venerdì 27 settembre 2013

R. P. Raffaele Ballerini d.C.d.G.: Dell'anticristianesimo contemporaneo.

 
 
La Civiltà Cattolica anno L serie XVII, vol. VII (fasc. 1181, 22 ago. 1899), Roma 1899 pag. 513-526.

R.P. Raffaele Ballerini d.C.d.G.

DELL'ANTICRISTIANESIMO CONTEMPORANEO

I.

L'anticristianesimo è stato, è e sarà di tutti i tempi: vario nelle forme, diverso nei modi, sempre però il medesimo nella sostanza. La sua sostanza d'essere, piaccia o non piaccia il crederlo, è in un fatto, che costituisce insieme il fondamento e la filosofia della storia; d'onde poi il necessario contrasto del male col bene, della menzogna colla verità, del creato spirito di odio coll'increato spirito di amore. Lo diciamo necessario, posto l'ordine soprannaturale stabilito da Dio ugualmente per la creatura angelica e per l'umana; ma violato in una gran parte dall'una e nel tutto dall'altra; e da Dio stesso voluto riparare in pro dell'umana, coll'opera ineffabile della redenzione. Per lo che l'anticristianesimo, quale non è se non lo sforzo d'impedire all'uomo questo benefizio della redenzione, ebbe cominciamento subito che fu promesso, e non avrà fine fuorchè quando sia cessata l'umana generazione che ha da goderne il frutto. La inimicizia, prenunziata nell'Eden tra il seme del serpente ed il seme della donna, come tosto ivi principiò, così allora finirà che il seme della donna, vincitore di quello del serpente dopo l'estremo giudizio, abbia inabissato e il serpente e tutto il suo seme nelle fiamme sempiterne, in ignem aeternum.
Di qui la divisione della storia dell'umanità nei due periodi, de' quali il Cristo redentore è centro immutabile, ma ad un'ora scopo ultimo della guerra tra il male ed il bene, termine fisso di contraddizione, signum cui contradicetur: in quello dei secoli che lo precedevano, per difficoltare quanto fosse possibile all'uomo di accettarlo, ed in quello dei secoli che lo hanno susseguito, per renderne vano l'effetto. L'anticristianesimo adunque da Adamo a noi, nel suo principio motivo, nella sua natura e ne' suoi intendimenti, rimane sempre lo stesso. Come il Cristo di ieri è il Cristo di oggi e sarà il Cristo di domani e di tutti i secoli, così l'odio a lui e l'opposizione all'opera sua di salute per l'uomo durano ad essere oggi quali furono ieri e dureranno ad essere tali per tutto l'evo futuro; uno e medesimo seguitando sempre ad essere lo spirito che ne alimenta la malvagità e ne attizza il furore.

II.

Ciò si nota, per chiarire 1'aggiunto di contemporaneo che si dà all'anticristianesimo de' nostri giorni, nella forma e nei modi non identico a quello della sinagoga gerosolimitana, dei Cesari di Roma, o di Bisanzio, degl'Islamiti e degli eresiarchi dell'età di mezzo e della età a noi più vicina. L'odierno riveste la specie scientifica, la politica e la sociale. Si manifesta inoltre di gradi e di maniere molteplici, che vanno dal minimo dell'opposizione al massimo del ripudio più assoluto di Cristo e della sua fede; dalle blandizie del così detto americanismo, alle efferatezze dei tiranni della Repubblica dell'Equatore. Anzi generalmente si evita di designare il cristianesimo quale oggetto, in parte o in tutto, di contrarietà. Secondo le varie scuole di miscredenza, il cristianesimo, ed il cattolicismo segnatamente, sono indicati coi vocaboli di superstizione, di clericalismo, di gesuitismo, di ultramontanismo, di intolleranza, di intransigenza, e simili.
Che più? Spesso non si manca di protestare che non si nega tutta in fascio la fede o la legge cristiana, ma soltanto questo o quel capo di dottrina morale, questo o quell'articolo del simbolo, che non si reputa conciliabile colla scienza o colla civiltà progredita. Nè si bada che tanto è anticristiano chi dispetta uno solo dei dommi della fede o dei precetti della legge evangelica, quanto chi tutti insieme li disconosce: giacchè così di quell'uno come di tutti fonte unica è l'autorità di Cristo-Dio sì rivelatore e sì legislatore supremo, che non soggiace nè può soggiacere ad eccezioni.
Conseguentemente, se si guarda la sostanza, chi in tutto o in una parte qualsiasi contraddice la professione cristiana, lo faccia poi per malizia, o lo faccia per ignoranza, entra nel novero di coloro di cui è profetato che pugnabunt cum Agno, cioè combatteranno il Verbo di Dio, dal quale finalmente debbono essere abbattuti, Agnus vincet illos [1]; e quindi, vogliano o non vogliano, appartengono all'esercito anticristiano.

