domenica 6 ottobre 2013

Confusione e belligeranza nel “cattolicesimo” contemporaneo: la zizzania?

Confusione e belligeranza nel “cattolicesimo” contemporaneo: la zizzania
“… pregate quanto potete. Molti sono i mali: così ha voluto Dio. Volesse il cielo che non ci fossero cattivi in gran numero e non ci fossero molti mali. «Sono tempi cattivi, tempi penosi!» si dice. Ma cerchiamo di vivere bene e i tempi saranno buoni. l tempi siamo noi; come siamo noi così sono i tempi …”. (sant’Agostino, Discorsi, 80,8)
Quanta amarezza in quello che mi accingo a scrivere, consapevole certo di non essere io “il giusto”; quante riflessioni, quante domande e quanta confusione. Nessuno si offenda, esporrò solo la mia idea …
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In precedenti studi abbiamo ricordato al lettore in che modo si “esplicita” il “dogma dell’infallibilità” [1; 2; 3], dove proviene, come “è definito”; lo abbiamo fatto, data la delicatezza e la necessarietà del “tema” e del “requisito” stesso, usando la massima accortezza, citando Scrittura, Magistero e Dottori; cercando di far comprendere quella sostanziale differenza che c’è fra il papato “potestà” o “primato di giurisdizione” [4], ed il papa “uomo – individuo”, unione sostanziale di anima e corpo, per usare una definizione dell’Aquinate; “papa – uomo” comunque “macchiato dal peccato originale” come tutti noi, “individuo” che pur conservando il libero arbitrio,  non può, con le sue sole forze, liberarsi dal peccato e riconquistare giustizia e santità perdute da Adamo (cf. Conc. Trento, Sess. VI; Denz. 793).
Ogni uomo adulto, papa compreso, difatti può e deve cooperare con la grazia divina per passare dal peccato alla santità (Ivi; Denz. 797), cammino “per cui l’uomo da ingiusto diventa giusto, e da nemico amico” (Ivi; Denz. 799); con l’aiuto della grazia, “realtà soprannaturale”, l’uomo “giustificato” può crescere in santità, ma sarà in ogni modo sempre obbligato ad osservare la legge per meritare la vita eterna (Ivi; Denz. 803 succ.).
È estremamente importante capire questo concetto per evitare di incappare in comunissimi errori più o meno “moderni”, come nel caso di quello che io chiamo (per brevità, forse in maniera inappropriata) “apocrifo della Valtorta”, proprio quando Gesù parlerebbe a san Pietro circa quello che poi diverrà il “dogma dell’infallibilità” del papa (cap. 180.3 dell’opera dei “Vangeli”, M. Valtorta), a proposito dei suoi successori direbbe testualmente: “… onde infallibile sarà il tuo ammaestramento in ciò che è cosa del Regno di Dio. E, così come in te, nei tuoi successori, se vivranno di Dio come di unico pane”. Questa è una palese eresia, infatti il padre spirituale di Maria Valtorta, p. Migliorini, le fece delle rimostranze per tale gravissima affermazione; allora, stando a lei, Gesù, e solo dopo la correzione di p. Migliorini, avrebbe “ritrattato” dicendo che intendeva affermare “…è anche vero che voi non potrete trovare un dogma definito e proclamato da papi che siano, notoriamente o meno, privi della mia Grazia”, andando così probabilmente – io credo – di male in peggio [4a].
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Allo stesso modo abbiamo spiegato [v. nota 3] – citando la storia, il Magistero e precisamente alcune definizioni dogmatiche specifiche – perché espressioni tipo “… se il papa desse come esempio la virtù di un defunto le cui virtù eroiche sono perlomeno dubbie, questo atto non potrebbe essere, a rigor di termini, né una beatificazione né una canonizzazione, e ancor meno potrebbe godere dell’infallibilità legata a tali atti …” (cf. Vaticano II – Un dibattito aperto, J.M. Gleize, p. 185), credo eccedano in creatività per non dire altro. Non me ne voglia l’autore!
Abbiamo dimostrato, anche studiando la storia dei processi (v. canonici) di canonizzazione, che la chiesa – “una, santa, cattolica ed apostolica” – non potrà mai presentare “… nuove norme procedurali dei processi di canonizzazione [che] non presentano più le stesse garanzie di quelle precedenti …” (Ivi), perché la garanzia è la chiesa medesima. In presenza di “nuove norme” che “non garantiscono” più “la santità” del candidato, dobbiamo necessariamente parlare di una chiesa che non offre più garanzie di santità alle “pecorelle” (il cattolico si edifica non leggendo gli atti del processo ma con il perseguimento del “fine“), quindi credo debba dirsi piuttosto processo di “anti-chiesa”, proprio perché verrebbero meno alcune necessarie proprietà della “società fondata da Cristo”, fra cui “la santità” nello specifico criterio di valutazione, e subito dopo “l’unità”.
Perché? Non è consentito, per fede cattolica, che un uomo qualsiasi decida “chi è santo e chi non lo è” secondo il suo arbitrio personale (cf. Gal 1,8), ma è la chiesa, “casa di Dio … colonna e sostegno della verità” (1Tm 3,15) che lo decide, “affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore” (Ef 4,14).
Poniamo che una chiesa canonizzi l’attuale Pannella (dopo la morte, ovvio) e con lui la sua dottrina (perniciosa), la sua vita (in scandalo), ecc… (non sto giudicando Pannella, sia chiaro) … Bene, chi venererà la santità di Dio in Pannella? Chi lo pregherà per intercedere? Chi ne esporrà la effige al culto di dulia? Se il fedele non si deve più fidare della chiesa a chi deve domandare? Al parroco che abita vicino casa sua e che ha studiato Rhaner e De Lubac, oppure al prete della parrocchia a 100 km di stanza ma che ha studiato il Suarez e Barbier? Ecco che verrebbe meno dapprima la santità, ponendo che Pannella dovesse morire così come è (in scandalo e promulgatore contumace di dottrine che la chiesa definisce diaboliche), ma verrebbe meno anche l’unità perché il fedele è oggettivamente costretto a fidarsi della singola opinione di un uomo e non della “colonna che è la chiesa”.
