giovedì 12 settembre 2013

“Dalla lettera di Francesco a Scalfari”: tra media e malintenzionati, chi gioca peggio?

Newly elected Pope Francis I, Cardinal Jorge Mario Bergoglio of Argentina, leads a a mass with cardinals at the Sistine Chapel at the Vatican
 
 
Tempo fa già ci occupammo di un intervento di papa Francesco sull’aereo, di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù dal Brasile, puntualmente (e volutamente?) mal interpretato prima dai media e poi da coloro che, per un motivo o per un altro, cercano ogni pretesto per demonizzare l’attuale pontefice. E ce ne sono davvero tanti, soprattutto tra coloro che si definiscono cattolici. Sono numerosi, almeno quanto coloro che, del tutto acritici, sono immersi in una papolatria anestetica, secondo cui tutto ciò che Francesco dice e fa, dalla carezza al bambino all’inchino a Ranja, è santo, umile, bello, povero, infallibile…
Premettendo: che il Romano Pontefice è davvero infallibile, “quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, […] per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro” [1], ossia quando emana documenti magisteriali – e lo ricordiamo, fino ad ora Francesco ha emanato solamente la Lumen Fidei con Benedetto XVI –, per il resto il pontefice in questione è un uomo peccatore e, sì, fallibilissimo come noi tutti, fallibilissimo come lo stesso Pietro che, subito dopo aver dichiarato “ex cathedra” che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio Vivente, iniziò a ragionare con la logica del mondo e cercò di allontanare dal Signore l’idea di andare a Gerusalemme per soffrire e morire [2]. Ma questa sua fallibilità non deve portare noi cristiani a giudicarlo, a condannarlo, a rifiutare la sua Autorità.
Il vero problema, in realtà, per i cattolici “scettici”, non è tanto la gestualità ambigua di Francesco, che ben espone il fianco alle facili interpretazioni anticlericali, ma ancor di più anticattoliche, quanto la continuità con l’ormai famoso (o famigerato, a seconda degli ambienti) ed ambiguo per eccellenza concilio Vaticano II.
La verità è che Francesco resterà ciò che era: un vescovo pastorale che mai capirà fino in fondo di essere diventato papa. Ma non dobbiamo perdere la speranza. Esempio ne è la recentissima Veglia del 7 Settembre per la pace in Siria, Medio Oriente e nel mondo intero: quanti si aspettavano di vedere il papa fare gesti eclatanti, tipo farsi benedire dal mufti presente o roba del genere? La Comunità San Pio X aveva addirittura pubblicato un comunicato di don Pierpaolo Petrucci sul sito ufficiale qualche giorno prima: “L’aggravarsi della minaccia di un attacco contro la Siria da parte degli Stati Uniti, con il conseguente probabile coinvolgimento delle grandi potenze mondiali, ha spinto il Sommo Pontefice ad organizzare sabato prossimo una veglia di preghiera per chiedere al Signore il grande dono della pace. Ciò che lascia molto sorpresi è che Papa Francesco sembri escludere l’adorazione eucaristica, per pregare insieme ai rappresentanti di altre religioni, così da non disturbare i membri di altri culti”.
Affermazioni affrettate che sono state subito smentite dai fatti. La Veglia è stata esclusivamente, totalmente ed eminentemente cattolica: la devozione e la richiesta di intercessione alla Salus Populi Romani, il Santo Rosario seguito dalla Adorazione dell’Eucaristia, dinanzi a cui persino il mufti si è inginocchiato (anche se, lo sappiamo, per rispetto ecumenico e non per fede). Nessuna preghiera comunitaria “stile Assisi”.
Ma arriviamo, finalmente, all’oggetto in questione: la scandalosa (per alcuni) lettera scritta da Francesco niente meno come risposta all’editoriale del 7 luglio 2013 su Repubblica di Eugenio Scalfari. Questi chiedeva, in sintesi: a) Dio promise agli ebrei una terra, si devono sentire traditi? b) se una persona non ha fede e non cerca Dio sarà perdonato? c) Quando l’uomo sparirà dalla Terra nessuno penserà più a Dio, quindi sarà morto con l’umanità?
La lettera di papa Francesco non contiene nulla di eterodosso, ma è un invito al dialogo, a dare testimonianza evangelica anche con i non credenti, con coloro che non vogliono nemmeno cercare Dio. Scrive infatti il papa: “La fede, per me, è nata dall’incontro con Gesù. Un incontro personale, che ha toccato il mio cuore e ha dato un indirizzo e un senso nuovo alla mia esistenza. Ma al tempo stesso un incontro che è stato reso possibile dalla comunità di fede in cui ho vissuto e grazie a cui ho trovato l’accesso all’intelligenza della Sacra Scrittura, alla vita nuova che come acqua zampillante scaturisce da Gesù attraverso i Sacramenti, alla fraternità con tutti e al servizio dei poveri, immagine vera del Signore. Senza la Chiesa – mi creda – non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consapevolezza che quell’immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d’argilla della nostra umanità”. Come non leggere in queste frasi un’autentica testimonianza di fede, non solo in Cristo ma anche nella Chiesa, una testimonianza adatta ai nostri tempi?
