Noi Carlo III, per la grazia di Dio Re di Castiglia, Leone, Aragona, delle Due Sicilie, Gerusalemme, Navarra, Granata, Toledo, Valenza, Galizia, Majorca, Siviglia, Sardegna, Cordova, Corsica, Murcia, Jaen, Algarves, Algezira, Gibilterra, delle Isole Canarie, delle Indie Orientali ed Occidentali, delle Isole e Continente del Mare Oceano; Arciduca d'Austria; Duca di Borgogna, Brabante, Milano, Parma, Piacenza e Castro; Gran Principe Ereditario di Toscana, Conte di Abspurg, Fiandra, Tirolo e Barcellona; Signore di Bistaglia e Molina, ecc., ecc..
Frà le gravi cure, che la Monarchia delle Spagne e delle Indie, dopo la morte dell'amatissimo mio Fratello il Re Cattolico Ferdinando VI, Mi ha recate, è stata quella che è venuta dalla notoria imbecillità della mente del Mio real primogenito. Lo spirito dei trattati di questo secolo mostra, che si desideri dall'Europa, quando si possa eseguire senza opporsi alla giustizia, la divisione della potenza Spagnuola dall'Italiana. Vedendomi perciò nella convenienza di provveder di legittimo successore i Miei stati italiani nell'atto di passare alla Spagna, e di sceglierlo tra i molti figli, che Dio Mi ha dato, Mi trovo nella urgenza di decidere qual dei Miei figli sia presentemente quel secondogenito atto al governo dei popoli, nel quale ricadano gli Stati Italiani senza l'unione delle Spagne e delle Indie. Questa convenienza per la quiete di Europa, che voglio avere, perché non sia chi si allarmi nel vedermi indeciso continuare nella Mia persona la Potenza Spagnuola ed Italiana, richiede che fin da ora io prenda il Mio partito rispetto all'Italia.
Un Corpo considerabile composto da Me, dei Miei Consiglieri di Stato, di un Camerista di Castiglia che qui si trova, della Camera di S.Chiara, del Luogotenente della Sommaria di Napoli, e di tutta la giunta di Sicilia, assistito da sei Medici da Me deputati, Mi ha riferito, che per guanti esami, ed esperienze abbia fatto, non ha potuto provare nell'infelice Principe uso di ragione, né principio di discorso, o giudizio umano e che tale essendo stato fin dall'Infanzia, non solamente non è capace né di Religione, né di raziocinio presentemente, ma neppure apparisce ombra di speranza per l'avvenire; conchiudendo questo Corpo il suo parere uniforme, che non si deve di Lui pensare e disporre come alla natura, al dovere, ed all'affetto paterno si converrebbe. Vendendo Io dunque in questo momento fatale cadere per Divina Volontà, il diritto e la capacità di Secondogenito nel mio Terzogenito per natura l'Infante Don Ferdinando, ed insieme la di Lui età pupillare, a lui, ed alla Lui tutela ho dovuto pensare per la traslazione dei Miei Stati Italiani, come Sovrano e Padre, che non stimo di esercitare la tutela e la cura del Figlio, che divenga Sovrano Italiano, mentre Io lo sono di Spagna.
Costituito dunque l'Infante Don Ferdinando mio Terzogenito per natura nello stato dì ricevere da Me la cessione degli Stati Italiani, passo in primo luogo, ancorché forse senza necessità, ad emanciparlo con questo Presento mio Atto, che Io voglio riputato il più solenne, e con tutto il vigore di Atto legittimo, anzi di Legge e voglio che Egli sia fin da ora libero non solamente della mia Potestà Paterna, ma ancora dalla Somma e Sovrana. In secondo luogo stabilisco ed ordino il Consiglio di Reggenza per la pupillare e minore età di esso mio Terzogenito, che debbe essere Sovrano dei miei Stati, e padrone dei Miei beni italiani, acciò amministri la Sovranità, ed il Dominio durante l'età pupillare, e minore col metodo da Me prescritto in una ordinazione di questo stesso giorno firmata di Mia mano, suggellata col mio suggello, e referendata dal mio Consigliere e Segretario di Stato del Dipartimento di Stato, e della casa Reale; la quale ordinazione voglio che sia e s'intenda parte integrale di questa, e si riputi in tutto, e per tutto qui ripetuta, acciò abbia la stessa forza di Legge. In terzo luogo decido, e costituisco per Legge stabile e perpetua dei miei Stati e Beni Italiani, che l'Età maggiore di quelli, che dovranno come Sovrani e Padroni averne la libera amministrazione, sia il decimosesto anno compito. In quarto luogo, voglio egualmente per legge costante e perpetua della successione dell'Infante Don Ferdinando, anche a maggiore spiegazione delle Ordinazioni anteriori, che la successione sia regolata a forma de primogenitura col diritto di rappresentazione nella discendenza mascolina di maschio in maschio.
