Tratto da : OMAGGIO A CHARLES MAURRAS NEL XX° ANNIVERSARIO DELLA MORTE
@ 1972. Tutti i diritti riservati. Giovanni Volpe Editore in Roma
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Simbolo dell'Action Francaise. |
A chi consideri con attenzione il panorama offerto dal pensiero politico europeo in questi ultimi due secoli, non sfuggirà la presenza d'una costante dottrinale che, formatasi in Francia come reazione alla Rivoluzione Francese, ma rapidamente diffusasi in tutta Europa, ha sempre mantenuto una rigida fedeltà alle proprie posizioni originarie: la scuola contro rivoluzionaria (l).
La dottrina controrivoluzionaria è lineare nella sua formulazione. Essa presuppone un modello di società tradizionale i cui lineamenti possono desumersi dalla saggezza classica, perpetuatasi nelle opere dei Padri della Chiesa, e confermata nei secoli dal magistero pontificio. Tale società, che è prima di tutto un archetipo metastorico cui tutte le società storiche debbono uniformarsi, ha avuto nell' Ancien Régime la sua concretizzazione storica. Al suo interno si è tuttavia sviluppata una tendenza disgregatrice, un movimento di erosione cioè antitradizionale, la Rivoluzione, assegnando anche a questo termine un significato archetipico prima che storico. La Rivoluzione Francese, dunque, sbocco naturale di un processo di dissoluzione sociale secolare, conserva al di là del suo significato storico, un valore metastorico di Rivoluzione modello di rivoluzioni (2).
La Contro-Rivoluzione nasce e si forma come reazione alla Rivoluzione. Essa che, secondo le parole di De Maistre, "non è una Rivoluzione di segno contrario, ma il contrario della Rivoluzione" (3) si pone come ultimo fine la restaurazione della società tradizionale, restaurazione metafisica prima che sociale se è vero che il sociale si fonda sul metafisico e da esso trae legittimazione. Questo "primato della metafisica" porta a distinguere la posizione controrivoluzionaria da quella conservatrice. Nella prima si difendono determinati valori, ritenuti immutabili nelle società e nella storia, a prescindere dall'evoluzione delle società e della storia; nella seconda si difende l'ordine sociale perché tale, a prescindere, dai valori che fondano questo ordine. In questo senso si comprende come per i controrivoluzionari potesse essere giustificata una posizione conservatrice nei confronti dell'Ancien Régime (ordine sociale fondato su valori tradizionali), ma come tale atteggiamento non avesse ragion d'essere nei confronti di una Terza Repubblica il cui ordine poteva considerarsi antitetico a quello tradizionale (4).La dottrina controrivoluzionaria è lineare nella sua formulazione. Essa presuppone un modello di società tradizionale i cui lineamenti possono desumersi dalla saggezza classica, perpetuatasi nelle opere dei Padri della Chiesa, e confermata nei secoli dal magistero pontificio. Tale società, che è prima di tutto un archetipo metastorico cui tutte le società storiche debbono uniformarsi, ha avuto nell' Ancien Régime la sua concretizzazione storica. Al suo interno si è tuttavia sviluppata una tendenza disgregatrice, un movimento di erosione cioè antitradizionale, la Rivoluzione, assegnando anche a questo termine un significato archetipico prima che storico. La Rivoluzione Francese, dunque, sbocco naturale di un processo di dissoluzione sociale secolare, conserva al di là del suo significato storico, un valore metastorico di Rivoluzione modello di rivoluzioni (2).
Ecco allora sorgere il problema della prassi controrivoluzionaria, dei rapporti concreti cioè della ControRivoluzione con il potere costituito, come più complesso di quello della dottrina, ed ecco, a questa luce, emergere come di estremo interesse i rapporti tra la ControRivoluzione e un movimento politico quale l'Action Française che, pur traendo origine da un positivismo borghese assolutamente estraneo alla tradizione controrivoluzionaria, ne incontra, sul terreno della prassi, la tematica dottrinale (5).
Nel 1899, l'anno di nascita ufficiale dell'Action Française, il filone controrivoluzionario è presente in Francia, e, anche se quantitativamente esiguo, ha conservata inalterata l'intransigenza delle posizioni.
Esso ha il suo simbolo nella bandiera del Sacro Cuore (6), la bandiera che i primi sciuani hanno levato contro la Rivoluzione e che il generale Charrette, discendente dell'antico capo vendeano, ha deposto sul cuore di Enrico V il giorno della sua morte. Come il vecchio Charrette i controrivoluzionari sono uomini rimasti gelosamente fedeli alla loro Tradizione. Essi hanno combattuto a Castelfidardo con i tiratori Franco-Belgi, a Mentana e a Monterotondo con gli Zuavi pontifici, in Catalogna con Alfonso di Borbone, e hanno disperatamente difeso 1a loro bandiera a Loigny e a Patay con i Volontari dell'Ovest nella guerra franco-prussiana.
La Monarchia per la quale essi lottano, la Monarchia Tradizionale, è ugualmente lontana dal parlamentarismo orleanista come dal cesarismo bonapartista, che rappresentano solo due diversi aspetti della Rivoluzione. Nemmeno la monarchia della Restaurazione o quella prerivoluzionaria dell'Ancien Régime possono essere tuttavia completamente identificate con la Monarchia Tradizionale. Il troppo celebrato regno di Luigi XIV con il suo assolutismo e il suo centralismo già contiene in sé i germi del moderno cesarismo. Monarchia tradizionale è piuttosto quella medioevale; fondata sui corpi intermedi e sulle comunità naturali, organica e decentralizzata. La Monarchia di San Luigi e di Enrico IV, quella del giovane duca di Borgogna, lo sfortunato nipote del Re Sole su cui si erano appuntate tutte le speranze di restaurazione di uomini come Fénelon; Boulainvilliers, il duca di Noailles, l'arcivescovo di Cambrai. Il duca di Borgogna è espressamente citato a modello dal conte di Chambord (7) che può essere considerato, assieme al Cardinal Pie (8), la figura che meglio incarna nel suo secolo la concezione contro rivoluzionaria.
