mercoledì 15 febbraio 2012

La Monarchia sacra Parte Prima :I RITI DI CONSACRAZIONE DELLA MONARCHIA CRISTIANA:Il rito dell’Incoronazione nella tradizione imperiale romana

Nel cerimoniale d’Incoronazione dell’Imperatore Romano, prima e dopo la
conversione al Cristianesimo di Costantino il Grande (306- 337) non v’è traccia alcuna della sopravvivenza del rito dell’unzione regale.
L’Impero romano, costituitosi in principato con Augusto (29 a.C- 14 d.C) si considerò l’erede delle grandi monarchie orientali (assiro-babilonese, persiana, egiziana, ellenistica) di cui assimilò e adattò la concezione della sacralità del sovrano, nonché le forme rituali che manifestavano esternamente tali idee.





Cesare Augusto, fondatore della Monarchia Romana


Fin dai tempi del primo Imperatore, infatti, il Monarca fu considerato quale
supremo rappresentante, tanto della gerarchia temporale, quanto della sfera spirituale e religiosa. L’Imperatore detiene il titolo di Summus Pontifex, che lo colloca al vertice dell’ordinamento cultuale dell’Impero pagano.
Augusto rifiutò in vita gli onori divini, almeno in Occidente, ma alla sua morte (14 d.C.) l’Imperatore venne divinizzato e assunto nell’olimpo pagano. Qualche anno dopo, il cerimoniale di corte iniziò a risentire dei modelli orientali.
In origine, infatti, l’intronizzazione dell’Imperatore consisteva nel conferimento del paludamentum, il mantello di porpora, e più raramente di una corona d’alloro.


A sinistra l’imperatore Caligola, a destra Domiziano.



Tuttavia, prima Caligola (37- 41) e poi Domiziano (81- 96) introdussero vesti di seta sempre più suntuose, adorne di pietre preziose, con calzature altrettanto preziose e ricercate (calceamenta). Fecero inoltre la loro apparizione, seppure in via semi-ufficiale, il rito dell’adorazione con la triplice proskynesis (prostrazione) come a divinità ed il titolo di Dominus et Deus [Signore e Dio] entrambi derivati dal cerimoniale di corte delle monarchie orientali: “Infatti – scrive Aurelio Vittore – Caligola, primo fra tutti, e poi Domiziano vollero esser chiamati apertamente Signori ed essere adorati e ricevere il titolo di dei”.
Con Diocleziano (284- 305) tale processo si compì, ed il rito dell’adorazione
del sovrano entrò ufficialmente nel cerimoniale imperiale: “Ordinò – scrive lo storico Eutropio – di essere adorato, mentre prima tutti semplicemente gli davano il saluto. Pretese pure che le sue vesti e i calzari fossero ornati di preziosi monili, mentre prima l’insegna dell’Impero consisteva soltanto della clamide di porpora, il resto delle vesti essendo comune”.
Ben presto il culto all’Imperatore divenne un elemento essenziale della religione politeista, la cui accettazione era segno di lealismo verso l’Impero.
I cristiani dei primi secoli rilevavano la distinzione tra il potere temporale del
sovrano, cui essi obbedivano, e le sue pretese religiose, cui si opponevano. Invano! La religione dei cristiani fu messa al bando. I suoi seguaci furono perseguiti con l’accusa di ateismo, proprio perché rigettavano tale culto.
“Non chiamo l’Imperatore col nome di Dio – spiegava inutilmente Tertulliano
(145 ca-245) – sia perché non sono capace di mentire, sia perché non ho il coraggio di schernire il mio sovrano. Gli basti d’essere detto Imperatore, appellativo solenne, concesso da Dio e solo a Dio inferiore, e sappia che noi invochiamo il Dio vivo, vero ed eterno per la salute di Cesare”9.
Ancora a Diocleziano (284- 305) si deve l’introduzione del rito dell’Incoronazione, mutuato anch’esso dalle monarchie orientali, in particolare da quella persiana10.
La corona o diadema, simbolo del potere supremo del sovrano, era un nastro di stoffa ornato di due serie di perle e pietre preziose, che sostituì l’alloro della tradizione romana11. In questo modo l’evoluzione in senso monarchico dell’Impero era compiuta.


A sinistra Diocleziano, a destra  S. Costantino Imperatore
Costantino il Grande nel 324, in occasione della fondazione della nuova capitale dell’Impero, cui impose il suo nome, Costantinopoli, conferì la porpora a suo fi-glio Costanzo I I e adottò per sé e la madre, S. Elena, il diadema già reso familiare da Diocleziano12.
Da allora la corona divenne l’insegna per antonomasia della potestà monarchica cristiana, l’insigne regium [l’insegna regale]. Il diadema, ben presto, fu riservato ai soli Augusti, ossia a quei Principi che, nel sistema escogitato da Diocleziano, erano al vertice della potestà monarchica.
Pare invece che si debba a Giuliano l’Apostata (360- 363) l’introduzione nel
rito d’intronizzazione dell’elevazione sugli scudi del nuovo Principe, cerimonia questa d’origine germanica13.
Ci volle del tempo, però, prima che la Chiesa intervenisse nella consegna del
diadema.
“Diocleziano aveva introdotto numerose cerimonie orientali e reso familiare ai Romani il fregio della corona, insegna di onnipotenza. Costantino l’aveva a sua volta adottata, ma non gli venne mai il pensiero di farsi incoronare da Papa Silvestro. In origine il diadema era posto sulla fronte imperiale da mano profana. A partire dall’anno 364 (Valentiniano I) dal predecessore che eleggeva il suo collega e successore. Spesso gli Imperatori s’incoronavano da se stessi. All’inizio del V secolo non esisteva ancora alcuna tradizione, alcun cerimoniale costante”.
Nel 450 tuttavia si produsse in Oriente, a Costantinopoli, presso la corte ove risedeva l’Imperatore, un fatto nuovo e saturo di conseguenze per il futuro. Dopo la morte di Teodosio I I (408- 450), sua sorella Pulcheria e l’ariano Aspar, designarono come imperatore il generale Marciano (451- 457). Marciano ricevette la corona dalle mani del Patriarca di Costantinopoli Anatolio.
Nel 457, alla morte di Marciano, anche il suo successore Leone I (457-474) fu
incoronato dal medesimo prelato. Si era creata una tradizione che da allora non fu più abbandonata, salvo quando, secondo la tradizione romana, il predecessore ancora vivente incoronava il successore designato.

L’Imperarore Marciano

All’Incoronazione di Leone I I (474), il Patriarca Acacio pronunciò durante il rito delle preghiere. Così, a poco a poco l’influsso e, per così dire, l’azione della Chiesa in Oriente si fece sempre più forte.
 Si fissarono pure le insegne imperiali: la tunica con il bordo dorato, il cingolo
d’oro con pietre preziose, le ghette di porpora e i coturni pure di porpora con bordure d’oro e rosette, il paludamentum ossia la clamide (manto) di porpora con il rettangolo d’oro sul ventre e la fibbia d’oro sulla spalla destra, infine, la corona, che ben presto sostituì la stoffa per il metallo, prendendo quella forma che rimase anche in futuro.
L’Imperatore Giustino I (518- 527) fu incoronato due volte, una prima volta
dal Patriarca di Costantinopoli, e una seconda da Papa Giovanni I nel 524, quando questi fu in visita presso la capitale imperiale.
La cerimonia di solito si svolgeva o all’Ippodromo, o nell’atrio del Palazzo Imperiale, il triclinium.