La lettura e la meditazione di questo Direttorio del Venerabile Pio Brunone Lanteri, vero e proprio tesoro spirituale cui attingono da oltre un secolo gli Oblati di Maria Vergine, la famiglia religiosa da lui fondata, è certamente la via più immediata per avvicinarsi a questa luminosa figura di apostolo e di combattente nelle battaglie della fede cattolica, il cui nome e ancora ignoto ai libri di storia e il cui patrocinio non e ancora sufficientemente impetrato nella preghiera.
La vita del Lanteri si colloca a cavallo di due secoli, tra il 1759 e il 1830, sullo sfondo di una delle epoche più tragiche della storia della Cristianità, in cui il male, che covava da secoli e che già aveva conosciuto con la Riforma accessi violenti, ma anche benefiche reazioni risanatrici, esplode e dilaga con rinnovata virulenza. All'ombra delle logge massoniche che stendono il loro velo vischioso su tutta l'Europa, giansenismo, gallicanesimo, giuseppinismo, illuminismo, cattolicesimo illuminato - forze diverse ed eterogenee, ma accomunate dall'odio verso la Chiesa di Roma - intrecciano e moltiplicano gli sforzi per la distruzione dell'ordine religioso e sociale che fondava la Cristianità. "Una volta - scrive Diderot che gli uomini hanno osato in una qualunque maniera dare l'assalto alla barriera della religione, a quella barriera la pili formidabile che esista come anche la più rispettata, è impossibile fermarsi. Non appena abbiano rivolto gli sguardi minacciosi contro la maestà del ciclo, il momento dopo gli uomini non mancheranno di dirigerli contro la sovranità della terra. Il cavo che tiene ferma e oppressa l'umanità è formato da due corde: l'una non può cedere senza che si rompa l'altra" (1).
La perversione intellettuale trova il suo terreno più fertile nella corruzione morale dei sovrani e degli aristocratici. L'austerità e lo spirito di sacrificio, che avevano plasmato quella civiltà europea che nel monaco e nel cavaliere medioevale aveva espresso i suoi più alti modelli umani, si degradano in una visione della vita permeata di sensualismo e di orgoglio. "Al pari di ogni altra dominazione - ricorda Haller - l'Impero del male non si stabili più dal basso in alto, ma discese dai grandi presso le classi medie e inferiori" (2).
Il tentativo di realizzare lo Stato filosofico'- esito naturale dello sforzo dei settari - si ha in Francia con quella Rivoluzione il cui logico culmino è segnato dai dodici mesi del Terrore. "Tutte le leggi della natura e della vita - osserva Augustin Cochin - vengono violate in questa avventura di un grande popolo civile che sembra colto da un accesso di pazzia furiosa" (3).
La Rivoluzione francese non è tuttavia solo un luogo storico di follie e di errori, ma inaugura realmente, secondo l'intuizione maistriana, una nuova epoca del genere umano. Essa segna infatti, con la dissoluzione della società d'ordini d'Ancien Regime, la fine di una società, malgrado tutti gli abusi, ancora strutturalmente cristiana. La ribellione che con la pseudo-Riforma protestante aveva investito l'ambito ecclesiastico si estende, a coronamento di un processo di sovversione plurisecolare, all'ambito politico e sociale: è la fine della Cristianità come famiglia di popoli cristiani, come proiezione civile e sociale del cristianesimo. L'essenza di questo processo, che non limita la sua portata a un momento storico, ma caratterizza un'epoca, è il non serviam: il rinnovamento cioè, e la trasposizione sul piano politico e sociale, del primo peccato. Come tale non si esaurisce nel Terrore, ma si sviluppa, attraverso continue e successive metamorfosi che vedranno alternarsi vampate di parossismo a intervalli di apparente quiete, fino a segnare i nostri giorni (4).
Tra le figure di santi e di apostoli, campioni della fede cattolica, che la Provvidenza suscitò ad arginare l'empietà rivoluzionaria, fu il Venerabile Pio Brunone Lanieri, nato e battezzato a Cuneo il 12 maggio 1759, settimo dei dieci figli del medico Pietro Lanteri.
Cresciuto in una famiglia impregnata di pietà, maturò precocemente la sua vocazione, ma a causa della salute malferma, non poté essere accolto dai Certosini, come avrebbe desiderato; entrò quindi nel clero secolare, recandosi a Torino, nel 1777, a frequentare la facoltà di teologia.
L'incontro con il padre Nikolaus Albert von Diessbach, nella capitale del regno sardo, fu l'avvenimento che oriente radicalmente il corso della sua vita. Brillante e valoroso ufficiale calvinista al servizio del re di Sardegna, Diessbach si era convertito al cattolicesimo e fatto gesuita. Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, nel 1773, si era completamente dedicato alla formazione di una élite cattolica, impegnata a combattere lo spirito rivoluzionario con le sue stesse armi: la stampa, e cioè la moltiplicazione e la diffusione capillare di buoni libri, e il segreto, sia pure limitato alle modalità operative e non già esteso, secondo il gradualismo delle sette rivoluzionarie, agli stessi fini dell'azione. Ispirata a tali principi, era nata lAmicizia Cristiana che, fondata a Torino da Diessbach tra il 1779 e il 1780, si era presto diffusa a Milano, a Firenze, a Friburgo, a Vienna, a Parigi, fino a Varsavia, arruolando nelle sue file uomini della tempra di un Pierre de Clorivière, il futuro restauratore della Compagnia di Gesù in Francia, e dell' apostolo di Vienna San Clemente Maria Hofbauer.
Alla scuola di Diessbach si formo anche Lanteri, divenendone presto, assieme al padre Luigi Virginia, il più zelante collaboratore. "Col Diessbach - secondo le testimonianze - passava tutto il tempo che poteva, andava con lui a pranzar nelle cantine, affin di pescar peccatori, d'impedire cattivi discorsi, di far correre buoni libri. Da più anni non andavano a dormire che a un'ora o due dopo mezzanotte, e impiegava quell'ora a parlar di Dio, a fortificarsi nella buona dottrina" (5).