Dopo la morte del conte di Chambord, i controrivoluzionari si raccolgono sotto l'autorevole guida del marchese di la Tour du Pin (9) attorno alla rivista Le Reveil Français e al circolo Tradition-Progrés. Il La Tour du Pin, formatosi sotto l'influenza del Le Play e della scuola corporativa austriaca, ha arricchito l'analisi controrivoluzionaria di un prezioso insegnamento sociale che nella restaurazione monarchica e nella restaurazione corporativa fonda i pilastri per la restaurazione finale dell'ordine cristiano. "Restaurare l'ordine sociale cristiano, scrive Robert Vallery-Radot, rivendicare per l'uomo tutte le libertà che lo stato giacobino gli ha sottratto: libertà familiari, libertà professionali, libertà comunali e regionali, questa fu la missione di La Tour du Pin. Alla concezione astratta dell'individuo del 1789... ha opposto con un'impressionante profondità la realtà cattolica della persona umana, che è nulla senza il focolare presso cui si perpetua, senza il mestiere che esercita e che feconda la sua attività, senza la terra in cui nasce, vive e muore e che le tradizioni storiche vincolano alla sua unione di sangue e di spirito" (10).
Così, per il padre Georges de Pascal (11), la figura di maggior spicco tra i discepoli di La Tour du Pin, la tradizione francese è cristiana, monarchica e sociale e tre sono i fattori della vita nazionale: Dio, il principe, il popolo. Analogamente tre sono i nemici da combattere: la Rivoluzione che sopprime Dio, o riduce comunque il campo della sua azione; il parlamentarismo che, con la formula "il Re regna ma non governa", sopprime il principe; il cesarismo che sopprime il popolo sostituendolo con una burocrazia totalitaria.
Accanto a de Pascal, che è in contatto anche con Drumont e con gli assunzionisti della Croix, i più intransigenti tra i religiosi assieme agli Eudisti e ai Redentoristi nella lotta contro la Repubblica, sono il conte di Courville, il conte di Larégle, Firmin Bacconnier, il colonnello di Parseval; gravitano inoltre attorno al gruppo anche Frédéric Amouretti, uno dei maestri più cari a Maurras, e quegli André Buffet e Eugène de Lur Saluces che introdurranno l' Inchiesta sulla Monarchia (12).
Questo gruppo non partecipa alla pubblica conferenza tenuta sotto il patronato della Patrie Française il 20 luglio 1899 (13) in cui Henri Vaugeois presenta l'Action Française al pubblico nazionalista e in cui, se facciamo attenzione alla formazione culturale è all'estrazione sociale dei partecipanti, ci accorgiamo che, a cominciare dai suoi promotori nessuno può essere definito contro rivoluzionario: Henri Vaugeois, che discende da un deputato regicida della Convenzione, ha infatti alimentato il suo nazionalismo alle fonti radicalsocialiste e Maurice Pujo, il suo giovane braccio destro, proviene, malgrado gli antenati monarchici, dal campo della anarchia.
Così repubblicani, o comunque non controrivoluzionari, sono i primi uomini che si avvicinano a quello che è ancora un Comité d'Action Française, da un Mareau, a un Bainville, a un Montesquieu.
L'Action Française nasce repubblicana, questa la sua prima non trascurabile caratteristica; ciò che non impedirà tuttavia che a pochi anni di distanza il conte di Parseval la indicasse come la legittima erede del circolo Tradition-Progrés (14) e che, assieme al conte di Courville procurasse i fondi e i saloni per la creazione dell' Institut d'Action Française dal cui pulpito il padre de Pascal avrebbe dovuto riproporre la validità della dottrina contro rivoluzionaria nella Francia del ventesimo secolo.
Per comprendere questo incontro tra Action Française e Contro-Rivoluzione occorre partire dalla piattaforma nazionalista dell'Action Française. Le origini del nazionalismo (15) sono infatti rivoluzionarie, da quando la Rivoluzione ha fatto leva sulla realtà nazione per accelerare il processo di disgregazione di quella più ampia realtà sociale che era l'Europa premoderna, ancora ispirata, a livello almeno di ideale, al modello supernazionale della Cristianità medievale. Ma nel corso di un secolo il nazionalismo segue un processo di slittamento verso destra che lo porta a un progressivo sganciamento dell'idea di Nazione da quella di Rivoluzione, verificabile in quella che del nazionalismo resta la traduzione più concreta: l'Esercito (16).
Nell'Ancien Régime si conservava, sia pure alterata dai secoli, la tripartizione sociale caratteristica al Medioevo europeo e a tutte le società tradizionali precristiane, tra una classe sacerdotale, una classe guerriera, una classe produttrice (17). Con la Rivoluzione, l'esercizio delle armi, fino ad allora riservato a una vera e propria casta dominante, viene esteso a tutto il popolo con l'introduzione della mobilitazione generale e della coscrizione obbligatoria (18). Il popolo si riconosce dunque nell'esercito, nell'Armée, e l'Armée salva la Rivoluzione a Valmy e la propaga in tutta Europa con Napoleone. Ancora nelle opere di un Michelet o di un Henri Martin si ritrova l'esaltazione dell'Armée come motivo dominante della mitologia repubblicana, ed è a questi autori senza dubbio, e non al filone controrivoluzionario, che si dovrà far risalire quel nazionalismo barresiano (19), che costituisce, prima dell'Inchiesta, la piattaforma dell'Action Française e che può essere inteso come il punto di sutura tra il nazionalismo rivoluzionario dei repubblicani e quello "integrale" di Maurras.
"Il nazionalismo, scrive Barrès, significa risolvere ogni problema in rapporto alla Francia. Ma come fare se non abbiamo della Francia una definizione e un'idea comuni?" (20). Nello sforzo di definire i contorni di questa Francia-nazione Barrès fonde le più diverse esperienze: "Dopo tutto la Francia consolare, la Francia monarchica, la Francia del 1830, la Francia del 1848, la Francia dell'Impero autoritario, la Francia dell'Impero liberale, tutte queste Francie infine che, con una mobilità così prodigiosa, giungono a degli eccessi contraddittori, procedono dallo stesso terreno e mirano allo stesso fine; esse sono lo sviluppo dello stesso germe, e su uno stesso albero, frutti di diverse stagioni" (21).