E arriviamo finalmente alle risposte di Francesco…
a)    La Terra promessa e gli ebrei “traditi”. Il pontefice scrive che “con l’aiuto di Dio, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, abbiamo riscoperto che il popolo ebreo è tuttora, per noi, la radice santa da cui è germinato Gesù” e “Le posso dire, con l’apostolo Paolo, è che mai è venuta meno la fedeltà di Dio all’alleanza stretta con Israele e che, attraverso le terribili prove di questi secoli, gli ebrei hanno conservato la loro fede in Dio. E di questo, a loro, non saremo mai sufficientemente grati, come Chiesa, ma anche come umanità”. La risposta potrebbe sembrare equivoca, specialmente quando si afferma che gli ebrei hanno conservato la loro fede in Dio, sebbene siamo tutti a conoscenza del fatto che in realtà l’originale fede mosaica è stata gravemente contaminata e distorta dal Talmud.
b)   Gli atei e il giudizio di Dio. Il Magistero della Chiesa insegna che l’ateismo è un peccato grave contro Dio ed è possibile, al contrario di quanto insegnano taluni, trovare Dio anche attraverso l’uso della ragione [3]. La situazione è peggiore per coloro che neanche sono interessati a cercare Dio, ossia la Verità. Scrive invece il pontefice: “Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che – ed è la cosa fondamentale – la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire”. Ma allora si pongono subito degli interrogativi: se l’ateo ritiene che l’aborto è una cosa giusta, questo lo giustifica anche dinanzi a Dio? Risulta quindi ovvio che l’affermazione di papa Francesco va interpretata alla luce della teologia e dell’ortodossia cristiana. Le parole del pontefice, infatti, non sono una apologia del relativismo, come già qualcuno impudentemente ha affermato. Quando si parla di coscienza si intende quell’intima voce del Signore nel nostro spirito, per dirla con San Paolo: fin dalla creazione, Dio ha posto nel nostro cuore i suoi comandamenti (legge naturale) ancor prima di scolpirli sulla pietra (legge rivelata). E’ compito della Rivelazione dunque (Sacra Scrittura) e della Chiesa (Magistero) indicare all’uomo, in qualità di mater et magistra gentium, la direzione della retta coscienza, secondo Dio e non secondo il mondo.
c)    Dio dopo l’estinzione dell’uomo. La visione e forse la provocazione atea, materialista e scientista di Scalfari secondo cui l’uomo sarà destinato ad estinguersi come tutte le specie viventi sul pianeta viene frenata dalle parole di Francesco, chiaramente improntate all’ortodossia cattolica: “Dio è realtà con la “R” maiuscola. Gesù ce lo rivela – e vive il rapporto con Lui – come un Padre di bontà e misericordia infinita. Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell’uomo sulla terra – e per la fede cristiana, in ogni caso, questo mondo così come lo conosciamo è destinato a venir meno – , l’uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui. La Scrittura parla di “cieli nuovi e terra nuova” e afferma che, alla fine, nel dove e nel quando che è al di là di noi, ma verso il quale, nella fede, tendiamo con desiderio e attesa, Dio sarà tutto in tutti”
Non vedo la necessità di tutto questo allarmismo, di gridare all’eresia ancor prima di leggere ed analizzare senza pregiudizi la lettera in questione. Concludo ricordando a tutti che la lettera in questione non è documento del Magistero (qualcuno già la definiva una “enciclica”) ed è quindi fallibile, sebbene come abbiamo visto non c’è traccia alcuna di evidente eterodossia.
E’ lo stesso papa che nega di difendere il relativismo: “Mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: “Io sono la via, la verità, la vita”? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt’uno con l’amore, richiede l’umiltà e l’apertura per essere cercata, accolta ed espressa. Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione… assoluta, reimpostare in profondità la questione”.
 
Gaetano Masciullo, vedi qui altri articoli e studi.
[1] cfr. Concilio Vaticano I, cost. dogm. Dei Filius[2] Matteo 16, 12-23; Marco 8, 27-33
[3] cfr. Concilio Vaticano I,  Denz. -Schönm., 3004