Verso la fine del febbraio 1782, Diessbach e Lanteri si recarono a Vienna, focolaio di giuseppinismo, per preparare, con prediche, contatti, diffusione di opuscoli, l'accoglienza dei cattolici austriaci a Pio VI, Pellegrino Apostolico, che vi fu trionfalmente ricevuto il 22 marzo. Al ritorno Lanteri veniva ordinato sacerdote. "La mia vita - così appuntava alla vigilia dell'ordinazione - è dichiarata una battaglia, ancor oggi vi son destinato e fatto spettacolo a Dio, agli Angeli, agli uomini; quanto mi accadrà, sia prospero sia avverso, mi è procurato da Dio per occasion di bottino, siane sempre lodato, voglio approfittarmene... Sempre apertamente e liberamente dichiarato dalla parte di Dio, e come già formalmente consacrato a lui, tutto impegnato a rapire anime al mondo e darle a Dio. Sempre pensare, parlare, operare da Santo; così richiede lo spirito di vero Ministro di Dio e le stesse ragioni che avevano i santi. Parlare di Dio come i soldati della guerra" (6).
Lanteri aveva allora solo ventitré anni, ma aveva fatto le scelte definitive. La sua salute sempre fragile era dominata da una volontà ferma che traspariva dal profilo affilato, dolce e forte a un tempo. Delle ventiquattro ore della giornata aveva deciso di dedicarne dieci alle opere per la gloria di Dio, sette agli esercizi di pietà, sette ai bisogni del corpo. Una mezza giornata la settimana e una giornata al mese erano inoltre dedicate allo studio dei mezzi di apostolato (7). "Coloro che lo conobbero da vicino sanno che in vita sua non perder mai tempo, e si crede che di ciò avesse voto".
Mentre Diessbach si stabiliva a Vienna, dove morì nel 1798, e Virginia partiva per Parigi, Lanteri si trovo a dirigere lAmicizia torinese che, sotto la sua guida, attraversò gli anni di persecuzione che vanno dall'invasione francese del 1796 al 1814, mantenendo il suo carattere di centro di irradiazione e di punto di riferimento dottrinale per tutto il Piemonte. Lanieri, addottoratesi in teologia, si teneva in contatto con i librai e i tipografi di tutta Europa, aggiornando continuamente la sua vastissima biblioteca privata e diffondendo tempestivamente opuscoli e dissertazioni, suoi o di suoi collaboratori, contro gli errori del tempo. Tra questi ha rilievo capitale il giansenismo, la prima setta eretica che non arrivi allo scisma, ma preferisca operare come quinta colonna mascherata all'interno della Chiesa, occupando sogli episcopali, cattedre universitarie, parrocchie, seminari (8). Esso filtrava dal calvinismo errori sulla salvezza degli uomini che riteneva inaccessibile e riservata a pochi eletti e sulla Chiesa, negando di fatto l'autorità pontificia e rifiutando l'infallibilità. In nome di un falso rigore, limitava inoltre la frequenza ai sacramenti, disprezzava il culto di Maria SS; del Sacro Cuore, dei Santi, e disseccavacosl le fonti della vita spirituale del popolo.
Al giansenismo Lanteri oppose la dottrina di S. Alfonso, la cui opera definì "come una biblioteca di tutti i moralisti" e diffuse per tutto il Piemonte. "Attaccatevi al Liguori, al Liguori - diceva -. Se si vuol far del bene alle anime bisogna che ci appigliamo alla dottrina di questo autore; bisogna rivestirsi del suo spirito, se vogliamo portare anime a Dio. Oh! benedetta la dottrina di questo Vescovo, e benedetto il Signore che in questi tempi ci diede un uomo che è tanto secondo il suo cuore" (10). Si può dire con giusta ragione - scrisse di Lanteri padre Antonio Bresciani - ch'egli fu in Piemonte il sostegno della sana teologia e della sana morale. Egli il martello più potente del giansenismo" (11).
Alleato naturale del giansenismo fu il gallicanesimo, riemerso nella politica ecclesiastica del Bonaparte. Napoleone aveva infatti dato ordine che persino nei seminari diocesani, oltre che nelle Università, venissero insegnati i quattro famigerati articoli gallicani che - approvati dall'assemblea generale del clero francese nel 1682 - per un verso limitavano, come farà il giansenismo, l'autorità pontificia, sostenendo l'inferiorità del Papa nei confronti del Concilio e affermando che le definizioni dogmatiche dei Papi sono infallibili solo dopo l'approvazione della Chiesa; per altro verso negavano autorità alla Chiesa sul piano temporale, introducendo di fatto il principio della secolarizzazione delle istituzioni e della separazione tra Chiesa e Stato.
Anche contro il gallicanesimo Lanteri si batte vigorosamente, non solo distinguendosi per i suoi scritti polemici, ma impegnandosi in prima persona, come fu per l'organizzazione dell'assistenza materiale, da lui promossa, al Papa prigioniero a Savana.
Il 10 giugno 1809 Pio VI aveva infatti lanciato la bolla di scomunica contro Napoleone Quam memorandam: il 6 luglio iniziava la sua prigionia. Da Parigi, a Lione, a Torino, a Mondovi, a Savana si era tuttavia stabilita un' invisibile catena attraverso la quale i mèmbri degli Chevaliers de la Foi, della Congrégation di Lione, dellAmicizia Cristiana - le società segrete che costituivano i centri della resistenza cattolica (12) riuscirono a far penetrare la bolla attraverso le maglie del rigoroso controllo napoleonico e a introdurla e diffonderla a Parigi. Fu inoltre lo stesso Lanteri a far pervenire a Pio VII le decretali di Bonifacio VIII e gli atti del II Concilio di Lione - necessari per la stesura del Breve del novembre 1810 sui vescovi e sui vicari capitolari - in un plico che lamico Renato d' Agitano trovò modo di deporre nelle pieghe delle vesti del Papa, mentre si chinava al bacio della sacra pantofola.
Da Parigi non tardò a partire l'ordine di arrestare Lanteri per "fanatismo spiegatissimo". Questi veniva così relegato, nel marzo 1811, alla "Grangia", una casa di campagna in cui fu costretto a trascorrere tre anni di esilio, che tuttavia lo ritemprarono fisicamente e spiritualmente, interrotti solo dalla caduta di Napoleone e dal ritorno a Torino, il 20 maggio 1814, di Vittorio Emanuele I.
"Non fu mia opinione soltanto - ricorda il canonico Luigi Craveri, morto anch'egli in odore di santità, - ma di molti che lo conobbero che, a guisa di un apostolo e confessore della fede, abbia nei tempi difficili che passarono dal 1796 al 1814 più che altri mai contribuito a conservare la religione e rassodare i buoni nelle pratiche della pietà cristiana, a segno che le persone di rango e la più parte di coloro che rimasero fermi nel dovuto attaccamento alla Religione ed al legittimo governo, si distinguevano per essere diretti dal sig. Teologo Lanteri" (13).