Questa sintesi delle diverse "famiglie spirituali" della Francia, proposta soprattutto attraverso la mitizzazione del momento bonapartista (22), porta a una definizione del nazionalismo in termini di un comune sentimento della patria francese, piuttosto che in termini di una razionale visione politica. Ciò che porterà il barresiano Vaugeois, fondatore dell'Action Française, ad affermare nell'Inchiesta: "Noi avevamo la febbre. ‘Febbre francese’ dice il nostro amico Barrès. Ma la febbre è brutta" (23). La febbre nazionalista è uno stato d'animo che attende di concretarsi in una lucida concezione politica. "Il nazionalismo è una protesta, una rivolta istintiva contro un evidente errore politico... Ma la verità opposta a questo deplorevole errore il nazionalismo non la formula" (24). Il nazionalismo è un punto di partenza: la constatazione, a livello più emotivo che razionale di un errore politico. Necessita di un punto di arrivo: la riscoperta di una verità politica contrapposta. Questa verità si identificherà con la Monarchia Tradizionale dei controrivoluzionari. Ogni obiezione, ogni interrogativo sarà meticolosamente smontato dalla ferrea logica di Maurras, unico monarchico in un'Action Française ancora repubblicana.
"Noi, scrive Maurras, mettiamo la Francia al di sopra di tutto e al servizio della Francia ci sforziamo di porre delle concezioni giuste e delle idee vere" (25). Egli si rivolge ad uomini che hanno scoperto la Nazione attraverso un'esperienza repubblicana, rivoluzionaria. Ma il loro punto di riferimento non è la Repubblica, è la Nazione. E il giorno in cui Maurras dimostrerà loro come la causa della Repubblica contrasti manifestamente con la causa della Nazione, essi, in nome della Nazione, diventeranno i primi e più implacabili nemici della Repubblica.
Per intendere dunque la nascita dell'Action Française e il suo incontro con la Contro-Rivoluzione si può impostare il problema in questi termini. Un gruppo di uomini, dissimili per esperienze e formazione culturale, accomunati solo, come scrive il Weber (26), dall'amore del proprio paese, si sforza di ricercare quale sia la miglior soluzione politica da proporre alla Francia. Questo il loro orizzonte, il nazionalismo o, come preferiscono definirlo, il nazionalismo integrale. La loro ricerca non parte da nessun a priori, ma è empirica e sperimentale. Questo il loro metodo, il positivisino, o, come preferiscono definirlo, l'empirismo organizzatore. Di fronte ad essi si presenta un corpus dottrinale elaborato partendo da diversi presupposti da uomini provenienti da diverse esperienze: il pensiero controrivoluzionario. Si tratta di vedere se, e fino a che punto, questo pensiero corrisponda agli interessi della Francia, alla causa nazionalista. Ecco, in sintesi, la formula dell'Inchiesta sulla Monarchia e di tutta l'opera di Maurras.
"Mi sono divertito più di una volta, ricorda Maurras, allo stesso spettacolo: un nipote di giacobini che considerava con occhio sorpreso un nipote di chouans e tutti e due, alla fine del primo colloquio, constatavano il loro completo accordo politico. L'uno trovava ciò che l'altro aveva semplicemente ricevuto dal padre: le due Francie, riconciliate in tal maniera, non avevano più che la fatica di tradursi l'un l'altra due linguaggi un po' differenti" (27). Le due Francie, la Francia nazionalista e la Francia controrivoluzionaria si fondono e uomini come un Morèau, un Baìnville, un Vaugeois, si trovano accanto a un de Pascal, a un Boisfleury, a un Vesins.
"Questo strano stato maggiore, scrive Robert Havard de la Montagne, è un po' l'immagine della Francia e della diversità delle sue famiglie spirituali. Gli uomini che lo compongono si trovano d'accordo sul fatto che alla Francia occorre un Re e che la Monarchia in Francia è cattolica per tradizione. Il loro accordo rappresenta la sintesi di una visione generale comune per quanto riguarda i danni dell'individualismo e dello statalismo. Sono d'accordo nel ritenere che l'educazione del giovane spetta ai genitori e non allo Stato; che la scuola non dipende dallo stato, ma dalle famiglie sostenute o sostituite da altre organizzazioni ugualmente indipendenti; che la regolamentazione del matrimonio comporta l'indissolubilità; che l'autorità pubblica non deriva dalla volontà del popolo..." (28).
Se la Francia nazionalista ha scoperto la Francia controrivoluzionaria come posizione dottrinale, la Francia controrivoluzionaria incontra a sua volta la Francia nazionalista come una possibilità di azione politica; Malgrado dunque la diversità dei presupposti di partenza, la fusione e la conciliazione avvengono sul piano della prassi, venendo presto a rappresentare l'Action Française, l'unico valido punto di riferimento e di coagulo per tutte quelle forze che vedono nella Repubblica radicale e nel modernismo nei suoi due aspetti, il laico e il religioso, il primo nemico.
Portando per quanto riguarda i rapporti tra Action Française e Contro-Rivoluzione, un primo giudizio sulla prassi controrivoluzionaria dell'Action Française, si dovrà ammettere che essa comprese perfettamente come il radicalismo, espressione politica della borghesia intellettuale della Terza Repubblica, dovesse essere combattuto principalmente sul piano intellettuale. Questo ci aiuta a comprendere il carattere eminentemente culturale delle maggiori iniziative dell'Action Française.
Culturale sarà infatti la prima iniziativa, l'Institut (29), una vera e propria controuniversità in cui, in un momento in cui le Università e le Accademie sono in mano alla cultura progressista, i più autorevoli uomini dell'Action Française, a cominciare dallo stesso Maurras, propongono ai giovani monarchi ci una cultura antitetica e quella rivoluzionaria.
Culturale è la seconda iniziativa in ordine di tempo, ma prima in ordine di importanza, il quotidiano (30), formidabile strumento in cui dalla politica interna alla politica estera fino agli episodi più insignificanti della vita di ogni giorno, sotto la guida di Maurras e Daudet l'Action Française delinea una vera e propria Weltanschauung controrivoluzionaria.
Meno evidente, infine, ma non per questo meno significativo, il carattere culturale della terza notevole iniziativa, i Camelots du Roi (31), che nell'Università hanno il loro tipico teatro di battaglia e nel professore radicale il modello di avversario (32).
