Verso la guerra
John C. Calhoun . |
L’Unione è destinata ad essere dissolta, i segnali sono evidenti. […] [Non è più possibile] evitare, o concretamente posporre, la catastrofe. Plausibilmente mi aspetto che ciò accada entro dodici anni o tre mandati presidenziali. […] Il modo in cui succederà non è così chiaro, […] ma con ogni probabilità la detonazione avverrà nel corso di una elezione presidenziale.
In effetti le cose andarono esattamente così: il 6 novembre 1860 il candidato del Partito repubblicano – partito fondato nel 1854 che ereditava le tradizioni whig, freesoiler e radicali – Abraham Lincoln vinse le elezioni con una maggioranza relativa piuttosto risicata, in quanto i suoi avversari avevano presentato tre candidati differenti. Fu chiaramente un’elezione contro il Sud, nel quale “Lincoln non ottenne un solo voto”: divenne così Presidente soltanto di una parte del paese. Fra la sua elezione e l’insediamento nel marzo 1861 gli Stati del Sud decisero che la loro posizione era divenuta indifendibile all’interno dell’Unione, e dichiararono uno dopo l’altro la secessione (già il 20 dicembre 1860 il South Carolina aveva dichiarato la secessione dall'Unione) ; avrebbero in seguito dato vita alla Confederazione ed eletto il senatore del Mississippi Jefferson Davis suo Presidente. Una scelta in linea col principio cardine dell’Unione originaria: questa si configurava come una confederazione di Stati autonomi, che volontariamente delegavano al governo federale l’esercizio di specifiche e ben definite funzioni comuni; trattandosi di un contratto di natura fondamentalmente privatistica, qualora uno dei contraenti fosse stato in disaccordo con gli altri, avrebbe potuto ritirare la delega e fuoriuscire liberamente dall’Unione. Il diritto di secessione non era previsto dalla Costituzione del 1787, ma vi era implicito: persino i più radicali sostenitori del centralismo, Alexander Hamilton e Daniel Webster – entrambi provenienti dalla borghesia del Nord -, concedevano che in casi estremi taluni Stati avrebbero potuto ricorrervi. La secessione fu in effetti un atto pacifico, che in nessun caso avrebbe potuto causare una guerra – che dunque non poté essere “di secessione”. Ciò nondimeno, vi era chi non poteva transigere sulla supremazia e sulla inscindibilità dell’Unione, chi non poteva concepire l’atto degli Stati del Sud che come una “ribellione” a Washington che andava messa a tacere: il repubblicano Abe Lincoln. Per Lincoln l’Unione si era elevata alla sublimità di una sorta di misticismo religioso pagano. Premessa fondamentale del suo pensiero era il carattere di “nazione” degli Stati Uniti. Questi ultimi erano stati per il founding father Thomas Jefferson una nazione “solo per finalità specifiche”, mentre Calhoun aveva parlato di “assemblage of nations”; per Lincoln, tuttavia, si trattava di nazione senz’altra qualifica:
Abraham Lincoln. |
Deve sorprendere una tale solerzia nel voler difendere una “nazione”, una “grande repubblica” che, come ricordato da Luraghi, nei fatti ancora non esisteva. Come evidenzia correttamente Bassani, quello che prima di Lincoln e della Guerra civile non era presente sul suolo americano era il concetto di “Stato moderno”, con l’annessa idea di “sovranità”. Lincoln importò dunque Machiavelli, Bodin e Hobbes negli Stati Uniti – mentre Jefferson era stato erede dell’adamantino liberalismo di Locke; vi aggiunse Rousseau affiancandolo ai riferimenti al “popolo americano”, un’entità metastorica – se non proprio metafisica – che trascendeva il potere dei singoli Stati, in nome della quale il potere veniva ineluttabilmente devoluto al governo federale di Washington. Lottare contro le rivendicazioni di autonomia degli Stati, così come opporsi ai rebels a mezzogiorno del Potomac, erano necessità cogenti per Lincoln.