Con la Restaurazione il clima politico e religioso del Piemonte mutò rapidamente: l'editto del 21 maggio 1814 abolì il Codice Napoleone, stabilendo il ritorno alle Leggi e costituzioni di S.M. del 1770; vennero soppressi, tra l'altro, il matrimonio civile e il divorzio, introdotti da Napoleone; con editto reale del 20 febbraio 1816 furono ristabilite le congregazioni religiose e, tra queste, privilegiati i gesuiti. L'Amicizia Cristiana si trasformò nel 1817 in Amicizia Cattolica: identici erano i fini e identico il mezzo di apostolato, la buona stampa, ma venne allargato il numero dei mèmbri, accentuato il carattere laicale e soprattutto abolito il segreto, necessario in tempi di persecuzione, ma non più giustificato dal nuovo clima instauratesi. Le riunioni erano ospitate dal marchese Cesare d'Azeglio nel suo palazzo. Tra i mèmbri più illustri e zelanti fu il conte Joseph de Maistre, che militò nell'Amicizia dal novembre 1817 alla morte, avvenuta il 26 febbraio 1821. A questi ultimi tre anni torinesi risale, non casualmente, la pubblicazione di opere come Les Soirées de Saint- Petersbourg, L'Eglise gallicane, Du Pape, che lAmicizia considerò e diffuse come proprie.
La distribuzione gratuita di libri, preferibilmente "di poco volume ma forti per ragionamento e per unzione", restò l'attività principale. "Negli otto anni di vita dell'Amicizia - scriveva nel 1825 d'Azeglio al Barbaroux - sono centinaia di migliaia i volumi che abbiamo diffuso: superano i diecimila i mandati in America " (14). "Il nostro fine - scriveva a sua volta de Maistre - è precisamente la controparte della funesta propaganda del secolo scorso, e (...) noi siamo assolutamente sicuri di non ingannarci, facendo per il bene proprio ciò che essa ha fatto per il male con un così deplorevole successo" (15).
Il conte Clemente Solaro della Margarita che soleva spesso ripetere che se "si tenne fermo ai sodi principi e fu sostenitore del diritto e della giustizia, tutto lo doveva a Brunone", direttore spirituale della madre - così ne riassunse l'attività e ne descrisse la fine, avvenuta nel 1827, sulla scia della campagna persecutoria che aveva già segnato lo scioglimento della Congrègation parigina:
"L'associazione dell'Amicizia Cattolica fu fondata sotto il Regno di Carlo Felice; il suo scopo era la diffusione di buone massime, per opporsi alle pessime dei nemici della Religione e del Trono; non altra arte adoperava che la stampa di buoni libri e preghiere. Pure fu rappresentata al Re quasi una setta che agognava dominare e rendersi formidabile al Governo. II Re Carlo Felice non lo crede; sovveniva anzi di suo privato peculio l'associazione, conosceva i membri della medesima, e quanto a Lui fossero devoti; però, infastidito dalle continue dicerie di chi era geloso del bene che altri faceva, o quel bene odiava, giudicò esser cosa prudente che fosse sciolta, per togliere ogni pretesto alla tolleranza di altre società, che con men rette intenzioni poteano formarsi. Conosciuta l'intenzione del Re, i membri dell'Amicizia cattolica, senza esitare, ponendo in pratica i principii che professavano d'ubbidienza e sommissione al Sovrano, troncarono le radunanze, interruppero i lavori, dichiarando finita l'associazione, che non si cercò mai più in appresso di ristabilire (17).
Calunnie e persecuzioni subì anche l'altro frutto dell'attività instancabile di Lanieri. Gli Oblati di Maria Vergine, la congregazione religiosa eretta canonicamente fin dal 1816, dovette infatti attendere dieci anni, superando le difficoltà frapposte soprattutto dall'arcivescovo di Torino Chiaveroti, ostile al rigoroso antigiansenismo di Lanieri, prima di ottenere l'approvazione pontificia e il regio exsequatur.
Lo spirito degli Oblati, nati mentre l'Amicizia si spegneva, è analogo a quello dell'Amicizia: il fine primario è la santificazione personale "per via dell' imitazione la più attenta di Gesù Cristo che si propongono per modello in ogni azione, unitamente agli esempi di Maria SS. loro cara Madre" (18); il fine secondario quello della santificazione del prossimo, attraverso gli Esercizi di Sant' Ignazio, l'impegno nell'amministrazione dei sacramenti, la diffusione della buona stampa e la lotta contro gli errori correnti.
"Lo scopo al quale tende questa Congregazione, con le sue Costituzioni e Regole - così il Breve di Leone XIII - è che tutti i congregati, se rettamente uniti in un sol corpo, anzitutto diano il loro aiuto al clero, sia per prepararsi convenientemente a ricevere gli Ordini, sia per esercitare la cura d' anime; siano poi sempre pronti a riformare i costumi delle popolazioni specialmente con la predicazione in pubblico e in privato degli Esercizi Spirituali secondo il metodo proposto da Sant'Ignazio, approvato e raccomandato dal nostro predecessore Paolo III; si impegnino a diffondere la lettura dei libri di sana e utile dottrina, a spargerli e farli circolare, per impedire i gravi danni che temiamo vengano portati dalla colluvie di libri cattivi che inonda il mondo intero" (19).
Agli ultimi anni di vita di Lanteri risale la composizione di questo Direttorio per gli Oblati, specchio prezioso di una spiritualità che si alimenta a molti maestri, da sant'Alfonso a san Francesco di Sales, a santa Teresa, a santa Maria Maddalena de'Pazzi, ma che ha certamente in sant'Ignazio la sua fonte più viva e feconda.
Gli Esercizi di sant'Ignazio, "strumento potentissimo della divina grazia, e un metodo sicuro per ciascuno di farsi santo e gran santo" (20), saranno fino all' ultimo il mezzo di pedagogia ascetica privilegiato da Lanteri, che li applica innanzitutto a sé stesso una o più volte l'anno. "Egli - testimonia un contemporaneo - ne approfondisce il piano, legge tutti gli autori che più chiaramente ne scoprono il vero ordine, la forza, la maestria, l' infallibile sapienza: raccoglie quanto può di memorie utili al loro più sicuro riuscimento, essendosene già per il lungo tempo e disprezzo quasi perduto il vero spirito, e tutto si consacra a risvegliargli, a proporli (21).
