sabato 7 settembre 2013

Sulla Perpetuità ed Invariabilità della Chiesa (anche in caso di sede vacante)

PERPETUITÀ ED INVARIABILITÀ DELLA CHIESA, SULLA POSSIBILITÀ DELLA SEDE VACANTE
 
Sulla Perpetuità ed Invariabilità della Chiesa, così l’Ab. Barbier: « Quand’anche noi medesimi o un Angelo dal Cielo – scriveva S. Paolo ai Galati – vi annunziasse un Vangelo differente da quello che vi abbiamo predi­cato, non dategli retta e sia anatema » — Sed licet nos, aut angelus de coelo evangelizet vobis praeter quam quod evangelizavimus vobis, anathema sit (Gal. I, 8). Ecco la regola di fede che ci dà l’Apostolo:
… se compare in qualsiasi luogo un nuovo dogma, lo si esamini per vedere se è conforme alla dottrina cattolica, predicata sul principio da S. Paolo e dagli altri Apostoli; se in qualche punto discordi, lo si tenga come eresia e si rigetti. Tutti i Padri e la Chiesa intera seguirono e seguono questa regola, insegna l’Ab. Barbier nel prezioso volume primo de I Tesori di Cornelio ALapide.
S. Ireneo dice (Contra Haeres. lib. Ili) :
Se sorge disputa intorno ad un articolo di dottrina, non si dovrà forse ricorrere alle Chiese antiche, e ricavare da loro come decidere la questione?
Ora, abbiamo già compreso in altri studi cosa è la Tradizione e cosa si deve tenere quando taluni sogliono sostenere, come se innanzi vi fossero solo interlocutori  impreparati, che “certi documenti vanno letti alla luce della tradizione“.
Dinanzi a tanto relativismo probabilmente si può parlare di insulto alla retta ragione, poiché non è l’uomo che deve o può leggere alla luce della Tradizione, ma è la Tradizione che si fa leggere dall’uomo, così come è sempre stato nel cattolicesimo, sin dal principio per evitare che fossimo “come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini” (Ef 4,14).; e visto che la nostra fede è dogmatica e non è soggetta all’arbitrio interpretativo del singolo, è una fede certa e già ampiamente rivelata, interpretata, spiegata ed insegnata. 
Non è il documento che va letto alla luce di qualcosa (es. la Tradizione), ma è la luce stessa (es. la Tradizione) che emerge sfolgorante dal documento … ed insegna, guida, tramite Pietro che “scioglie e lega“. Come deve operare Pietro, e la Chiesa ce lo ha spiegato più volte, lo abbiamo studiato qui: L’INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA E DEL PAPA: MAGISTERO UNIVERSALE E ORDINARIO , ma in seguito approfondiremo.
Il luterano, e lo vedremo, interpreta (Libero esame) alla luce di qualcosa di indefinito, di quella che secondo lui è “la tradizione”, mentre il cattolico odierno ha poco da interpretare (ancor più perché ci hanno già pensato i veri padri, dottori, papi e santi in XX secoli). Sorge il problema della presunta interpretazione (come oggi è intesa) solo in alcuni casi (eterodossi). Quando? Ce lo insegna Pio VI, in Auctorem Fidei
Se questa involuta e fallace maniera di dissertare è viziosa in qualsiasi manifestazione oratoria, in nessun modo è da praticare in un Sinodo, il cui primo merito deve consistere nell’adottare nell’insegnamento un’espressione talmente chiara e limpida che non lasci spazio al pericolo di contrasti [alias interpretazioni]”.
E di quale viziosa, involuta e fallace maniera di dissertare sta parlando qui Pio VI? Di quella degli eretici o dei mentecatti ambigui, ovvio:
“[...]l’arte maliziosa propria degli innovatori, i quali, temendo di offendere le orecchie dei cattolici, si adoperano per coprire sotto fraudolenti giri di parole i lacci delle loro astuzie, affinché l’errore, nascosto fra senso e senso (San Leone M., Lettera 129 dell’edizione Baller), s’insinui negli animi più facilmente e avvenga che – alterata la verità della sentenza per mezzo di una brevissima aggiunta o variante – la testimonianza che doveva portare la salute, a seguito di una certa sottile modifica, conduca alla morte [...] Però se nel parlare si sbaglia, non si può ammettere quella subdola difesa che si è soliti addurre e per la quale, allorché sia stata pronunciata qualche espressione troppo dura, si trova la medesima spiegata più chiaramente altrove, o anche corretta, quasi che questa sfrenata licenza di affermare e di negare a piacimento, che fu sempre una fraudolenta astuzia degl’innovatori a copertura dell’errore, non dovesse valere piuttosto per denunciare l’errore anziché per giustificarlo: come se alle persone particolarmente impreparate ad affrontare casualmente questa o quella parte di un Sinodo esposto a tutti in lingua volgare fossero sempre presenti gli altri passi da contrapporre, e che nel confrontarli ognuno disponesse di tale preparazione da ricondurli, da solo, a tal punto da evitare qualsiasi pericolo d’inganno che costoro spargono erroneamente. È dannosissima quest’abilità d’insinuare l’errore che il Nostro Predecessore Celestino (San Celestino, Lettera 13, n. 2, presso il Coust) scoperse nelle lettere del vescovo Nestorio di Costantinopoli e condannò con durissimo richiamo. L’impostore, scoperto, richiamato e raggiunto per tali lettere, con il suo incoerente multiloquio avvolgeva d’oscuro il vero e, di nuovo confondendo l’una e l’altra cosa, confessava quello che aveva negato o si sforzava di negare quello che aveva confessato”(Ibid.).
