venerdì 4 ottobre 2013

L’autodemolizione della Chiesa Cattolica: 5. Il Concilio Ecumenico Vaticano II

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g) L’ecumenismo
Non c’è dubbio che, con la liturgia, un mutamento, una novità nata dal Concilio Vaticano II sia il nuovo ecumenismo. Non che l’ecumenismo in sé sia una novità, ma tale è se si considera la prassi rivoluzionaria che è stata messa in atto.
L’ecumenismo è la spinta a ricomporre l’unità di tutte le fedi cristiane, che nel tempo si è lacerata. La partenza è nel Vangelo e precisamente nella preghiera di Gesù al Padre durante l’ultima cena, in cui chiede al Padre  che i suoi seguaci “Siano tutti una cosa sola”.
Il desiderio di Gesù è da prendere sul serio, ciononostante, fin dai tempi apostolici non sono mancati coloro che pur non avendone il titolo si sono permessi di fare opposizione alla Chiesa seminando teorie eretiche e costringendo i legittimi pastori ad intervenire per confutarle e chiarire la dottrina che Cristo ci ha consegnato. Purtroppo molti di costoro sospinti dall’orgoglio, nonostante gli inviti di Santa Madre Chiesa a recedere, sono rimasti arroccati alle loro distorte opinioni costringendo la Chiesa stessa a formularne la condanna e a comminare l’anatema ai ribelli e ai loro seguaci.
Tutti sanno che un Concilio (Tutti i vescovi riuniti insieme al Papa) quando sentenzia in materia di fede e di morale è garantito dall’infallibilità promessa da Gesù stesso. Quindi chi non accetta il Magistero infallibile della Chiesa, per ciò stesso si pone fuori della Chiesa e la scomunica non è altro che una sanzione che conferma tale posizione. La scomunica inoltre ha pure altri due scopi non secondari: mette l’eretico di fronte alla sua coscienza in modo che possa ritornare sui suoi passi; aiuta i fedeli cristiani a discernere il buon grano dal loglio.
La Chiesa è sempre andata avanti così con questa disciplina,  severa se vogliamo, ma chiarificante. Non diversamente si comportò Gesù quando pronunciò quelle tremende parole: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me dissipa” (Mt.12,30), investendo la Chiesa e i suoi pastori di poteri eccezionali: “Qualunque cosa legherete in terra sarà legata anche in cielo, e qualunque cosa scioglierete in terra sarà sciolta anche in cielo”.
Queste prese di posizione della Chiesa sono molto dolorose, e prima di giungervi percorre per intero la strada indicata dal suo Capo: “Se il tuo fratello ha commesso una mancanza contro di te, và e correggilo fra te e lui solo; se t’ascolta hai guadagnato il tuo fratello; ma se non t’ascolta, prendi con te una persona o due, affinché sulla parola di due o tre testimoni sia decisa ogni questione; e se ricusa di ascoltarti, dillo alla Chiesa; se poi non ascolta neppure la Chiesa, sia per te come un gentile e un pubblicano” (Mt.18,15-17).
Alcuni di questi sbandati si ravvidero (ad esempio Francesco Fénelon, Arcivescovo di Cambrai, che aveva scritto un’opera poi condannata dalla Chiesa di Roma, e nel momento stesso che apprese della condanna, predicò alla sua gente la totale sottomissione ai superiori e alla Chiesa), altri invece hanno persistito nei loro funesti propositi attirando a sé nell’eresia anche intere nazioni. Sono nate lungo i secoli molte sette, ognuna delle quali riteneva di rappresentare la verità cristiana. In realtà sono i rami secchi di cui parla Gesù, rami che non possono dar frutto e che perciò sono da gettare nel fuoco.
Qui è il problema: cosa intendeva Gesù quando invocava “Che  tutti siano una cosa sola.(Gv.17,21)? Tutti questi strappi smentiscono le parole di Gesù? La Chiesa così frantumata è ancora la Chiesa voluta da Cristo? E siamo sicuri adesso che la vera unica Chiesa  sia la Chiesa Cattolica?