A questa scelta intellettuale si dovrà il rapido successo che porta l'Action Française a raggiungere nell'anteguerra una forza d'urto che ne fa il primo movimento politico francese, ma ad essa si dovrà anche la sua decadenza (33) quando, dopo la guerra, la Rivoluzione non sarà più incarnata dal radicalismo ma dal marxismo. Con la Rivoluzione russa infatti per la prima volta il marxismo si verifica nell'azione, realizzando quello che era stato il compito che Marx aveva affidato alla filosofia, di dimostrare cioè nella pratica la bontà e la verità delle proprie tesi. La comparsa sulla scena europea della Russia bolscevica è un avvenimento di portata filosofica prima che storica che necessita un ripensamento e un adeguamento della prassi controrivoluzionaria, ma l'Action Française, continuerà a vedere, nella prassi se non nella teoria, il radicalismo come il nemico da combattere, o comunque contrapporrà al marxismo una prassi controrivoluzionaria che, se contro il radicalismo ha mostrato la sua efficacia, si rivelerà presto inadeguata contro l'avversario marxista.
Gli anni del dopoguerra vedono dunque un calo dell'efficacia dell'azione dell'Action Française, ma, contemporaneamente, una ricerca di egemonia culturale, che la porta gradualmente a divenire, da movimento politico d'urto, scuola di pensiero.
Prima della guerra l'Action Française aveva rappresentato il comune punto di riferimento dei, controrivoluzionari e dei nazionalisti maurassiani. In questa loro adesione all'Action Française, limitata sul piano di una comune battaglia contro le istituzioni repubblicane, i controrivoluzionari avevano conservato la propria autonoma impostazione dottrinale e avevano considerato Maurras come un alleato piuttosto che come un maestro (34). I nazionalisti maurrassiani, dal canto loro, avevano limitato la loro adesione alla dottrina controrivoluzionaria al piano politico, prescindendo cioè dalle sue implicazioni metafisiche. Nel dopoguerra l'Action Française diviene scuola di pensiero. Maurras si afferma cioè come pensatore, più che come animatore di un movimento politico, e si verifica un cedimento delle posizioni controrivoluzionarie al maurrassismo anche sul piano della dottrina, mentre Maurras si afferma come il maestro indiscusso della destra francese. Ma se in termini di prassi poteva considerarsi legittima un'identificazione di posizioni tra l'Action Française e Contro-Rivoluzione, per quanto riguarda la dottrina il maurassismo conserva i suoi punti di discordanza dalla Contro-Rivoluzione, punti che sarà opportuno accennare, anche perché si rivelarono come le maglie deboli della costruzione maurrassiana nel senso di incidenza nella realtà storica del paese.
Un primo punto da rilevare riguarda il problema sociale che Maurras non sentì mai vivamente. e che non fu mai realmente approfondito dall'Action Française. Maurras orientò sempre i giovani verso il corporativismo, presentando il La Tour du Pin (35) come un maestro, ma, di fatto, l'unica iniziativa sociale dell'Action Française, i Cercles Proudhon, tentarono una rischiosa sintesi tra il pensiero di Maurras e il sindacalismo soreliano (36). Tramite con Sorel fu Georges Valois (37), presentato nel 1906 a Maurras da Bourget. Maurras aveva preso in simpatia questo strano spirito di rivoluzionario che, dopo una movimentata esperienza negli ambienti di sinistra aveva scoperto la Monarchia e indicava nell'Action Française e nella Conféderation du Travail "le due organizzazioni che svolgono un'azione parallela, suscitata dal medesimo istinto e tesa al medesimo scopo: la distruzione del regime repubblicano e democratico" (38). Sorel, dal canto suo, dopo aver abbandonato il progetto di una rivista monarchico-sindacalista, La Cité Française, e dopo essersi rivelato nell'altra rivista da lui diretta, L'Indipendance, come dichiaratamente nazionalista e violentemente antidemocratico, pur senza mai aver ammesso di essere divenuto monarchico, attribuiva a Maurras il compito di difendere il Paese e la cultura francese. Nel dicembre 1911, così, Maurras aveva presieduto la fondazione dei Cercles Proudhon in cui un gruppo di giovani, sulla scia del nuovo orientamento soreliano, aveva cercato di conciliare sul terreno dell'azione, sindacalismo e Contro-Rivoluzione, Sorel e Maurras (39). L'esperimento avrà breve vita e comporterà una conseguenza immediata; il distacco dall'Action Française del La Tour du Pin e di una parte dei controrivoluzionari che si rifanno al suo insegnamento, giudicando il La Tour du Pin inconciliabile il suo corporativismo (40), fondato sulla concordia e sulla collaborazione delle classi, con il sindacalismo soreliano che nella lotta di classe continua a vedere il miglior strumento di lotta (41).
Un secondo punto di contrasto tra il pensiero di Maurras e la dottrina contro rivoluzionaria riguarda i caratteri e i limiti del nazionalismo (42). La Contro-Rivoluzione conserva infatti l'ideale sovranazionale del Sacro Impero medievale dei re santi e dei crociati, di un'Europa unificata innanzitutto da una comune dimensione religiosa, e contrappone la restaurazione delle nazioni, realtà concrete, all'astratto cosmopolitismo rivoluzionario, come tappa necessaria, ma non definitiva, di un'ipotetica Restaurazione dell'Impero Cristiano. L'Action Française dal canto suo ha recuperato il nazionalismo alla ControRivoluzione, ma il nazionalismo che, privato della sua componente giacobina, si rivela l'antidoto più sicuro contro i nemici interni della Francia, continua a giocare, sul piano europeo, un ruolo eversivo. Vi è infatti nel cuore dell'Europa un'ultima struttura tradizionale che ancora sopravvive: l'Impero Austro-ungarico. La prima guerra mondiale nasce come guerra rivoluzionaria mirante al dissolvimento di quest'ultima struttura. L'Action Française porta la responsabilità di non averlo compreso e di avere impostato, in nome della nazione, un'equivoca alleanza, in politica estera, con quei rivoluzionari che, in nome della nazione, ha sempre combattuto in politica interna. "Dal principio della guerra, sono parole del presidente Poincaré, Leon Daudet e Charles Maurras hanno dimenticato il loro odio della Repubblica e dei repubblicani e non pensano più che alla Francia". In realtà, proprio per salvaguardare gli interessi della Francia, Maurras non avrebbe mai dovuto schierarsi a fianco di un Fronte Repubblicano che attizzava la Rivoluzione in Europa per poter meglio imporla nel proprio paese.
Le due conseguenze fondamentali della guerra, la comparsa sulla scena della Russia bolscevica, che riproporrà in termini assolutamente nuovi il problema del marxismo, e il crollo degli imperi centrali non saranno valutati nella loro portata dall'Action Française e costituiranno invece, in termini di "reazione" antimarxista e di "reazione" alla decadenza, il naturale terreno di partenza dei fascismi (43).