III.

Il mondo è oggi appunto spartito in due campi, nei quali due opposti eserciti guerreggiano; ma la guerra, in sembianza politica e sociale, essenzialmente è religiosa; ed in tanto partecipa del politico e del sociale, in quanto la politica e la socialità non si possono dalla religione scompagnare. E ciò non solamente per la generica ragione addotta dal Proudhon, che nel fondo di ogni controversia politica e sociale suol trovarsi un'idea religiosa; ma perchè radicalmente religioso è il litigio che tiene in armi i due campi. Di fatto trattasi di risolvere se la civiltà dei popoli cristiani riprenderà l'essere di cristiana o ridiverrà totalmente pagana: se ritornerà ad avere Cristo per centro, il Vangelo per norma, e la Chiesa per guida, o, ripudiato Cristo, Vangelo e Chiesa, abbandonerassi ad un naturalismo che la tragga a bruteggiare in ogni eccesso.
Il principio che, quale bandiera comune, da oltre un secolo in qua, si leva contro il cristianesimo, è la libertà, ossia la indipendenza umana, eretta a guidatrice di tutte le relazioni religiose, civili e sociali nel mondo. Del che corollario pratico viene ad essere la separazione, nell'ordine soprannaturale dell'uomo da Dio, della sana ragione dalla fede, de' suoi atti dall'autorità della Chiesa: in somma, il rifiuto a piacimento della verità divina e del divino diritto di Cristo.
Lasciamo stare l'insania della ragione ribelle alla fede, sotto il pretesto della contrarietà colla scienza; quasi che sia possibile una contraddizione nell'identico Autore della natura, oggetto della scienza, e della soprannatura, oggetto della fede; e l'identico sole, d'onde promana la doppia luce razionale della natura, sovrarazionale della fede, possa mai trovarsi in contrasto con se stesso. Ma quanto al resto, certo è che questa moderna indipendenza separa l'individuo dal Dio creatore e redentore, facendogli sottrarre l'ossequio della mente e della volontà, ed alla fede ed all'obbedienza dovutagli, surrogare la propria ragione ed il proprio capriccio: separa la famiglia da lui, istitutore dei coniugio naturale e conservatore del cristiano, facendo che le nozze si contraggano senza di lui e contro di lui: separa finalmente le nazioni dal suo supremo dominio, facendo che si costituiscano, si svolgano ed operino con governi spregiatori della sua regalità ed usurpatori dei diritti suoi.
Or che ne proviene per conseguenza? Che l'individuo muore alla vita della cristiana carità, mena i suoi giorni rodendo ogni freno, si finge onesto solo per utile o per paura, e perisce fra le corruttele dell'errore e del vizio: che la società domestica nasce morta alla vita della grazia e perisce nelle discordie o nel guasto della carne: che i Governi, a guisa e peggio dei pagani, giacciono, non che morti alla verità ed alla giustizia rivelata, ma mal vivi a quella stessa verità ed a quella stessa giustizia, che scaturiscono dal lume della natura; e invece di ordinare, tiranneggiano famiglie e individui degni di loro, che li ricambiano con astio feroce, compresso unicamente dalla forza. La morte è inevitabile effetto di quest'apostasia dell'uomo cristiano, o singolare o collettivo, da Cristo.
Così è e così sarà sempre: attesochè l'essere inferiore non può rendersi indipendente dal superiore, al quale sia necessariamente subordinato, senza disgiungersi da lui. Ma chi da Dio, sorgente della vita, si disgiunge, incontra per necessità la morte, come la incontra per necessità il corpo che dall'anima, sua radice vitale, è distratto. Di qui la verità irrepugnabile del detto biblico, che Qui elongant se a te, peribunt, coloro che da te si allontanano, periranno [2].