Il nuovo corso conciliare ci obbliga a porci un problema molto serio: l’identificazione sicura della vera ed unica Chiesa voluta e fondata da Gesù Cristo. Fino a qualche decennio fa noi cattolici davamo per scontato che fosse la Chiesa Cattolica e nessuno, veramente nessuno ne dubitava.
Quando recitiamo il CREDO, diciamo: Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Queste sono le note che caratterizzano la Chiesa voluta e fondata da Gesù Cristo. Il catechismo di Pio X le sintetizza così:
  • UNA: perché tutti i suoi membri ebbero, hanno ed avranno sempre UNICA la fede, il sacrificio, i sacramenti e il capo visibile, il romano pontefice, formando così tutti un solo corpo, il Corpo Mistico di Gesù Cristo.
  • SANTA: perché sono santi Gesù Cristo suo capo invisibile e lo Spirito che la vivifica, perché in lei sono santi la dottrina, il sacrificio, e i sacramenti, perché tutti i suoi componenti sono chiamati a santificarsi e perché molti realmente furono santi, molti lo sono e molti lo saranno.
  • CATTOLICA: cioè universale, perché istituita e adatta per tutti gli uomini e sparsa su tutta la terra.
  • APOSTOLICA: perché è fondata sugli Apostoli e sulla loro predicazione, e perché è governata dai loro successori, i Pastori legittimi, i quali, senza interruzione e alterazione, seguitano a trasmettere la dottrina e il potere.

La Chiesa Cattolica si chiama anche ROMANA perché i quattro caratteri succitati si riscontrano solo nella Chiesa che riconosce per capo il vescovo di Roma, successore di San Pietro.
(Pio X: catechismo medio)
   Pertanto se le note caratteristiche della Chiesa di Cristo, si ritrovano, in tutta la loro interezza, soltanto nella Chiesa Cattolica, ciò significa che solo la Chiesa Cattolica è l’unica vera Chiesa di Cristo.
Ciò assodato, si arriva necessariamente ad una conclusione: tutte le altre sedicenti chiese staccatesi dal ceppo originale non fanno parte in alcun modo della vera Chiesa voluta da Cristo.
Nonostante queste dolorose lacerazioni, la Chiesa Cattolica non perde il carattere dell’unità anche se ciò che divide è il dissenso su alcune verità di fede; ma il ramo secco non impedisce all’albero di essere tale. Il tradimento di Giuda non ha certo inibito l’unità degli Apostoli. Del resto tutti siamo rami secchi qualora ci troviamo in peccato mortale; ma non per questo la Chiesa  perde la sua unità.
   “Dio è uno, uno è il Cristo, una è la Chiesa, una è la fede, uno è il popolo cristiano cementato dalla concordia, uno e integro come il corpo dell’uomo. Orbene, l’unità non si può spezzare perché l’unità del corpo non si spezza con la rottura delle sue membra e invano vien fatto a brandelli; la sua unità non vien meno”. Questo brano dal trattato “De Catholicae Ecclesiae Unitate” di San Cipriano (n°23) mi sembra più chiaro che mai.
La Chiesa soffre per l’abbandono dei suoi figli ed è sempre alla ricerca di recuperarli. Per il passato ha fatto molti tentativi per riguadagnarli, ma il più delle volte sono risultati vani. Per questo la Chiesa nei secoli li ha redarguiti anche con parole durissime per indurli ad abbandonare le loro posizioni eretiche che oltretutto erano di scandalo per i cristiani minandovi la pace e la comunione.
San Cipriano (III sec.),  ha parole molto dure: “Chi si allontana dalla Chiesa per unirsi a una setta eretica, non ha  diritto alle promesse della Chiesa. Chi l’abbandona non potrà avere il premio promesso da Cristo. Perché diventa uno straniero, uno sconsacrato, un nemico di Cristo. Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre” (‘De Catholicae Ecclesiae Unitate’,6). Questa verità è stata definita nel IV Concilio Lateranense (1215) che dichiara: “Una è, in verità, la Chiesa dei fedeli, fuori della quale nessuno può essere salvato”.