Gli Esercizi formano il tipo ideale del combattente cristiano, impegnato nella riforma personale e nella restaurazione della cultura e delle strutture sociali: uomo forte e risoluto, pronto alle scelte radicali e al servizio totale per l' onore e la gloria del proprio Re e Signore. La regalità di Cristo degli Esercizi ignaziani si intreccia intimamente alla devozione al Sacro Cuore che - dopo le apparizioni di Paray-le-Monial a Santa Margherita Maria - ebbe nei gesuiti infaticabili apostoli e fu quasi la doctrine intérieure dell'Amicizia e di tutte le società "segrete" cattoliche degli anni della persecuzione rivoluzionaria e dei combattenti cristiani della Vandea e del Tirolo.
"Il mio Cuore regnerà malgrado i miei nemici", aveva detto Gesù a santa Margherita Maria. Nel giorno della proclamazione della festa di Cristo Re, Pio XI vorrà la rinnovazione della Consacrazione del genere umano al Sacro Cuore: "Essendosi, nel secolo scorso e in quel nostro, per le macchinazioni degli empi giunti a tal punto da disprezzare l'impero di Cristo e dichiarare pubblicamente guerra alla Chiesa, con leggi e mozioni dei popoli contrarie al diritto divino e naturale, anzi con il grido di intere assemblee: "Non vogliamo che costui regni sopra di noi", appunto per la detta consacrazione erompeva quasi e faceva forte contrasto la voce unanime dei devoti del Sacratissimo Cuore per rivendicarne la gloria e difenderne i diritti: "Bisogna che Cristo regni", "Venga il Regno tuo" (22).
Cor Iesu Adveniat regnum tuum. Adveniat per Mariam. Proprio affiancando la Madonna al Sacro Cuore si riassume nel migliore dei modi la spiritualità di Lanteri, di cui è tratto caratteristica la profonda devozione mariana. Lanteri infatti "era innamorato di Maria Vergine, dappertutto aveva appese le sue immagini, tenea una raccolta preziosa dei libri che parlan di lei, ne leggeva qualche ora tutte le settimane, ne celebrava le novene, parlava frequentissimamente di Lei (...)" (23).
"Sappiano tutti coloro nelle mani delle quali capiterà questa mia scrittura - così si era impegnato il giorno dell'Assunta del 1781, un mese prima di essere ordinato suddiacono, - che io sottoscritto B. mi vendo per ischiavo perpetuo della B. V. Maria N. S., con donazione pura, libera, perfetta della mia persona e di tutti i miei beni, acciò ne disponga ella a suo beneplacito come vera ed assoluta Signora mia. Siccome mi riconosco indegno d' una tale grazia prego il mio S. Angelo Custode, S. Giuseppe, S. Teresa, S. Giovanni, S. Ignazio, S. Francesco Saverio, S. Pio, S. Bruno, acciò mi ottengano da Maria SS. che si degni di ricevermi tra i suoi schiavi. In confermazione di ciò mi sottoscrissi" (24).
Quest'atto di schiavitù ricorda sorprendentemente quello di san Luigi Maria Grignion de Montfort, che Lanteri non poté tuttavia conoscere, dal momento che il Trattato della vera devozione alla santa Vergine del Montfort fu rinvenuto solo nel 1842; a meno di non supporre una trasmissione orale attraverso le Congregazioni Mariane. Di certo, nella sua tenera devozione alla Madonna come mediatrice e come baluardo contro i nemici della fede. Lanteri si apparenta spiritualmente al Montfort, apparendo quasi come una prefigurazione di quegli apostoli degli ultimi tempi, "fuoco ardente: ministri del Signore capaci di incendiare dovunque", che l'apostolo del Poitou e della Vandea aveva invocato.
Maria rispose al suo amore assistendolo nelle sue ultime ore. "Nell'ultima infermità ricorda il padre Antonio Ferrerò, suo confessore - mi disse più volte che avea una bella Signora con un bel figlio in braccio, che non lo lasciava mai, ma più non disse" (25).
"Morì ieri mattina li 5 corrente - così lo stesso Ferrerò ci descrive la sua morte - a nove ore e cinque minuti del mattino, facendo un'ora di dolcissima agonia, con perfetta cognizione e pace fino all'ultimo respiro, di cui, tutti guardandolo, niuno s'accorse. Gli ultimi suoi ricordi furono, dopo d'averci alcuni momenti prima di morire tutti benedetti ancora, che ci amassimo, e che restassimo sempre uniti di cuore e con ogni sacrificio in Gesù e Maria. Ci chiese perdono se ci aveva amareggiati, e volendo al collo appeso grosso Crocefisso e quante reliquie poté chiudere in una borsa, sorridendo a tutti i pensieri che racchiudevano sensi di fiducia e slanci d'amore, a quelle parole del Vangelo che gli si leggevano: ''serva eos, ut sint unum sicut et ego in te'', chinò l'occhio, e più non era tra noi; io lo credea vivo e dicea il Proficiscere, ed egli se ne stava già in seno a Dio. Appena spirato restò bianco e bellissimo: non avendo mai in vita voluto lasciarsi far ritratto, chiamammo allora un pittore per averne l'immagine, e quei della famiglia non sapeano separarsi da lui, ci gustavano un paradiso a stargli vicini, e recisero i suoi capelli e le unghie per averne reliquie» (26).
Si spegneva così a settantun anni, un uomo la cui vita fu definita ''un atto di costante fortezza'' (27).
Era il 5 agosto 1830, festa della Madonna della Neve. Esattamente un secolo dopo, il 5 agosto 1930, veniva introdotto il processo di beatificazione.
* * *
Nuovo Neemia, come fu ancora definito (28), inviato da Dio a riaccendere nel Piemonte il fuoco sacro della fede, da Lanteri parte quel ricco filone di spiritualità piemontese, dal teologo Guala a San Giuseppe Cafasso, a san Giovanni Bosco, caratterizzato dall'innesto ignaziano sul rigoglioso tronco savoiardo che da san Francesco di Sales arriva a Gerdil. Sul piano civile i suoi frutti furono raccolti dal conte Clemente Solaro della Margarita, l'ultimo grande esponente della Contro-Rivoluzione piemontese, vigorosamente alternativa all'anima ereticale, espressa dall'avversario politico di Solaro: Cavour. L'Italia che si formò svolse il programma cavouriano, sempre richiamandosi, nel succedersi dei regimi politici, alle proprie origini risorgimentali: un Risorgimento che aveva raccolto l'eredità rivoluzionaria contro cui Lanteri si era levato.
