h) La Dignitatis Humanae
Parlare oggi di limitare la libertà di coscienza, si passa per matti. Eppure, alla luce di ciò che vi è scritto nei documenti del Magistero della Chiesa Cattolica, possiamo constatare quanto essi siano solidi e profetici in quanto al danno che ha portato non solo nella Chiesa, ma pure nella società civile, l’aver garantito a ciascuno un certo tipo di libertà. Non c’è voluto molto a rompere gli argini e dare piena cittadinanza ad ogni aberrazione. Siamo tutti testimoni che attualmente in nome della libertà di coscienza hanno introdotto il divorzio, legalizzato l’aborto; in nome della libertà di opinione la stampa e la televisione hanno praticamente campo libero di scrivere e dire e mostrare ciò che vogliono; a nome della libertà nell’arte si mercificano immondezze di ogni genere e perfino raffigurazioni blasfeme; si brucia incenso ai nuovi idoli, come calciatori, cantanti e attori; sempre in nome della libertà il sesso è diventato la nuova religione. Oggi sembra che tutto sia lecito e senza freno. E’ umiliante poi, e vergognoso che questo vento sia entrato anche nelle chiese e nelle Istituzioni ecclesiali: concerti mondani dentro i luoghi sacri, balli nelle feste parrocchiali; conventi e associazioni che di sacro hanno ormai poco essendosi presa quella libertà divenuta un tarlo che corrode tutto. Perfino nella Messa, ogni prete in libera coscienza si prende licenza di modellarla a suo piacimento.Il “Sillabo” è un documento pontificio emanato da Pio IX nel 1864, nel quale vengono enunciate e condannate 80 proposizioni contrarie alla dottrina cattolica. Tra queste hanno una posizione importante quelle che riguardano l’indifferentismo; nella XV leggiamo: “Ogni uomo è libero di abbracciare e professare quella religione che, col lume della ragione, reputi vera”.
D’istinto, con la nozione di libertà che tiene campo oggigiorno, ci si stupisce che una tale affermazione venga riprovata. Sennonché ci troviamo di fronte ad una condanna ufficiale della Chiesa, che dobbiamo accettare come insegnamento di verità. Cosa intende allora il Papa e la Chiesa? Mi affido al commento di un serio studioso (citato nel libro di Rino Cammilleri “Elogio del Sillabo” Ed. Leonardo,1994) don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, che dice: “Il Sillabo qui non intendeva rispondere ad una preoccupazione etico-soggettiva. Il Sillabo si preoccupò qui da un punto di vista storico-oggettivo”. In soldoni? Ecco: ‘Ora, se è vero che Dio si è fatto uomo per indicare agli uomini la strada, non v’è dubbio che la strada sia quella da Lui indicata e ad ogni uomo non è lecito seguire la religione immaginata da una propria coscienza’. Allora? ‘Ma se qualcuno non si accorge che Dio si è fatto uomo? Se uno non lo capisce? Se gli è stato testimoniato in modo tale da renderglielo incomprensibile? Allora è lecito per lui agire secondo coscienza: così è rispettato il senso etico-soggettivo. Ma non questo, bensì quello sopraccennato, storico-oggettivo, è il senso con cui quella frase è stata condannata dal Sillabo” (Elogio del Sillabo, parte seconda, cap.3, XV proposizione. Tutto ciò starebbe a significare che razionalmente una affermazione come quella scritta nel Sillabo non può essere accettata, ma soggettivamente possono verificarsi le condizioni di impedimento e ignoranza non colpevoli. Ciò non toglie che la proposizione seguente sia oggetto di una chiara condanna: “Gli uomini nel culto di qualsiasi religione possono trovare la via dell’eterna salute e l’eterna salute conseguire” (c.s. XVI proposizione).
Infine la XVII proposizione sembra chiudere l’argomento: “Almeno è da sperare bene dell’eterna salute di tutti quelli che assolutamente non si trovano nella vera Chiesa di Cristo”.
Il Cammilleri dice che tale proposizione “riguarda quelli che si mantengono scientemente fuori dalla Chiesa. La massima “Extra Ecclesiam nulla salus” è stata per la Chiesa, ed è, sempre vera. Tuttavia non risulta che la Chiesa abbia mai preteso di delimitare i suoi confini, confini che solo Dio conosce: solo Lui sa chi sia realmente extra”.
