e delle bestemmie e maledizioni lanciate contro uomini, bestiame, raccolti e vigneti, ma non parla del Sabba degli stregoni a dei furti di bambini.

(5) Burchard fu vescovo di Worms dal 1000 al 1025. Egli tratta della magia almeno tre volte nella sua collezione di Decreta (Migne, P.L. 140, 576 e 837, e anche 961). I primi due passaggi sono presi verbatim da una prima opera canonica di Regino di Prüm, compilata nel 906 (P.L. 132, 284), che conteneva un Canon Episcopi del sec. IX. Il terzo passaggio di Burchard è più preciso e suona cosi: «Hai creduto che esistono donne che fanno cose che alcuni, ingannati dal demonio, dicono di dover fare sotto costrizioni e, cioè, cavalcare di notte in un gruppo di demoni, comunemente chiamati, dai creduli, holda, e che i diavoli vengono trasformati in esseri dall’aspetto di donne a montati su bestie mentre queste persone sono esse stesse annoverate Ira costoro? Se tu hai creduto queste fole devi fare penitenza per un anno».

(6) Wilkins, Concilia, I, pp. 204 e 306.

(7) Soldan e Heppe, gil eminenti protestanti, rilevano che la principale importanza storica della Bolla consiste precisamente nella dichiarazione papale del diritto di interferire nelle decisioni di questioni della giurisdizione legale entro i confini dell’Impero.

(8) Krämer è spesso chiamato Insitoris, forma latinizzata del suo nome, che fu in generale più usata nel periodo della Rinascenza. La Bolla era particolarmente diretta al Vescovo di Strasburgo, ed in essa gli si ingiungeva di dare ogni aiuto agli inquisitori. Pochi anni dopo però, Giorgio Gosler, Vescovo di Bressanone ed amico di Nicola di Cusa, fu tanto poco impressionato dal procedere di Insitoris a Innsbruck, che lo espulse dalla diocesi.

(9) Che il processo dell’Inquisizione abbia portato notevoli benefici agli accusati, almeno alcune regioni, è provato da una legge di Carlo VIII in base alla quale gli stregoni dovevano essere arrostititi e bruciati «senza forma di procedura». Archives Historiques du Nord, III serie, vol. I, p. 279.

(10) Jannssen, History of the German People, XVI, pp. 292-296 (Trad. ingl. A. M. Christie, 1910).

(11) Nella Danimarca e in Transilvania è certo che il rogo per gli stregoni non comincio prima della introduzione del Protestantesimo. Peder Palladius, vescovo della Chiesa Danese sotto Cristiano III, nel 1540 scrisse: «Queste creature devono ricevere il premio meritato. In questi tempi illuminati dal puro Vangelo, essi non possono più continuare. Essi saranno ora infamati di fronte al mondo». È forse, d’altra parte, dovuto all’influenza papale se la Danimarca è rimasta libera dalla caccia agli stregoni. La lettera di Ildebrando nel 1080 al Re Haakon ebbe indubbiamente non poco valore in Danimarca. In questa lettera Papa Gregorio VII disse al Re che le donne accusate di stregoneria e poteri occulti non erano colpevoli e il tentativo di punirle era semplicemente stupido e avrebbe attirato la collera divina. (Caspar, Das Register Gregors VII, Berlin, 1920, p. 498.

(12) Jannssen, History of the German People, XVI, pp. 297-298.

(13) Queste cifre citate da Jannssen, ibid., XVI, pp. 424 e 506. P. Thurston ha consultato le fonti citate da Jannssen e fa notare di credere che Jannssen dia delle cifre maggiori di quanto lo permettano le fonti. Nel caso di Westerstretten, le cifre sono tratte dalla Litterae Annuae della Compagnia di Gesù e sono basate sopra le relazioni dei Padri che assistettero gli stregoni alla loro esecuzione: opera questa che procurò alla Compagnia, in quel tempo, una pessima reputazione e molte accuse di stregoneria. Indubbiamente le statistiche di quei buoni Padri talvolta trascesero e portarono ad esagerazioni così come è accaduto nel numero degli aereoplani abbattuti nella battaglia di Gran Bretagna (‘42-’43).

(14) Uno stregone fu bruciato vivo a Roma il 28 giugno 1424, secondo quanto riporta il Diarium di Infessura (Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, III, 2, p. 1123). Questa esecuzione ebbe luogo subito dopo il ritorno di Martino V, che segnò la fine del periodo Avignonese, e in occasione della predicazione di S. Bernardino da Siena. Pastor, Storia dei Papi, I, p. 223, dà un resoconto della faccenda, che ne mette in chiara luce la singolarità.

(15) Storia d’Inghilterra, vol. II, p. 892.

(16) Agosto, 1873, p. 219.