Ma la diversità di impostazione tra Action Française e Contro-Rivoluzione può essere rilevata soprattutto per quanto riguarda il problema metafisico. L'anima della Contro-Rivoluzione è infatti la Chiesa, maestra di verità e custode dell'ordine sociale, e la dottrina controrivoluzionaria si fonda su una contrapposizione metafisica prima che politica che vede fronteggiarsi, sullo sfondo della concezione agostiniana delle due città (una est Dei, altera diaboli) Regno di Dio e regno di Satana, il Sacro Impero e la sua diabolica contraffazione, laddove il politique d'abord di Maurras, sia pure intendendolo come una priorità politica in ordine di tempo e non di dignità, finisce con l'operare, di fatto, una riduzione della dimensione metafisica a quella politica. Diversità di impostazione non significa tuttavia contrasto. Maurras vuole infatti edificare, in nome dell'ordine naturale, quell'arca sociale che i controrivoluzionari vogliono fondare sull'ordine soprannaturale. E la restaurazione dell'intelligenza che egli propone, l'intelligenza raziocinante e non quella astrattamente razionale del parti philosophique, è la restaurazione dello strumento critico necessario per conoscere e ordinare rettamente i rapporti naturali tra gli esseri, e dunque la loro gerarchia naturale. In questo senso si comprendono le parole di Maurras a Henri Massis: "Ho passato tutta la mia vita a combattere tutte le metafisiche, salvo una..." (44). Non contrasto cioè, ma eventualmente continuità, tra la posizione politica maurassiana e la posizione metafisica controrivoluzionaria, la continuità che esiste tra ordine naturale e ordine soprannaturale, tra grecità e cattolicesimo. Così, mettendo finemente in luce la "grecità" di Maurras e la sua "saggezza aristotelica e tomista", Marcel de Corte ha potuto affermare che "su questo terreno meravigliosamente preparato dalla saggezza greca, il Cristianesimo può germogliare" (45).
A questa luce appare esemplare, per riassumere i rapporti tra Contro-Rivoluzione e Action Française, la posizione di Pio X che, pur approvando il decreto di condanna del Santo Uffizio delle opere giovanili di Maurras, applicando ad esse la formula damnabiles non damnandos; decideva di impedirne la divulgazione (46). Pio X aveva cioè ben presenti i limiti del maurassismo, ma giudicava evidentemente positiva e benefica per la Chiesa la lotta politica dell'Action Française contro il radicalismo e la Repubblica anticlericale se, proprio per non pregiudicarne l'efficacia, riteneva di doverne rimandare la pubblicazione.
Collaborazione non incondizionata sul piano della prassi, ecco dunque la posizione di Pio X, e di autentici controrivoluzionari come un La Tour du Pin, un Padre de Pascal, un Monsignor Delassus (47), un Don Besse (48), fino al momento almeno della scomunica, che vedrà di fronte una Santa Sede che non ha più in Benigni (49) e in Merry del Val (50) gli uomini di fiducia del nuovo Pontefice e un'Action Française che nella sua evoluzione da movimento politico a scuola di pensiero ha visto il maurassismo prevalere sulla Contro-Rivoluzione. La scomunica segnerà l'inizio di una crisi dal tragico epilogo, che sullo sfondo di un'Europa segnata dalle rovine, vedrà chiudersi, dopo mezzo secolo la storia dell'Action Française, non quella della Contro-Rivoluzione.
ROBERTO DE MATTEI
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NOTE
(2) Notevole, in questo senso, il contributo di A. COCHIN, in La Révolution et la libre penséé, Plon, Parigi 1924; tr. It. Meccanica della Rivoluzione, Rusconi, Milano 1972, con introduzione di Mario Marcolla.
(3) Cfr J. DE MAISTRE, Considérations sur la France, cap. X, 3, in Oeuvres Complètes, Vitte, Lione Parigi 1924, t. I, pag. 157.
(4) H. Guillemin, a sottolineare il conservatorismo di una Repubblica che, pure, rivendica le sue origini rivoluzionarie, ricorda le parole con cui il finanziere Léon Say si rivolge al duca d'Audiffret-Pasquier, colpevole di inclinazioni monarchiche: "Voi tradite la causa dell'ordine!". Ctr. H. GUILLEMIN, Histoire des catholiques français a XIX siècle (1815-1905), Editions du Milieu du monde, Ginevra-Parigi.Montreal 1947, pag. 306. Su questo punto cfr. anche i volumi in cui Emmanuel Beau de Loménie ha analizzato l’ascesa e la responsabilità della borghesia negli ultimi due secoli (E. BEAU DE LOMENIE, Les responsabilités des dynasties bourgeoises, pubblicato in quattro tomi; cfr. soprattutto i primi due: De Bonaparte à Mac Mahon, Parigi 1943 e, Du Maréchal de Mac Mahon à Poincaré, Parigi 1947. Del primo cfr. la tr. it. La responsabilità delle dinastie borghesi, Longanesi, Milano 1946).
(5) Questo problema non è affrontato in quello che resta lo studio migliore e più esauriente sull'Action Française: E. WEBER, The Action Française, Stanford University Press 1961; è affrontato parzialmente nell'ottimo La Droite en France de la première Restauration à la V République, Montaigne, Parigi 1968; tr. it. La destra in Francia dalla restaurazione alla V Repubblica (1815-1968), Mursia, Milano 1970. Su questo studio cfr. la recensione in chiave controrivoluzionaria di F. Perfetti in Storia Contemporanea, 1972, n. 1, pagg. 147-155.
(6) Sul significato del Sacro Cuore nella concezione controrivoluzionaria cfr. Mgr. E. JOUIN, Le drapeau national du S.C., Colléction Guerre et doctrine, Parigi 1918; L; PARROY, Le drapeau de la France, Vitte, Parigi 1917; E VEILLOT, Le drapeau du S.C., Tòbra, Palrigi 1898; H. RAMIERE SJ., La question sociale et la dévotìon au S.C. de Jesus, Ass. Cath., N. 6, Parigi 1876.
(7) Henri-Oharles-Ferdinand-Marie Dieudoimé d'Artois, duca di Bordeaux, conte di Chambord (1820-1883). Cfr. Ecrits politiques et eorrespondance du comte de Chambord, Parigi 1.880.