Tuttavia, per dubbi atroci, rimando il lettore agli approfondimenti: 
Tertulliano notava che:
bisogna vedere in quello che gli Apostoli hanno predicato, quello che fu loro da Gesù Cristo rivelato, e tenervisi; niente si deve ricevere se non per mano di quella Chiesa che fu dagli Apostoli fondata. Ogni dottrina che concorda con la fede della Chiesa apostolica, con la fede delle antiche Chiese madri, è una dottrina vera; ogni altra che se ne scosta o vi si oppone, è errore e menzogna. Quello, che fu annunziato fin dal principio, proviene dal Signore ed è là verità; quello che è venuto dopo e che non concorda con quei primi insegnamenti, è straniero e falso (De Prae script.).
Origene sentenzia recisamente che:
« si deve considerare come eretico, chi fa professione di credere a Cristo, e intanto tiene intorno alla verità della fede una credenza diversa da quella definita dalla tradizione della Chiesa » - Haereticus habendus est omnis ille, qui Christo quidem emioni su pii» fltetur, aliud tamen de fìdei veritate credit, quam liabet definito traditionis Ecclesiae (In Matth. hom. XIX).
Si potrebbero benissimo rivolgere a Lutero, a Calvino ed a tutti gli altri eresiarchi, quelle parole che troviamo in una lettera di S. Ge­rolamo a Pammacchio :
« Perchè vi adoperate voi a insegnarci, dopo quattrocent’anni, quello che non abbiamo mai udito predicare? Il mondo è stato cristiano fino ad ora senza questa vostra dottrina » - Cur post quadrigentos annos docere niteris quod ante nescivimus? Usque in hunc diem sine illa vestra doctrina, cliristianus mundus fuit.
Che cosa si deve credere e tenere come dottrina della Chiesa cattolica?
« Quello, risponde il Lirinese, che fu creduto da tutti, in tutti i tempi e in tutti i luoghi; perché questo è veramente e propriamente cattolico » - Id teneamus quod ubique, quod semper, quod ab omnibus traditium est; hoc est enim vere proprieque catholicum (Praescript. adv. haeres, c. XII).
L’antichità e l’universalità della dottrina – dice il Barbier – hanno da esserci di norma: ecco perchè il grande Apostolo ci avverte di non prestar fede neppure a un Angelo, quand’esso ci annunciasse dottrina diversa da quella predicata in principio. Inveendo contro l’impera­tore Leone l’iconoclasta, S. Giovanni Damasceno esclama:
Ascoltate, popoli, tribù, uomini, donne, ragazzi, giovani, vecchi, nazione santa di cristiani: se alcuno vi annunzia cosa contraria a quello che la Chiesa cattolica ha ricevuto e conserva come tramandato dai santi Apostoli, dai Padri e dai Concili, non porgetegli orecchio, non date retta al diabolico consiglio suo, perchè non avvenga a voi come ad Eva che, sedotta dal serpente, incontrò la morte. Sia egli un Angelo, sin, un re quegli che insegna diversamente dalla Chiesa cattolica, fug­gitelo, e sia anatema (lib. II, De imag.).
La Chiesa romana non si è scostata mai da norme così savie… Ai tempi di Donato, S. Agostino abbatteva Gaudenzio con questo terribile dilemma:
Ditemi in grazia, è morta la Chiesa, o no? Se è morta, qual è la Chiesa che ha dato alla luce Donato? Se non è morta, che pazzia è questa mai di Donato di volerne stabilire una? (Contra Gaud. lib. II, c. 8). Lo stesso ragionamento può ripetersi contro tutte le sedicenti Chiese, questo è quanto il Barbier sostiene.
Cosa ci dice l’Abbé Barbier?
La vera fede e la vera Chiesa sono talmente inseparabili, che se intorno ad un solo punto, quello p. es. dell’invocazione dei Santi, la Chiesa si allontanasse dalla vera fede, sarebbe necessariamente ere­tica, cesserebbe sul fatto di essere la Chiesa di Dio e diventerebbe la Chiesa di Satana; a quel modo che una persona, la quale erra su di un articolo qualunque di fede, non è più ortodossa, ma eretica, benché intorno a tutti gli altri punti senta con gli ortodossi.
Difatti anche Sant’Alfonso conferma questo ovvio e necessario principio di diritto divino, ma visto che c’è qualcuno che dicesi cattolico ma ancora nega queste verità elementari di fede, è bene rinfrescare le memorie.