A quello della linea retta, che manchi senza figli maschi, dovrà succedere il primogenito maschio di maschio della linea prossima all'ultimo regnante, di cui sia zio paterno o fratello od in maggior distanza, purché sia primogenito nella sua linea nella forma già detta, e sia nel ramo, che prossimamente si distacca, o si è distaccato dalla linea retta primogeniale dell'Infante Don Ferdinando, o da quella dell'ultimo regnante. Lo stesso ordino nel caso di mancare tutti i Maschi di Maschio della Discendenza dell'istesso Infante Don Ferdinando mascolina, e di Maschio di Maschio, rispetto all'Infante Don Gabriele Mio Figlio, al quale dovrà allora passare la Successione, e nei di Lui Discendenti Maschi di Maschio, come sopra. In mancanza di esso Infante Don Gabriele, e dei di Lui discendenti Maschi di Maschio, collo stesso ordine passerà la Successione nell'Infante Don Antonio, e suoi Discendenti Maschi di Maschio come sopra. Ed in mancanza di questo, e della di Lui Discendenza Mascolina di Maschi di Maschio, la Successione collo stesso ordine passerà all'Infante Don Saverio e dopo Esso e la di Lui Discendenza tale Mascolina, come sopra agli altri Infanti Figli, che Dio mi desse, secondo l'ordine della natura e Loro Discendenze tali Mascoline.
Estinti tutti i Maschi di Maschio, nella Mia Discendenza, dovrà succedere quella femmina del sangue e dell'agnazione, che al tempo della mancanza sia vivente, o sia questa mia Figlia o sia d'altro Principe Maschio di Maschio della mia Discendenza, la quale sia la più prossima all'ultimo Re, ed all'ultimo Maschio dell'agnazione, che manchi, o di altro Principe, che sia prima mancato. Sempre ripetuto, che nella Linea retta sia osservato il diritto di Rappresentazione col quale la prossimità, e la qualità di Primogenitura si misuri, e sia essa dell'Agnazione. Rispetto a questa ed ai Discendenti Maschi di Maschio di Essa che dovranno succedere, si osservi l'ordine stabilito. Anche questa mancando vada la successione al Mio Fratello Infante Don Filippo, e suoi Discendenti Maschi di Maschio in infinito. E questi ancora mancando, all'altro Mio Fratello Infante Don Luigi, e suoi Discendenti Maschi di Maschio; e dopo mancati questi alla Femmina dell'Agnazione coll'ordine prescritto di sopra. Ben inteso, che l'ordine di Successione da Me prescritto non mai possa portare l'unione della Monarchia di Spagna colla Sovranità e Domini Italiani. In guisa che o i Maschi o le Femmine di mia Discendenza di sopra chiamati, siano ammessi alla Sovranità Italiana, sempre che non siano Re di Spagna o Principi di Asturia dichiarati già, o per dichiararsi quando sia altro Maschio, che possa succedere in vigor di questa ordinazione negli Stati e Beni italiani. Non essendovi, dovrà il Re di Spagna, subito che Dio lo provvegga di un altro Maschio Figlio, o nipote o pronipote, a questo trasferire gli Stati e Beni Italiani.
Stabilita così la Successione della mia Discendenza negli Stati e Beni Italiani, raccomando umilmente a Dio L'Infante Don Ferdinando, e dandogli la mia Paterna Benedizione ed inculcandogli la Religione Santa Cristiana Cattolica, la Giustizia e la Mansuetudine, la Vigilanza, l'Amor dei Popoli, i quali sono, per avermi fedelmente servito ed obbedito benemeriti della mia Casa Reale; cedo, trasferisco e dono all'istesso Infante Don Ferdinando mio figlio Terzogenito per natura, i Regni delle Sicilie, e gli altri miei Stati, e Beni, e la Ragione, e Diritti e Titoli, e le azioni Italiane e cedo all'istesso in questo punto la piena tradizione, sicché in Me non rimanga alcuna parte di essi. Egli però, sin dal momento, nel quale lo partirò da questa capitale, potrà col Consiglio di Stato e di Reggenza amministrare tutto quel che sarà da Me a Lui trasferito, ceduto e donato. Spero che questa Mia legge dì Emancipazione, di Costituzione di Età maggiore, di Destinazione di Tutela, e di Cura del Re pupillo e minore, di Successione, nei detti Stati e Beni Italiani, di cessione e donazione, ridonderà in bene dei Popoli, in tranquillità della Mia Famiglia Reale, finalmente contribuirà al riposo di tutta anche l'Europa. Sarà la presente Ordinazione sottoscritta da Me, e dal Mio Figlio Infante Don Ferdinando, munita del Mio Suggello, e referendata dagl'infrascritti Consiglieri e Segretari di Stato, anche nella qualità di Reggenti, e Tutori dello istesso Infante Don Ferdinando. Napoli sei Ottobre Mille Settecento cinquantanove.
Firmato: CARLO FERDINANDO