(8) Louis Cardinal Pie (1815-1880). Cfr. Oeuvres de Monseigneur l'Eveque de Poitiers (10 edizioni, l'ultima a Parigi, J. Ledars 1890-94, voll. 10); e Pages choisies du Card. Pie, avec une introduction par M. Le chanoine Vigné, Oudin, Parigi 1916, voll. 2. Per la bibliografia rimandiamo al recente E. CATTA, La doctrine politique et sociale du Cardinal Pie, Nouvelles Editions Latines, Parigi 1959.
(9) Charles-Humbert-René de la Tour du Pin, Marchese della Charce (1834-1924). Le opere principali Vers un ordre social chrétien-Jalons de route 1802-1907, Nouvelle Librairie Nationale, Parigi 1907 e Aphorismes de politique sociale, Nouvelle Librairie Nationale, Parigi 1909. Sul La Tour du Pin, cfr. tra l'altro: C. BAUSSAN, La Tour du Pin, Flammarion, Parigi 1931; R. SEMICHON, Les idées politiques et sociales de La Tour du Pin, Beauchesne, Parigi 1936; E. BOSSAN DE GARAGNOL, Le colonel de La Tour du Pin après lui-meme, Beauchesne, Palrigi 1934; G. IASPAR (A. DE GASPERI), Un maestro del corporativismo cristiano, René de La Tour du Pin, Rivista internazionale di scienze sociali, Anno XXXVII, 1928, vol. I, poi raccolto in I Cattolici dall'opposizione al governo.
(10) R. VALLERY-RADOT, Un centenaire opportune, in L'Ordre Social Chrétien, Parigi gennaio- marzo 1934.
(11) Padre George de Pascal (1840-1918). Sul padre de Pascal, figura quasi completamente ignorata, cfr. A. DE LAVALETTE MOBRUN, Le père de Pascal, Jouve, Parigi 1918. Tra le opere del padre de Pascal cfr.: Enseignement social, vues sociales d'un homme de tradition, Rondelet, Parigi 1899 (estratto dall'Ass. Catholique). La Juiverie, con una lettera di prefazione di E. Drumont, Gautier, Parigi 1887. Lettre sur l'histoire de France, prefazione di P. Baujet, Nouvelle Librairie Nationale,Parigi 1908 (articolo apparso sul Réveil Français). Mgr. Gay, èveque d'Anthedon, auxiliaire du Cardinal Pier, d'après sa correspondance, Béduchaud, Parigi 1910. Vogelsang, l'Ecole sociale chrétienne, Extraits de ses oeuvres, preface, Parigi 1905. La renaissance du traditionnalisme en politique, 1) Discours de M. Paul Bourget; 2) Conférence de M. l'Abbé Georges de Pascal, prononcé à la Salle de la Société de geographie au mois de juin 1904, Librairie des Saints-Pères, Parigi (s.d.). Révolution et évolution, le centenaire de 1789 et les conservateurs catholiques, avec une lettre de M. Je M.is de La Tour du Pin Chambly, Impr. de Saudaux, Parigi 1898.
(12) L'Enquete sur la Monarchie apparve per la prima volta nel 1900 in due fascicoli per le edizioni della Gazette de France. La prima edizione in volume apparve nel 1909, edita dalla Nouvelle Librairie Nationale.
(13) Cfr. L'Action Française, Conférence du 20 juin 1899 à la salle de la Rue d'Athénes.
(14) "Nell'ora attuale il liberalismo ha fortunatamente trovato dei nuovi e temibili avversari. La scuola dell'Action Française che porta così fieramente il suo bel nome, si è schierata sul terreno dell'interesse nazionale, del diritto naturale, della tradizione e del rispetto del Cattolicesimo. Essa risponde ai bisogni delle generazioni disorientate o rese scettiche da trent'anni di concezione repubblicana e ha ripreso la lotta filosofica contro le dottrine della Rivoluzione". Cfr. Colonel DE PARSEVAL, Principes de l'organisation du travail, Nouvelle Librairie Nationale, Parigi 1907 (Conferenza pronunciata il 23 febbraio 1907 alla Salle de la Société de Geographie, sotto gli auspici del Comité Tradition-Progrès ).
(15) La letteratura sul nazionalismo francese è meno abbondante di quanto si potrebbe pensare. Per un inquadramento nel nazionalismo europeo cfr. E. LEMBERG, Nationalismus, Rowohlt, Reinbeck bei Hambourg 1964, in due voll. Psychologie und Geschichte e Soziologie und politische Pedagogik, il più completo studio sul nazionalismo in generale. Per una comprensione del fenomeno sullo sfondo della storia di Francia cfr. CARLTON J. H. HAYES, The historical evolution of modern Nationalism, The MacMillan Company, New York 1951.RENÉ REMOND, nel suo La Droite en France, cit., al Nazionalismo (soprattutto in rapporto al bonapartismo) riserva le pagine migliori. Importanti anche: E. WEBER, The nationalist revival in France, University of California, Berkeley e Los Angeles 1959; R. GIRARDET, Le Nationalisme française, Introduction et Choix de Textes, A. Colin, Parigi 1966 e J. PLONCARD D'ASSAC, Doctrines du Nationalisme, La Librairie française, Parigi 1958; tr. it: Le dottrine del nazionalismo, Volpe, Roma 1966. Tra i libri dell'epoca è da ripercorrere la celebre inchiesta di Agathon (pseud. di Henry Massis e Alfred de Tarde) sulla gioventù nazionalista: Les Jeunes Gens d'aujoud'hui, Parigi 1913. Cfr. inoltre J. D'AURIAC, La nationalité française, Flammarion, Parigi 1913 e G. GUY-GRAND, La philosophie nationaliste, Grasset, Parigi 1911.
(16) Sui rapporti esercito-nazione in Francia fondamentali: R. CHALLENER, The French theory of the nation in arms (18661939), Columbia University Press, New York 1955; R. GIRARDET, La société militaire dans la France contemporaine (1815-1939), Plon, Parigi 1953; J. MONTEILHET, Les institutions militaires de la France (1814-1932), Alcan, Parigi 1932, 2.a ed. Cfr. anche le Histoire de l'Armée française di J. REVOL (Flammarion, Parigi 1938) e M. WEYGAND (Larousse, Parigi 1929). Per la letteratura d'epoca cfr. U. GOUHIER, L'Armée nouvelle, Stock, Parigi 1897; H. CHOPPIN, L'Armée française, Savine, Parigi 1890, J. BOURELLY, L'Armée est-elle, et doit elle etre la nation?, Correspondant, CLXXl, 1902, pagg. 193-200; L. BOUDENOOT, L'Armée en 1899, Revue politique et parlamentaire, XXII, 1899, pagg. 251-291; T. IUNG, La République et l'Armée, Bibliothèque Charpentier, Parigi 1892.