Fosse anche un Papa ad allontanarsi – nel governo – con pertinacia da una verità di fede rivelata, a questi un concilio detto imperfetto (o un conclave) può solo ratificare (o dichiarare) che egli è stato privato di ogni giurisdizione. Nella versione del testo Verità della Fede [Volume primo, Giacinto Marietti, Torino, 1826, alla pagina 142] si leggono le parole del santo Dottore:
La seconda cosa certa si è, che quando in tempo di scisma si dubita, chi fosse il vero papa, in tal caso il concilio può esser convocato da’cardinali, e da’ vescovi; ed allora ciascuno degli eletti è tenuto di stare alla definizione del concilio, perchè allora si tiene come vacante la sede apostolica. E lo stesso sarebbe nel caso, che il papa cadesse notoriamente e pertinacemente in qualche eresia. Benché allora, come meglio dicono altri, non sarebbe il papa privato del pontificato dal concilio come suo superiore, ma ne sarebbe spogliato immediatamente da Cristo, divenendo allora soggetto affatto inabile, e caduto dal suo officio. [Maggiori approfondimenti in questo studio: SULLA NECESSITÀ DELL’INFALLIBILITÀ DEL PONTEFICE E SULLA CONDANNA DELLA COLLEGIALITÀ .
Io dunque così ragiono, dice il Barbier: Quando comparve Calvino, o la Chiesa era mancata (sostiene lui), ovvero no ... posto che fosse mancata, e fin dai tempi di S. Gregorio Magno, secondo che vogliono i novatori, ne viene di conseguenza essere il mondo stato privo per novecent’anni di religione, di sacramenti, di Chiesa, di mezzi di salute: in quest’ipotesi Gesù Cristo ha abbandonato la sua Sposa, cessò il suo regno eterno, per conseguenza le porte dell’inferno hanno prevalso contro la Chiesa nonostante la solenne ed esplicita parola del Redentore; dunque Gesù Cristo ha mentito. Allora Calvino nacque fuori della Chiesa, non è mai stato uno de’ suoi membri, ma un infedele, un pagano; non avrebbe dovuto dunque essere ricevuto e ascoltato come fedele dal popolo e dal mondo, ma essere piuttosto disprezzato e ri­gettato come non appartenente alla Chiesa. Se al contrario la Chiesa non era mancata, se Calvino nacque, fu battezzato, allevato ed istruito nella sincera fede e nella vera Chiesa, egli è divenuto apostata. Per conseguenza, istituendo una Chiesa riformata, non ha stabilito la vera Chiesa, la Chiesa apostolica, ma una Chiesa d’apostasia, di scisma, d’eresia...
« In Dio, dice S. Giacomo, non vi può essere cangiamento, nè al­ternativa di adombramento » — Apud quem non est transmutatio, nec vicissitudinis obumbratio (Iac. I, 17).
Tale è anche la Chiesa, alla quale convengono quelle magnifiche parole d’Isaia:
« Guardate Sionne, la città delle nostre feste: gli occhi vostri vedranno Gerusa­lemme, il soggiorno dell’abbondanza, la tenda inamovibile; i piuoli che la tengono infitta al suolo non saranno mai strappati, nè si lo­goreranno le funi che insieme la legano » — Respice Sion, civitatém solemnitatis nostrae: oculi tui videbunt Ierusalem, habitationem opulentam, tabernaculum quod nequaquam transferri poterit; nec auferentur davi eius in sempiternum, et omnes funiculi eius non rumpentur (Is. XXXIII, 20).
« Sì, il Signore del Cielo susciterà un regno che non sarà mai distrutto, ma durerà eterno » — Suscitabit Deus coeli regnum, quod in aeternum non dissipabitur, ipsum stabit in aeternum (Ib. II, 44). « Ed egli medesimo (il Signore Iddio), soggiunge Michea, regnerà su la sua Chiesa per tutti i secoli » — Et regnabit Deus super eos in monte Sion, ex hoc nunc et usque in saeculum (Mich. IV, 7).
Ancora il Barbier:
... ci dicano, i protestanti, quando ebbe principio la Chiesa romana, ci accennino l’autore della religione cattolica, c’indichino' l’epoca ed il luogo in cui diede i suoi primi passi. Dov’erano trecent’anni fa le Chiese dei luterani, dei calvinisti? In nessun luogo; ma la Chiesa ro­mana già esisteva.
Essa esisteva prima che avessero vita Ario, Nestorio, Cerinto, Ebione, Simon Mago, e noi sfidiamo gli avversari a segnare il principio della Chiesa romana in un tempo posteriore a quello degli Apostoli... [...]  Le sette riboccano di mutamenti a tal segno da fare una confusione, un orribile caos. Oggi è una formula di fede, domani un’altra, e se ne videro anche pullulare parecchie nello stesso tempo:
quasi che quello che era ieri verità di fede non dovesse più esserlo oggi, perchè sono mutati i tempi e gli interessi. E donde questa infi­nità di variazioni, se non da ciò che appena sottrattisi all’autorità della Chiesa e impugnatene le decisioni, gli eretici, non ebbero più regola sicura da seguire? Essi si dànno in balìa à tutti i traviamenti del loro spirito individuale e diventano guide a se medesimi. Tutti i settari, antichi e recenti, hanno volto la Scrittura a differenti interpretazioni, secondo il particolare disegno di religione foggiatosi in mente, e tutti hanno vicendevolmente condannato queste spiegazioni.