Molti uomini presunti capi = molte opinioni = “santi e diavoli” = non unità = arbitrio umano che può dipendere dalla cultura dell’individuo, come dalla sua santità, come da tanto altro … e questo criterio ce lo spiega benissimo Gesù in Mt 16,13-19 (autorità Pietro) e subito dopo Mt 16,21-23 (peccato, ignoranza, parere sbagliato, ecc… dell’uomo Simone). Nel primo caso Gesù dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”, mentre nel secondo ecco qui la risposta: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. Eh, c’è una bella differenza …
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Per necessità oggettive, abbiamo dovuto inevitabilmente richiamare alla memoria alcune di quelle caratteristiche, tanto evidenti quanto indispensabili, che differenziano la chiesa quale “società fondata da Cristo”, da ogni altro tipo di società “inventata dagli uomini” e, all’uopo, abbiamo ricordato anche gli studi del Barbier, del Liguori, del Bellarmino e di altri sulla “perpetuità ed invariabilità” della chiesa [5], proprietà essenziale che mai viene meno, neanche in caso di eresia manifesta, di scisma o di vacata sede prolungata; lo abbiamo fatto altresì per esprimere indirettamente alcune critiche documentate alla cosiddetta “Ipotesi di Velletri” [5a] dello stimato don C. Nitoglia, e per confutare [1; 2; 3; 4;] quasi integralmente ma sempre indirettamente il “Piccolo catechismo del sedevacantismo” di Dominicus [5b] dove, per esempio, si definiscono come “comuni” alcune opinioni – estrapolate – del Suarez, del Billuart e del Lagrange; in realtà trattasi di isolate e minoritarie “ipotesi”, estrapolate, alle quali abbiamo contrapposto con evidenza oltre che il Magistero di Paolo IV, di Leone XIII, di san Pio X e di Pio XII, anche gli scritti di sant’Alfonso, di san Bellarmino e di tanti altri.
Nessuna pretesa, sono probabilmente “ipotesi” che ne confutano altre. Poiché nessuno ha la faccia tosta di promulgare tesi, sarà il lettore che deciderà su chi può essere più credibile e chi meno.
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Abbiamo, tanto per ironizzare, dimostrato praticamente perché un Mancuso, un Kung, uno Scalfari, un Benigni, un Bianchi, un Fò, un Gallo, un Rhaner, ecc …, restando “fissi” nella loro “libera, oggettiva, scandalosa e contumace pubblica adesione all’errore” (ce lo dice la chiesa e non lo dico io) non potrebbero mai ricevere (o ne verrebbero privati [4]) il “primato di giurisdizione” o “papato” da Dio:
1) Perché la “giurisdizione viene da Dio” (cf. Pio XII, Mystici corporis del 29 giugno 1943; Ad Sinarum gentem del 7 ottobre 1954; l’enciclica Ad Apostolorum principis del 29 giugno 1958) [v. nota 4] e Dio non inganna i suoi figli, non è malvagio;
2) “Se un laico venisse eletto Papa, egli non potrebbe accettare l’elezione se non alla condizione di essere atto a ricevere l’ordinazione e disposto a farsi ordinare”, e Pio XII specifica “il potere di insegnare e di governare, come il carisma dell’infallibilità, gli sarà accordato all’istante della sua accettazione, anche prima dell’ordinazione” (Ivi);
3) “Deve dunque Gesù Cristo aver preposto alla Chiesa un sommo reggitore a cui tutta la moltitudine dei cristiani sia sottomessa e obbedisca … Quindi disse a Pietro prima dell’ascensione: «pasci le mie pecore». Gesù Cristo quindi diede alla Chiesa per sommo reggitore Pietro … E infatti fece quell’insigne promessa a Pietro, e a nessun altro: «Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia chiesa»” (Leo XIII, Satis Cognitum; cf. Pio XII, Mystici Corporis) [v. nota 4];
4) “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,31-32). Gesù non mente, e la preghiera di Gesù è efficace, distrugge il demonio;
5) Perché la dottrina [5bb] del “Corpo mistico” e del “rapporto con l’eresia e con lo scisma” chiarisce qualsiasi dubbio a riguardo. Un eretico contumace e manifesto – allo stesso modo uno scismatico “ipso facto” – non ottiene o perde la “giurisdizione”. È accaduto più volte contro chi era “in aperto scandalo della chiesa universale”;
6) Differenza che c’è tra una “disposizione” del diritto divino (“secondo l’ordine di Dio” cf. Mystici Corporis, Pio XII) ed una del diritto ecclesiastico. La prima non potrà mai essere abolita o riformata da nessuno, la seconda invece si. Ad esempio, ricapitoliamo … in due modi si può cessare di essere cattolici: a) per libera e contumace scelta, commettendo un “atto” (aderendo ad un “errore”) che di sua natura “esclude dall’unione con la chiesa”; b) per “disposizione della chiesa”, con la scomunica. 
Allo stesso modo abbiamo capito perché una donna non potrà mai “essere papa” e lo abbiamo visto studiando il caso della presunta “papessa Giovanna” [5c]. 
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Il perché di tutto questo gratuito lavoro di ricerca – prego e spero ben fatto – così faticoso e da alcuni definito certosino, credo che sia evidentemente sotto gli occhi di tutti: oggi, specie in “ambienti laici”, si cerca in tutti i modi di “minimizzare” l’ufficio papale in quanto “tale”, riducendo probabilmente il pontefice ad un mero burocrate, sciatto, anche poco accorto, ambiguo e prossimo alle eresie (prop. cond. in Pio VI, Auctorem fidei), al quale comunque – si legge – sarebbe “lecito” disobbedire, con continuità e per un presunto “stato di necessità”, addirittura su “questioni” di “fede e costume” e sulle “disposizioni canoniche o liturgiche” quand’anche connesse al dogma, o direttamente o indirettamente.
Ciò produce, oltre a quello che appresso leggeremo, anche comprensibile confusione nel popolo fra “chiesa” e “uomo di chiesa”, quindi si è creduto importante, nello stesso contesto, far capire [5d] che scandali tipo lo I.O.R., la presunta pedofilia, le violenze, il caso Orlandi, ecc …  nessuna attinenza hanno con la “chiesa Corpo mistico”, ma sono esclusivamente parto di “figli spuri, degeneri, «falsi fratelli», «guide cieche», pastori inetti e indegni. Contro costoro, giustamente, gli storici hanno potuto puntare l’indice, accusandoli di prepotenza, nepotismo, ipocrisia, licenza nei costumi, mondanità, simonia, ecc…; [tuttavia] gli storici confondono chiesa e uomini di chiesa” [Ivi].
