Tempo fa e con grande amarezza, scrivevo della tanta “Confusione e belligeranza nel «Cattolicesimo» contemporaneo” [1], parlavo di “zizzania”, di “tempi cattivi” (cit. Sant’Agostino, Discorsi, LXXX,8) e di “ignoranza vincibile”; nello scritto commentavo anche quel labile confine- purtroppo oggi strumentalizzato e/o male interpretato- che c’è fra la “resistenza all’errore” mai “in faccia a tutti” e le ipotizzate procedure canoniche necessarie parimenti per “impedire l’esecuzione della volontà [di un eretico]”. La situazione attuale è degenerata con evidenza in ambienti laici a seguito del “Commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata” di cui si era già parlato [1a].
Il 22 settembre 2013, il sito Radio Spada aveva sottoposto- a chi di dovere e pubblicamente- una serie di “quesiti che possano essere accessibili a tutti” [2] per capire se “per ottenere la grazia sovrannaturale della salvezza” è ancora “necessario rispettare i Comandamenti di nostro Signore ed i Precetti della Santa Chiesa”, o se diversamente è cambiato qualcosa. Interrogativi d’uopo poiché oggigiorno l’evangelizzazione “web” e/o “face to face” sembra essere gravemente lesa o compromessa, in quanto quello che “abbiamo sempre imparato e saputo” pare non avere più valore, sembra divenire “sciocchezza” e “pelagianesimo” dacché il “confronto” con l’infedele, con il giudeo, con l’eretico, con l’apostata, con lo scismatico e con lo scomunicato, si fa sempre più arduo ed improduttivo.
Il corretto e necessario “proselitismo”, come vedevamo nel “Breve studio sulla predicazione e sulla testimonianza” [2a], diviene difficilissimo, talvolta privo di immediata efficacia e, pare, contraddetto ed ostacolato nei contenuti e nel metodo da chi è “più in alto” del semplice catechista e dell’onesto parroco.
In un contesto così tumultuoso tutto può accadere, difatti anche la settimana appena conclusasi è stata caratterizzata da un episodio “forte” nei contenuti e “grave” nelle conseguenze. “Il Foglio” ha pubblicato un editoriale critico dal titolo “Questo Papa non ci piace” [3] recante la doppia firma di due fra i più noti e quotati cronisti della crisi etica e sociale contemporanea, gli stimati Gnocchi e Palmaro, ove gli autori denunciavano quel “campionario di relativismo morale e religioso” nell’operato concreto e nelle parole di mons. Bergoglio (Francesco) e la conseguente attenzione “del circuito mediatico-ecclesiale che va alla persona di Bergoglio e non a Pietro”.
L’Agenzia di informazione settimanale “Corrispondenza Romana” ha rilanciato il “pezzo galeotto”, ha inoltre reso noto [4] che i due “arditi” sarebbero stati “epurati” da Radio Maria, emittente che da dieci anni trasmetteva: “Incontri con la bioetica” (Palmaro) e “Uomini e letteratura: incontri alla luce del Vangelo” (Gnocchi).
Anni fa pubblicai un comunicato dal titolo “Lo sciacallaggio mediatico di Radio Maria” [5], in cui feci presente al lettore che già nel 2005 mons. Bertone, sottoposto a linciaggio radiofonico per una vicenda connessa a Medjugorje, “scomunicò” l’emittente che si dice cattolica usando frasi lapidarie. Ne cito due: “Sono state- si legge nel documento- reazioni scomposte e offensive di fedeli e sacerdoti che si definiscono «medjugorjani» e anche da parte della stessa Radio Maria, attacchi non certo compatibili con i fautori di un’autentica devozione mariana”; “… deploro gli eccessi di fanatismo, come i manifestini distribuiti in diverse chiese, nei quali si assicura anche la possibilità di assistere a un’apparizione della Madonna”.
Peccato per Radio Maria, perde due voci importanti ed autorevoli perché- si legge- “Padre Livio ritiene che non si possa essere conduttori di Radio Maria e, contemporaneamente, esprimere critiche sul Papa” [v. 4]. Come possa poi essere compatibile una radio che si dice cattolica con le aspre critiche contro i vescovi mons. Zanic, mons. Peric, contro gli esperti della Prima Commissione (1982-1984), quelli della Seconda (1984-1986), quelli della Terza (1987-1990), contro la Conferenza Episcopale Juogoslava (1991) e contro la Santa Sede (4 interventi lapidari su Medjugorje) [6] … resta un mistero probabilmente “di iniquità”!