I   calvinisti, per esempio, rigettano l’interpretazione degli ariani, che guardano come eretici; ma chi non vede che per la ragione medesima dovrebbero condannare la loro propria, perchè non sono nè più illu­minati, nè più infallibili degli ariani? E se, come pretendono i calvi­nisti, ognuno ha incontestabile diritto d’interpretare la Scrittura, gli ariani l’aveano dunque al pari dei calvinisti. Perciò i protestanti e gli eretici, qualunque siano, sono costretti, in forza del loro principio, e a condannare la loro propria interpretazione della Scrittura, e ad approvare quella degli ariani, essendo l’autorità ed il diritto uguali da ambe le parti.
Dopo di aver disprezzato la testimonianza dei più celebri Dottori, gli eretici s’avvidero ad un tratto che non potevano sostenere i loro dogmi senza fare violenza alla parola di Dio; e costretti a gettarsi in quest’estremo abisso, ben chiaramente diedero a divedere quanto fosse cattiva e insostenibile la loro causa. Nessun’altra cosa infatti li spinse a chiamare apocrifi e a far credere tali parecchi libri canonici, se non la disperazione in cui erano di poterli pure una volta torcere a senso dei loro errori. Perchè i manichei rifiutavano il Vangelo di S. Matteo e gli Atti Apostolici, se non perchè i loro princìpi li porta­vano a credere che Gesù Cristo non era nato dalla Vergine e che lo Spirito Santo non era disceso sui fedeli, se non allora che l’empio Manete, loro maestro e paracleto, comparve sulla terra? Perchè gli ebioniti rigettavano le Epistole di S. Paolo, se non perchè volevano ristabilire l’uso della circoncisione, condannato dall’Apostolo? Perchè parla Lutero così insolentemente dell’Epistola di S. Giacomo, che non si vergogna di chiamarla semenzaio di liti, cosa vuota, vana, ignobile al pari del fango e del concime, e da capo a fondo, indegna dello spi­rito apostolico? Non c’è bisogno di grande studio per comprendere, che a ciò lo obbliga il principio da lui difeso contro la dottrina del­l’ammirabile Apostolo, che la fede sola senza le opere basta a giusti­ficare l’uomo. Perchè i seguaci di quest’eresiarca, e i rampolli della sua setta cercano di espellere dal canone delle Scritture sante Tobia, Ecclesiastico e vari altri libri? Perchè sta in essi scritta a caratteri cubitali la loro condanna, e vi sono apertamente convinti d’errore in ciò che riguarda la protezione degli Angeli, il libero arbitrio, il Pur­gatorio, l’intercessione dei Santi.
Se io domando a loro, aggiunge il padre Campion, con qual diritto s’arrogano di troncare e correggere le Scritture, essi mi rispondono che conservano con rispetto le vere Scritture, separandole dalle false e supposte. L’intenzione è buona, ma su quale autorità fondano essi questa distinzione, e chi ne è giudice? — Lo Spirito Santo, essi ripi­gliano : ed ecco in che modo Calvino cerca di eludere il giudizio della Chiesa, alla quale solamente s’appartiene d’esaminare e discernere gli spiriti. Ma lo Spirito Santo è uno solo; ora donde avviene che es­sendo in tutti il medesimo spirito, vanno così poco d’accordo nei loro sentimenti e si guerreggiano del continuo?
Lo spirito di Lutero non fa buon viso a sei Epistole canoniche, lo spirito dii Calvino le guarda di buon occhio; eppure hanno tutti e due lo stesso maestro, e questo, a detta loro, è niente meno che lo Spirito Santo. Gli anabattisti ridono del Libro di Giobbe, come d’una favola, d’una vera commedia. Castaglione giudica canzone d’amore il sacro Cantico de’ Cantici, dove sono espressi, in simboli e figure sensibili, le più tenere comunicazioni dell’anima con Dio, della Chiesa, Sposa di Gesù Cristo:, col suo divino Sposo. Chi loro inspira questo linguaggio? Lo Spirito Santo. Ecco in qual modo questi riformatori dividono lo Spirito Santo, e gli fanno dire tutto ciò che passa loro pel capo. Ma lo Spirito Santo, il quale è Dio di verità, non può inspirare contraddi­zioni : resta pertanto che sia lo spirito di errore, il genio del male.
Il  decadimento e la rovina di tutte le sette provano la loro falsità.