IV.

Sarebbe a desiderare che tutti, i fervidi come i languidi cattolici dei nostri giorni, intimamente si convincessero della pernicie inclusa nel complesso di quelle pratiche applicazioni del principio d'indipendenza, che si orpella colle pompose denominazioni di liberalismo, di progresso moderno, di emancipazione del pensiero, di genio del secolo; in una parola di civiltà novella, alle quali, in Italia, se ne aggiungono altre, prese dagli argomenti di nazionalità, d'istituzioni, di patria, e via dicendo. Sono tutte anfibologie ingannose, tutti studiati eufemismi che celano agl'incauti l'orridezza di un sistema di vera morte cristiana.
Secondo il linguaggio di questa sottile ipocrisia, tutto quanto si appartiene all'uomo individuo e sociale dev'essere incivilito e ammodernato, cioè schiantato da Cristo, il quale tutto l'uomo ha instaurato in se stesso; cioè deve soprannaturalmente morire, o convertirsi in istrumento di morte. Lo Stato incivilito significa uno Stato diviso da Cristo animante la Chiesa, anzi a lui opposto; nè ad altro intendesi colla stolida formola della libera Chiesa, in libero Stato. Leggi incivilite sono da aversi quelle, che diconsi laicizzate, ma non contano per nulla le qualità di cristiano nel cittadino e, sotto scusa di libertà, ne offendono i diritti e ne proculcano la coscienza. Scuole incivilite hanno ad essere quelle dalle quali si bandisca ogn'idea di religione cristiana, ogni insegnamento di cristiana professione. Matrimonio incivilito si ha da tener quello solo che prende forma dalla legge, senza nessun riguardo alla consecrazione del Sacramento, la quale legge non più dalla Chiesa, ma dallo Stato dev'essere regolata, colla sanzione di pene al ministro di Dio che a ciò non si adatta. In somma, tutto l'incivilimento deve riuscire ad un ordine di apostasia, che niente lasci di legalmente cristiano, ma ogni cosa tratti come secolarizzata. Tale si è il mal coperto valore delle precitate involture di parole e di frasi, messe in voga e ripetute spesso più ad uso dei pappagalli che con intelligenza del reo sistema che velano.
Il quale direttamente mirando a guerreggiare il Cristo di Dio in sè ed in qualunque sua manifestazione, perciò apertamente ancora ha in ispregio tutte le autorità, che dalla sua procedono, e sacre e profane e domestiche e civili: ma sopra modo la più eccelsa di ogni altra, che è quella del Capo visibile della Chiesa, in cui tutto il regno di Cristo nella terra s'impernia.

V.