Ho letto attentamente le critiche mosse a mons. Bergoglio (Francesco) dagli editorialisti Gnocchi e Palmaro e devo dire che, specie nella seconda parte dello scritto, ho apprezzato l’analisi “al metodo”, evidentemente scorretto, di parte della stampa contemporanea: come dar loro torto? Oggi numerosi giornalisti e pubblicisti sembrano essere piuttosto edicolanti e pubblicitari. Mi rattrista tuttavia il titolo del pezzo incriminato, “Questo Papa non ci piace”, come mi addolora il messaggio, ciò che l’interessato percepisce leggendo: un papa può “relativizzare pubblicamente” e con grande enfasi mediatica “fede e costume”.
Questo- credo- sia un messaggio poco edificante (cf. Sant’Agostino, Contro Mani), d’altronde la Dottrina cattolica ci insegna che un Papa deve piacere anzitutto a Dio e solo dopo- se Dio lo ritiene opportuno- può piacere anche all’uomo; quanti Pontefici nella storia del cattolicesimo non piacquero agli uomini- per infiniti motivi- eppure furono molto graditi a Dio, lasciandoci documenti di inestimabile valore dottrinale e di importante edificazione per le anime?
Credo che questo sia il vero problema contemporaneo: “fede e costume” (propri della dogmatica) possono essere adulterati nella “Chiesa docente”?
Posto che farò adesso un discorso meramente teorico, quindi mi slegherò per un tratto dalle vicende attuali, resta comunque evidente che quel “campionario di relativismo morale e religioso” di cui parlano Gnocchi e Palmaro va provato oltre ogni ragionevole dubbio. Cosa significa questo: il commentatore dovrebbe sottoporre i suoi studi “accusatori” ad una Autorità Ecclesiastica competente, la quale, se opportuno, dovrebbe attenzionare il presunto “reo” (che diviene “indagato” dapprima ed “imputato” poi) e dovrebbe richiederne il “ravvedimento” se sussistono i presupposti. L’“imputato” sarebbe così obbligato a decidere:
a) Prendo atto della “monizione” ma mantengo la mia posizione di “relativismo morale e religioso”, quindi escludo assolutamente un mio errore personale, un fraintendimento, una leggerezza, una follia, ecc…, sono convinto di ciò che insegno, dico e faccio;
b) Prendo atto della “monizione”, mi correggo e pongo rimedio allo scandalo.
(si studi il De Romano Pontifice di San Bellarmino, lib. II, cap. 30; cf. Che cosa succede quando muore il Papa, Piemme, 1997)
Attenzione, non dimentichiamoci che tutto va provato con dovizie di particolari, altrimenti fa fede il concetto biblico di “accusatore” ovvero Satana.
San Tommaso d’Aquino nell’opera dal titolo “Contra impugnantes Dei cultum et religionem” [7], confutazione al libello dei persecutori in lotta ai “Frati Mendicanti”, difendendo i Frati dagli accusatori:
“… vediamo che per opera di questi religiosi è estirpata in molte parti l’eresia, non pochi infedeli sono convertiti alla fede, molti istruiti nella legge di Dio, moltissimi richiamati a penitenza, tanto che se qualcuno, mentendo, vuol sostenere che questa religione è inutile, può essere chiaramente convinto che – quasi invidioso delle grazie divine – fa peccato contro lo Spirito Santo”; “… se trovate conveniente che si siano fondati Ordini religiosi per i poveri e gli ammalati, fu molto più conveniente fondare un Ordine religioso per il bene delle anime”.
“E la verità bisogna farla valere nel mondo contro i detrattori con la pazienza, ma anche con lo zelo della giustizia e della carità, perché dall’impunità alcuni sono resi insolenti e più proclivi al male; e chi – col pretesto della pazienza – non si oppone alla semina degli errori e della falsità, assomiglia al cane muto ricordato da Isaia, che non è capace di abbaiare; ed è quasi reo di rapina chi – per negligenza – permette il danno altrui; e soprattutto perché appartiene al dovere della carità vendicare gli oppressi contro gli oppressori”
Nello stesso scritto il Dottore Angelico ricorda che “nel fondare una società” gli uomini si riuniscono “al fine di compiere una cosa in comune” e “questa cosa in comune” altro non è che “il bene comune della società stessa”. Scopo del capo di questa società è “guidare l’intera comunità ai fini che le sono propri, ossia al bene comune” e l’autorità di questo capo “ha il suo fondamento nell’autorità di Dio, nella stessa provvidenza di Dio” [8]. Si consideri che la Chiesa è quella “Società visibile e gerarchica fondata da Cristo e guidata da Pietro, che è Una, Santa, Cattolica ed Apostolica”: il fine della Chiesa è di salvare le anime. Non posso dilungarmi più del dovuto, ma per approfondimenti vi rimando alla lettura degli studi in nota 9.
Nel De Comparatione Auctoritatis papae et Concilii, Tommaso de Vio (noto card. Gaetano), studiando il Primato di Pietro e quindi il Primato di Giurisdizione del Papa [10], si trovava davanti ad un bivio:
a) un Papa divenuto eretico manifesto è deposto ipso facto, per diritto divino, da Cristo;
b) un Papa divenuto eretico manifesto ha sopra di sé un potere superiore in terra dal quale può essere deposto.