(17) Sulla permanenza di questa tripartizione sociale che riproduce lo schema platonico della Repubblica, cfr. tutte le opere di G. DUMÉZIL. In tr. it. Jupiter, Mars, Quirinus Boringhieri, Torino 1956. Questa problematica è stata recentemente arricchita da un importante studio di R. Mousnier: Le gerarchie sociali, Vita e Pensiero, Milano 1972. Su questo punto cfr. anche il nostro La società tradizionale, Volpe, Roma 1972.
(18) La leva di massa è decisa il 5 luglio 1792. L'11 luglio appare il decreto La Patria è in pericolo. Con il 1798 la legge Jourdan istituisce il servizio militare obbligatorio. Cfr. Historique des diverses lois sur le recrutement depuis la Révolution jusqu'à nos jours, Imprimerie nationale, Parigi 1902.
(19) Maurice Barrés (1862-1923). Per la bibliografia cfr. M. A. ZARACH, Bibliographie barrésienne 1881-1948, Presses Universitaires de France, Parigi 1951. Tra le tante opere su Barrès cfr. A. THIBAUDET, La vie de Maurice Barrès, Nouvelle Revue Française, Parigi 1931,3.a ed.; J.M. DOMENACH, Barrès par lui-meme, Aux éditions de Seuil (soprattutto il capitolo Les contradictions du nationalisme, pag. 39 e sgg.); P. DE BOISDREFFE, Barrès parmi nous, Amiot-Dumont, Parigi 1952; J, MADAULE, Le nationalisme de Barrès, Sagittaire, Parigi 1942; E. R. CURTIUS, Maurice Barrès und die geistigen grundlagen der franzosischen Nationalismus, Cohen, Bonn 1921; R. DE BOYER DE SAINTE-SUSANNE, L'idéologie religieuse de M. Barrès et la catholicisme, Nouvelle Revue Critique, Parigi 1935; J. TOUCHARD, La nationalisme de M. Barrès, Actes du colloque Maurice Barrès, organizzato dalla Facoltà di lettere di Nancy, 21-25 ottobre 1962. Maurras ha ricordato Barrès in Maitres et témoins de ma vie d'ésprit.
(20) M. BARRÈS, Scenes et doctrines du nationalisme, EmilePaul, Parigi 1902, pag. 81.
(21) M. BARRÈS, op. cit., pagg. 82-83.
(22) Sarà sulla tomba di Napoleone professore di energia nazionale che i giovani protagonisti dei Deracinés (cfr. Les deracinés, Nelson, Parigi 1930, 1.a ed. 1897 pag. 225) giurano di essere uomini, e Napoleone resterà sempre il mitico punto di riferimento di Barrés.
(23) H. VAUGEOIS, Enquéte, pag. 169.
(24) H. VAUGEOIS, Enquéte, pag. 169.
(25) C. MAURRAS, Le mie idee politiche, pag. 281.
(26) "Ciò che univa questi uomini, scrive il Weber, era l'amore supremo della Patria, un grande rispetto per l’ordine e una fede comune in una ragione dall'andamento ordinato". Cfr. E. WEBER, op. cit., pag. 43.
(27) C. MAURRAS, La Monarchia, pagg. 119-120.
(28) R. HAVARD DE LA MONTAGNE, Histoire de l'Action Française, Amiot-Dumont, Parigi 1950, pagg. 39-40.
(29) Le cattedre dell'Institut erano sette: Sillabo (politica cattolica), Comte (positivismo), Rivarol (teoria politica), SainteBeuve (empirismo organizzatore), Barrés (nazionalismo), Amouretti (relazioni internazionali), La Tour du Pin (economia sociale ).
(30) La petite revue grise diventa quotidiano il 21 marzo 1908. Maurras, sotto lo pseudonimo di Criterion, si occupa della rassegna della stampa, Dimier e Lasserre dell'arte e letteratura, Bainville della politica estera, ma soprattutto si afferma prepotentemente accanto a Maurras il 'personaggio' Daudet. "Rabelesiano d'aspetto come d'espressione, scrive il Weber, completava Maurras: là dove Maurras spiegava freddamente, logicamente, Daudet seduceva per la sua verve, il suo fuoco, dando un corpo a ciò che fino ad allora non era che una dottrina". Cfr. E. WEBER, op. cit., pag. 65.
(31) Sui Camelots cfr. M. PUJO, Les Camelots du Roi, Flammarion, Parigi 1933; A. GAUCHER, Notes d'un combattant, Revue d'Action Française, XXXIII, 1909; M. REAL DEL SARTE, Rapport sur la Federazion Nationale des Camelots du Roi, Revue de Action Française, XXXIV, 1910: "Sono certo, scriveva Giuseppe Prezzolini in una sua inchiesta sulla Francia del tempo, che nessuna cosa è invidiata dal Governo e dagli avversari di Maurras a lui, né lo stile, né la cultura, né la dialettica, quanto questo gruppo di Camelots". Cfr. G. PREZZOLINI, La Francia e i Francesi nel secolo XX, Treves, Milano 1913, pag. 333.
(32) Esemplare, in questo senso, l'episodio Thalamas, in cui dopo un attacco strategico alla Sorbona, il professore radicale denigratore di Giovanna d'Arco viene bastonato mentre Maurice Pujo sale in cattedra dove svolge un ' controcorso' in... onore della santa francese.
(33) Uno dei primi sintomi di questa 'decadenza' è l'accettazione da parte dell’Action Française del gioco parlamentare, con l'appoggio al Bloc National conservatore del 1919. "Si vide allora, è Louis Dimier, allontanatosi proprio in quegli anni, a ricordare "quello che non si era mai visto": l'Action Française piegarsi davanti alle circostanze invece di fronteggiarle e di dominarle". Cfr. L. DIMIER, Vingt ans d'Action Française, pag. 307.