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Alcuni autori, credo sicuramente in buona fede, pur di giustificare a tutti i costi questo presunto e bizzarro “dogma della disobbedienza” molto famoso nei cosiddetti ambienti tradizionali, noto che estrapolano alcune isolate “ipotesi” dimenticandosi comunque del Magistero, e rinvangano supposti episodi bui della Chiesa; credo, così operando, non fanno altro che vivere un apostolato “intrinsecamente anticlericale” [6], modus operandi ampiamente condannato da papi e Dottori, come già fece Sant’Alfonso Maria de Liguori quando, nel suo testo Verità della Fede (parte III, cap. X, 20 ss.) [7], definiva gli accusatori di Viglio, Onorio, Liberio, Nicola I, Gregorio XIII, Innocenzo III, Stefano VII, ecc…, quali inutili “impugnatori dell’autorità de’ pontefici” e ne forniva opportune spiegazioni.
Nonostante tutto, alcuni continuano imperterriti a minare la “potestà” del pontefice, lo fanno – e credo in buona fede – provocando dubbi, disordini interiori, le peggiori disubbidienze con contumacia, eppure noi siamo certi che sbagliano, come per esempio ci spiega san Gregorio VII “la chiesa romana non ha mai errato, e non si deve ritenere come cattolico chi non sta unito a questa chiesa”; i papi Evaristo, Alessandro I, Sisto I, Pio I, Vittore, Zeffirino, Marcello, Eusebio ed altri sostengono la medesima dottrina [Ivi].
Ricordando san Pio X e Pio XII [v. nota 5] abbiamo anche studiato come questi risolsero il supposto problema di “simonia” in Alessandro VI (Roderic Llançol de Borja) e presunti altri, pur considerando l’Aquinate, inoltre abbiamo capito perché le parole di Gesù “non passeranno” [8] e quali sono i diritti e doveri specifici rispettivamente di “chiesa docente” e “chiesa discente”, sempre facendo tanta attenzione alla Tradizione [8; 8a] che mai può essere sacrificata se si vuol rimanere cattolici.
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Si legge che “si deve resistere all’errore” a causa di una “grave necessità”. Certo, ma se c’è questo “errore” e se si deve “resistere” con continuità, questo significa che probabilmente qualcosa non va nella chiesa – “una, santa, cattolica ed apostolica” -, che evidentemente si è persa una delle “caratteristiche” essenziali e necessarie.
E chi è che comanda che c’è un “errore” contro cui bisogna “resistere”? Lo decide un prete colto ma che ha l’amante? O forse lo decide un prete rozzo che invece è casto? O lo decide un rhaneriano? O forse è meglio che lo decida uno scolastico puro? E … siamo sempre alle solite!
E chi decide questo stato? “Grave necessità” in base a cosa? Forse in base all’arbitrio di qualche uomo che vuol prevaricare Dio? E quanto dura questa “grave necessità”? E gli altri? Quelli che non ubbidiscono alle “disobbedienze” dei primi sarebbero stolti, incoscienti, disobbedienti o ubbidienti? E in base a quale parametro si possono fare dette valutazioni?
È vero, si leggono alcune dichiarazioni di papi e Santi che in un certo qual modo “invogliano alla resistenza” [8b], ma attenzione … sempre più spesso si tratta di estrapolazioni fuori contesto ed anche manipolate probabilmente per avallare “tesi” assolutamente fantasiose e che disgregano l’“unità” che è invece requisito necessario.
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Lo stesso Aquinate, spesso strumentalizzato, quando dichiarava “… si noti però che quando ci fosse un pericolo per la fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente …” (Summa Th., IIª-IIae q. 33 a. 4 ad 2) specificava ben altro:
a) “Come abbiamo già visto, ci sono due tipi di correzione. La prima, che è un atto di carità, e che tende principalmente ad emendare il fratello colpevole mediante la semplice ammonizione. E tale correzione spetta a chiunque abbia la carità, sia egli suddito o prelato. – C’è poi una seconda correzione che è un atto di giustizia, nella quale si ha di mira il bene comune, che viene procurato non soltanto mediante l’ammonizione, ma talora anche con la punizione, perché gli altri dal timore siano distolti dalla colpa. E questa correzione spetta ai soli prelati, i quali hanno il compito non soltanto di ammonire, ma anche di correggere con la punizione” (Op. cit., IIª-IIae q. 33 a. 3 co.);
b) “«Resistere in faccia davanti a tutti» passa la misura della correzione fraterna: perciò S. Paolo non avrebbe così ripreso S. Pietro, se in qualche modo non fosse stato suo pari rispetto alla difesa della fede. Ma ammonire in segreto e con rispetto può farlo anche chi non è pari. Perciò l’Apostolo scriveva ai Colossesi di ammonire il loro prelato, dicendo: «Dite ad Archippo: Adempi il tuo ministero». Si noti però che quando ci fosse un pericolo per la fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente. Perciò S. Paolo, che pure era suddito di S. Pietro, per il pericolo di scandalo nella fede, lo rimproverò pubblicamente. E S. Agostino commenta: «Pietro stesso diede l’esempio ai superiori, di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capita di allontanarsi dalla giusta via»” (Op. cit., IIª-IIae q. 33 a. 4 ad 2);
c) “La correzione fraterna viene comandata in quanto è un atto di virtù. Ma un atto è tale in quanto è proporzionato al fine. Perciò quando essa dovesse impedire il fine, come nel caso che il colpevole divenisse peggiore, allora non appartiene più alla verità della vita, e non è di precetto” (Op. cit. IIª-IIae q. 33 a. 6 ad 2).
È ovvio che si deve procedere in tal senso e non “resistere in faccia davanti a tutti”, perché altrimenti non si “appartiene più alla verità” e quindi si “manca di carità”, proprio come spiegava s. Agostino contro Mani (lett. 1.1): “ci si preoccupi più della correzione degli eretici che della loro rovina”.
Per essere più esplicito: se si istiga il popolo alla “resistenza” intesa quale disubbidienza pratica e non correzione, addirittura disobbedienza contro le questioni universali ordinarie di “fede e costume” e contro le prescrizioni “canoniche e liturgiche” (connesse al dogma) dei legittimi pontefici (che hanno “giurisdizione”) non si fa altro che condurre il popolano “alla rovina”.