Pio XI definì Lanteri precursore dell'Azione Cattolica; a essa e a ogni apostolato laico, sempre che lo voglia, il Venerabile indica ancora la meta: "Il nostro scopo è di sottomettere tutta la terra a Gesù Cristo" (29). Dell'apostolato ci indica anche i mezzi: "Conviene formare degli uomini perfettamente agguerriti e bene istruiti (...) forti, costanti, che non si scoraggino mai (...) che diventino, secondo l'espressione di Santa Caterina da Siena, dei gustatori delle anime (...) che sappiano animare il bene che esiste, introdurne del nuovo, distruggere il male" (30).
Intuendo perfettamente la fase culturale della Rivoluzione che minaccia la Chiesa e la società, Lanteri ci propone, accanto alla preghiera e al sacrificio, la difesa a oltranza della verità nella battaglia delle idee. Riconquista e diffusione della buona dottrina e formazione di élites irraggianti: queste dunque le linee di lotta per la crociata del secolo ventesimo (31).
L'apostasia è certamente cresciuta dai tempi di Lanteri e sembra che solo categorie apocalittiche possano essere applicate a rettamente interpretare il nostro tempo. Rimane tuttavia per ognuno la possibilità della buona battaglia. A chi sceglie questa via, la sola giusta e onorevole. Lanteri parla ancora: nella misura in cui la Rivoluzione che egli combatté continua a segnare il nostro tempo, egli è nostro contemporaneo, la sua bandiera è la nostra bandiera, i suoi nemici i nostri nemici. Scegliamo dunque di combattere, pregando il suo nome e affidandoci completamente con lui a Maria, distruggitrice delle eresie, scettro della fede ortodossa, sostegno dei combattenti cristiani, torre inespugnabile di fronte al nemico, terribilis ut castrorum acies ordinata.
"O Maria, forte come un esercito, dona alla nostra schiera la vittoria. Siamo tanto deboli e il nostro nemico infierisce con tanta superbia. Ma con la tua bandiera ci sentiamo sicuri di vincerlo; egli conosce il vigore del tuo piede, egli teme la maestà del tuo sguardo. Salvaci, o Maria, bella come la luna, eletta come il sole, forte come un esercito schierato, sorretto non dall'odio, ma dalla fiamma dell'amore. Così sia" (32).
Roberto de Mattei
Roma, 8 Dicembre 1974
Festa dell'Immacolata Concezione
APPENDICE 1: L'AMICIZIA CRISTIANA *
[*Doc. XXVII, Sermo a Servo Dei habitus coram Amicis Christianis, Ang. Taurinorum an. 1804 dennu congregatis, quo indolem et statum Amicitiae Christianae describit, anno 1804. in Positio cit., pp. 97-103].
Scopo. - In che consiste dunque primieramente la nostra Amicizia Cristiana? Il suo scopo come ognun sa si è di contribuire per quanto si può perché Dio sia glorificato, e le anime si salvino, con far regnare in noi e negli altri le virtù cristiane, particolarmente le teologali: Fede, Speranza, Carità, come quelle che maggiormente onorano Dio, e necessarie sono alla salute.Doppio si è dunque lo scopo della nostra A[ micizia] C[ristiana] l'avanzamento nostro in primo luogo, in secondo luogo la salute altrui. Si provvede primieramente in essa all'avanzamento nostro spirituale, e questo appunto giusta la sentenza del Divin Redentore: «Quid prodest homini si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur?».Mezzi. - Vi si provvede poi con i mezzi più proprii e conducenti a tal fine quali sono, oltre la raccomandata frequenza particolare dei Sacramenti, l'esercizio ancora quotidiano che particolarmente vi si professa, di meditazione e lettura spirituale, quale tanto più fruttuoso ci si rende quanto più scelti e adattati verranno i libri suggeriti dalle cognizioni particolari che nell'A [ micizia] C[ ristiana] si acquistano.Aggiungasi l'incoraggiamento grande che giusta l'avviso di S. Francesco di Sales e S. Teresa ci procura l'istessa amicizia spirituale tra di noi contratta, e il così efficace vicendevole buon esempio, senza parlare poi dell'efficacia della vera e tenera divozione così propria degli Amici Cristiani verso il Sacro Cuor di Gesù, simbolo e pegno del suo amore immenso verso di noi, e unica sorgente d'ogni grazia e virtù; come pure della devozione verso Maria Santissima, S. Giuseppe e Santa Teresa, nostri speciali protettori, senza parlare ancora delle altre grazie speciali che per la nostra santificazione si acquistano, annesse alla pratica soda delle opere di misericordia spirituale che sogliono praticarsi nell'A [ micizia] C [ristiana ], grazie particolarmente fondate su quelle consolanti parole della S. Scrittura che dovrebbonsi tenere sempre a caratteri d'oro impresse nei luoghi delle nostre adunanze: «Qui ad iustitiam erudiunt multos fuIgebunt tamquam stellae in perpetuas aeternitates» (Dan. 12), ed altrove: «Qui converti fecerit peccatorem ah errore viae suae salvabit animam eius a morte, et operiet multitudinem peccatorum» (Iac. cap. ult.).
Tanto più poi se s'aggiungono ancora ogni anno i SS. Esercizi spirituali; e di più alcuni giorni di solitudine tranquilla per pensare al modo d'animarsi maggiormente nel servizio di Dio, e meglio giovare e contribuire alla salute altrui, siccome vien consigliato ancora nei nostri stabilimenti.
Formazione spirituale degli Amici Cristiani. - Chi non vede come tutti questi mezzi efficacissimi sono per portarci viemmaggiormente alla pratica della più soda e vera virtù, e renderci tali quali ci desidera la nostra A [ micizia] C [ ristiana], cioè che ognun di noi possa dire con sincerità a se stesso: veramente io non riconosco in me desiderio alcuno più forte, o almeno ugualmente forte, di quello di far regnare Gesù Cristo nel mio cuore e nei cuori di tutti gli uomini del mondo, tanto meglio poi se uno giungesse a poter dire ancora di essere in lui questo desiderio divenuto così forte, da esserne diventato la sua passione predominante, onde fosse costretto a esclamare col grande zelatore delle anime nostre: «Ignem veni mittere in terram, et quid volo nisi ut accendatur?».Tali sono dunque i soggetti che cerca la nostra A[micizia] C [ristiana] di formare e perfezionare sempre più coi mezzi sopra mentovati appunto per meglio riuscire nell'altro suo scopo principale summentovato, di cercar cioè di far regnare Gesù Cristo nel cuore ancora degli uomini di tutto il mondo, poiché se uno non ama Dio ben ardentemente, come potrà essere portato a cercare tutti i mezzi più proprii a dilatare la sua gloria, e farlo amare anche da tutti? Come comprenderà l'importanza dell'oggetto che gli si propone, ed egli abbraccia? Come vorrà consacrarvi tutti i suoi pensieri, tutte le sue azioni, tutti i suoi momenti liberi, tutto se stesso, se egli non è fedele alle leggi del santo amor di Dio che dee infiammarlo?