È osservabile che dai principii del cristianesimo fino allo spuntar dei pseudoriformatori dei secoli decimoquinto e decimosesto, erano precedute, giusta i computi degli storici, circa trecento sètte ereticali a variamente assalirlo o falsarlo. E queste si possono, così ad occhio e croce, ripartire in tre gruppi. Il primo fu di quelle che combatterono Cristo in persona propria: il secondo di quelle che lo combatterono nel culto esterno delle sue imagini: il terzo di quelle che lo combatterono nella sua Chiesa, lacerandone l'unità. La quarta del protestantesimo che le seguì, non pure lo combattè in tutte e tre queste cose insieme, rinnovellando tutti a un tempo gli errori passati, ma spianò la via all'errore universale, che, per distruggere ogni autorità di cristianesimo, ha volto lo sforzo delle armi contro tutto quello che sa di cristiano.
E in effetto, da che la fede cristiana prevalse nel mondo e la Chiesa fu costituita dal corpo delle nazioni credenti in Gesù Cristo, mai non si è ingiuriato il Dio Redentore pubblicamente e socialmente, e mai non se n'è battuta in breccia l'opera, come da oltre il secolo e mezzo finora trascorso. Il protestantesimo generò il filosofismo e questo ha prodotta la civiltà apostatica, la quale nelle sue distruzioni, trapassando l'ordine soprannaturale e cristiano, si è distesa a scardinare altresì il meramente naturale umano.
Al punto in cui sono le cose presentemente, non è mestieri di erudite ricerche, nè di sottili sillogismi, a fare che gl'intelletti anche più triviali, si persuadano e tocchino con mano, che l'essenza di questa civiltà è tutta nella negazione di Gesù Cristo e nella impugnazione della sua dottrina, dei suoi precetti, del suo sacerdozio, del suo culto, del suo spirito divino; e nella sostituzione delle cupidigie carnali ai diritti del suo Regno sulla terra. Al presente una sola politica predomina negli Stati cristiani, e segnatamente nei cattolici quasi tutti; disfare la Chiesa di Cristo-Dio: nelle loro università e ne' licei loro prepondera una sola scienza; annientare la fede in Cristo-Dio: signoreggia una sola moda: opprimere i difensori di Cristo-Dio. Si direbbe che l'Uomo-Dio sia riguardato dai Governi dei popoli cristiani e dai corifei del loro incivilimento, qual nemico il più esoso e malefico della umana progenie. Non si contentano di escluderne la regalità divina, col grido giudaico: Nolumus hunc regnare super nos; non vogliam costui per nostro Re: ma addirittura ne vorrebbero esterminata la persona e la memoria dalla faccia della terra col crucifigatur, gridato già dalla Sinagoga sotto il pretorio di Pilato.
Occorre forse dimostrare ciò coi fatti? Questi sono patenti a vista di ognuno. Basti accennare la metropoli del cattolicismo, occupata da gente, che si affatica a scristianizzarla ed a convertirla in una sentina di errori e di turpitudini, che le diano somiglianza con quella dei Cesari del Palatino; e basti indicare il Vicario di Cristo che dentro vi è detronato e chiuso nel suo palazzo, libero bersaglio alle contumelie ed ai soprusi di questa gente. La quale, dopo averlo spogliato de' suoi dominii e del suo patrimonio e ridottolo a sostenersi colle oblazioni dei fedeli, s'ingegna di levargli persino i titoli più convenienti ed accreditati dalla tradizione dei secoli. Perciò non più lo vuole designato colla storica appellazione di Santo Padre, ma con quella meramente di Pontefice senz'altro; nè più al primato augusto della potestà sua dà il qualificativo di Santa Sede, ma quella volgare di Vaticano; incongruenza nella quale inconsideratamente cade talora eziandio chi dovrebbe guardarsene. Questa gente anticristiana mirerebbe insomma a cancellare se fosse possibile, nella Roma di Pietro, ogni traccia delle grandezze sì gloriose del Papato, per surrogarvi le uniche sue, che son grandezze d'ignominia e di miserabilità.
Stimiamo superflue altre prove dedotte dal clero che l'anticristianesimo ha cercato d'impoverire e di assoggettare a mille sorta di maleficii; degli Ordini religiosi o disciolti, o banditi dichiarando la professione dei consigli evangelici quasi un'onta dell'umanità; dei giorni festivi legalmente violati, delle processioni ad onore di Cristo vietate e da cento altri fatti che confermano a luce di sole il proposito di render vero il Christiano nomine deleto, che si ascrisse già all'imperatore Diocleziano.

VI.