LA DOTTRINA DELLA CHIESA CATTOLICA SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA
L’ultimo documento conciliare firmato da Paolo VI il 7.12.1965 è intitolato “Dignitatis Humanae” e tratta della libertà religiosa e di coscienza. Si è rivelato uno dei punti caldi del Vaticano II che ha suscitato perplessità e contrarietà da parte di chi propende a mantenere intatta la tradizione del Magistero. Non è facile cogliere i punti innovativi o di aggiornamento se non si conosce la precedente dottrina, oggi, che abbiamo assorbito, se pur involontariamente, il pensiero laico al quale anche la Chiesa nel suo linguaggio si è adeguata; per cui è necessario un raffronto con il Magistero del passato.
Il suddetto documento conciliare pone fin dall’inizio il problema del “libero esercizio della religione nella società” e afferma che “l’esigenza di libertà nella convivenza umana riguarda soprattutto i valori dello spirito, e in primo luogo il libero esercizio della religione nella società”. Con questa affermazione si dà il diritto a tutte le religioni di esistere e praticare i loro riti.
Poi si afferma che Dio ha fatto conoscere al genere umano la via, attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo trovare salvezza e divenire beati. “Questa unica vera religione crediamo sussista nella Chiesa cattolica e apostolica. Tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la Verità, specialmente in ordine a Dio e alla Sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla Verità man mano che la conoscono, e a renderle omaggio”. “La Verità non si impone che in virtù della stessa Verità”. “E poiché la libertà religiosa che gli esseri umani esigono nell’adempiere il dovere di onorare Iddio, riguarda l’immunità dalla coercizione nella società civile, essa lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e della società verso la vera religione e l’unica Chiesa di Cristo”.
Non c’è dubbio pertanto che: 1) L’uomo ha il dovere di cercare la Verità e aderirvi una volta conosciuta; 2) Lo Stato in ambito civile ha il dovere di assicurare la libertà di culto privato e pubblico riconoscendo, al pari di ogni individuo, la Verità, cioè l’unica vera Chiesa di Cristo, tutelarla e ispirarsi ad essa nel suo legiferare.
“Non si fonda quindi il diritto alla libertà religiosa su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano all’obbligo di cercare la Verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio qualora sia rispettato l’ordine pubblico informato a giustizia, non può essere impedito”. (Parte 2). Che dire di questa affermazione? Certamente che va tutelata la libertà di adesione all’una o l’altra religione, o anche a nessuna. Ciò contraddice però a quanto affermato precedentemente, e cioè che tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la Verità e ad aderirvi. Quindi sul piano oggettivo non sarebbero liberi, ma vincolati ad una esigenza naturale.
Al n°3 insiste ancora: “Si fa quindi ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio agli esseri umani se si nega ad essi il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato l’ordine pubblico informato a giustizia”. “Quindi la potestà civile, il cui fine proprio è di attuare il bene comune temporale, deve certamente rispettare e favorire la vita religiosa dei cittadini”. (Parte 3)
“Infine la potestà civile deve provvedere che l’uguaglianza giuridica dei cittadini (…), per motivi religiosi non sia (…) mai lesa, e che non si facciano fra essi discriminazioni” (n°6). “Lo stesso Iddio chiama gli esseri umani al Suo servizio in spirito e verità per cui essi sono vincolati in coscienza a rispondere alla loro vocazione, ma non coartati (Parte 11). Qui viene chiarito il duplice concetto di libertà di coscienza intesa nel senso di voler seguire ciò che detta la propria coscienza: vincolati (quindi non liberi) dal punto di vista oggettivo; non coartati (liberi) dal punto di vista soggettivo in quanto al diritto di fare o non fare ciò che detta la coscienza” (cfr.G. .B.Guzzetti: L’uomo e gli altri ‘uomini’. Marietti 1958, prima edizione. Nota a p.227), “mostrando in tal modo come ognuno di noi renderà conto di sé a Dio (Rm.14,12) e sia tenuto ad obbedire soltanto alla sua coscienza”. E’ da tener presente però che la coscienza può essere retta o malvagia; ciò dipende soprattutto dalla formazione e dalla volontà.
La libertà di religione è diretta conseguenza della libertà di coscienza.
“Sul piano oggettivo non esiste libertà religiosa né nel senso che sia libero a ciascuno professare o non professare la religione, né nel senso che ognuno sia libero di scegliere quella religione che vuole. Esistendo Dio, ognuno è ritenuto a riconoscerlo come tale e quindi ad adorarlo, a ringraziarlo, a pregarlo e a propiziarlo. Non fare questo significa non agire secondo il proprio essere e quindi peccare” (G.B.Guzzetti. Op.cit.-p.230).