Il Gaetano- che comunque è corretto nella fase conclusiva da San Bellarmino- risolve la questione analizzando l’eresia manifesta che, di suo, è “separazione volontaria del soggetto dalla fede”, come ci ricorda anche Pio XII nella Mystici Corporis:
“… così non si può avere che una sola Fede (cfr. Eph. IV, 5), sicché chi abbia ricusato di ascoltare la Chiesa, deve, secondo l’ordine di Dio, ritenersi come etnico e pubblicano (cfr. Matth. XVIII, 17). Perciò quelli che son tra loro divisi per ragioni di fede o di governo, non possono vivere nell’unita di tale Corpo e per conseguenza neppure nel suo divino Spirito.”
In Verità della Fede, Sant’Alfonso Maria de Liguori condanna la cosiddetta “Collegialità” [11], secondo cui un presunto Collegio di vescovi avrebbe maggior potere del Pontefice arrivando fino a destituirlo, e “in contro” ci ricorda la Dottrina cattolica:
“… e lo stesso sarebbe nel caso, che il Papa cadesse notoriamente e pertinacemente in qualche eresia. Benché allora, come meglio dicono altri, non sarebbe il Papa privato del pontificato dal concilio come suo superiore, ma ne sarebbe spogliato immediatamente da Cristo, divenendo allora soggetto affatto inabile, e caduto dal suo officio”.
Nell’opera De Ecclesia Christi (Pontificia Università Gregoriana, 1927), il card. Billot a pag. 262:
“… notate che si parla della successione formale, distinta dalla successione meramente materiale che è compatibile con la mancanza dell’apostolicità. La successione materiale consiste nella nuda occupazione della Sede attraverso una serie continua di vescovi. La successione formale invece aggiunge l’identità permanente della medesima persona pubblica, cosicché nonostante la molteplicità dei titolari, non sarà mai intervenuto un cambiamento sostanziale nell’esercizio e nell’attribuzione dell’autorità”.
Della stessa idea del Billot furono il card. Mazzella, Van Noort, Zubizareta, De Groot, Berry D.D., Cercià, Serapius ab Iragui, Palmieri S.S., De La Brière, MacGuinness C.M., Hurter S.J.Dorsch, Jugie, ma- in un certo senso e non forzando- anche lo stesso San Bellarmino quando individuava nel Papato tre elementi: il Pontificato stesso o Primato, il soggetto del Pontificato o persona, l’unione dell’uno con l’altro (De Romano Pontifice di San Bellarmino, lib. I, cap. 2, c. 17).
Il discorso che segue è lungo e complesso, quindi eviterò di parlane anche solo in sintesi poiché potrei creare ulteriore confusione al già confusionario e talvolta “scismatico” contesto attuale, tuttavia -in coscienza- mi sento solo di aggiungere che la questione fu risolta in maniera astratta da mons. Michel Guérard des Lauriers O.P. [12] nella sua “Tesi di Cassiciacum”; il padre domenicano fu autore anche del “Breve esame critico del Novus Ordo Missae”, presentato a mons. Montini (Paolo VI) dai cardinali Antonio Bacci e Alfredo Ottaviani il 25 settembre 1969.
Posto che quel “campionario di relativismo morale e religioso” nell’operato di mons. Bergoglio (Francesco)- denunciato da Gnocchi e Palmaro- sia vero, reale, tangibile, di conseguenza il soggetto si sarebbe “escluso dalla Chiesa, dalla Comunione dei Santi” poiché “intento a non credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata dalla chiesa stessa” [13]; nel caso concreto va rilevata tuttavia, benché ancora solo canonicamente, la PERTINACIA, ovvero l’OSTINAZIONE, come per esempio accade nei Protestanti; sarebbe tuttavia già teologicamente corretto ipotizzare che il soggetto in realtà sia un Papa detto “materialiter” e non “formaliter”, anche analizzato il cinquantennio passato (e lo stesso presente) che, in un modo o in un altro, ha visto levarsi decine di migliaia di critiche ed ovunque, anche molto autorevoli e rumorose, talvolta inviate materialmente alla Santa Sede alla c/a corretta. (Per capire bene si studi- non superficialmente- la vicenda: popolo di Costantinopoli vs Nestorio).
Attenzione a non farvi imbrogliare sul concetto di infallibilità [13a; 13b] solo quando fa comodo, io lo chiamo il metodo “all’uso gallicano”.