Niente infatti mette più in aperto la falsità d’una religione, quanto la sua caduta; poiché la vera religione di Dio, la vera Chiesa di Gesù Cristo deve rimanere incrollabile ed invariabile fino alla fine de’ se­coli, come per l’appunto disse un fariseo di nome Gamaliel, dottore della legge e rispettato da tutto il popolo. Levatosi infatti costui in seno al concilio in cui si deliberava di mettere a morte gli Apostoli che predicavano Gesù Cristo, disse loro:
« Uomini israeliti, badate bene a quello che siete per fare riguardo a questi uomini. Poiché pri­ma di questi giorni scappò fuori Teoda, dicendo sé essere qualche cosa, cól quale s’associò un numero di circa quattrocento uomini, il quale fu ucciso, e quelli che gli credevano furono dispersi e ridotti a niente. Dopo questo, venne fuora Giuda il galileo nel tempo della descrizione, e si tirò dietro il popolo, ed ancora perì, e furono dissipati tutti quanti i suoi seguaci. E adesso io dico a voi : Non toccate questi uomini e lasciateli fare; perchè se questo pensiero e quest’opera viene dagli uomini, sarà disfatta. Se poi ell’è da Dio, non potrete disfarla; non ponete adunque incaglio, affinchè non sembri che ve la pigliate anche contro Dio » (Act. V, 34-39).
Il consiglio seguì questo saggio av­viso. Contro l’opera di Dio nulla valgono gli uomini. Ecco perchè la religione romana non ha mai cessato nè cesserà mai d’esistere. Al contrario tutte le sette, le quali non sono che l’opera dell’uomo inspirata dal diavolo, cadono da se medesime. Che cosa sono divenute e che cosa divengono tutte le eresie? Dopo di aver durato qual più qual meno, levato di sè maggiore o minor rumore, e subito o molte o poche fasi, la morte infine le aspetta e prostra. Esse soccombono, perchè non sono creazione del Dio dell’immortalità e della vita.
Aggiunge il Barbier:
La Chiesa cattolica, apostolica, romana rimase invariabile da Gesù Cristo in qua per la sua unità nella fede, nei sacramenti, nelle sue leggi, nel’ suo capo. Ella ha veduto succedersi alla sua testa una non interrotta genealogia di sommi Pontefici e di vescovi; noi ne siamo certi per le storie e per i monumenti autentici che ci notano la succes­sione dei primi pastori non solamente di secolo in secolo, ma di anno in anno.
E non importa se si è talvolta protratta per mesi ed anche per anni l’elezione di un nuovo Papa, o se sorsero antipapi; l’inter­vallo non distrugge la successione, perchè allora il clero ed il corpo dei vescovi sussiste tuttavia nella Chiesa, con intenzione di dare un successore al defunto Pontefice non appena le circostanze lo permettano.
Il concilio di Costanza - ricorda il Barbier - dichiara eretico colui che intorno agli articoli di fede pensa diversamente da quello che insegna la Chiesa di Roma. Il Liguori dice essere pienamente convinto, che coloro i quali sostengono che qualunque romano Pontefice può sbagliare ne’ suoi decreti su la fede, recano nella Chiesa la peste e la rovina; e la storia prova che quelli i quali resistettero superbi ai decreti della santa Sede, cominciarono con lo scisma, finirono nell’eresia.
Appoggiati a tutte queste ragioni, il Suarez (Lib. Ili, de Fid. defen.), il Bannez ed il Bellarmino (lib. IV, de Pontif. rom. c, II) dichiarano l’infallibilità del Papa quasi dogma di fede, e dicono erroneo e prossimo all’eresia il sentimento contrario. Eccetto i gallicani, che sono pochissimi, tutti i vescovi in generale riconoscono l’infallibilità del Papa.
San Pio X riassume questa verità di fede nel Catechismo Maggiore:
115. La Chiesa docente può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio? 
La Chiesa docente non può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio: essa è infallibile, perchè, come promise Gesù Cristo, “lo Spirito di verità” * l’assiste continuamente. * Giov., XV, 26
116. Il Papa, da solo, può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio? 
Il Papa, da solo, non può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio, ossia è infallibile come la Chiesa, quando da Pastore e Maestro di tutti i cristiani, definisce dottrine circa la fede e i costumi.
117. Può altra Chiesa, fuori della Cattolica-Romana, essere la Chiesa di Gesù Cristo, o almeno parte di essa? 
Nessuna Chiesa, fuori della Cattolica-Romana, può essere la Chiesa di Gesù Cristo o parte di essa, perchè non può averne insieme con quella le singolari distintive qualità, una, santa, cattolica e apostolica; come difatti non le ha nessuna delle altre Chiese che si dicono cristiane.
122. Che significa ” comunione dei santi ” ? 
Comunione dei santi significa che tutti i fedeli, formando un solo corpo in Gesù Cristo, profittano di tutto il bene che è e si fa nel corpo stesso, ossia nella Chiesa universale, purché non ne siano impediti dall’affetto al peccato.
124. Chi è fuori della comunione dei santi? 
E’ fuori della comunione dei santi chi é fuori della Chiesa, ossia i dannati, gl’infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.
127. Chi sono gli eretici? 
Gli eretici sono i battezzati che si ostinano a non credere qualche verità rivelata dà Dio e insegnata dalla Chiesa, per esempio, i protestanti.
128. Chi sono gli apostati? 
Gli apostati sono i battezzati che rinnegano, con atto esterno, la fede cattolica già professata.