Ancora San Cipriano nel suo trattato: “Chi incrina l’unità della Chiesa è fuori della legge divina, non è nella fede del Padre e del Figlio, non ha vita né salvezza” (n°6). Pertanto “Non fummo noino, a separarci da essi; furono loro a staccarsi da noi. E poiché le eresie e gli scismi son sorti dopo la fondazione della Chiesa, cioè quando si innalzarono qua e là dagli eretici le loro baracchelle, furono essi ad abbandonare la sorgente, il principio della verità” (n°12).
Le sferzate di San Cipriano contro gli eretici non lasciano dubbi su come il cristiano fedele alla Chiesa si dovrebbe comportare: “Bisogna tenersi a distanza, fuggire chi s’è separato dalla Chiesa, perché é  un perverso, un peccatore, un dannato volontario (…) Egli ha impugnato le armi contro la Chiesa, ha recalcitrato contro ogni divina disposizione. Nemico dell’altare, ribelle al sacrificio di Cristo, perfido, sacrilego, servo disobbediente, figlio empio, fratello nemico…” (n°17). E appoggiandosi a San Paolo, Efesini (5,6-7) avverte il suo gregge: “Bisogna star decisamente lontani da quelli che sono testardi nell’errore. Che vivendo con essi e camminando con loro nella via del peccato anche noi andremo lontano dalla verità e ci renderemo colpevoli del loro peccato” (n°23).
Forse l’atteggiamento così radicale di San Cipriano risente del tempo in cui egli è vissuto: con le persecuzioni in atto non c’era che da scegliere da quale parte  della barricata porsi.
Ma non è meno radicale San Leone Magno, vissuto nel V secolo, il quale nel sermone XXVI contro l’eresia di Eutiche, sferza gli eretici e invita i cristiani a fuggirli: “Siccome è proprio dei periti medici le passioni dell’umana infermità prevenir con rimedi, e dimostrare in che modo fuggire si possano le cose alla salute contrarie, così all’ufficio pastorale appartiene prevedere, che l’eretica malignità alla greggia del Signore nuocere non possa, e manifestare come si debba dei lupi e dei ladroni la malizia fuggire; perché l’eretica empietà non si poté mai celare in modo, che dai nostri Santi Padri non sia stata sempre ripresa, e meritamente dannata (…). Questi adunque, dilettissimi, dei quali parliamo, come mortifero veleno fuggite, detestateli, schivateli e astenetevi  dai loro colloqui, se non volete essere da noi corretti, (poiché) siccome è scritto: il loro parlare come granchio addosso vi entra. Imperocché con giusto giudizio ai separati dalla unità della Chiesa nessuna comunione si debbe concedere, la quale non per gli odi nostri, ma per le loro scelleratezze perdono. (….) Ma noi confidiamo che la protezione di Dio i vostri cuori e la vostra fede custodisca; affinché avendo voi fin ora obbedito fedelmente, perseverando l’osservanza della Cattolica fede, siate nella sua dilezione, per Cristo Signor Nostro. Amen.”
Molti dei concetti espressi da questi Padri della Chiesa hanno tutt’oggi valenza. La mela sana a contatto con quella marcia, marcisce anch’essa: è una massima sempre valida; ma di questo oggi non si tiene più conto. E’ un male, perché vediamo quanto sia facile specie per gli sprovveduti, lasciarsi trascinare nell’errore. Poi le idee devono essere chiare e non aver il falso pudore di chiamarli gentilmente fratelli separati quando San Cipriano li chiama schiettamente fratelli-nemici ed eretici. Evidentemente le cose sono cambiate. Per esempio – cito il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica -: “Quelli che ora nascono e sono istruiti nella fede di Cristo in tali comunità, non possono essere accusati di peccato di separazione” (Unitatis Redintegratio,3). Stesso discorso che fa la “Nostra Aetate” con gli ebrei, ove si dice: “(La morte di Cristo ) non può essere imputata né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo” ( Nae, n°4).