Non accade che ci dilunghiamo a rimettere in evidenza come questa forma d'incredulità cristiana universale, che si tenta d'infondere negl'individui, affinchè colla legislazione imbeva di sè la società tutta intera, trae l'origine e l'alimento dalla setta massonica, la quale vivificata dall'odio del giudaismo contro Cristo-Dio, esercita un occulto potere negli Stati. Oggimai è cosa notoria, comprovata da mille fatti e documenti, da noi pure addotti assai spesso, in gran numero, che la massoneria, per meglio sradicare dalla società cristiana l'idea di Cristo, si affanna a negare l'esistenza di qualsivoglia divinità, e professa l'ateismo [3].
Se non che la negazione teoretica di Dio porta seco una serie di conseguenze pratiche nell'ordine morale della stessa natura, che scrollano i cardini di ogni umana compagnia. In particolare si tira dietro quelle del socialismo nelle varie sue specie, fino all'estrema, che è l'anarchia: la quale per sè adegua, nell'atto pratico, la universalità delle negazioni dottrinali del massonismo. In uno dei processi che, tempo indietro, si fecero in Lione agli anarchici, un tale Bordat, che intese difendersi da sè medesimo, così si esprimeva nella memoria che presentò scritta al tribunale. «Colla massoneria noi siamo d'accordo in un punto solo, che è abolire la religione.»
I massoni adunque, per odio al cristianesimo, muovono da un termine comune alle sètte anarchiche. Da questo lato non è differenza alcuna, verbigrazia, fra il Bakunine, padre del nichilismo russo, ed il liberale massone Janson, che, nella Camera dei deputati di Brusselle, ebbe l'audacia di chiamar Dio un delinquente, perchè ha commesso il delitto della ineguaglianza tra gli uomini. Nell'esecrare il Papato, la Chiesa ed il cristianesimo, sono quindi tutti conformi. Può correre tra loro qualche diversità tra i gradi dell'odio, ma è identità nella sostanza. Tutti hanno succhiato il latte dal medesimo petto. Dentro il tempio della irreligione, dell'anticristianesimo e dell'ateismo, tutti si danno la mano, tutti sono fratelli; così i festeggiatori della breccia di Porta Pia in Roma, come i maneggiatori della dinamite di Barcellona e di Parigi, ed i Caserio, gli Acciariti ed i Luccheni regicidi.
«Noi vogliamo in politica la repubblica, in economia il socialismo, in religione l'ateismo»; disse un giorno il deputato Bebel, nel Reichstag di Berlino. Sia pure che molti massoni, nell'Italia almeno e nella Germania avversino la repubblica ed il socialismo: certo è però che coi socialisti e coi repubblicani convengono nel volere ancor essi l'ateismo. Onde nell'escludere il principio fondamentale di ogni ordine di società, che è la religione, si accordano con loro. Ma escluso questo, sopra che possono sussistere le ragioni della famiglia ed il diritto di proprietà? Ed ecco per quale concatenazione logica, dall'anticristianesimo odierno discenda il socialismo più sfacciato.

VII.

Ma è egli poi vero che, fuori dell'irreligione, non corra nessun'altra attinenza, fra i massoni ed i seguaci del socialismo e dell'anarchia? Noi sappiamo per esempio, che il grande oriente italiano tiene per punto capitale del suo programma, tra gli altri, «la trasformazione della proprietà esclusiva del secolo e degli istrumenti del lavoro; e l'eguaglianza vera delle condizioni di tutti coloro che compongono la società [4]»: dottrina prettamente socialistica.
Sappiamo inoltre che le logge massoniche di Parigi nel 1897 promettevano il favor loro a quanti dessero il voto per tutte le leggi socialiste [5]; hanno più volte presi gli anarchici e i socialisti sotto l'alto loro patrocinio, come quelli di Montceaules-Mines, di Graissessac, di Carmaux, e vi presero anche il regicida Hartmann, vietando ai ministri di rimetterlo in mano della Russia, che lo richiedeva in virtù dei trattati.
Al qual proposito non è inutile ricordare la lettera che il famigerato socialista Felice Pyat scrisse al primo massone d'Italia Giuseppe Garibaldi, per eccitarlo ad alzare pur egli la voce in favore del regicida russo e gli soggiungeva: «Dal primo re all'ultimo presidente di repubblica borghese, tutti, o per amore o per forza, hanno da sparire.»
Or che rispose l'eroe dei due mondi, il capo acclamato di tutta la massoneria pubblica d'Italia, l'uomo davanti al quale facevano di berretta e seguitano ad ardere incenso tutti quanti i nostri liberali conservatori, monarchici, idolatri delle patrie istituzioni, odierni accusatori dei cattolici quali alleati dei socialisti? Questa risposta, che scopriva di troppo gl'intenti e guastava i segreti disegni della setta, fu dissimulata il più che si potè fra noi, e si lasciò passare come se nulla fosse. Era del 6 marzo 1880, e vi si leggevano i seguenti periodi: «L'Hartmann (che aveva tentato l'assassinio dello czar Alessandro II) è un valoroso giovane al quale tutti i galantuomini debbono stima e riconoscenza... L'assassinio politico è il secreto per condurre a buon porto la repubblica. I sovrani chiamano assassini gli amici del popolo. I veri repubblicani Agesilao Milano, Pietri, Orsini, Pianori, Monti e Tognetti, sono stati ai dì loro assassini: oggi sono martiri, oggetto della venerazione del popolo. L'Hoedel, il Nobiling, il Moncasi, il Passanante, il Salovieff, l'Otero e l'Hartmann sono i precursori del Governo dell'avvenire, la repubblica sociale. Assassino è il prete esecrato, che assassinò già il progresso, coll'aiuto del boia, ed assassina ora la coscienza colla menzogna.»
Questa lettera dal Garibaldi scritta in puro stile massonico, e riferita poi da molti giornali, ancorchè fosse unica, avrebbe già sufficiente vigor di mostrare come fra la massoneria, grande manipolatrice di anticristianesimo, e l'anarchia, sieno ben altri vincoli di parentela, che non il solo della irreligione e dell'odio blasfemo al Papato ed alla Chiesa, onde il Garibaldi è stato ai liberali e settarii italiani incomparabile maestro.
Ma, tra cento, ne addurremo un'altra prova, tolta dal sunto delle risoluzioni prese nel Congresso delle sètte massoniche superiori: una delle quali, dopo quella di strangolare il cattolicismo, fu di rendere frequenti gli attentati di regicidio, concludendosi che «i nichilisti hanno le migliori parole ed i mezzi migliori [6].»
Dal che si fa chiaro che la via regia, la quale mena, un passo innanzi l'altro, dalle loggie di minor grado agli antri sanguinarii delle sètte antisociali, parte dalla massoneria; la quale addestra i suoi adepti a camminare, col satanico livore che infonde loro contro quanto è cattolico e cristiano.
Insieme però si rende chiaro che la forma dell'anticristianesimo contemporaneo è cosiffatta, che dalla negazione universale della fede cristiana, guida alla distruzione pure universale di ogni naturale socievolezza.

