venerdì 13 aprile 2012

Regno di Sardegna 1857: Elezioni? Valide se a favore di chi è al governo


di Angela Pellicciari

Il voto del 1857 mise in agitazione Cavour perché il partito cattolico raddoppiò i consensi.

[Da "La Padania", 25 settembre 2001]

Il 2,4% della popolazione sarda è chiamato alle urne sul finire del 1857. Si tratta delle prime elezioni dopo i provvedimenti eversivi del governo Cavour e l’ansia del conte per il risultato elettorale è comprensibile.

I risultati delle elezioni vanno molto al di là delle più fosche previsioni di Cavour. Il partito cattolico raddoppia i suoi consensi passando dal 20,4% al 40,2 e Cavour, pronto a fronteggiare un’opposizione di non più di 30 deputati, se ne trova davanti 60. Questo il quadro della situazione tratteggiato da Cavour in una lettera al principe Napoleone: "Il partito clericale agendo nell’ombra, ma con una forza d’insieme poderosa, sotto l’impulso e la direzione di Roma e del Comitato centrale di Parigi, grazie all’impiego di mezzi odiosi e indegni, si è procurato una serie di trionfi parziali che gli hanno regalato una temibile minoranza nella futura Camera. Ci preparano una lotta disperata".

Per realizzare l’unità d’Italia di tutto ha bisogno Cavour fuorché di un’opposizione degna di questo nome. Molti dei deputati eletti nelle file cattoliche sono preti stimati e conosciuti da tutti; uomini brillanti, sanno benissimo cosa sta succedendo. Conoscono i piani della Massoneria, conoscono il pericolo che la religione cattolica corre e sono pronti a dare battaglia seria in Parlamento, ben diversa da quella stanca e fiacca della Camera precedente.

Perché la cospirazione italiana vada a buon fine, il presidente del Consiglio ha assoluto bisogno di avere le mani completamente libere, senza nessuno che sia in grado di ostacolarne e controllarne le mosse. Cavour non può permettersi il lusso di un contraddittorio parlamentare; per sbarazzarsi della temibile opposizione non resta che un’arma: invalidare le elezioni. È la strada che Cavour, come al solito privo di qualsiasi scrupolo, si accinge a percorrere. Il 30 dicembre 1857 spiega in Parlamento perché l’elezione di 22 persone non sia valida e vada annullata. Abuso di armi spirituali, questa la motivazione: "Si denunzia l’uso dei mezzi spirituali nella lotta elettorale; io desidero che di queste accuse il clero intero sia purgato".

Cosa intende Cavour per uso improprio di armi spirituali? L’aperta denuncia che alcuni sacerdoti fanno dei propositi anticristiani e massonici del governo liberale: la cospirazione anticattolica (e quindi antitaliana) che pure è in pieno svolgimento, non è dicibile. Cavour è del parere che il clero, denunciando lo stato dei fatti, abusi del suo potere e combatta "per riacquistare gli antichi privilegi, per far tornare indietro la società, per impedire il regolare e normale sviluppo della civiltà moderna".

Mentre invalida l’elezione dei suoi più temibili avversari prendendo a pretesto il progresso ed il "normale sviluppo della società moderna", il presidente del Consiglio completa l’opera indirizzando una circolare agli Intendenti generali e provinciali (l’equivalente dei prefetti) perché appoggino con decisione i candidati governativi.

In chiusura del proprio intervento alla Camera Cavour evidenzia le delicate implicazioni che l’abuso di armi spirituali potrebbe comportare: "ove si lasciasse in questo terreno pigliar piede e assolidarsi l’uso di queste armi spirituali, la società correrebbe i più gravi pericoli; la lotta da legale correrebbe il rischio di trasformarsi in lotta materiale. Quando il clero potesse impunemente denunciare nei comizi elettorali i suoi avversari politici a cominciare da coloro che reggono lo Stato fino all’ultimo fautore delle idee liberali, come nemico acerrimo della Chiesa, come uomo colpito dai fulmini divini, esso potrebbe facilmente ottenere da quella gente di opporsi e al Governo". Cavour ha ragione: la persecuzione anticattolica è violentissima e se la popolazione capisce come stanno le cose si corre il rischio di una rivolta. Al clero non può essere consentito di parlare chiaro.

La Chiesa di Pio IX, se non invita alla rivolta, non copre nemmeno col proprio silenzio la messinscena liberale del governo parlamentare. La politica né eletti né elettori suggerita da don Margotti di lì a qualche anno si trasformerà nel "Non expedit" di Pio IX. Il papa prenderà atto che, nel regime costituzionale, per la Chiesa e per i cattolici non c’è alcuno spazio.