venerdì 10 febbraio 2012
Leopoldo II° d'Asburgo-Lorena di Toscana: Non così "immobile".
Il Granduca Leopoldo II° d'Asburgo-Lorena di Toscana, costretto da una sedizione di
mazziniani e dall’abbandono della truppa (comprata dal Governo di Torino e dai liberali toscani) a lasciare Firenze, in un proclama lanciato dal suo forzato esilio in Ferrara (1° maggio 1859) e poi da Vienna (21 e 28 maggio 1859) scriveva:
“Già in Firenze, la mattina del 27 aprile, ho solennemente protestato dinanzi i componenti il Corpo diplomatico, accreditato presso la mia persona, contro
codeste violenze, dichiarando nulli, non avvenuti, e di nessun valore gli atti stessi: e quest’oggi,
primo maggio, in Ferrara protesto nuovamente e solennemente contro quella violenza usatami, e
ripeto la dichiarazione, allora formalmente espressa, della nullità degli atti suddetti, i quali
apertamente tendono a rovesciare uno stato di cose, sanzionato dal trattato di Vienna del 1815
[…]”. E il 21 maggio da Vienna “[…] Io era allora ben lontano dal prevedere che un Sovrano, al
quale mi congiungono legami di parentela, ad onta dei sussistenti trattati e del diritto
internazionale, senza che dal canto mio fosse avvenuta una provocazione, potesse usurpare il
supremo potere ne’ miei Stati, col dichiararsi protettore della Toscana e nominare un commissario
regio per governare il Granducato. Mi vedo quindi costretto a protestare contro questo atto
d’ingiustizia. […]”. E il 28 maggio, sempre da Vienna: “Nuovi avvenimenti mi costringono a
rivolgermi per la terza volta alle Potenze amiche, che sottoscrissero il trattato di Vienna del 1815
[…]. Violando i trattati in vigore ed il diritto delle genti […] un corpo di truppe francesi sbarcò nei
miei Stati, ed un Principe della famiglia imperiale di Francia si è arrogato i diritti sovrani, col
disporre de’ miei sudditi per formarsi un esercito. Questi fatti, coi quali si dispone de’ miei sudditi
e delle mie truppe, costituiscono delitti flagranti contro tutte le leggi divine ed internazionali […]”.
Parimenti il 9 giugno 1859 Luisa Maria, duchessa di Parma, affidato il potere a trenta notabili, si
ritira in uno Stato neutrale dove si trovavano i suoi figli, dei quali ha la reggenza e “i cui diritti
dichiaro di riserbare pieni ed illesi, fidandoli alla giustizia delle alte potenze ed alla protezione di
Dio”, pur di non essere costretta alla guerra contro l’Impero come reclamano i liberali. Anche Sua
Altezza Reale Francesco V, lascia l’11 giugno il Ducato di Modena, per non esporre i suoi sudditi
ad una guerra di difesa dall’aggressore subalpino, che occupa già buona parte dei suoi Stati aiutato
dalla canaglia liberale alleata del Piemonte; si allontana dalla capitale seguìto praticamente
dall’intero suo esercito il quale, fedele al giuramento prestato, non vuole separarsi dal suo Prìncipe
e lo segue nell’esilio; protesta per i suoi diritti di Sovrano calpestati e istituisce una reggenza
“composta di capifamiglia e padroni di negozio dai 25 ai 50 anni”. Cfr. La Civiltà Cattolica. 1859.
Anno X. Serie IV. Voll. III, pp. 110-113.