VIII.

Si domanderà: — A che dunque mirano questi promotori di una barbarie sì nuova al mondo?
Al nulla, ripigliano essi, a tutto distruggere, a nient'altro che distruggere. Il Bakunine, da cui ha avuto corpo e vita il nichilismo, gemello dell'anarchia, ha composta una specie di catechesi, che va per le mani del gregge dei proseliti, nel quale dà il concetto di quel che dev'essere il liberale massone, che intenda progredire dal dileggio al Papa, sino all'apice della perfezione. Uno degli articoli del suo simbolo è questo: «Il rivoluzionario disprezza il dottrinarismo e tutta la scienza odierna, e conosce bene un'unica scienza: la distruzione. Studia meccanica, fisica, chimica e fors'anche medicina, ma pel solo fine di distruggere. Pel fine medesimo, si applica allo studio della scienza viva, cioè degli uomini, del loro naturale, delle sociali condizioni quali sono oggi. Ma in cima a' desiderii suoi starà sempre la più spedita e sicura distruzione di queste ignobili condizioni. «Il rivoluzionario dispregia l'opinione pubblica; e nutre uguale disprezzo ed uguale odio per la presente morale, comunque si manifesti.»
Chi non iscorge in questa enormità un intrinseco nesso con quelle del materialista Buchner, avuto in tanto onore dal massonismo italiano, che ne propaga gli scritti colla stampa e gl'insegnamenti dalle cattedre? Costui non ha esitato a pubblicare, nel nome della setta, questa sentenza: «La legge morale, che noi moralisti atei ammettiamo per esistente, non è in verità legge morale logica, reale e potente, se non perchè scaturisce dalla natura stessa dell'umana società, natura il cui fondamento non vuole già cercarsi in Dio, ma nell'animalità
Non per celia questi campioni dell'anticristianesimo contemporaneo prendono il nome di nichilisti. Nel celebre romanzo d'Ivano Tourgounieff viene interrogato l'eroe o protagonista suo, il Bazaroff, tipo e modello del nichilista perfetto, se poi i suoi adepti, dopo la distruzione d'ogni cosa, non si propongano di edificarne qualche altra: e costui risponde: «Questo non tocca a noi. Anzi tratto bisogna sgomberare il terreno. Più tardi, quando tutte le istituzioni sieno sparite, quando la tabula rasa sia compiutamente fatta, allora le forze che esisteranno e l'umanità si cristallizzeranno di nuovo in altre istituzioni, sicuramente appropriate al bisogno. Tra gli uomini non si danno relazioni di giustizia, nè di affezioni; vi ha soltanto sensazioni. Lasciateci bere e mangiare, sino al punto in cui il calor nostro naturale si estingua.»
O miseras hominum mentes, o pectora coeca!
esclamerebbe qui il poeta pagano. Meglio costoro si direbbero, colla Sapienza divina, gli alleati della morte, che sponsiones posuerunt ad illam [7]; e gente invasata, come già i noti animali del lago di Genesaret.