(17) V. John Hiél Burton, Storia della Scozia, vol. IV, p. 72. Questo apologista di Knox ammette liberamente il fatto.

(18) Diario di Giacomo Melvill, p. 58.

(19) Kampschulte ne dà il testo nel suo Johan Calvin, pp. 424-427. Ecco le parole testuali: «Ordonne q’ils soient murés et ne soient otés de là jusqu’à ce qu’ils aient confessé la vérité, autrement finiront leurs jours à tel tourment». P. Thurston fu molto colpito da questa scoperta della «muratura» tra i calvinisti. Egli si era tanto dato a scrivere circa i ridicoli racconti di suore murate vive in tombe che Rider Haggard aveva osato introdurre in uno dei suoi romanzi. Sembra che questa «muratura» altro non significasse che una segregazione solitaria continuata per lungo tempo. Ciò che le anacorete avevano iniziato come reclusione volontaria e come ritiro dal mondo fu considerato come un aggravamento di punizione da parte della potestà civile ed ecclesiastica del tardo Medioevo, di fronte alla constatazione che le pene più lievi perdevano di efficacia.

(20) Si potrebbe anche rilevare che i Papi differivano da Calvino e Knox nel loro atteggiamento verso l’Antico Testamento. Per vane ragioni dottrinali e polemiche, i riformatori diedero maggior importanza al Vecchio che al Nuovo Testamento. I comandi dell’Esodo e del Levitico dovevano essere osservati alla lettera. Di qui la necessità di condannare a morte gli stregoni; necessità non sentita dai seguaci dell’interpretazione tradizionale, per la quale il Vecchio Testamento era ritenuto applicabile soprattutto per le allusioni e le previsioni ch’esso dava del Nuovo. Va notato che in un recente studio sulla magia, nel ducato di Lorena, per il periodo che va dal 1585 al 1640, Etienne Delcambre, archivista del dipartimento di Meurthe-et-Moselle (Le concept de sorcellerie dans le Duché de Lorraine au XVI et au XVII siècle, vol. I, Nancy, 1948) attribuisce la causa principale dell’epidemia a idee false sulla teologia mistica più che a una sopravvivenza o recrudescenza delle pratiche pagane.

(21) Federico Spee von Langenfeld (1591-1635), morto all’apogeo della sua potenza come poeta e teologo morale per una malattia contratta nell’assistere i soldati feriti nella guerra dei Trent’anni, fu un pioniere nella campagna condotta al fine di migliorare le sorti degli accusati di stregoneria. Nella sua Cautio Criminalis basata non solo sui principi della teologia morale, ma anche sull’esperienza personale acquistata col visitare gli stregoni in prigione e dando loro i conforti della religione, egli attaccò l’uso della tortura nell’interrogatorio degli accusati di stregoneria. Egli, un giorno, fu persino prelevato da riformatori mentre si recava a predicare in un paese e percosso quasi a morte. Riuscito a fuggire, si fasciô le ferite e si presentò in chiesa con la testa fasciata a pregare commentando il testo «la rondine vola perché è una rondine». In uno dei suoi poemi egli dice che avrebbe lasciato dopo morto un canto in lode di Dio

«Es werden’s andere singen
Bin ich gleich langst dahin.»
e le sue parole si sono avverate in un modo come davvero egli non s’aspettava. Quanto ci ha lasciato di lui Bernhard Duhr (Geschichte der Jesuiten in den Ländern deutscher Zunge, II, 2, pp. 745-766, Freiburg, 1913) è forse la fonte più accessibile, per quanto di lui siano state scritte molte vite in Germania, l’ultima delle quali è quella di W. Kosch nel 1921.

(22) La mania degli accusati di confessare tutto a tutti (e anche di più) tutto ciò di cui erano accusati non è fenomeno limitato ai nostri giorni. Agobardo di Lione all’inizio del IX secolo nota che Grimoaldo, conte di Benevento, dopo un’epidemia di bestiame, avrebbe inviato uomini con della polvere da spargere sopra il bestiame dell’imperatore cristiano. Molti degli arrestati per sospetto confessarono di aver avuta e di aver sparso la polvere. Agobardo rileva che la cosa era così assurda che se anche tutti gli uomini e tutte le donne di Benevento fossero usciti con tre carri di polvere ciascuno, non ne avrebbero avuto a sufficienza per giustificare il fatto; eppure la prospettiva della morte non scosse queste miserabili creature dal confessare la loro colpa. «Tanta jam stultitia oppressit mundum, ut nunc sic absurde res credantur a Christianis quales antea quisquam ad credendum poterat suadere paganis creatorem omnium ignorantibus (Agobardo, Libera contra insulsam vulgi opinionem de grandine et tonitruis, XVI: in Migne, P.L. 104, 158).

© Soc. Ed. «Vita e Pensiero»

di Herbert Thurston S. J. (*)