(34) Questo aspetto è stato lucidamente avvertito da Jean Madiran: "A la génération des catholiques formés catholiquement, et venus à l’Action Française en vertu d'un ‘compromis pour l'action’, succéda une génération qui avait une formation maurrassienne et n'était plus sensible à ce qu'il pouvait y avoir de ‘choquant’, en tout cas d'inacceptable, pour un chrétien, dans la pensèe de Maurras". Cfr. J. MADIRAN, L'Intégrisme, histoire d'une histoire, Nouvelles Editions Latines, Parigi 1964, pag. 97.
(38) Cfr. P. ANDREU, op. cit., pag. 43.
(39) Sui rapporti Action Françajse~Sorel cfr. Actiòn Française 13 agosto 1908 (a proposito della violenza); A.F. 6 gennaio 1910; A.F. 24 marzo 1932 (Georges Sorel et l'Action Française); A.F. 25-27 settembre 1937.
(40) Su questo aspetto del pensiero controrivolurionario, oltre i volumi del La Tour du Pin citati, cir. A. DE MUN, Ma vocation sociale, Lethielleux, Parigi 1910; C. MAIGNEN, Maurice Maignen et les origines du mouvement social catholique en France, Pacteau, Luson 1927.
(41) Sarà tuttavia proprio il soreliano Georges Valois a celebrare, in occasione della sua morte, La Tour du Pin, all'Institut d'Action Française rivendicandolo come un grande maestro. "Nessuno, farà eco Elisabeth Bossan de Garagnol, ha meglio condensato il pensiero di La Tour du Pin che Georges Valois". Cfr. E. BOSSAN DE GARAGNOL, Documentation catholique N. 210; vol. 262, note, Parigi 1923.
(42) Per una corretta impostazione del problema in chiave controrivoluzionaria Cfr. J. OUSSET, Patries, Nationes, Etates. Actes du Congrès de Lausanne 1970.
(43) Robert Brasillach (1909-1945) riassume significativamente, anche nella tragica fine, il cammino di una parte dei giovani intellettuali francesi dall'Action Française al Fascismo. "Critico letterario di altissimo livello... egli rappresenta, in antitesi a Bernanos, l'altro polo radicale della possibile evoluzione di un allievo di Maurras", cfr. E. NOLTE, Der Faschismus in seiner Epoche, Piper, Munchen 1965, tr. it.: I tre volti del fascismo, Sugar, Milano 1966, pag. 754.
(44) "J'ai passé ma vie à combattre toutes les métaphysiques, sauf une... Et si je l'ai mise a part ce n'était pas pour vous faire plaisir, à vous catholiques, c'était pour moi". Cfr. H. MASSIS, L'honneur de servir, Plan, Parigi 1937, pag. 97.
(45) Cfr. M. DE CORTE, La Sagesse de Charles Maurras, in Cahiers Charles Maurras N. 25, 1968. Di M. De Corte su questo punto cfr. anche Graius Homo, in l' Ordre Français, Parigi 1968, pagg. 27-40. Numero speciale dedicato a Maurras.
(35) Maurras fin dall'Inchiesta aveva sempre definito il La Tour du Pin, come "il mio diretto maestro" (cfr. Inchiesta cit., pag. 173). Sui rapporti Action Française-La Tour du Pin cfr. Action Française 13 maggio 1913; A.F. 8 dicembre 1924 (sur un maitre disparu); A.F. 10 gennaio 1927; A.F. 22 novembre 1927; A.F. 21 e 23 gennaio 1929; A.F. 30 .marzo 1932; A.F.. 14, 15 aprile 1934 (per il centenario della nascita).
(36) Georges Sorel (1847-1922). Cfr. G. SOREL, Scritti politici: Riflessioni sulla violenza; le illusioni del progresso; la decomposizione del marxismo, a cura di R. Vivarelli, Utet, Torino 1963. Fondamentale, su Sorel, lo studio di PIERRE ANDREU, Notre maitre Sorel, Grasset, Parigi 1953; tr. it. Sorel il nostro maestro, Volpe, Roma 1966.
(37) Georges VaIois (Alfred Georges Gressent) (1878-1945). L'opera più esauriente su Valois è di F. MAZIERES, L'Oeuvre économique de Georges Valois, Castelnaudery 1937.
(46) Per quanto riguarda i rapporti Pio X-Maurras, celebre è l'episodio narrato da Camille Bellaigue nel suo Pio X et la France, Nouvelle Librairie Nationale, Parigi 1916. A Bellaigue che, incontrando Pio X, negli ultimi giorni del 1914, chiedeva la benedizione per Maurras Pio X rispondeva: "La Nostra benedizione! Ma tutte le nostre benedizioni, e ditegli che è un bel difensore della fede!" (Il DANSETTE, nella sua Histoire religieuse de la France contemporaine sous la Troisième République, Flammarion, Parigi 1951, riporta difensore "della Chiesa e della Santa Sede" cfr. II, pag. 574).
(47) Henri Delassus (1836-1921), battagliero direttore della Semaine religieuse de Cambrai, ci ha lasciato diverse opere, tra cui, fondamentale: La Conjuration antichrétienne: le temple maçonnique voulant s'élever sur les ruines de l'Eglise catholique, Desclée et de Brouwer, Parigi 1910, 3 voll.
(48) Jean-Martial Besse (1861-1920). Storico ed erudito benedettino tenne nel 1909 la cattedra di Sillabo all' Institut d'Action Française. Di lui cfr. Les Religiones laiques, Parigi 1913.
(49) Umberto Benigni (1862-1934). Ordinato prete nel 1884, dopo un'esperienza nel giornalismo intransigente, aveva organizzato, con l'incoraggiamento di Pio X una vasta rete di informazione antimodernista, rinunziando a una facile carriera ecclesiastica per consacrarsi totalmente alla lotta controrivoluzionaria, il Sodalitium Pianum. Ha lasciato una Storia sociale della Chiesa in 7 volumi, Milano 1907-1933. Sui rapporti tra Pio X e il Sodalitium Pianum importantissima la Disquisitio circa quasdam obiectiones modum agendi Servi Dei respicientes in modernismi debellatione una cum Summario additionali ex officio compilato, Typis polyglottis Vaticanis, 1950, XXXII-303 pp. Cfr. anche R. DULAC, Simple note sur le Sodalitium pianum, La Pensée Catholique, n. 23, 1952.
(50) Rafael Merry del Val (1865-1930) fu nominato da Pio X Cardinale e Segretario di Stato. Manca su questa figura chiave del pontificato di Pio X un lavoro completo.