Horace Greeley. |
Ciò che voglio è salvare l’Unione. […] Il mio obiettivo primario in questa lotta è quello di salvare l’Unione e non quello di conservare o eliminare la schiavitù. Se potessi salvare l’Unione senza dover liberare un solo schiavo, lo farei e se la potessi salvare liberando tutti gli schiavi lo farei. Se potessi salvarla liberandone alcuni e abbandonandone altri farei anche questo. Ciò che faccio riguardo alla schiavitù, e per la razza di colore, lo faccio perché penso che aiuti a salvare l’Unione e ciò che non faccio, non lo faccio perché non credo che serva a salvare l’Unione.
Nel suo primo discorso inaugurale del 4 marzo 1861 Lincoln aveva detto: “Non ho nessuna intenzione, direttamente o indirettamente di interferire con l’istituzione della schiavitù negli Stati in cui esiste”; aveva addirittura paventato di renderla perpetua: “Ogni protezione che, in accordo con la Costituzione e le leggi può essere fornita, sarà immediatamente fornita a tutti gli Stati”.
Le basi della guerra: Liberismo VS protezionismo.
Stati Confederati d'America. |
Lincoln era disposto a quasi ogni compromesso sulla questione della schiavitù. […] Su un punto invece era assolutamente intransigente: il potenziamento degli Stati Uniti attraverso lo sviluppo industriale e, a questo fine, il protezionismo, il centralismo […] Erano necessari per uno sviluppo “imperiale” interno su linee non dissimili dal mercantilismo che aveva retto l’Inghilterra nel XVII e nel XVIII secolo, prima della svolta liberista dell’Ottocento. “Sistema americano” [American System, n.d.r.] aveva chiamato questo progetto Henry Clay, il suo più coerente propugnatore di cui Lincoln doveva essere l’erede. Tutto questo costava molti dollari e per reperirli il governo federale […] non poteva contare che su tasse sui consumi e, soprattutto, sulle tariffe doganali, che costituivano nel 1860 il 95 per cento dei suoi introiti. Gran parte dell’aggravio sarebbe pesato sugli Stati del Sud […], [il quale Sud] intuiva che sarebbe stato rovinato dal protezionismo industriale (e lo fu, durante la guerra e per lunghi decenni di dopoguerra) e avrebbe dovuto coprirne i costi. Fu questo, non l’attaccamento alle istituzioni schiaviste, che spinse i suoi dirigenti verso la soluzione disperata della Secessione.
Fin dal dibattito genetico intorno alla Costituzione, i fautori del centralismo – prevalentemente nordisti - avevano sovente sostenuto misure di intervento pubblico nell’economia; al contrario gli Antifederalisti, ovverossia i “federalisti autentici” espressione dell’intellighenzia sudista, avevano sempre difeso il laissez-faire delle origini e la libertà economica dalle ingerenze del governo federale. Essi avevano correttamente compreso che ogni rivendicazione di libertà che voglia essere fondata deve partire innanzitutto dalla difesa della libertà di mercato e della sfera privata dei singoli contro le invasioni della “mano pubblica” dello Stato. Al contrario, il centralismo dei redattori dei Federalist Papers – Hamilton in primis – e di Webster, così come il nazionalismo intransigente di Lincoln, avrebbero fatto da spalla alle pretese di Washington di controllare e dirigere ampi settori dell’economia: la difesa del “made in USA” era il cavallo di Troia mediante cui veicolare l’affermazione di uno Stato centrale forte e la soppressione del regime di “libertà federale”. Tutto ciò fu reso possibile dalla sconfitta della Confederazione: l’America, come ha scritto efficacemente Alberto Mingardi, morì il 9 aprile 1865 ad Appomattox, quando il Generale Lee firmò la resa incondizionata dinnanzi a U.S. Grant. Questa scena è ahimè rappresentata da Spielberg nel suo peana cinematografico come l’inizio di una nuova era di uomini liberi ed eguali.