Vai contro il papa, tanto non conta niente!!! Ma si legge che si può “resistere” perché il “dogma” è salvo, perché non si “è definito”, quindi sarebbe una “resistenza costante ma solo a qualcosa”. E chi decide cosa è questo “qualcosa”? Ebbene, questo qualcosa sarebbero nientedimeno che “la Messa”, “la collegialità”, “l’ecumenismo”, “la libertà religiosa”, il “Codice di diritto canonico”, “l’evangelizzazione”, ecc …
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A meno che non si vuol essere grotteschi davanti al mondo bisogna dire la verità, e come già abbiamo ampiamente studiato [1; 2; 3; 4; 5], si pretende di “resistere in faccia davanti a tutti” e con contumacia davanti a quello che il teologo Y.M.J. Congar, “esperto” in seno al Concilio Vaticano II, così definiva:
“… il Vaticano II è stato dottrinale. Il fatto che non abbia definito dei nuovi dogmi non toglie nulla al suo valore dottrinale, secondo la qualifica che la teologia classica da, in maniera differenziata, ai documenti che ha promulgato. Alcuni sono dogmatici, esprimono la dottrina comune, sarebbero paragonabili alle grandi encicliche dottrinali (che d’altra parte citano sovente), con la differenza che esprimono, mediante la via (e la voce) del magistero straordinario l’insegnamento di quello che il Vaticano I ha chiamato il magistero ordinario ed universale. Tale è lo statuto di Lumen gentium, delle parti dottrinali di Dei Verbum, della Costituzione sulla liturgia e di Gaudium et Spes, ma anche di molti decreti e della dichiarazione Dignitàtis humanae personae. Altri testi, o parti di questi stessi documenti, sono di natura più puramente pastorali, vale a dire che danno, secondo la prudenza sovrannaturale dei pastori riuniti in concilio, delle direttive in materia pratica” (Y. Congar, Le Concile de Vatican II, Beauchesne, 1984, p. 64).
Quindi, secondo alcuni, da ben  48 anni e con continuità sarebbe “lecito disubbidire” a qualcosa di “dottrinale”, di “dogmatico”, ecc … in sostanza al Magistero ordinario universale che, citando la dottrina cattolica, abbiamo già analizzato nella fattispecie, individuandone “elementi precisi di dogmaticità” ed “elementi di pastoralità”. Questo perché “qualcuno” avrebbe deciso che c’è un presunto “stato di necessità”.
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Come anche si strumentalizza il Bellarmino quando alla citazione “che è lecito resistergli non facendo quello che ordina e impedendo l’esecuzione della sua volontà” (De Rom. Pont., II,29) probabilmente non si fa seguire tutto l’ammaestramento dello stesso sulle ipotizzate procedure canoniche necessarie proprio per “impedire l’esecuzione della volontà [dell’eretico]” [4].
Come dire: “caro popolano, svegliati domattina e disubbidisci agli argomenti a, b, c, d … però ubbidisci agli argomenti e, f, g, h dello stesso autore, perché te lo dico IO”; ed è proprio questo “IO” che cozza con la fede cattolica per milioni di motivi, alcuni dei quali sono stati esposti nel presente breve esame ed altri nelle numerose note.
Si fa una confusione infinita fra quello che è “l’elemento morale” (v. correzione fraterna <–> abominazione del peccato) e quella che è la “disciplina canonica” (correzione fraterna –>ammonizione –> eventuale ratificazione di una “privazione della giurisdizione”). 
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La “chiesa apre” si legge spesso, da qui alcuni sono tentati dal maligno a pensare che sia lecito disobbedire con costanza a colui che “scioglie e lega” ma che oggi vorrebbe “aprire” a “qualcosa di sbagliato”, ma noi abbiamo dimostrato che la chiesa, quella vera, ha già “aperto”, lo ha fatto appunto Gesù “aprendo” al peccatore di ogni razza ma mai “aprendo al peccato” [9], altrimenti non di dovrebbe parlare più di “chiesa” (una, santa, cattolica, apostolica) ma di “anti-chiesa” (non santa); il cattolico non è autorizzato a definire “chiesa” quella società che “chiesa non è”, pena – se c’è “coscienza” – la “separazione dalla chiesa stessa” che può manifestarsi in vari modi (eresia, apostasia, scisma, ecc…) e lo abbiamo appreso studiando il Catechismo Maggiore ai num° 115 ss. e tutta la dottrina del “Corpo mistico” e del “rapporto con l’eresia e con lo scisma”.
Per essere più chiari: una “chiesa” che invece di “aprire al peccatore”, è “chiesa docente” e dovesse “aprire” con costanza ed in maniera manifesta “al peccato”, questa andrebbe contro la parola di Dio, che noi sappiamo essere “inerrante”, contro la Tradizione, ecc… quindi: a) Dio avrebbe mentito; b) mente questa “chiesa”. Ognuno scelga cosa credere, ma deve sapere che il diritto divino non cambierà mai, neanche se il presunto papa canta in cinese o vola.
Esempio pratico. Tempo fa studiammo alcuni comandamenti fra cui il “non commettere atti impuri o non fornicare” [9a]; ora, tutti noi sappiamo che “l’amore di Dio consiste nel rispettare i Suoi comandamenti” e questo è quanto la “chiesa docente” ha il dovere di insegnare (Missio <–> Sessio). Se da domattina e con costanza (esclusi quindi i possibili “errori umani”) la “chiesa docente” dovesse insegnare “signori, chi fa le orge non commette peccato mortale”, capiremmo che c’è qualcosa che non va. Perché? Perché ciò non è possibile, visto che la “chiesa docente” con a capo Pietro che “scioglie e lega”, che è “roccia”, che “deve confermare nella fede i suoi fratelli”, che “pasce le pecorelle”, per la cui missione “Gesù prega”, ecc … non può operare in tal senso, condannerebbe inesorabilmente le anime al “fuoco della Geenna”; ed in casi come questo l’“ignoranza non scusa” (il peccatore vuole volontariamente ignorare qualcosa per non abbandonare il male che desidera, trascura di informarsi, desidera direttamente o indirettamente qualcosa che provoca l’ignoranza, ecc…; cf. san Tommaso, Quaestio disputata de Malo, v. “ignoranza vincibile”).