Ovvero, avendo rinunciato liberamente alla Fede cattolica, come sarebbe oltremodo evidente, sarebbe privato da Cristo del Primato di Giurisdizione, ma, in attesa di una Dichiarazione canonica di Sede Vacante, sarebbe ancora seduto sullo Scranno riservato ai Successori di Pietro, nel contempo sarebbe privato del “diritto di legiferare e di insegnare” (i suoi atti e fatti sarebbero nulli) ma potrebbe ancora “designare”.
Cosa significa? Sarebbe una sorta di “attore” che “occupa la Sede” per motivi a noi ignoti o per tentare di “distruggere la Chiesa dall’interno”, a cui Cristo impedisce comunque e sapientemente di “promulgare l’errore”, “promulgare leggi nocive” e “promuovere l’uso di un falso culto o il culto ad un falso Dio” appunto privandolo della Giurisdizione, quindi i suoi atti e fatti sarebbero totalmente nulli poiché questi, come il Liguori ci spiegava, avrebbe “vacato la sede”.
Lo stesso avverrebbe in caso di scisma, anche in presenza di due o più presunti “papi”, così come il Liguori ci ricorda:
“… così neppure importa che in caso di scisma siasi stato molto tempo nel dubbio chi fosse il vero pontefice; perché allora uno sarebbe stato il vero, benché non abbastanza conosciuto; e se niuno degli antipapi fosse stato vero, allora il pontificato sarebbe finalmente vacato”. [14]
Ma allora- il lettore potrà domandare- terminerebbe la perpetuità e l’invariabilità della Chiesa? Certo che no, difatti il Barbier spiega:
“… La Chiesa cattolica, apostolica, romana rimase invariabile da Gesù Cristo in qua per la sua unità nella fede, nei sacramenti, nelle sue leggi, nel’ suo capo. Ella ha veduto succedersi alla sua testa una non interrotta genealogia di sommi Pontefici e di vescovi; noi ne siamo certi per le storie e per i monumenti autentici che ci notano la successione dei primi pastori non solamente di secolo in secolo, ma di anno in anno. E non importa se si è talvolta protratta per mesi ed anche per anni l’elezione di un nuovo Papa, o se sorsero antipapi; l’intervallo non distrugge la successione, perchè allora il clero ed il corpo dei vescovi sussiste tuttavia nella Chiesa, con intenzione di dare un successore al defunto Pontefice non appena le circostanze lo permettano”. [15]
La situazione denunciata dagli stimati Gnocchi e Palmaro è certamente tanto confusionaria quanto complessa, pertanto io direi che sarebbe opportuno attendere; se effettivamente esiste un “campionario di relativismo morale e religioso” nell’operato di mons. Bergoglio (Francesco), bisognerebbe attendere che il “vincolo”, anche se evidentemente solo “materialiter”, venga “dichiarato nullo con una dichiarazione legale che spetta all’Autorità” [16].
Nel contempo, se è tutto vero e provabile, credo che il Cattolico- che ha conoscenza piena- sia autorizzato a “criticare” l’operato del soggetto, tuttavia facendo presente esplicitamente quello che la Dottrina cattolica prevede, ovvero che fra i casi di “privazione” da parte di Cristo del Primato di Giurisdizione al Pontefice, v’è anche la situazione di “aperto scandalo dottrinale della Chiesa universale” nel sedente [17]; ciò è confermato anche dal Magistero quanto all’incompatibilità esistente fra “eresia, scisma, apostasia” e “Corpo mistico”.
La mia sensazione, e concludo, è che molti malumori che covano nel sottobosco Cattolico da circa 50 anni, ora stanno emergendo con tracotanza poiché ci sarebbe una sorta di “ruota di scorta”, ovvero mons. Ratzinger o “papa emerito”; tutto questo, credo, qualora sia provabile la consapevolezza, oltre ad essere intellettualmente disonesto, denota la grande ignoranza vincibile che c’è sulla materia per vari motivi:
a) l’“emerito” non ha alcun “Primato di Giurisdizione”, di fatto- se mai lo avesse ottenuto- ha “rinunciato” [18];
b) l’“emerito” tuttora sarebbe reo di “tacito assenso” e mancata “correzione”, quindi “colpevole” anch’egli (abbiamo visto in San Tommaso la definizione: “non si oppone alla semina degli errori e della falsità, assomiglia al cane muto ricordato da Isaia, che non è capace di abbaiare”);
c) potrebbe eventualmente ottenere la Giurisdizione (il discorso è molto complesso e ci sono numerosi ???) solo a seguito di una sua libera e pubblica condanna lapidaria a quel famoso “campionario di relativismo morale e religioso”, all’uomo che ne è divulgatore ed alle cause prime qualora presenti (secondo alcuni il CV2);
d) la promessa “invisibilità al mondo” è venuta meno più volte ma, purtroppo, non per correggere l’ipotetico errante. Piuttosto per confermalo.
Credo che non accadrà mai [19; 20; 21]! Preghiamo.
Carlo Di Pietro per Radio Spada (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)