Spirito Apostolico degli Amici Cristiani. - Che se egli è fedele, allora sì che si sentirà portato da se stesso (com'è suggerito nell'Analisi de' sentimenti d'un amico cristiano quale si desidera) a percorrere, dico, con occhio avido ed attento tutta la superficie abitata della terra con desiderio di sommetterla tutta a Gesù Cristo se fosse possibile, anche a prezzo di mille vite, e vedendola così coperta d'errori e di vizi così radicati in tutte le nazioni conosciute, e osservandovi inoltre l'indolenza così letargica in cui giace la maggior parte degli uomini su tutto ciò che riguarda Dio, i lor doveri, l'eternità, ne diverrà sommamente sensibile, e ne gemerà di dolore, lungi però dallo scoraggiarsi cercherà per supplire alla propria debolezza dei soccorsi da tutte le parti, e convinto dall'esperienza non esservi in questo genere soccorsi più efficaci che quelli che nascono dalla cooperazione de' sinceri amici di Dio, e dall'uso de' libri buoni che contengono la spiegazione o l'applicazione di sua santa parola, tenterà allora d'unirsi sempre più inviolabilmente ai primi perché l'aiutino a dare a' secondi quel sistematico impulso il quale moltiplicatosi poco a poco in tutte le parti della terra, dovunque cioè si pensa e si legge, faccia conoscere e sentire a tutti gli uomini docili alla grazia di Dio, che il lor più indispensabile dovere, e principale interesse più essenziale del loro vero bene, esigono l'abbracciar la vera fede Cattolica Apostolica Romana, l'osservar la legge santa di Dio e della Chiesa, abbracciar tutti i mezzi per avanzarsi nella pratica delle vere e sode virtù, particolarmente della Fede, Speranza, Carità, che è appunto come dissi il secondo scopo principale dell'A[micizia] C[ristiana] di cui è d'uopo ora svilupparne maggiormente i mezzi particolari ch'ella propone e indicarne ancora l'estensione a cui aspira.Doveri degli Amici Cristiani: conoscere i libri buoni e mettersi in relazione con le persone dabbene. - Ognun vede che per ottenere un tale intento conveniva conoscer i libri buoni, e averne un fondo, conoscere persone dabbene per legare con esse, e servirsene opportunamente, e finalmente arer regole di direzione per la circolazione de' libri, per facilitare e render più utile che si poteva l'esecuzione di tale impresa. E per tutto questo appunto non potea suggerirci la nostra A [micizia] C [ristiana] mezzi più opportuni ed efficaci, siccome vedremo.Convien dunque primieramente conoscere i libri buoni, e per questo ci mette in mano alcuni Cataloghi opportunissimi: il Catalogo generale assai vasto, che costò non pochi stenti a chi lo compose, disposto in ordine d'alfabeto per trovar più facilmente i nomi degli autori; un altro Catalogo vi è in otto classi diviso secondo i diversi principali bisogni, e le diverse particolari disposizioni de' lettori a' quali voglionsi suggerire od imprestare con frutto dei libri; vi è ,ancora un Catalogo più breve detto de' fortissimi, e un'altro degli squisiti, ossia de' libri scritti con maggior gusto in materia di controversia e di pietà, per così averli più facilmente e più presto sotto l'occhio in un bisogno. Ma siccome non basta tal volta saper il solo frontispizio del libro per suggerirlo efficacemente, ma d'uopo è ancora lodarlo, e darne qualche idea per farne venir voglia, per questo uopo era averne qualche notizia più distinta di ciò che trattasi in tal libro, e del modo con cui trattasi, perciò la nostra A [micizia] C[ristiana] c'introduce in una Biblioteca sufficientemente fornita di libri che inamovibili si chiamano, perché tai libri mai non si possono imprestare che in casi rari ai soli A[ mici] C[ristiani] e per brevissimo tempo. Biblioteca ella è questa in più classi divisa, di polemici cioè, ascetici, istorici, poetici, e filosofici, e questo affinché possano i libri di tal categoria desiderati affacciarsi in un tratto all'occhio, e presentarsi alla mano di chi li vuole sul luogo esaminare, e consultare, e scegliere tra li esistenti i migliori ancora, per più opportunamente proporli.
Con questi soli due mezzi dei Cataloghi cioè sopramenzionati, e della Biblioteca inamovibile, chi non vede con quanta facilità può uno suggerire libri ad ogni ceto di persone e per ogni bisogno opportuni, p. e. Dame, Secolari d'ogni qualità e grado, e fornir ancora ad Ecclesiastici una sufficiente nota di libri eccellenti che forse non sarebber altrimenti mai conosciuti non che letti, onde ciascuno formar si possa una piccola, scelta, ed adatta Libreria, escludendo così senza che s'accorgano i libri cattivi, o men buoni che impedir potrebbero molto bene, cagionar anzi danno immenso, siccome l'esperienza purtroppo cel convince, sicché da ciò solo ognun può arguire il bene immenso che può promuoversi con questi soli due mezzi.
Per conoscer poi le persone dabbene la nostra A[ micizia] C[ristiana] propone che comunichi ciascuno le notizie che ha di tutte le persone dabbene le quali sa esser dotate di pietà, zelo, e prudenza, significandone ancora da più a meno i gradi di tali qualità, per formare quindi una carta geografica universale onde poter profittare all'uopo della prudenza e del zelo di tali persone, consultando assieme nell'occasione il modo di approssimarle, o legar con esse per ottener il nostro intento; né occorre indicare quivi qual bene immenso possa risultarne anche da questo sol mezzo.
Conosciuti così i libri e le persone, convien aver fondo di libri per imprestarli, e per questo vi ha da essere un'altra biblioteca detta degli amovibili, onde ciascuno Amico Cristiano possa all'occorrenza, e con facilità scegliere secondo i diversi bisogni, e profittarsi di tai libri per imprestarli; suggerisce ancora la nostra A[ micizia] C[ ristiana] alcune regole di direzione che debbono poi essere alle mani di tutti per riuscir così ad imprestarli con maggior frutto. E questi sono i primi mezzi adottati dall'A [ micizia] C[ ristiana] efficacissimi come ognun vede per ottener l'intento che si è prefisso, e che ci propone.