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Penso che ultimamente si faccia confusione, come visto, su ciò che è “il fine” proprio della chiesa fondata da Gesù Cristo, ma noi non possiamo lasciarci ingannare, poiché la parola di Dio è eterna e ben la conosciamo;  nei nostri studi abbiamo parlato di predicazione “da pulpito” e di testimonianza “laica”, ben differenziando[10], come visto: “la conservazione e la diffusione della stessa religione cattolica si compie pure attraverso il ministero della parola «Fides ex auditu». E’ solenne, è perentorio ordine di Gesù: «Euntes ergo … docete omnes gentes … Praedicate Evangelium omni creaturae»”.
Predicazione e testimonianza, o “proselitismi” comunque differentemente ben regolamentati (in base ai doveri di stato), sono un dovere della chiesa, sia essa “docente” che “discente” [Ivi]; d’altronde lo stesso Gesù Cristo, che di certo non era né “sciocco” e né “poco evangelico”, pose al primo posto alcuni doveri fra i quali le necessità di battezzare e di predicare sempre e ovunque, confermando – oserei dire “semplificando” – la missione addirittura con prodigi e miracoli.
In contro” abbiamo il contemporaneo “cristianesimo anonimo” di rhaneriana memoria (in parentesi quadre alcune considerazioni): “… chiunque segue la propria coscienza [il richiamo della coscienza spinge alla legge naturale, alla ragione umana che invece porta a Dio, dogma Concilio Vaticano I - nota 10a], sia che ritenga [superbia] di dover essere cristiano oppure non-cristiano[infedele o apostata, dipende dai casi], sia che ritenga di dover essere ateo [si sostituisce a Dio, peccato di Lucifero] oppure credente, un tale individuo è accetto [falso, è una menzogna] e accettato [certo, affinché si converta] da Dio e può conseguire [ma solo se si converte, quindi Rahner dichiara il falso] quella vita eterna che nella nostra fede cristiana noi confessiamo come fine di tutti gli uomini. In altre parole: la grazia e la giustificazione [fa confusione], l’unione e la comunione con Dio, la possibilità di raggiungere la vita eterna, tutto ciò incontra un ostacolo solo nella cattiva coscienza [ecco l’ambiguità finale per non essere definito subito eretico da chi di dovere] di un uomo”. (K. Rahner, La fatica del credere, pp. 86-87).
Accetto”, dal lat. “acceptus”, part. pass. di “accipĕre «ricevere»”, significa “ricevuto o accolto volentieri, gradito” .. e questo è falsissimo poiché Dio ha il peccato “in abominazione”. Negare ciò con ostinazione significa “separarsi dalla comunione dei santi”, essere “fuori dalla chiesa”. Ora, se K. Rhaner probabilmente faceva “fatica a credere” non è affar nostro.
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Oggi alcuni sembrano avere l’ardire infame di sostenere che il “proselitismo” sarebbe “sciocchezza” e atteggiamento “poco evangelico” o lontano da una presunta “chiesa delle origini”, aggiungo io … non certo dalla “chiesa dei martiri” (cf. Abate Ricciotti, La era dei Martiri, Coletti, Roma, 1953).
Praticamente ci si dimentica, per esempio, del battesimo o lo si ostacola apertamente (Sacramento, di sangue, in voto o di desiderio esplicito od implicito), di 1Gv2 “Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!”; ci si dimentica di tanto altro: è una fede differente, come abbiamo visto in K. Rhaner!
Il “proselitismo” è l’opera di chi cerca di fare dei proseliti, ovvero cerca di convertire o coinvolgere altri individui a una certa religione o altra dottrina. Il termine deriva dal greco “pros” (verso) “erchomai” (venire). Nel cattolicesimo con il termine “proselitismo” si intende “evangelizzazione”, ovvero quello che ha comandato Gesù Cristo e quello che la “chiesa docente” e la “chiesa discente”, ognuno secondo i propri doveri, DEVONO fare.
Perché questo? E’ molto semplice: perché è anche quel “proselitismo” che salva le anime, che è “il fine” di Pietro che “pasce le pecorelle” e della chiesa che è “in comunione” con lui; ma a quanto pare c’è chi “favorisce” o “incentiva” la dannazione delle anime. In precedenti studi [11] abbiamo anche discusso il tema dell’“ignoranza”, che ricolleghiamo ora e già brevemente abbiamo riproposto, ovvero quando dicesi “vincibile” e quando “invincibile”. Nello stesso contesto [Ivi] abbiamo celermente affrontato il problema attuale legato alla “vicenda dei Francescani dell’Immacolata”.
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Fa davvero scandalo, “peccato gravissimo e più grave dell’omicidio” [12], che alcune persone che si dicono “caritatevoli”, in realtà sacrifichino la verità per fini personali (a noi probabilmente ignoti, poiché di foro interno), e questo scandalo è provocato dal fatto che la nostra fede, “in contro”, ci comanda che “la carità … si compiace della verità” (1Cor 13,6).
Come si può pretendere di essere “caritatevoli” sacrificando la verità resta un “mistero iniquo”, e sicuramente non è condotta di fede cattolica ma è diabolica. E’ importante ribadire “il fine” della chiesa che è “salvare”, il “come” lo abbiamo appreso da Gesù Cristo e dalla vera chiesa; abbiamo anche studiato la necessità della “contrizione” e della “soddisfazione” [13], ribadendo sempre che l’“ignoranza vincibile” non scusa davanti a Dio.
Chi rinnega la verità, quindi è oggettivamente non “caritatevole”, rinnega anche l’amore e si fa propagatore di menzogne; l’amore, come sappiamo, “consiste nell’osservare i comandamenti di Dio” (cf. 1Gv 5) e “i comandamenti di Dio non sono gravosi” (Ivi), così come abbiamo ben compreso studiando le analisi contro i “falsi profeti” [14; 15]; una presunta e prolungata “pastorale” contro la verità, quindi contro la carità, quindi contro l’amore, quindi contro Dio – come visto – non può venire da Dio [Ivi] ma viene da Satana che è “il nemico”, “l’accusatore”, “il menzognero”.