Questo mi sembra ovvio: non possono aver colpa alcuna gli israeliti sparsi nella Palestina, se i loro vertici politici e religiosi hanno mandato a morte Gesù Cristo. Però una volta conosciutoLo, e conosciuto il Suo Vangelo e la Sua Chiesa, per ottenere la salvezza si son dovuti convertire (3000 al primo discorso di San Pietro ai giudei – Atti, 2-41). Ciò vale anche per i protestanti e gli ortodossi. Adamo ed Eva non hanno chiesto a me per fare il loro peccato; tuttavia le conseguenze le pago anch’io, ma per Cristo e la Chiesa io mi salvo.
Si dice che “Nelle chiese che si sono staccate dalla piena comunione della Chiesa Cattolica si trovano molti elementi di santificazione e di verità. Tutti questi beni provengono da Cristo e spingono verso l’unità cattolica. I membri di queste chiese e comunità sono incorporati a Cristo nel Battesimo: noi li riconosciamo perciò come fratelli” (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica – n°163, che ricalca il decreto conciliare ‘Unitatis Redintegratio,3). E’ un discorso in cerca di una strada per avvicinare i protestanti. La Chiesa oggi ha cambiato giudizio e quindi anche l’atteggiamento nei riguardi delle chiese riformate e degli ortodossi orientali: sono dentro o fuori della Chiesa? Non si capisce bene! Ma non si può stare un po’ di qua e un po’ di là. Infatti è sufficiente rinnegare un solo dogma per porsi fuori della Chiesa Cattolica;  lo dice San Giacomo: “Chi avrà osservato tutta la legge, ma ne avrà trasgredito anche uno solo, è reo di tutto” (Gc,II.10). Cosa significa che si sono staccati dalla piena comunione? Che sono ancora parzialmente in comunione? E cosa significa essere incorporati a Cristo? E cosa significa riconoscerli come fratelli? Sarebbero dei fratelli minori? Anche i musulmani, e ancora tutti gli uomini sono fratelli perché figli di Dio. O per essere fratello è sufficiente credere in Cristo pur negando la Sua presenza nell’Eucaristia, negando i Sacramenti e l’autorità del Papa? Che cos’è questo intruglio?
I versetti 3 e 4 del capitolo 17 del Vangelo di San Luca mettono in chiaro una cosa che solitamente nelle omelie e nei commenti è trascurata. Dice Gesù: “Se tuo fratello ha peccato, riprendilo, e se si pente, perdonagli. E se anche peccasse sette volte al giorno contro di te, e sette volte al giorno si rivolge a te dicendo: mi pento, tu gli devi perdonare”. Il punto che va sottolineato è quel “Mi pento”. Si usa mettere in rilievo il perdono che dobbiamo concede a chi ci ha offeso e si sottace l’atto di pentimento di chi ci aveva offeso. Ci sentiamo tutti la parte offesa e pronti a concedere il perdono, senza considerare che pure noi siamo peccatori che a nostra volta dobbiamo chiedere perdono a quanti abbiamo offeso. E’ più facile perdonare che chiedere perdono; quest’ultimo richiede sempre una buona dose di umiltà ed essere ordinati alla conversione. Comunque la grazia del perdono è correlata al pentimento.
Queste parole di Gesù sono anche un avvertimento a chi ha tradito la Sua dottrina, a coloro che rifiutano la guida della Chiesa e del successore di Pietro al quale soltanto, Gesù ha dato le chiavi del potere. Dio certamente è misericordioso e perdona, ma solo ad una condizione: che il peccatore sia pentito. Non si può parlare di misericordia e di perdono senza parlare di pentimento, e ciò è sicuramente riferibile anche all’ecumenismo che è sempre stato inteso in questo senso dal Magistero dei Papi;
L’Enciclica di Pio XI “Mortalium animos” (6 gennaio 1928) è chiarissima a riguardo:“La riunione dei cristiani non si può favorire in altro modo che favorendo il ritorno dei dissidenti all’unica vera  Chiesa di Cristo, dalla quale, precisamente, un giorno ebbero l’infelice idea di staccarsi”.