Ma è forse contenta, la nostra A[micizia] C[ristiana] di far conoscere i libri che sono ammessi a Catalogo, e tutte le persone dabbene che esistono? No, ma sollecita di perfezionare i suoi mezzi, e le sue viste, cerca ancora di conoscere i libri buoni che escono alla luce, o i vecchi ancora ch'ella peranco non conosce, suggerendo per questo agli amici di girar ogni settimana per le botteghe de' Librai ed esaminar i loro catalogi e trattener corrispondenza e carteggio con altri paesi, onde arricchire così, e perfezionare maggiormente i nostri; come cercar altresì di formar altre persone dabbene dotate, come si disse di sopra, di pietà, zelo e prudenza, e fissando per questo lo sguardo su tutti i ceti di persone, massime poi sugli Ecclesiastici, e su que' Secolari che più capaci ne sono e maggiormente influir potrebbero secondo le nostre viste, intraprendere a coltivare i Chierici quando si può con assemblee di pietà, i giovani Sacerdoti con scuole di predicazione, massime della più utile e fruttuosa, come esercizi e missioni, i giovani Confessori con agapi cristiane, i secolari con coltivature forti e continue, a tutti sempre opportunamente imprestando libri, comunicando notizie di altri libri buoni, ispirando l'idea di spargerli anche essi.
Ma è ella forse la nostra A [micizia] C [ristiana] contenta di questo? Tutto questo è secondo le sue viste primarie, abbraccia poi ella ancora secondariamente tutto ciò che può promuovere maggiormente la gloria di Dio e la salute delle anime, ond'ella è pronta ad intraprendere ancora tutto il bene che può farsi, a impedire tutto il male che può venir a sua cognizione ed abbracciar tutti i mezzi per riuscirvi come può vedersi in modo più specificato nel manoscritto intitolato: Plan de bonnes oeuvres.
L'Amicizia Sacerdotale. - Per dilatar maggiormente la cognizione della dottrina di Gesù Cristo e nella maniera riconosciuta dall'esperienza più efficace, in iscritto non solo ma anche a voce, [un'altro mezzo] è stato subito adottato dalla nostra Amicizia, e si è lo stabilimento della Sacerdotale. Consiste questa in un'adunanza di giovani Ecclesiastici che si sono indotti 1° a comporre un corso d'esercizi spirituali secondo il metodo di S. Ignazio, inducendoli per questo a servirsi de' nostri libri a Catalogo per comporre sempre meglio; in 2° luogo a dare in ogni adunanza notizia d'un qualche libro buono per incominciar così ad acquistare essi stessi indi spargere poi tale cognizione così interessante di libri buoni negli altri, e renderla tanto più fruttuosa nel loro ministero.Conclusione. - Questi sono i mezzi con cui sogliamo occuparci abitualmente, ve ne sono infiniti altri de' quali ci prevaliamo soltanto all'occasione come promuovere per esempio esercizi, missioni, stampe, o ristampe di libri, giornali, immagini etc. Proporre ottimi soggetti negl'impieghi etc. Vedi Plan de bonnes oeuvres, plan d'imprimerie, instruction pour le voyageur.Né queste sue mire così vaste si contenta l'A[micizia] C[ristiana] di estenderle in un sol paese ma volge attentamente la sguardo per tutte le contrade del mondo, e dappertutto desidera e tenta di far vieppiù conoscere e regnare Gesù Cristo. Perciò suggerisce ella con le opportune istruzioni dei viaggi da farsi per fondar dovunque può delle nuove Colonie, far nuove conoscenze di persone dabbene, o almeno staibilir corrispondenza con esse e con Librai, acquistar notizie riguardanti i libri o qualunque altra cosa che interessar ci possa per perfezionare così maggiormente i mezzi e le viste che abbiamo, a influire ancora dovunque possiamo per promuovere ogni sorta di bene, e impedire ogni genere di male, non essendovi né luogo, né persona né cos'alcuna che possa riferirsi alla gloria di Dio e salute delle anime, e quindi interessar da vicino il Sacro Cuor di Gesù, che nello stesso tempo non interessi pure un vero Amico Cristiano.
Quest'è l'idea genuina dell'A[micizia] C[ristiana], e questo il suo vero spirito che ci siamo prefissi di seguire e di cui come ognun vede non può esservi oggetto più sublime perché va a secondar così gli stessi disegni dell'UomoDio; più vasto, perché s'estende a ogni bene, a ogni persona, ad ogni luogo; e finalmente più utile alla nostra santificazione e alla salute del nostro prossimo.
APPENDICE 2: L'AMICIZIA CATTOLICA *
[* Doc. XLVII, «Notizia dell'Associazione dell'Amicizia Cattolica», auctore anonymo, anni 1818-1819 circiter, in Positio cit., pp. 233-237.
L'idea d'una Società, o d'uno Stabilimento qualunque destinato a spargere ed a favorire le buone letture, è inserita in varie opere del zelantissimo P. Diessbach. Uno zelo così illuminato sortì il suo effetto, e diede origine da molti anni ad una associazione di cui l'oggetto era, alle brame dell'uomo apostolico, interamente conforme. Egli è noto che la rivoluzione non ebbe principio l'anno 1789. Ordita da lungo tempo innanzi, preveduta dai veri Cristiani, dai loro nemici, da tutti in somma, trattine coloro che avrebber dovuto prevenirla, o frenare il corso, l'opera d'iniquità non fece allora che manifestarsi.La generale influenza de' moderni filosofi consigliò per allora gli Associati alla Libreria Cattolica a non far di sé mostra per sottrarre a mille ostacoli le loro operazioni, le quali a quanto bene mirassero lungo sarebbe ed inutile il qui ritrarre. Iddio solo ne conobbe i risultati, seppe egli solo quale «incrementum dederit», principalmente alla circolazione di libri che tra l'Italia e la Francia nel tempo della prigionia di Pio VII per loro mezzo mantenne, e col favor del velo, benché sottilissimo, ond'era coperta, sottrasse agli occhi d'una polizia oltre a quanto erasi fin allor veduto sospettosa ed attiva. Il ritorno dei Sovrani legittimi pose in dubbio se tuttavia fosse da serbarsi il segreto: sebbene pur troppo si vegga prevaler tuttora, cangiata maschera è vero, ma non natura il filosofismo medesimo, non ostante sembrò opportuno a noi pure cangiar metodo.