La menzogna, difatti, è figlia del principe di questo mondo (e Satana stabile docente non può sedere sul trono di Pietro poiché la chiesa non appartiene al mondo), al dire del Signore:
Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44); abbiamo precedentemente capito [16] che il demonio è “invisibile potenza personale che dirige le forze del male in lotta con i disegni di Dio e a danno dell’uomo”, non è certo una metafora, non è allegoria, non è fantasia, non è uno “stato del peccatore”!
Se lo Spirito Santo è spirito di amore, e lo è, non ci meraviglia che alcuni probabili “anticristi”, che prima o poi la chiesa processerà canonicamente, manchino di rispetto anche verso lo Spirito Santo, definendo “sciocchezza” ciò che lo Spirito Santo ha invece confermato con segni, e con parole ispirate: “… non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi …” (Mt 10,19-20).
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Il “fine”, che è “salvare le anime”, prevede già la predicazione, l’esempio e l’invito alla conversione alla vera chiesa, che è la Cattolica, così come abbiamo appreso studiando le “differenze fra ecumenismo, pancristianesimo ed irenismo” [17].
Allo stesso modo siamo certi, lo abbiamo letto nelle numerose parole del Signore a riguardo, che la nostra è la vera religione, visto che i giudei NON sono “stirpe di Abramo” [18] e che nulla hanno a che vedere con l’“alleanza” [19] e con la fede in Gesù Cristo, che invece è la fede che “salva”; l’autorevolissimo Abate Ricciotti, e lo abbiamo studiato ricordando le “fonti storiche non cristiane su Gesù” [20], ci ha chiarito anche molto altro. Allo stesso modo Sant’Alfonso ci ha spiegato perché, per fede cattolica, la “setta di Maometto” [21] va avversata con la predicazione, e Agostino da Montefeltro ci ha fatto capire [22] che la “tolleranza teologica è scienza degli egoisti e privilegio degli incapaci”.
E poi abbiamo dei presunti “uomini di chiesa” che a spron battuto si lanciano in imprudenti battaglie contro “monogenismo e creazionismo”, ed anche di questo abbiamo già ampiamente discusso [23]; altri che insegnano esplicitamente dottrine già condannate in precedenza dai papi del passato, come il diritto alla “libertà di promulgare e diffondere l’errore” [24]; altri che probabilmente non sono neanche in grado di badare a se stessi e vorrebbero addirittura sposarsi [25] …
E così via, all’infinito perché certamente “mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò” (Mt. 13,25). E siamo certi che lo Spirito Santo non dorme mai, diversamente da quello che alcuni sostenevano e sostengono [25a].
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Poi ci sono alcuni che “aggrediscono” Bergoglio e “canonizzano” Ratzinger ma, come la retta ragione ci insegna e come anche Pio VI comanda nella Auctorem Fidei: i doveri del buon pastore sono anche: parlare con chiarezza, proteggere il “gregge”, combattere le ambiguità e le eresie … e anche Ratzinger ha una bocca e probabilmente un telefono, ed i media non aspettano altro. A meno che non sia uscito fuor di senno o non abbia una pistola h24 puntata sul cranio: “non resistere all’errore è approvarlo, non difendere la verità è ucciderla. Chiunque manca di opporsi ad una prevaricazione manifesta può essere considerato un complice occulto” (cit. Felice III in Leo XIII, Lett. Ves. it., 8/12/1892) e lui ha la presunta autorità per intervenire. Oppure, forse, Bergoglio opera sulla falsa riga di Ratzinger. Quelli che “aggrediscono” Bergoglio e “canonizzano” Ratzinger credo non fanno altro che alimentare lo scandalo e “seminare zizzania”.
Il padre Teofilo arcivescovo si recò un giorno a Scete. I fratelli riunitisi dissero al padre Pambone: «Di’ al papa una parola di edificazione». L’anziano dice loro: «Se non è edificato dal mio silenzio, non potrà esserlo dalle mie parole».” (Vita e detti dei Padri del deserto, PJ XV, 42)
E come dimenticare le derive “millenariste – falso profetiche” (cit. “tal madonna e tal veggente hanno detto che …“) e “pseudo carismatiche” (cit. “io capisco perché ho lo Spirito Santo e tu no perché non lo hai“) ? Dicono: “è la fine del mondo”, è la “grande apostasia”, è l’“anticristo”, ecc … Suvvia, certe esternazioni sono davvero protestanti e imbarazzanti: “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Mt 25,13).
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Poi ci sono quelli che si dicono “tradizionalisti” ed accusano gli altri di essere “modernisti”, “falso ecumenisti”, ecc… ma ci restano in comunione. E’ davvero un carosello. Se tu, buon uomo, ti definisci “tradizionalista”, dovresti anche sapere che il “modernismo” è “somma di tutte le eresie” e condannatissimo in ultimo da san Pio X in Pascendi e Lamentabili. Come il “pancristianesimo” e l’“irenismo”, ovvero il “falso ecumenismo conciliare” (o “post conciliare”, dipende dagli autori ma vi garantisco che è essenziale questa differenza) sono eresie condannate in ultimo da Pio XI nella Mortalium Animos.  Così come per le nuove fandonie dottrinali, tutte condannate già nel Sillabo ed in Quanta Cura di Pio IX, e demolite definitivamente da Leo XIII e Pio XII. Quindi, dico al presunto “tradizionalista”: come puoi definirti tale ed ignorare che, per fede, non puoi essere in comunione con chi “in comunione con Cristo” non è più!
Inutile poi borbottare qua e la … E se queste eresie esistono, e se sono vere e provabili, e se giungono dall’alto di una sedia, siamo oggettivamente difronte ad una società che chiesa non può essere definita, ad una società differente. Come l’Enel e la Tim. Se mi staccano il contatore a casa, non certo chiamo il servizio clienti Tim per lamentarmi.
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Poi, e chiudo, c’è questo ricorrente uso all’espressione “rileggere … alla luce della tradizione” [26]. Chi dovrebbe rileggere e cosa? E tutti gli uomini che sono morti prima di “questa rilettura”, casomai deceduti in peccato mortale, “indotto” ma non scusabile dall’ignoranza (cf. 1Cor 16,13; Gal 1,8 succ.), che fine hanno fatto? Di chi sarebbero le colpe?