Il ritorno nell’ovile delle pecore perdute, il paziente lavorìo e la costante preghiera perché i peccatori ritornino nella casa del Padre che li attende con ansia, pronto a perdonare. Il ritorno però, come il figliol prodigo, sarà preceduto dal pentimento: “Padre ho peccato contro il cielo e contro di te” (Luca 15,21). Allora il Signore e la Santa Chiesa Cattolica accoglieranno a braccia aperte quei figli che erano morti e son tornati a vita, erano perduti e li abbiamo ritrovati (cfr.Luca 15,24) E sarà festa.
Oggi però le cose sono cambiate. Si è scoperto che nella faccenda del figlio dissoluto, una buona parte di colpa l’aveva anche il padre, il quale, sentendosi forse la coscienza pesante ha perdonato il figlio. Fuor di metafora, si scopre dunque che la Chiesa è piena di peccatacci (Le crociate, l’inquisizione, Galilei e la scienza, l’assoggettamento della donna, la notte di San Bartolomeo, lo sterminio degli ebrei, la fame nel mondo, ecc.) e giù allora con i ‘mea culpa’ a strabiliare la gente e scandalizzare i cattolici. Scuse e scappellamenti ai protestanti e a quel buonuomo di Lutero (santo subito!) per aver recato offesa e dolore con la assurda resistenza alle loro buone intenzioni. Le cose si sono rovesciate: non è chi ha tradito che chiede perdono, ma chi è stato tradito. Incredibile! I vergognosi cedimenti della Chiesa Cattolica nei confronti dei protestanti sono a testimoniare l’inversione a U della Chiesa Cattolica che volontariamente si è posta sul banco degli imputati autoproclamandosi colpevole delle passate divisioni.
Gesù, nella parabola della pecorella smarrita, pone ‘al sicuro’ le 99 pecore e va in cerca della smarrita. La Chiesa Cattolica invece non ha messo al sicuro le sue pecore, ma le ha lasciate in balìa dei lupi pensando che fossero diventate ‘adulte’ e in grado di capire e di difendersi. La pecorella poi è risultato non essersi smarrita, ma intenzionalmente appartata a causa di dissapori con le sorelle, cosicché è divenuta una sorella ‘separata’. Il pastore, nel suo ardore, trovata la pecorella e sentite le ragioni della sua scappatella, vista l’inutilità dell’invito a ritornare all’ovile e l’impossibilità a riportarcela con la forza, non ha potuto fare altro che confermarla nella sua dissociazione. Tutto qui, niente male! Anche gli sposi se non vanno d’accordo, si separano, magari divorziano e si risposano, e vescovi e preti si affannano a rassicurarli che la Chiesa li comprende e si unisce al loro ‘dolore’, e se pure non possono (per ora!) ricevere l’Eucaristia, tuttavia non solo fanno sempre parte del popolo di Dio, ma hanno acquisito un posto di riguardo. Parimente i fratelli separati protestanti: non è ancora giunto il momento di incardinarli pienamente nella Chiesa Cattolica, ma in qualche modo ci si arriverà. Incontri, bei discorsi (cercando di evitare accuratamente i temi scottanti che veramente dividono e su cui non si deve cedere), abbracci, preghiere insieme (il comune Padre Nostro) e riti fianco a fianco, una Messa semiprotestante, cancellazione delle scomuniche come se nulla fosse successo, e tante scuse, ma solo da parte cattolica (ormai è prassi): naturalmente dall’altra parte non si muove nulla, anzi, come risposta di buona volontà, gli Anglicani hanno dato il via alle donne prete-pastore e vescovo, gli ortodossi hanno mostrato i denti diffidando la Chiesa Cattolica di non fare proselitismo nei territori ex sovietici. Quello che più addolora è che non c’è nessun segno di ravvedimento e di avvicinamento alla Madre Chiesa Cattolica. Il loro ecumenismo infatti consiste nel mantenere ben salde le loro posizioni, rafforzati dal fatto che la Chiesa Cattolica scivola inesorabilmente sul loro terreno. Presto i cattolici si accorgeranno di aver preso un grande abbaglio.