Nel Codice di Diritto Canonico del 1917 si legge:
“ Tutti gli apostati dalla fede Cristiana, e tutti gli eretici e scismatici: sono ipso facto scomunicati … Il Delitto di Eresia: procura una scomunica ipso facto. Questa basilare scomunica è la pena incorsa da tutti gli eretici… Un eretico… è in tal modo incorso nella scomunica ed ha perso la appartenenza alla comunione generale di quella società (la Chiesa)“.
Ma allora, alcuni dicono, i papi del passato che potevano sembrare eretici? No, risponderemo, ogni singolo caso è stato ampiamente studiato, per esempio da Sant’Alfonso, e nel breve studio DA SANT’ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI AL “VESCOVO DI ROMA” FRANCESCO è tutto ben spiegato, basta avere solo la buona volontà di studiare.
E allora le crociate, l’inquisizione, la pedofilia, il caso Galileo, ecc … altri subito citano. Beh, vuol dire che non si conoscono neanche le basi della fede cattolica e mi meraviglio che molti di questi sobillatori siano anche coniugati, il che prevede la Confermazione e quindi la conoscenza basilare della dottrina cattolica (diff. Chiesa <–> uomo di Chiesa). Comunque in questo studio è tutto ampiamente esposto: DALL’INQUISIZIONE ALLA PEDOFILIA. BREVE DIFESA DELLA CHIESA DALLE FALSE ACCUSE.
E il caso, invece, di papa Alessandro VI che praticava la “simonia”? Alcuni dicono, non è forse la “simonia una eresia” che dovrebbe, quindi, rendere invalida l’elezione, poiché noi sappiamo essere certo che un pontefice non può essere pertinacemente eretico né prima (ante electionem) e né durante il papato? Sebbene l’Aquinate annovera la simonia nei peccati di irreligiosità e quindi la considera un’eresia (S. Th. II-II, q. 100, a. 1), poi ci dice anche che «Il Papa può incorrere nel peccato di simonia, come qualsiasi altro uomo» (ad 7um). Difatti San Pio X nella “Vacante Sede Apostolica del 25 / 12 / 1904, num. 79, dispone che “la eventuale pattuizione simoniaca la quale venisse fatta intorno all’elezione del Papa non comporta la sua nullità“. In questo caso ci troviamo difronte ad una Costituzione Apostolica (di Papa San Pio X) che vincola dogmaticamente e ha valore giuridico universale, implica quindi  certamente l’infallibilità. Solo i gallicani e pochi altri eretici sostengono il contrario. 
Ora cercherò di sintetizzare all’osso e di semplificare al massimo, tuttavia per approfondimenti dettagliati e citazioni è possibile porre precise domande nei commenti.
L’impedimento stabilito da Giulio II per un eletto simoniaco era ovviamente di diritto ecclesiastico, altrimenti San Pio X avrebbe errato nel riformarlo o rimuoverlo. 
E’ di DIRITTO DIVINO (quindi IRREFORMABILE) che per essere eletto validamente al Papato un uomo deve essere membro della Chiesa Cattolica (cf. San Bellarmino, Sant’Alfonso, Card. Billot, ecc). Se non lo è l’elezione è nulla, venisse anche accettata da tutti. [Esempio: così come se un prete celebrasse con un'ostia di cioccolata bianca: venisse anche fatta l'adorazione eucaristica da TUTTA la Chiesa in una piazza immensa, quella rimane cioccolata, non è Corpo di Cristo]. Questa è dottrina cattolica e dobbiamo essere d’accordo. 
Di DIRITTO DIVINO se un uomo è eretico veramente (quindi non materialmente o per ignoranza, ma per SCELTA consapevole di aderire all’errore), quindi dicevamo se la sua eresia è manifesta non è membro della Chiesa; per DIRITTO DIVINO, lo è necessariamente anche senza la scomunica e prima della scomunica, la quale, SE E QUANDO ARRIVA, aggiunge un provvedimento esclusivamente di diritto ECCLESIASTICO. Su queste distinzioni vedasi Mystici Corporis di Pio XII (distingue tra chi esce dalla Chiesa da se stesso tramite eresia, scisma o apostasia e chi ne è cacciato fuori dall’Autorità, dunque diritto ecclesiastico, cioè tramite la scomunica). Nel primo caso, invece, Pio XII dice chiaramente “secondo l’ordine di Dio”, si parla di Diritto Divino:
In realtà, tra i membri della Chiesa bisogna annoverare esclusivamente quelli che ricevettero il lavacro della rigenerazione, e professando la vera Fede, né da se stessi disgraziatamente si separarono dalla compagine di questo Corpo, né per gravissime colpe commesse ne furono separati dalla legittima autorità. “Poiché — dice l’Apostolo — in un solo spirito tutti noi siamo stati battezzati per essere un solo corpo, o giudei o gentili, o servi, o liberi” (I Cor. XII, 13). Come dunque nel vero ceto dei fedeli si ha un sol Corpo, un solo Spirito, un solo Signore e un solo Battesimo, così non si può avere che una sola Fede (cfr. Eph. IV, 5), sicché chi abbia ricusato di ascoltare la Chiesa, deve, secondo l’ordine di Dio, ritenersi come etnico e pubblicano (cfr. Matth. XVIII, 17). Perciò quelli che son tra loro divisi per ragioni di fede o di governo, non possono vivere nell’unita di tale Corpo e per conseguenza neppure nel suo divino Spirito.