IX.

Da quanto finora si è esposto, parecchie opportune conclusioni si possono tirare. Ma noi stiamo paghi ad una, assai pratica e più di altre importanti. Ed è la necessità somma pei cattolici, in materia di fede e di soggezione al Papa ed alla Chiesa, di nulla cedere a quello che va sotto nome di spirito moderno, e bellamente si presenta quale modo o spediente il più acconcio a temperare ciò che di eccessivo, o, come dicono, d'intransigente o d'antiquato sembra ai deboli essere nel pretto e puro cattolicismo, che poi è l'unico vero cristianesimo. L'inclinazione a transigere coll'errore e colle passioni in sembiante di nuovi bisogni, pur troppo ingagliardisce e si allarga. Si tende a sostituire facilmente alle verità le mezze verità, le mezze virtù alle virtù, alla fede integra una specie di mezza fede ed a rendere all'autorità suprema del Capo della Chiesa un'obbedienza più o meno condizionata.
A dir tutto in breve, lo spirito, che piace di chiamare moderno ed insidia da per tutto i cattolici nell'ordine delle idee e nell'ordine della vita pubblica e privata, non è altro, sciolto dal fascino dei sofismi, se non la indipendenza dello spirito proprio da Dio. La quale, per rispetto umano, o per commodo, o per interesse, o per vanità di moda, volentieri si antepone all'ossequio della mente ed all'umiltà del cuore, che la professione di cristiano deve a Cristo, sempre vivente, sempre docente, sempre reggente nel suo Vicario e nella sua Chiesa.
Come si vede, egli è lo spirito medesimo, che, attraverso una serie logica di negazioni, dal soprannaturale passa al naturale, dall'anticristianesimo all'ateismo, e finisce colla odierna negazione di ogni vero e di ogni bene divino ed umano, nel profondo dell'anarchia e del nichilismo.
Questo è il capo del principiis obsta. In punto di fede e di morale l'intransigenza è la forza, è la vita, è la gloria della Chiesa di Cristo, e de' suoi seguaci. Nè si ha mai da perder di memoria che il primo intransigente, circa i dommi suoi ed i suoi comandamenti, è Dio stesso, il quale nè in questo mondo, nè nell'altro transige punto; e perciò la verità sua non ammette differenze tra l'antico e il moderno; è di tutti i tempi e manet in aeternum.
Similmente non si hanno mai da scordare i detti precisi di Gesù Cristo: ch'egli non è venuto per portare al mondo la pace della transigenza, ma la spada della resistenza all'errore ed al vizio, comechè mantellati di abbaglianti colori: che chi non è con lui è contro di lui, avvegnachè si studii di più apparire con lui che contro lui: e che chi seco non raccoglie, disperge, sia poi molto o poco quel che disperge. La strada di mezzo, fra la spaziosa che conduce alla perdizione, e la stretta che conduce alla vita, egli non l'ha additata.
In questa conclusione, che appena accenniamo, è, secondo noi, il rimedio preservativo, pei cattolici, dai mali estremi dell'anticristianesimo che ora travagliano la società cristiana. È quello, suggerito dal gran Paolo apostolo, ai cristiani dei suoi tempi: State in fide [8]; cioè il rimedio della fermezza nella integrità della fede.


NOTE:

[1] Apoc. XVII, 14.
[2] Ps. LXXII, 26.
[3]  Si vegga a questo proposito anche la recente dimostrazione fattane, a punta di citazioni autentiche, dalla Revue des deux Mondes, quaderno del 1° maggio 1899, pag. 89 seg. in un diffuso articolo, che ha levato gran romore in Francia ed altrove.
[4] Bollettino, vol. II, pag. 93.
[5] Revue des deux Mondes, l. c. pag. 105.
[6] Fava, Le secret de la franc-maçonnerie pag. 507.
[7] Sap. I, 16.
[8] I. Cor. XVI, 13.