Il 9 aprile 1865 ad Appomattox il Generale Lee (seduto a sinistra) firma la resa incondizionata a U.S. Grant (seduto a destra). |
Il tramonto della old republic e l'alba del nazionalismo Yankee
La capitale della Confederazione, Richmond (Virginia) , in macerie dopo la capitolazione. |
Egli prevedeva che se si voleva far nascere veramente la nazione americana, era meglio smetterla con il fuoco e il sangue; se ne era già fatto un uso addirittura eccessivo. I rancori lasciati dalla guerra, in definitiva, sarebbero scomparsi abbastanza presto; ma quelli seminati dall’oppressione sarebbero durati a lungo. La politica meschina, vendicativa, feroce dei radicali sarebbe costata agli Stati Uniti quasi un secolo di odii sezionali che, se Lincoln fosse vissuto, sarebbero stati forse evitati.
William Tecumseh Sherman: l'artefice del sacco di Atlantae dell'incendio che devastò la grande città del Sud. |
John Wilkes Booth (1865). |
Tolto di mezzo Lincoln – più o meno intenzionalmente – Stanton e i radicali poterono finalmente imporre al Sud quella che i manuali di Storia definiscono, con un eufemismo che parrebbe ridicolo se non fosse raccapricciante, “Ricostruzione”: fu in realtà un’occupazione militare che durò fino al 1871, che stremò fisicamente ed economicamente gli Stati del Sud, vessandoli con i tributi e le imposizioni più pressanti e condannandoli ad una posizione di minorità da cui avrebbero impiegato parecchio tempo per uscire. Scrive Pasolini Zanelli, non senza una nota di rammarico:
Charleston (South Carolina) alla fine della guerra (1865). |
Lee con suo figlio Custis (sinistra) e Walter H. Taylor (destra). 16 aprile 1865. |
E’ solo dal periodo della guerra civile che la Plymouth plantation e la Nuova Inghilterra diventano più rilevanti di Jamestown e della Virginia, il puritanesimo viene proclamato la religione fondativa, il passato americano viene ricostruito a partire da una norma (il New England) rispetto alla quale gli Stati del Sud non sono che una deviazione. [… ] Il Sud si presenta come un “altrove assoluto”[…]. Sulla strada della modernità il New England si staglia come la perfezione, il “dover essere” di ogni più remota parte del paese, mentre al Sud spetta il ruolo di “non io”, di antitesi a tratti assoluta e inconciliabile. […] oggi l’attacco al passato sudista si mescola con un continuo processo di “rieducazione culturale” al quale i cittadini del Sud sono sottoposti sin dall’infanzia. Del Sud vengono attaccati costantemente simboli, idee, retaggio.
Difficile dar torto a Luraghi quando scrive, in modo perentorio:
Si deve purtroppo concludere che è in atto una gigantesca operazione (orchestrata dal Nord e capeggiata prevalentemente da black muslims, da ideologi del politically correct e da altri estremisti) intesa a mutilare il Sud della propria storia.
Corpi di soldati dell'Unione caduti nella Battaglia di Gettysburg (Pennsylvania) 1-3 luglio 1863. |
Fonte:
Wikipedia(immagini).
BASSANI LUIGI MARCO, Dalla Rivoluzione alla guerra civile. Federalismo e Stato moderno in America 1776-1865 (Rubbettino, 2009)
- LURAGHI RAIMONDO, Storia della guerra civile americana (Einaudi, 1976)
- LURAGHI RAIMONDO (a cura di), La guerra civile americana (Il Mulino, 1978)
- PASOLINI ZANELLI ALBERTO, Dalla parte di Lee. La vera storia della guerra di secessione americana (Leonardo Facco Editore, 2006)
Scritto da:
Presidente e fondatore dell'A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.