Quanto alla simonia, perché un uomo dovrebbe essere per forza ateo commettendo quel grave peccato? Magari è PARAGONABILE all’ateismo, ma non è detto che sia ateismo; concludere ciò sarebbe una forzatura. Mi spiego: non è che se un Papa pecca, anche mortalmente, posso dire: “se credesse in Dio non commetterebbe questo peccato perché sa che è una cosa assurda farlo, dunque non crede in Dio”. No! Perché avere la fede non significa necessariamente OBBEDIRE a quello che la fede ti dice di fare. Un uomo può credere in Dio e disobbedirgli per corruzione morale; dunque un uomo, per attaccamento disordinato grave al potere, perché moralmente molto corrotto, può accettare di essere eletto per simonia, pur sapendo che pecca mortalmente. Quanta gente pecca pur sapendo di peccare?
Si può dire che c’è la PROBABILITA’ che uno sia anche ateo, per tornare al ragionamento che fa San Pio X, ma non la certezza IN ASSOLUTO. Allora probabilmente si capisce perché Giulio II ha stabilito esclusivamente di DIRITTO ECCLESIASTICO, che l’elezione sarebbe nulla; e si capisce anche perché San Pio X si è permesso di annullare tale provvedimento, in quanto appunto era annullabile. A mio avviso è stato anche saggio, perché avrebbe potuto creare problemi ai papi in quanto, in caso di minimo dubbio o anche di accusa calunniosa di simonia, avrebbe sollevato in tutti il dubbio circa la legittimità dell’autorità dei papi.
Ma se un uomo fosse CERTAMENTE ATEO (quindi non per “ragionamento indiretto”, bensì perché lo manifesta chiaramente), noi avremmo la certezza per DIRITTO DIVINO che quello non è un membro della Chiesa (lo abbiamo visto prima citando il Catechismo Maggiore), e quindi che non è nemmeno Papa.
Quanto alla continuità apostolica, abbiamo poche righe sopra riportato l’opinione del Barbier; ma cosa dice la dottrina cattolica sulla eventualità di una sede vacante anche molto prolungata?
Semplice: finché c’è la POSSIBILITA’ di tornare ad eleggere un vero Papa, la successione apostolica non è interrotta. Ed in caso di problemi come scismi, cataclismi, guerre, o qualsiasi altro caso in cui non si abbia più nemmeno la certezza di chi siano i veri cardinali, dove siano o quanti siano, ecc… la Chiesa può eleggere un Papa tramite concilio imperfetto dei vescovi (rimasti cattolici se il caos fosse causato da un problema di scisma – rimasti in vita e cattolici se il caos fosse provocato da un cataclisma o da una guerra, ecc…), imperfetto perché senza Papa. La Chiesa in tale concilio avrebbe solo il potere di eleggere il suo Capo
Infine, quanto al sacerdozio e all’ordine sacro: Pio XII dice chiaramente (in 3 differenti documenti ribadisce anche la differenza e l’indipendenza che v’è fra ordine e giurisdizione) che se anche venisse eletto un laico, prima dell’ordinazione, riceverebbe già la potestà di Papa o giurisdizione, con tutti i carismi annessi e connessi, inclusa l’infallibilità; è comunque necessaria la volontà che questi sia disposto a farsi ordinare Vescovo (dunque a ricevere l’ordine sacro in un dato tempo).
Ora, nell’odierna situazione è certo che qualcosa non va, lo è perché la fede che oggi viene trasmessa (dal Concilio Vaticano II in avanti) è differente dalla fede contenuta nel depositum che si è sempre insegnata da San Pietro fino al 1958. La situazione attuale è ambigua, ma non in se stessa (poiché è chiara la frattura) quanto piuttosto in base alla conoscenza più o meno approfondita che la gente ha di questi argomenti. In base alla conoscenza media, o meglio che volutamente è stata resa mediocre, la situazione rimane ambigua, quindi comprendo che in questa sede si può solo risolvere il problema per ipotesi, sganciandoci dall’applicazione storica presente.
Tornando al Barbier, “A QUAL PATTO DIO PROMISE L’INFALLIBILITÀ AI PRIMI PASTORI“?
- la prima di queste sarà forse che i detti pastori, chiamati a decidere di tutte le controversie in ultimo appello, siano tutti santi? Ma in questo caso Gesù Cristo non avrebbe provveduto a nulla, perché consistendo la santità nel cuore, dove nessuno quaggiù può giudicare, noi non potremmo sapere mai chi sia santo, e chi no: uno pare gran santo ed è finissimo ipocrita. Se dunque fosse necessaria questa condizione, sempre dubbiosa sarebbe la nostra fede;
- la seconda. Si richiederà forse che siano tutti arche di scienza? Ma i fedeli dovrebbero essere ancora più sapienti per giudicare se quelli lo siano e qual grado di scienza ci voglia per ben decidere. Questo, da parte di Gesù Cristo, sarebbe stato un procurare la stabilità della fede, o non piuttosto un renderla incertissima?