Perché nasce questa necessità di “rileggere … alla luce della tradizione”? E perché solo oggi, forse a 50 anni di distanza dalla mai avvenuta “rilettura”, un qualcuno dovrebbe “rileggere”? Gli uomini vissuti prima di questa “rilettura” sarebbero meno importanti dei passati, o dei viventi fino a quando effettivamente questa “rilettura” avverrà?
Tutto questo è ingiusto, e noi sappiamo bene che Dio è somma Giustizia.
Non è sempre stata la “chiesa docente” a preservare la “chiesa discente” nel “solco della tradizione”, talvolta anche dialogando o “litigando” vicendevolmente? Perché fino a 50 anni fa era Cristo che parlando (per mezzo della chiesa) guidava le anime nel “solco della tradizione”, mentre invece adesso è Cristo che avrebbe bisogno di essere “riportato nel solco della tradizione” dall’“individuo qualunque”?
Di chi ci si può fidare se evidentemente manca “l’autorità” credibile? In questa “rilettura”, devo “fidarmi” (per “salvarmi”) di un parroco della chiesa x, della parrocchia y, del catechista vicino di casa, del musicista che vive all’estero o forse della “chiesa docente” così come è sempre stato, chiesa che non ha bisogno di rileggere se medesima sui temi specifici qui affrontati? (è l’ABC della fede .. se fosse così: Dio avrebbe mentito).
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Se un testo, letto così com’è scritto, probabilmente conduce fuori strada … per non uscire fuori strada è certo che deve essere il lettore preparato e ferrato nella tradizione (conoscitore attento del depositum fidei) per poterlo interpretare (o forse forzare?) “in linea tradizionale”, significa che chi è rimasto nel “solco tradizionale” è il lettore, non il testo in questione! Stiamo parlando di elementi di dottrina e connessi al dogma.
E se il testo viene attribuito alla “chiesa” ma conduce fori strada, e tale rimane per anni ed anni, inutile poi citare sporadici e circoscritti episodi “giustificativi” di presunta “resistenza” legati casomai a san Paolo (fuori contesto), a sant’Atanasio (lo spiega anche il Liguori), a san Cipriano (spiegato da secoli), a santa Caterina (caso di correzione fraterna), a san Pier Damiani (operò con quasi tutti i cardinali) e simili.
Risponde bene, oltre sant’Alfonso del testo già citato, il tomo Difesa della bolla Auctorem fidei in cui si trattano le maggiori questioni, che hanno agitata in questi tempi la chiesa (P.M Anfossi O.P., Mordacchini, Roma, 1816) dalla pagina 108 in avanti, citando sant’Agostino “possibile, che non troviate da imitare nella vita di san Cipriano se non  quello che vi è riprensibile? E questo è un errore detestabile”; “sull’esempio dunque di Cipriano e di Paolo, voi vi credete autorizzato abbastanza ad opporvi al romano pontefice, a correggere Pio VI, invitandolo a seguire la docilità di san Pietro, mentre voi vi arrogate lo zelo di Cipriano e di Paolo”. (Anfossi ricorda la risoluzione di numerosi casi).
Le doti adunque o proprietà della Chiesa, e le prerogative del suo Capo, come maestro della Chiesa, entrano direttamente nel soggetto della fede. Elle non sono questioni meramente ecclesiastiche, nè, come molti dicono, costituzionali o estrinseche. Elle involgono la certezza, in virtù di cui noi sappiamo quel che Dio ha rivelato; e perciò, se elle possono sotto un aspetto collocarsi nel trattato De Ecclesia, intrinsecamente però appartengono al trattato De Fide Divina. La violazione di questa economia divina fu quella che introdusse e rovesciò sopra la nostra patria [la verità cattolica in Inghilterra che fu indebolita dalle opinioni Gallicane] la fiumana dell’errore. E sarà la ristorazione di questa economia divina negl’intelletti e nelle coscienze, quella che renderà la nostra patria alla verità.” [27].
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E poi ci sono qui io, che ho espresso solo opinioni e non certo credo di avere ragione o di “possedere la verità”, anche perché pongo tante domande; che dire, c’è una tale confusione e tanta “guerra” fra gli stessi “cattolici”, che io non so più cosa aggiungere, davvero … spero quantomeno di riuscire a non morire in peccato mortale! Confido nella misericordia di nostro Signore: “… il  campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno” (Mt 13,38) e spero davvero di non essere proprio io “zizzania”.
Carlo Di Pietro per Radio Spada (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Note:
[4a] Analisi condivisa di un mio collaboratore: Questa inoltre è proprio una delle “armi” che usano gli atei per combattere il Papa quindi, secondo voi, Gesù potrebbe mai aver proferito una simile bestialità? L’espressione attribuita a Gesù supera e va oltre tale eresia: perché dice che non solo il Papa, per essere infallibile, non deve essere peccatore, ma deve essere anche santo, perché deve vivere di Dio come “di unico pane”, ben più che semplicemente “non peccare mai”. Infatti il padre spirituale di Maria Valtorta, Padre Migliorini, le fece delle rimostranze per questa affermazione; allora stando a lei, Gesù dopo avrebbe ritrattato correggendo il tiro e andando così di male in peggio, per vari motivi: 1) Gesù Cristo non è né uno sprovveduto né un imprudente, è Dio! Quindi non avrebbe mai lasciato una frase così ambigua, anzi, così eretica, come se non se ne fosse accorto, per poi aver bisogno di correggere il tiro e solo dopo segnalazione di padre Migliorini; 2) Tutti quelli che l’avessero letta senza approfondire nelle note, avrebbero creduto ad un’eresia che mina alla base tutta la fede cattolica (giacché ogni dogma poggia sull’infallibilità del Papa, persino le definizioni – ad esempio – su quali siano i testi della Sacra Scrittura, cioè i Libri canonici, e quali no); 3) Dice un assurdo: è molto difficile distinguere “notoriamente” chi è in grazia di Dio e chi no, dato che questa è lettura interiore, e salvo alcuni casi di stato di peccato continuo (convivenza, adulterio, ecc…), è quasi impossibile accorgersene. Quindi un Papa potrebbe tranquillamente non essere in grazia di Dio, essere in stato di peccato mortale, non pubblicamente, ma nel segreto del suo cuore. In quel caso allora Dio gli concederebbe il dogma, e allora Gesù si contraddirebbe; 4) “Vivere di Dio come di unico pane” è molto più che vivere “in stato di grazia”. Ancora contraddizioni; 5) Peggio ancora: Gesù qui mostrerebbe di non conoscere il dogma dell’infallibilità del Magistero ordinario, l’assistenza dello Spirito Santo al Pontefice in modo che non erri nella conduzione ordinaria universale della Chiesa, non solo dottrinalmente, ma anche nella Disciplina, nella Liturgia, nella prassi approvata, ecc… (oggetto secondario del Magistero infallibile). Assistenza indispensabile per far sì che la Chiesa non sia causa di conduzione delle anime nell’errore e nel male. Praticamente Gesù cadrebbe in un creduto errore molto diffuso tra i cattolici “sempliciotti” ignoranti in materia, che pensano che l’infallibilità ci sia solo quando un Papa definisce un dogma solennemente (vedi Immacolata Concezione, Assunzione di Maria, ecc…); Gesù, quindi, non saprebbe che anche gli insegnamenti definitivi del Magistero ordinario – in alcuni casi – sono da ritenersi dogmatici, e che persino una cosa sempre insegnata come prassi dalla Chiesa – TRADIZIONE – è dogma implicito. Nei “quaderni” o nei “quadernetti” (non ricordo esattamente, ma potete fidarvi della buona fede) Gesù parlerebbe delle altre religioni, e distinguerebbe (cito letteralmente): “le religioni rivelate”, ma noi sappiamo che solo una è la Religione Rivelata, quella vera! Le altre non sono rivelate, sono invenzioni umane. 