Le Società segrete troppo son sospette oggimai, perché tra le persone dabbene molte di secondarci non ricusassero: d'altronde ad operare più estesamente il bene gran mezzi vi vogliono che dallo zelo dei Cattolici, istrutti che siano della nostra esistenza, del nostro fine, possiamo giustamente sperare. Se alcuni degli associati per propagare clandestinamente la nostra istituzione, imprendessero viaggi, coll'esporsi a grandi inconvenienti, a sospetti di essere l'opposto appunto di ciò che son realmente, non otterrebbero che incerti e lenti i successi.
Nel pubblicarsi i nostri disegni, il nostro metodo, uom ragionevole non potrà lagnarsi di noi. Siamo, ci dichiariamo Cattolici: il senso di tal vocabolo è noto ad ognuno, solo aggiungiamo che dietro tutta -l'antica cristianità in di cui nome parlava allora S. Ambrogio, non conosciam Chiesa Cattolica se non dov'è il Papa: «Ubi Petrus, ibi Ecclesia», ed in ogni occasione esclameremo con S. Girolamo: «Ego beatitudini tuae consocior».
Nostro secondo carattere èla fedeltà al Governo legittimo.
Lungi da noi le discussioni teologiche sui punti dalla Chiesa non ancor definiti, lungi le dispute sulla miglior forma di governo. Felici nell'esser soggetti all'ottimo Padre che il Ciel ne ha reso, non intendiamo biasimare né costituzioni, né repubbliche, inculchiamo ad ognuno di rigettare i sensi di resistenza, di critica contro dei legittimi lor governanti: «potestas (legittima s'intende) a Deo est»: ma sì vorremmo, ecco ove tutti mirano i nostri desideri, vorremmo tutti gli uomini cattolici, tutti i cattolici virtuosi. La pubblicità della nostra associazione dee moltiplicare i nostri mezzi, né parlo qui solo dei pecuniari
Conoscere, denunciare gli errori, i vizi che regnano in una città, in una contrada, porvi rimedio, combatterli col propagare l'istruzione, la verità, ecco in che s'impiegano le nostre cure. Ma spesse volte ove sono più numerosi i nemici mancano l'armi: l'antidoto, lo specifico contro una malattia, trovasi non di rado prontissimo in un'altra parte che quella ove essa inferocisce. Moltiplicati i nostri stabilimenti, faran conoscere i buoni libri dalla cabala nemica tenuti assai volte nell'oscurità, e, colla vicendevole corrispondenza, insegneremo a conoscere gli errori da combattersi, i libri cattivi da confutarsi, e da screditarsi, i buoni da spandersi ed eziandio da comporsi. Se un male qualunque prende forze in luoghi ove mancano mezzi di resistenza, verranno somministrati dalle società amiche, o con inviar libri, o coll'indicarne i più robusti in tal materia, o quando impiegarvi potessero uno scrittor valoroso, col temprare esse stesse nuove armi al soccorso dei pericolanti fratelli. Basterà talora il compendiare, rabbellirne, ringiovanirne lo stile. Quanto in somma siano per moltiplicarsi le forze per la reciproca influenza dello zelo degli associati fra loro, di quello d'una associazione verso l'altra, è Cosa agevole l'immaginarlo.
Se il loro stabilimento incontrasse ostacoli scongiuriam le persone che gradirebbero il nostro piano a non perdersi d'animo: potrà anche ognun da sé recar molto vantaggio sol che si segua costantemente un metodo simigliante; e siam persuasi ch'egli è facile fare il bene che noi procuriamo, solo che non si esca dai limiti sovra accennati, i quali non essendo ritrovamento umano non possono sviarci. Con tutto ciò sarem pronti sempre a comunicare a chi li bramasse gli schiarimenti di cui siamo capaci per assai lunga esperienza.
Sulle varie classi di persone tiepide, incredule, vacillanti nella fede o nei costumi, strascinate, viziose ecc. abbiamo con iscrupolosa esattezza formate quelle dei libri che a ciascheduna possono meglio adattarsi. Non è già che vogliamo disapprovare chi si vale d'un libro buono d'altronde, sebbene meno esatto in qualche punto, e dai nostri principii discordante. Giunto ad età matura, fornito d'una fede illuminata, robusta, e soggetta al consiglio d'un Direttore saggio, instruito, ed umile dee ciascuno sapersi regolare; ma in quanto a noi vogliamo assicurarci che nulla sia riprensibile nei libri per noi proposti, e da tal sistema non ci dipartiremo giammai.
Se dunque individuo, o società alcuna vorrà mettersi in corrispondenza con noi, il desiderio della gloria di Dio, e della salute dei nostri fratelli ce ne farà lietissimi; congiungeremo le nostre cognizioni alle loro, li metteremo a parte dei nostri libri se ne avrem qualche fondo. Se la notorietà del nostro Stabilimento impegnasse persone zelanti ad impiegarvi qualche elemosina, le preghiam fin d'ora a non inviarcela fuorché sembrasse affatto impossibile il formarne un simile nella loro provincia, e sarebbe nostro desiderio che uno almeno ne avesse in ogni Stato o Provincia di considerevole popolazione. Nel caso dell'intraprendersi la dispendiosa edizione di qualche opera di prima, noi ci permetteremo di far nota l'intrapresa alle altre Società per ottenerne il concorso, a cui si corrisponderebbe in seguito con un proporzionato numero di copie dello stampato. «Ad maiorem Dei gloriam» tutte debbono indirizzarsi le nostre deliberazioni, le nostre forze.
Nell'operare consueto della Società, ci limitiamo a libri di poco volume, ma forti per ragionamento o per unzione. Sfoghi amplissimi ci porgono gli Esercizi e le Missioni a cui ben spesso va congiunta la consolazione di vedere il ben che si è fatto.
Finalmente un'altra sorta di vantaggio recherà lo stabilimento delle varie associazioni: chi sarà per ragionevol motivo astretto a viaggiare, riuscirà in tal guisa con somma facilità a conoscere di città in città, di fermata in fermata, uomini virtuosi ed istruiti, de' quali dovranno le associazioni aver notizie pur nei luoghi ove non ne avrà altra stabilita, dovendo esse acquistar corrispondenti in tutte le città d'un medesimo Stato. Ed ecco per li giovani principalmente un mezzo onde sottrarsi ai pericoli che s'offrono ai viaggiatori, ai quali purtroppo è vero nulla più difficile riuscire che il ritrovare persone di pietà, e di religione, le quali si tengon talora occulte forse troppo. E' vero che generalmente non sono in ciò biasimevoli; chi viaggia per viaggiare è per lo più assai lungi dal bramare la società di persone divote e di regolata condotta.
Benedica il Signore le nostre mire: a Lui solo se ne dia la gloria, e pace agli uomini di buona volontà.