Dio è intervenuto a determinare le forme del culto. Per conseguenza non siamo liberi di onorarlo nelle forme che noi vogliamo. Su tale punto quindi non esiste libertà di religione o di culto e questo sia per l’individuo che per la collettività, quindi anche per lo Stato (cfr. G.B.Guzzetti. Op.cit.-p.230).
Sul piano soggettivo, ognuno è libero di seguire la religione che preferisce se la sua coscienza non gliene presenta nessuna come obbligatoria o come proibita (G.B.Guzzetti Op.cit.-p.231).
“Considerata rispetto alla società, la libertà di culto importa che lo Stato non è tenuto a professarne o a favorirne alcuno, anzi che deve essere indifferente a riguardo di tutti, e considerarli giuridicamente uguali anche se si tratti di nazioni cattoliche. Ma perché tali massime fossero vere, bisognerebbe che la società civile non avesse doveri verso Dio, o li potesse impunemente violare: due cose false apertamente (…) . Perciò la società civile (…) deve riconoscere in Dio il Padre e l’autore suo, e riverirne e onorarne il potere e il dominio sovrano. Ragione perciò e anche giustizia condannano lo Stato ateo, o, che è lo stesso, indifferente verso i vari culti e ad ognuno di loro largo dei diritti medesimi. Posto pertanto che una religione debba professarsi dallo Stato, va professata quella che è unicamente vera e che per le note di verità, che evidentemente la suggellano, non è difficile a riconoscersi, specialmente nei paesi cattolici” (Leone XIII: “Libertas”, n°14).
Lo Stato dunque a somiglianza dell’individuo, ha l’obbligo di riconoscere la vera religione, di favorirla e di proteggerla. Ciò non significa che lo Stato debba ignorare o escludere le altre religioni eventualmente presenti, il cui culto potrà essere solo tollerato. Lo Stato cattolico adotta la religione Cattolica come religione di Stato. All’Italia purtroppo è stata negata questa proprietà confermando che non è più una nazione cattolica; questo con grande gioia dei massoni, dei comunisti e non ultimo di certa nomenclatura del Vaticano.
“L’uguaglianza giuridica di tutti i culti (…) non può essere sostenuta, se non si esclude la trascendenza della religione cristiana e la sua origine divina…dal dilemma non si sfugge: o si accetta in pieno la trascendenza esclusiva del cristianesimo come unica religione rivelata e vera, e allora l’eguaglianza giuridica con gli altri culti, in linea di tesi, diventa un assurdo; o si sostiene l’eguaglianza giuridica, e in tal caso si è costretti ad accettare come conseguenza la negazione, almeno implicita, dell’origine divina della religione cristiana, (nel qual caso accettando in pieno) i postulati del moderno indifferentismo religioso, che ha amato definire tutte le religioni equivalenti (G.B.Guzzetti, Op.cit.p.237). Ne consegue la netta separazione dello Stato dalla Chiesa ove invece il Magistero della Chiesa Cattolica sostiene che lo Stato e la Chiesa debbono essere distinti ma non separati e collaborare operando ognuno nel suo ambito specifico per il bene totale dell’uomo e della società.
“Sebbene i fini immediati dello Stato e della Chiesa siano distinti, e diversi altresì i mezzi che adoperano, nondimeno nell’esercizio della propria autorità non è possibile che i due poteri talvolta non s’incontrino governando l’uno e l’altro le stesse persone, e dovendo non di rado, benché sotto rispetti diversi, disporre della stessa materia. In tali casi, poiché il conflitto delle due potestà è assurdo e apertamente contrario alla sapientissima volontà di Dio, ci ha da essere un modo ed un ordine che, togliendo le cause di litigi e contrasti, faccia luogo ad un’equa armonia. E quest’accordo armonioso fu già non senza ragione assomigliato alla unione dell’anima col corpo: unione ordinata al bene di ambedue le parti, la cui disunione è nociva specialmente al corpo, perché ne spegne la vita” (Leone XIII: ”Libertas”-12b).