La Chiesa Cattolica, consapevole di aver ricevuto in consegna il tesoro del Vangelo da trasmettere a tutti gli uomini non può e non deve arrivare a compromessi con alcuno; deve solo affermare chiaramente, come San Cipriano: “Chi è uscito deve rientrare”. Non c’è altra via per ricomporre l’unità. L’ecumenismo che va oltre è una forzatura, anzi, è un oltraggio alla verità e a Cristo stesso che ha desiderato tanto che tutte le pecore rientrino nel suo ovile. E se a tante di queste pecore piace vagare tra i monti impervi col rischio di incontrare il lupo, che fare? Mi sembrerebbe logico come prima cosa, avvertirle del pericolo che corrono. Invece no: gli si toglie la scomunica, si elimina la parola  ‘eresia’, si invitano alle cerimonie liturgiche ufficiali, non come spettatori, ma pure coinvolti nell’azione (Fino a ieri era proibito ai cattolici di entrare nelle chiese protestanti). E i parroci più ‘ecumenici’ concedono chiese e cappelle per i loro riti e le loro ‘messe’, alimentando e propagando così l’errore! Si invitano ai convegni a tenere conferenze o addirittura a fare meditazioni sul Vangelo ai convegnisti (cattolici), e si assumono come insegnanti nei seminari cattolici. Incredibile! Come il figliol prodigo che torna a casa dal padre. Con la differenza che questo tornò pentito, quelli invece tornano baldanzosi, forti di non aver ceduto un solo centimetro dalle loro posizioni eretiche.
Ma il Catechismo di San Pio X, autentico magistero della Chiesa Cattolica dice che chi è fuori dalla Chiesa per propria colpa e pur conoscendo la verità, la rifiuta, senza il pentimento finale non si salva. Parimenti il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “non possono essere salvati quanti, conoscendo la Chiesa come fondata da Cristo e necessaria alla salvezza, non rientrassero e non vi perseverassero” (n°171 del compendio). Questo però nessuno glielo dice! Ma questo è proprio il punto: chi conosce la Chiesa Cattolica e non la riconosce, non si salva perché rifiuta la verità.
   Dove intende dunque arrivare il neo ecumenismo conciliare? Ce lo spiega la “Unitatis Redintegratio” del Concilio Vaticano II: “Perciò le stesse chiese e comunità separate, quantunque crediamo che hanno delle carenze, nel mistero della salute non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di SALVEZZA, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della Grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa Cattolica”. (U R, 3).
Cerco di capire questo discorso contorto.
1)         Cristo vuole servirsi di queste chiese protestanti, e le elegge strumenti di salvezza.
2)         Questi strumenti avrebbero valore in quanto scaturiscono dalla pienezza della Grazia e della Verità, possedute dalla Chiesa Cattolica.
3)         In sostanza, la Chiesa Cattolica facendo leva sui suoi peculiari requisiti, trasmetterebbe agli eretici la possibilità di salvarsi l’anima, pur restando nel loro errore, nella loro fede deviata, nel loro peccato.

Incredibile! Davvero un salto mortale da circo per dire che si salvano tutti e comunque! E per dire che la Chiesa di Cristo è già in espansione!
La “Unitatis Redintegratio” al n°9 sostiene che “Bisogna conoscere l’animo dei fratelli separati. A questo scopo è necessario lo studio, il quale deve essere condotto secondo la verità e con animo ben disposto. I cattolici debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscenza della dottrina e della storia, della vita spirituale e liturgica, della psicologia religiosa e della cultura propria dei fratelli. A questo scopo molto giovano i congressi, con la partecipazione di entrambe le parti per trattare specialmente questioni teologiche, dove ognuno tratti da pari a pari purchè quelli che vi partecipano sotto la vigilanza dei vescovi siano veramente periti. In questo modo si verrà a conoscere meglio il pensiero dei fratelli separati e a loro verrà esposta con maggiore precisione la nostra fede”.