[5bb] In senso logico e cronologico –> cf. Ef 4,4-5; 11-16; 1Tm 3,15; 1Cor 13,4; Catechismo Maggiore, san Pio X, n° 150-151, 157, 167-168, 171, 225, 228, 864-867, 874, 889-891; Mystici Corporis, Pio XII; Satis Cognitum, Leo XIII;  Compendio della dottrina cristiana, Sant’Alfonso; S. Tommaso Aq., Quodlib, 10, art. 6. – in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; Tommaso Aq., 2a 2ae q. 11, art. 2 ad 5 – in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; Alfonso M. De Liguori Vescovo, cfr. Istruzione e pratica pei confessori, IV, I; cfr. Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna, IV, I; in IIam, IIae, q. XI a. 2; S. Tommaso Aq., Quodlib, 10, art. 6. – in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; S. Tommaso Aq., 2a 2ae q. 11, art. 2 ad 5 – in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; S. Alfonso M. De Liguori Vescovo, Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna, Cap. IV, I, 3; Pio IX, Concilio Vaticano I, Cost. Dogm. De Fide Cath.; S. Alfonso M. De Liguori Vescovo, Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna, Cap. XVIII, II, 18; Sant’Alfonso Maria de Liguori, Istruzione e pratica pei confessori, Cap. IV, I, 4-5; Pio IX, Concilio Vaticano I, Cost. Dogm. Pastor Aeternus; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo. 8; San Girolamo, Explanatio Symboli; San Tommaso d’Aquino, Compendio della Somma Teologica, LA FEDE, questione 4. Cfr. vol. 14 Sum. T.; Sant’Alfonso M. De Liguori Vescovo, Opera dogmatica: eretici pretesi riformati; Sant’Ireneo, Adv. haer., III, 24, 1; Sant’Ireneo, cfr. Adv. haer., III, 24, 2; S. Augustinus, De Haeresibus, n. 88; San Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, II_II, q. 2, art. 1; San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II_II, q. 4, art. 8; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo. Conclusione; San Cipriano, Canone Loquitur Dominus, 18; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo; San Leone Magno, Canone Ita Dominus, 7; San Tommaso d’Aquino, Compendio della Somma Teologica, LA FEDE, questione 11. Cfr. vol. 14 Sum. T.; San Tommaso d’Aquino, Compendio della Somma Teologica, LA FEDE, questione 5. Cfr. vol. 14 Sum. T.; Mt 5,37; Lc 11,23; Sant’Alfonso M. De Liguori Vescovo, Verità della fede, Cap. V, 7; Mt 18,15-18; Ef 4,4; Pio XI, enciclica Mortalium Animos; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo; Papa Marco, Canone Haec est fides, 14 (in realtà non è San Girolamo ma Papa Marco); Pio IX, enc. Quanto Conficiamur Moerore; S. Fulgenzio di Ruspe, De fide seu de regula fidei ad Petrum, 38, n. 81; Papa Eugenio IV, bolla Cantate Domino sull’unione con i copti e gli etiopi. Concilio di Firenze, 4 febbr.1442; Pio IX, enc. Quartus Supra, 9; Codex Iuris Canonici – 1917: Canone 2314; Catechismo Tridentino, 108-109; Les canons des Pères Grecs, ed. P. P. Joannou, P. Commissione per la redazione del Codice di diritto canonico orientale, Fonti, fasc. IX, Discipline générale antique, tom. II, Grottaferrata 1962. C. 1, 94-95; Sant’Alfonso M. de Liguori, Verità della Fede, Cap. VII, 5; San Cipriano, L’unità della Chiesa cattolica, 3, 4, 6, 7 e 23; San Cipriano, Epistola 4,4 e 73,21; Catechismo Tridentino, 103; San Pio X, Catechismo Maggiore, 866-868; San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II_II, q. 1, art. 10; San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, I, q. 57, art. 4; San Pio X, Catechismo Maggiore, 229; ecc ecc; decine di altre citazioni ed autori sono leggibili nelle note) [stesso discorso, presto compendiato in un testo, lo faremo anche quanto al rapporto fra il “Corpo mistico” e lo “scisma”] 
[25a] Da 30 Giorni (ediz. inglese, 30 Days) luglio-agosto 1988: “PACI: E se questo non accadesse? “LEFEBVRE: Roma resterebbe lontana dalla Tradizione. E sarebbe la fine della Chiesa. Poichè riconosco nel Papa il successore di Pietro, non sono uno che considera la Sede di Pietro vacante; non dico che questo Papa è un eretico. Ma le sue idee sono eretiche, e sono già state condannate dai precedenti pontefici, e conducono all’eresia. Vedendo come le autorità della Chiesa hanno agito sin dal Concilio, sembra che lo Spirito Santo si sia preso una vacanza.
[27] Lettera pastorale al Clero, Roma 1867, Arcivescovo di Westminster, mons. E.E. Manning