La “Dignitatis Humanae” pur protestando di voler dichiarare che “il Concilio rimedita la tradizione sacra e la dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi sempre in armonia con quelli già posseduti” (n°1), in realtà capovolge l’insegnamento pervenutoci dalla tradizione e in specie dai Pontefici degli ultimi due secoli. Un capovolgimento incredibile che appanna il fondamento della vera libertà per supportare ossessivamente il concetto della immunità dalla coercizione. Tutta l’impostazione del documento è basata sul riconoscimento della dignità della persona umana e sull’intangibile sua libertà assoluta nello scegliere il dio da adorare. Vi ricorre ben 39 volte la parola “Diritti” o “Diritto” con riferimento alla persona umana: due volte soltanto affiora la parola “Dovere” riferita ai diritti di Dio.
Sarebbe da notare poi, che i concetti innovativi spesso sono alternati o mescolati ad altri corrispondenti alla tradizione magisteriale; forse, dicono i maliziosi, per attenuare l’impatto e far ingoiare la medicina con minore repulsione. In questo modo però il Concilio si è fatto carico di garantire all’uomo la libertà di ribellarsi a Dio, non solo, ma pure di assicurare pari dignità a tutte le fedi religiose, in perfetta linea con la nuova teologia progressista ispirata dalla massoneria.
Dice la “Dignitatis Humanae”: “Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa” (n°20). Questa frase capovolge la dottrina insegnata sempre dalla Chiesa Cattolica: ”E’ deliramento affermare che la libertà di coscienza e dei culti è diritto proprio di ciascun uomo, che si deve con legge proclamare e sostenere in ogni società ben costituita e che è diritto di ogni cittadino una totale libertà, che non può essere limitata da alcuna autorità, vuoi civile, vuoi ecclesiastica, di manifestare e dichiarare i propri pensieri quali che siano, sia di viva voce, sia per iscritto, sia in altro modo palesemente ed in pubblico” (Pio IX “Quanta cura”).
“Codesti spacciatori di false e perverse dottrine (…) a ciascun uomo attribuiscono un tal quasi primario diritto per il quale egli sia libero di pensare e parlare a suo senno di religione, e rendere a Dio quell’onore e quel culto che secondo il suo piacimento giudica migliore” (Pio IX, allocuzione concistoriale “Maxima quidem” – Sillabo, proposizione XV).
“Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla religione. ‘Ma qual morte peggiore può darsi all’anima, della libertà dell’errore?’ esclamava Sant’Agostino (Ep.166). Tolto infatti ogni freno che tenga nelle vie della verità gli uomini già diretti al precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità essersi aperto il ‘Pozzo dell’abisso’ (Ap.9,3), dal quale San Giovanni vide salire tal fumo che il sole ne rimase oscurato, uscendone locuste innumerabili a devastare la terra. Conseguentemente si determina il cambiamento degli spiriti, la depravazione della gioventù, il disprezzo nel popolo delle cose sacre e delle leggi più sante: in una parola, la peste della società più di ogni altra esiziale, mentre l’esperienza di tutti i secoli, fin dalla più remota antichità, dimostra luminosamente che città fiorentissime per opulenza, potere e gloria per questo solo disordine, cioè per una eccessiva libertà di opinioni, per la licenza delle conventicole, per la smania di novità, andarono infelicemente in rovina”. (Gregorio XVI: “Mirari vos”).
“Lasciando all’uomo la facoltà di professare qualsiasi religione, gli si concede di potere impunemente dimenticare o snaturare a suo arbitrio il dovere più santo, e quindi di portarsi al male, volgendo le spalle al sommo ed immutabile bene: e questo non è libertà, ma licenza e schiavitù di un animo avvilito nella colpa” (Leone XIII, “Libertas”- 13).
“Dignitatis Humanae”: “Deve quindi la potestà civile assicurare a tutti i cittadini, con leggi giuste e con altri mezzi idonei, l’efficace tutela della libertà religiosa, e creare condizioni propizie per favorire la vita religiosa cosicché i cittadini siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione (n°6)”.
“Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell’ordinamento giuridico della società” (n°2).
Gesù disse che era venuto a portare la Verità; non si doveva più adorare i falsi dei ma adorare il solo vero Dio che Lui annunciava e chi non l’avrebbe ascoltato sarebbe stato inesorabilmente condannato.
E la tradizione della Chiesa Cattolica dice:
“Il grande errore moderno dell’indifferentismo religioso e della parità di tutti i culti: via opportunissima per annientare le religioni tutte, e segnatamente la Cattolica che, unica vera, non può, senza enorme ingiustizia, essere messa in un fascio con le altre” (Leone XIII “Humanum genus”).
Di seguito, un florilegio di argomentazioni che accusano la “Dignitatis Humanae” di deviazione dottrinale, tratte da uno studio di C.A. Agnoli sulla crisi della Chiesa, pubblicato su “Chiesa viva” n° 241, 142, 144, e dal libro dello stesso autore “Concilio Vaticano II; donde viene e dove porta?”
- “La libertà è nel diritto e non fuori di esso, e il diritto è nella morale, e questa, a sua volta, nella religione, onde la libertà è dentro e non fuori della religione. Il problema. dunque, non è quello di scegliere o di non scegliere, ma quello di scegliere bene e cioè di scegliere la morale e quindi la religione giusta e vera, e non quelle false” (Chiesa viva n°141: Premesse di fede, punto 8, p.9).
-”Mentre alla base dello Stato tradizionale c’è una religione, alla base dello Stato laico-rivoluzionario vi è un presunto contratto sociale modificabile a piacimento, che storicamente assume il nome di Costituzione. Nello Stato tradizionale, dunque, la religione produce la morale e la morale, specialmente attraverso la consuetudine, la legge, onde la legge vi è di tutti, ma non è appannaggio di nessuno; nello Stato laico, invece, verità, e quindi religione e morale, sono irrilevanti, meri fatti privati. Così il cittadino può divorziare, uccidere i figli con l’aborto, sopprimere a suo piacere i congiunti ammalati, commerciare in pornografia e magari anche in droga. Lo Stato non si occupa della moralità e quindi dei peccati; nulla lo interessa se non rapporti di ordine economico e fiscale, e quindi materiali. Singolare follia!”.
-”Il Concilio Vaticano II ha capovolto l’antico insegnamento della Chiesa abbracciando il principio di neutralità dello Stato in materia di religione e quindi di indifferentismo e di ateismo sociale che sono stati portati avanti nell’arco di due secoli, in dichiarato odio alla religione cattolica e attraverso congiure, guerre e persecuzioni, dalle logge massoniche, nemiche giurate della Chiesa di Cristo”.
-”Dunque lo Stato, a differenza della religione, sarebbe il depositario del principio ordinatore della società umana e quindi della legge naturale? Non si rendono conto i Padri Conciliari che il concetto stesso di diritto naturale postula una legge eterna e trascendente, che esiste al di là di quella positiva dello Stato, la supera e la giudica e alla quale tutti gli ordinamenti sono chiamati ad adeguarsi? Il diritto naturale infatti, non è forse quello dato da Dio?
-”Libertà di religione significa non già libertà della religione ,bensì libertà dalla religione e quindi libertà da Dio, e cioè dalla Verità e dal Bene: il più assurdo esempio dei diritti che mai sia stato proclamato e che si possa proclamare”.
-”Parlare di diritto alla libertà di religione, quindi alla scelta anche di una religione sbagliata, significa teorizzare il diritto dell’errore dogmatico (teorico) e morale (pratico) poiché, come il Vero coincide col Bene, così il falso coincide col male. Onde chi sostiene il diritto all’errore sostiene anche il diritto al male”.
-”Affermando il diritto dell’uomo a scegliere il vero Dio, e cioè il diritto alla libertà di religione e di manifestazione della propria opinione, che è poi la quintessenza dello Stato laico in generale e di quello liberale democratico in particolare, si sono esclusi tutti i diritti di Dio sull’uomo e sul creato”.
-”E’ evidente che il problema è riconsacrare tutta intera la società; ma col Concilio Vaticano II la Chiesa espressamente rifiutando di affrontare questioni dogmatiche, e quindi volutamente escludendo l’assistenza dello Spirito Santo, accetta la secolarizzazione fino alle sue estreme conseguenze, quelle giuridico-morali, facendo propri i principi agnostici e massonici della libertà di coscienza e dello Stato indifferente in materia religiosa e quindi dell’indipendenza dell’uomo da Dio, e dell’ateismo di Stato. Questo enorme errore, questa incredibile apostasia debbono essere assolutamente e quanto prima riparati per la salvezza non solo della Chiesa, ma di tutta l’umanità”.
-”Il principio del diritto alla libertà di religione, e quindi alla libertà di coscienza in esso enunciato, contrasta con tutto l’insegnamento tradizionale della Chiesa e si risolve nella teorizzazione (ma in forma ancor più spinta, perché opera anche al di fuori della Rivelazione di Cristo) del libero esame protestante e di quella sua propaggine secolarizzata che è il liberalismo, postulando, sul piano politico, l’esigenza di uno Stato neutrale, svincolato da ogni religione e quindi ateo e, di conseguenza, una società senza Dio”(C.A.Agnoli: Concilio Vaticano II, donde viene e dove ci porta? Ed. Civiltà, Brescia 1987, capitolo 1).
-”Sembra incredibile che si sia potuti giungere a tal punto di accecamento da non capire che riconoscere agli errori la stessa dignità della Verità significa negare la dignità della Verità e quindi la Verità stessa. Così, in aritmetica, chi affermasse che i risultati errati di un calcolo equivalgono a quello giusto verrebbe a negare l’esistenza di un risultato esatto”.
-”Una dottrina siffatta (Libertà di religione e libertà di coscienza) si risolve nell’indifferentismo religioso, per cui una fede vale l’altra (e di conseguenza nessuna vale davvero), e quindi l’uomo è giustificato a prescindere da Cristo e dalla Sua Chiesa. Il pendant di questo rivoluzionario documento è un’altra dichiarazione conciliare, la “Nostra aetate” che affronta il problema del rapporto tra il cattolicesimo e le altre religioni”.
ALTRI GIUDIZI AUTOREVOLI
-”La Chiesa condanna l’errore e comanda la Verità, non soltanto propone, ma comanda. L’uomo rimane libero, onde, anche se la Verità è obbligatoria, l’uomo può accettare o rifiutare”.
- “L’insegnamento tradizionale, è sempre stato questo: l’uomo non è libero di scegliere il nume da adorare; l’uomo ha il dovere di adorare il Nume vero che, oltre al resto, si è manifestato”.
- “La dignità dell’uomo consiste nella libertà: questo è il dogma dell’immanentismo e del liberalismo moderno”.
- “L’uomo ha la capacità di scegliere i mezzi non il fine”
Romano Amerio “Stat Veritas” 1997, chiosa 14.
“ L’uomo è una creatura destinata alla vita eterna. In questo suo destino è la sua dignità”.
“Se l’uomo non arriva a Dio, suo bene, suo fine, non tiene la sua dignità: la perde”.
“La libertà religiosa non è come vuole questo Concilio, la libertà dell’uomo di praticare la religione che vuole, ma è la facoltà dell’uomo di scegliere; e l’uomo deve scegliere secondo la verità (…). L’uomo ha il dovere di credere: il Signore questo lo ha predicato infinite volte e quelli che non credono sono colpevoli. Questo è l’insegnamento di Cristo. (…) Invece, con la nuova dottrina sulla libertà religiosa, la libertà è quella che ha ogni creatura razionale di adottare la religione che gradisce. Talmente che l’opera di conversione, nella Chiesa, è quasi cessata: continuano i nostri missionari ad andare in Africa e nelle Americhe, ma cosa vanno a fare? Vanno a scavare canali. Ad insegnare norme di igiene, a promuovere l’istruzione, ma non fanno più opera di conversione”.
Romano Amerio: “Stat Veritas” 1999 Chiosa 14.
La vera libertà, diceva Thomas Merton, non è quella di poter scegliere tra il bene e il male, ma quella di scegliere il bene. (da “Semi di contemplazione”.“Dignitatis Humanae” sulla libertà religiosa: “Un testo che invalida la Verità che la Chiesa Cattolica è la sola vera”. “Per quattro volte abbiamo ottenuto il rinvio del voto, ma alla fine dei conti ci siamo ritrovati soltanto in ottanta a respingere un testo totalmente contrario alla tradizione”; si sono lasciati convincere per l’aggiunta in extremis di due piccole frasi, d’altra parte in contraddizione con l’insieme del testo per finalmente votare il tutto mettendosi al sicuro col ragionamento: Poiché il Papa lo vuole…” Questa è stata la vera porta del Concilio, perché da questo momento si è aperta la porta a un ecumenismo sfrenato, alla protestantizzazione della liturgia della Messa, per sfociare al livellamento delle religioni passando attraverso la visita del Papa alla Sinagoga di Roma e alla ‘Riunione di preghiera di Assisi”.
(Marcel Lefebvre: “Un vescovo cattolico” Ed.S.Francesco di Sales, 1990. pag.46)
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