- la terza. Sarà a patto che abbiano tutti una diritta intenzione e non operino che spinti da motivi puri e soprannaturali? Ma chi penetrerà nel segreto della mente, chi scandaglierà l’abisso del cuore? Ed ecco di nuovo incertezza e dubbio, invece di saldezza e sicurezza.
- la quarta. Sarà necessario che vi concorra il voto di tutti i Vescovi? Allora sarebbe inutile questo dono di Gesù Cristo alla sua Chiesa, perché non si potranno mai radunare tutti quanti i vescovi, nè materialmente in persona, nè moralmente in una sola sentenza; qualcheduno vi si troverà sempre di parere contrario.
- la quinta. Sarà almeno a condizione che siano sbanditi da tali assemblee gli intrighi, le cabale, le brighe? Oltreché sarebbe questo un pretendere da Dio un miracolo non necessario, poco con ciò si provvederebbe alla conservazione del deposito della fede, perché nessuno non potrebbe cavare di mente ai più restii e procaci che non vi sono stati raggiri e cabale all’aperto, e numerose ve ne furono però in segreto e di soppiatto, e gli eretici condannati, non mancherebbero d’afferrarsi a quest’appiglio.
la sesta. Bisognerà che il giudizio di ciascun vescovo sia stato preceduto da un esame scrupoloso, in cui siasi confrontato il punto controverso con la Scrittura e con i monumenti della tradizione, e che tutto questo si conosca pubblicamente? Ma come accertarsi e persuadersi che ciò si è fatto? Non si sono forse gli eretici, dopo la loro condanna, sempre lagnati che non si era bene esaminata la questione, non ben compresa la difficoltà? È certamente necessario che alla decisione vada innanzi un serio esame, e sarebbe colpevole quel vescovo che decidesse senz’aver attentissimamente discusso le materie su le quali sentenzia: e tutti sanno che così si suol fare; ma non a questa condizione Gesù Cristo ha legato l’infallibilità promessa ai primi pastori, perché essa ci lascerebbe tuttavia luogo a temere che non abbiano abbastanza pregato ed esaminato, e la nostra fede non sarebbe, per conseguenza, giammai ferma.
- la settima. Dovrà la difficoltà essere risolta in un concilio generale? Ma dove mai ha Gesù Cristo parlato di concilio generale o particolare? Egli c’indirizza alla Chiesa, ma non ci dice che intenda mandarci alla Chiesa congregata. Quindi la Chiesa sparsa, unita al sommo Pontefice, è tanto infallibile quanto la Chiesa riunita in concilio.
- l’ottava. Si richiederà finalmente che si abbia certezza che la sentenza dei primi pastori sia proferita sinceramente, senza che c’entri per nulla la politica, o veruna considerazione umana, o timore, o interesse, o compiacenza verso qualche potere terreno? Questo, invero, è sempre stato il ridicolo pretesto degli eretici per non sottomettersi alla condanna pronunziata contro di loro. Ma se a questo patto fosse stata promessa l’infallibilità della Chiesa, chi sarebbe ancora sicuro di qualche cosa? Sempre e per poco nascerebbe il sospetto, che non abbiano i vescovi ceduto a mire politiche o d’interesse, o di timore, ed eccoci sempre titubanti intorno alla validità del loro giudizio.
Dunque da nessuna delle riferite condizioni dipende l’infallibilità promessa alla Chiesa: le promesse di Gesù Cristo sono assolute e non legate a condizioni. L’infallibilità è annessa (al Papa) e alla decisione del maggior numero dei vescovi riuniti di comunione e anche di sentimento al Papa. Quindi, o i primi pastori sieno santi o no; sparsi o assembrati; abbiano diritta intenzione o sinistra; vi siano passate brighe, 0 no; abbiano giudicato per mire politiche, di interesse, o di che altro; si pretenda che siasi mancato nella forma canonica, nell’uniformità dei sentimenti; che il giudizio dei vescovi non fu preceduto da un esame sufficiente; che non si è fatto ricorso alla Scrittura e bilanciato l’affare coi monumenti della tradizione; che si mettano innanzi tutti i pretesti, i cavilli, i raggiri, le finezze, gli artifici, le sottigliezza ini maginabili; che si blateri che la procedura non procedette regolarli, che la sentenza non è stata canonica; nulla di tutto questo, né qualunque altra cosa che possa inventare la malizia della mente umana aguzzata dall’eresia, importa un bel nulla …
Nei seguenti studi abbiamo già trattato esaustivamente dell’infallibilità:
Parte del presente studio è estrapolato o citato testualmente da Ab. Barbier, I Tesori di Cornelio ALapide, ver. italiana a cura del sac. Giulio Albera, Vol. 1, Società Editrice Internazionale, 1948, con lettera introduttiva a nome di SS. Papa Pio IX, pp. 220 – 240
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
 
Fonte: