martedì 10 settembre 2013

Wikipedia l’arcitaliana: riscrive la storia di Trieste

Solo con un lavoro storico si è potuto fare correzioni: i limiti di un’enciclopedia fatta da tutti
 

Wikipedia: croce e delizia... ma ultimamente più croce che delizia, a giudicare dalla quantità di bufale ben impacchettate che vi si trovano. Per esempio alla voce “Trieste”, dove è stata messa insieme una ricostruzione in stile “Protocolli dei Savi di Francesco Giuseppe” che sembra ricalcare la faccenda dei “Protocolli dei Savi di Sion”. Anche nella loro completa falsità, naturalmente.
(Premessa: la questione di Trieste continua pure oggi a essere oggetto di dispute nazionalistiche, nonostante sia passato quasi un secolo dall’inizio della Prima guerra mondiale che portò la città, asburgica per 500 anni, a diventare italiana. Lo dimostrano il numero e il tono dei commenti anche ad articoli pubblicati da Linkiesta).

Ma torniamo a Wikipedia. Nel paragrafo “L’irredentismo e la prima unione all’Italia”, l’enciclopedia online scrive: «L’imperatore Francesco Giuseppe ordinò infatti una politica di “germanizzazione” e “slavizzazione” che andava contro gli Italiani che vivevano nel suo impero. Il sovrano ordinò: “si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione [Germanisierung oder Slawisierung] di detti territori [...], con energia e senza scrupolo alcuno”: così recitava il verbale del Consiglio della Corona del 12 novembre 1866. Il termine “Litorale” era impiegato nell’amministrazione asburgica per indicare la Venezia Giulia, quindi anche Trieste». Qualche riga più sotto si riportano notizie di violenze anti italiane, stabilendo un malizioso collegamento indiretto, quasi fossero state ispirate da questo ordine.
E poi ancora: «L’impero cercò inoltre di diffondere il più possibile scuole tedesche (esistevano scuole medie tedesche anche a Trieste, come in molte altre località limitrofe) od in alternativa slovene e croate, tagliando i fondi alle scuole italiane od anche proibendone la costruzione, proprio per cancellare la cultura italiana, così come avveniva negli stessi anni in Dalmazia». E inoltre: «Poiché all’interno della comunità ebraica triestina erano diffuse idee irredentiste e filoitaliane, le autorità imperiali cercarono anche di diffondere l’antisemitismo in funzione antirredentista ed antitaliana».
Wikipedia non usa le parole «genocidio» ed «etnocidio» che però vengono utilizzate da almeno un altro sito in un post con contenuto copia-incolla dal titolo “Il genocidio asburgico”. Il post in questione è del 2011, l’ultima modifica della voce “Trieste” nel momento in cui questo articolo viene scritto è recentissima, 5 settembre 2013, quindi non è possibile capire chi abbia copiato da qui. Certo che le analogie tra Wikipedia e un sito apertamente ipernazionalista sono inquietanti (uno degli amministratori ha come nick “Il Littore”, tanto per mettere le cose in chiaro). Peccato però che il tutto sia una bufala. Una sapiente ricostruzione basata su cose vere al fine di giustificare affermazioni false.
L’ha smascherata una storica italiana che vive a Salisburgo, Felicita Ratti. «Da brava dottoranda», scrive, «sono andata diligentemente a consultare i protocolli ministeriali presso la facoltà di Scienze della società e della cultura. Ho trovato i numeri relativi al gabinetto Belcredi e li ho letti attentamente, confrontandomi poi anche con gli studi che ho fatto e continuo a fare per le mie pubblicazioni. Si tratta sicuramente di misure molto dure, ma del tutto limitate alla sfera burocratica: parliamo di un “ordine imperiale” di favorire l’occupazione di cariche ufficiali, burocratiche o di possibile influenza sulla popolazione (quali maestri di scuola) da parte di persone che non subissero l’influenza “italiana”, cioè che non facessero propaganda per la riunione di tutte le terre di lingua romanza/neoromanza sotto il regno dei Savoia».
Attenzione alla data dell’ordine: è stato emesso il 12 novembre 1866 ovvero a pochi giorni di distanza da quando il Veneto e il Friuli austriaci erano stati annessi all’Italia (in ottobre) in seguito alla Terza guerra d’indipendenza. Quindi è tanto strano che uno stato non voglia nei propri uffici impiegati e funzionari che facciano propaganda per il nemico?
Di più: quest’ordine ribalta una direttiva più vecchia, data dal precedente cancelliere, il liberale Anton von Schmerling, sull’ordinamento elettorale che aveva come fine il favorire l’elemento italiano-urbano, rispetto a quello slavo-contadino. Più chiaro ora? Vienna, evidentemente per motivi sociali, decide di favorire la borghesia urbana italofona a scapito delle popolazioni rurali slovene e croate e, dopo una guerra persa contro l’Italia, si rimangia la decisione. Davvero tanto strano pure questo?
Non solo, come precisa Felicita Ratti: le direttive non furono applicate «se non in due casi dove pare di poter vedere un tentativo di dar seguito alla politica di controllo sulle possibili influenze italiane. Uno dei casi è lo sforzo di porre fine all’uso dell’italiano come lingua di trattativa ufficiale (in affari o a livello amministrativo e burocratico, così si traduce il concetto di Geschäftssprache) a Trieste, Gorizia ed in Istria. Nel punto successivo dell’ odg si evincono altri elementi interessanti: si discusse se applicare l’amnistia in seguito al trattato di pace al segretario del Consiglio comunale di Gorizia, Carlo Favetti, “pericoloso agitatore” e sudtirolese. Per molti, fra cui la suprema autorità distrettuale di Trieste, non era da amnistiare in quanto “pericolosissimo agitatore”, e dello stesso parere era il cancelliere, che era al corrente della sua militanza per un Sudtirolo italiano. Il ministro degli esteri era invece per la clemenza. Favetti fu poi però amnistiato nel febbraio del 1867 in seguito a richiesta del ministro della giustizia».
Tutto chiaro, quindi? Gli ordini, rivolti soltanto alla sfera burocratica, e non alla generalità degli italiani, vengono applicati in soli due casi: si invita a usare di più il tedesco negli uffici e non si vuole amnistiare un prigioniero politico che, invece, sarà amnistiato. Ecco qua la «politica di “germanizzazione” e “slavizzazione” che andava contro gli Italiani» denunciata da Wikipedia (italiani con la “i” maiuscola, che è pure scorretto, perché in italiano si scrivono con la maiuscola i popoli storici o quelli che non hanno uno stato – Romani, Goti, Gaelici, Occitani – mentre italiani, tedeschi, francesi si scrivono con la minuscola).
Anche le affermzioni di Wikipedia sulle scuole e sull’irredentismo ebraico sono da prendere con le molle. A Trieste non ci fu mai un liceo sloveno, infatti gli sloveni si iscrivevano al liceo tedesco e furono penalizzati quando questa scuola fu chiusa dagli italiani, nel 1918, per mai più riaprire. Esistevano invece scuole italiane di ogni ordine e grado, eccettuata l’università: Vienna, infatti, non concesse mai il permesso a un’università italiana (che comunque sarebbe stata a Trento, città ben più italofona di Trieste) perché temeva che sarebbe diventata un covo di irredentismo. È vero che buona parte dell’irredentismo triestino era costituito da ebrei (Italo Svevo è solo il più famoso), ma è anche vero che l’antisemtismo era diffuso in tutto l’impero (il sindaco di Vienna Karl Lueger era apertamente antisemita e prendeva voti per questo) e che mai ci fu un antisemitismo di stato (Francesco Giuseppe depose il suddetto Karl Lueger proprio perché antisemita, dopodiché i viennesi allegramente lo rielessero).
Quindi l’affermazione di Wikipedia secondo cui le autorità imperiali diffusero l’anitsemitismo a Trieste in funziona anti irredentista è del tutto campata in aria. Conclude Felicita Ratti: «Insomma, dopo un po’ di lavoro appare che non solo non vi fu genocidio (se no, perché non cominciare con Favetti?), ma che perfino le misure di controllo dell’italianità furono accantonate».
Forse, al contrario, bisognerebbe rendere più attive le misure di controllo su Wikipedia, altrimenti più che di storia in rete dobbiamo parlare di bufale in rete.