Così, contrariamente ai fatti che si sono imposti in questo ultimo periodo storico, la devozione, il culto, la mistica, la contemplazione del Sacro Cuore di Cristo non trovano ragione alcuna per essere abbandonate. Anzi, la situazione è tale che se ne imporrebbe un immediato rilancio.
Veramente il culto del Sacro Cuore costituisce la sintesi della religione cristiana: nella contemplazione del Cuore di Cristo l’uomo coglie l’amore di Dio per l’uomo e se riesce a sprofondare in questo amore è impossibile che lui stesso non diventi una fiamma d’amore: lo abbiamo visto, tra gli altri, con santa Gertrude, santa Margherita Maria Alacoque, san Claudio La Colombière, san Luigi Maria Grignion de Montfort, suor Josefa Menéndez, santa Faustina Kowalska… ma questo amore non è l’amore sentimentalistico e languido con cui il vero amore viene barattato da un paio di secoli a questa parte.
È un amore vero, che sa essere al contempo tenero e forte, dolce e virile, il cui oggetto è sempre il bene, la cui volontà è sempre sintonizzata con la volontà e i comandamenti di Dio e della Chiesa. È un amore che attinge e si ricarica attraverso i sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia; è un amore che in nome del vero Bene sa superare il rispetto umano; un amore che è vero perché ama Gesù e per amor suo è capace di soffrire ed offrire non solo per le proprie colpe che Lo feriscono ma anche e soprattutto per le colpe degli altri.
Vero amore nei confronti di Cristo e vero amore nei confronti del prossimo il quale spesso ignaro di tanto bene di cui beneficia (vale a dire l’offerta e la preghiera altrui a suo vantaggio, talvolta proveniente proprio da colui che ha offeso) probabilmente si renderà conto solo nella vita futura del bene fatto da coloro che magari neppure ha mai conosciuto o che addirittura ha disprezzato. Questa è la grandezza del Cristianesimo anzi, del Cattolicesimo, una fede il cui Dio invita a vincere il male con il bene e a trasformare il male subito in occasione di grazia e di santificazione.
Questi sono i preziosi tesori contenuti nel Sacro Cuore di Gesù; inabissarsi in esso, ci hanno garantito i santi e i mistici che ne hanno fatto esperienza, significa perdersi in un mistero di amore inenarrabile ed infinito, significa pregustare, già fin da ora, le gioie della infinita ed eterna beatitudine celeste: la ragione per cui, dal nulla, siamo stati tratti all’esistenza dall’amore gratuito di Dio e la ragione per cui, decaduti, ci viene ancora a cercare per salvarci.
(Da: Piero Mainardi – L’amore di Dio, dal Sacro Cuore alla Divina Misericordia – D’Ettoris)
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A buon diritto, dunque, il Cuore del Verbo Incarnato è considerato come il principale simbolo di quel triplice amore, col quale il Divino Redentore ha amato e continuamente ama l’Eterno Padre e l’umanità. Esso, cioè, è anzitutto il simbolo dell’amore, che Egli ha comune col Padre e con lo Spirito Santo, ma che soltanto in Lui, perché Verbo fatto carne, si manifesta attraverso il fragile e caduco velo del corpo umano, “poiché in Esso abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità”. Inoltre, il Cuore di Cristo è il simbolo di quell’ardentissima carità, che, infusa nella sua anima, costituisce la preziosa dote della sua volontà umana e i cui atti sono illuminati e diretti da una duplice perfettissima scienza, la beata cioè e l’infusa. Finalmente – e ciò in modo ancor più naturale e diretto – il Cuore di Gesù è il simbolo del suo amore sensibile, giacché il corpo del Salvatore divino, plasmato nel seno castissimo della Vergine Maria per influsso prodigioso dello Spirito Santo, supera in perfezione e quindi in capacità percettiva ogni altro organismo umano. (Papa PIO XII, Haurietis aquas).