Non la pensava così Pio XI il quale nell’enciclica “Mortalium animos” (del 1928) al n°6 scriveva: “Per ora (Gli acattolici, i protestanti, ecc.) affermano di voler trattare volentieri con la Chiesa Romana, per quanto con eguali diritti e sempre alla pari; ma se potessero fare, c’è da star sicuri che farebbero in modo da non essere costretti in quella forma di accordo che essi vagheggiano, e lasciar quelle idee per cui oggi si trovano fuori dell’unico ovile di Cristo, vagando ed errando”.
Trattare da pari a pari in questioni dogmatiche non è possibile: i dogmi non sono negoziabili, e qualora ci si ponesse alla pari, uno di fronte all’altro per ciò che non attiene i dogmi, è giocoforza cercare un compromesso. Comunque esiste un alto rischio di cadere in un vero irenismo (Anche se nel n°11 della stessa “Unitatis Redintegratio” viene qualificato come falso irenismo).
Capisco la prudenza della Chiesa Cattolica, capisco le sue braccia aperte pronte ad accogliere le pecore smarrite, posso capire anche il fatto di mettere in luce tutto ciò che abbiamo in comune e differire l’esame di ciò che ci divide, ma non capisco questo stato di cose per cui i cosiddetti fratelli separati godono di una posizione di privilegio, scontati su tutto. Il nuovo ecumenismo ha portato a questo, ma siamo ben lontani dalla vera unità. Unità che “importa innanzitutto unità di Governo, talché vi sia un solo ovile e un solo Pastore. Importa in secondo luogo unità di Fede, poiché agli Apostoli Gesù Cristo prescrisse di insegnare alle genti tutto quello che Egli aveva insegnato loro. Dunque, i fedeli debbono credere  né più né meno quello che Cristo ha rivelato ai suoi discepoli e quindi ai loro successori. In ciò consiste l’unità della fede. ‘Una fides’ diceva San Paolo, la fede dev’essere una sola. E appunto perché sia una sola, la fede, i fedeli debbono docilmente sottomettersi al magistero infallibile dei Concili Ecumenici e del Papa.
   L’unità della Chiesa esige in terzo luogo l’unità dei Sacramenti. ‘Unum baptisma’ diceva San Paolo; il battesimo è uno solo. E quindi i Sacramenti, ossia quei riti esterni istituiti da Gesù Cristo per simboleggiare e produrre la Grazia che Egli per mezzo di questi riti conferisce, sono tutti quelli che Gesù Cristo medesimo istituì, e non possono essere né più né meno, né altri da quelli che Gesù Cristo istituì. Se ne conchiude che l’unità della Chiesa è triplice: unità di
governo, unità di fede e unità di Sacramenti. La quale unità evidentemente si dimostra nella Chiesa Romana. (“La scienza della religione” di G.Rossignoli. Capo II, Parte III. Ed.SEI. 1955).
A conseguenza della libera interpretazione della Sacra Scrittura, tutte le sette protestanti sono divise tra loro oltre che dalla Chiesa di Roma a riguardo di alcuni dogmi; da questo dedalo sarà ben difficile uscirne.
La gente ha bisogno di certezza e di chiarezza, perciò un teologo nostro contemporaneo afferma decisamente: “Deve essere ben chiaro a tutti, e per sempre, che coloro che non sono credenti, non sono cristiani o non sono cattolici, devono convertirsi alla Verità, e cioè all’unica vera religione rivelata da Dio in Cristo e mediante la Chiesa; coloro che sono cristiani cattolici devono convertirsi continuamente alla santità: il DIALOGO della Chiesa con i non cattolici o i non credenti, deve avere come unico scopo la loro conversione alla Verità e la propria conversione alla santità, anche nelle strutture e negli organici”. (Mons. Nicolino Sarale, commento ai Vangeli, inserti di “Chiesa viva”).

Fonte:

http://radiospada.org/