Voglio ricordare che tale documento e stato scritto da un testimone dei fatti,quindi data la preziosa importanza del testo ne consiglio un attenta lettura.
Medici e Consenz si erano avveduti dal Faro che in Reggio si combattea; imbarcarono in fretta quanti più garibaldini poterono sopra barche e barcacce e passarono Stretto.
Quest'altra spedizione fu incontrata dalla regia fregata Fulminante, la quale prima permise che approdasse al lido calabro, e poi al solito, braveggiò con tro le barcacce vuote dei garibaldini. Però Castiglia con tre barcacce riparò in un luogo detto le Pietrenere, sotto Palmi, ed una più vicino a Bagnare fu assalita da un distaccamento del 4° di linea, che arrestò 18 garibaldini, sicchè di quelle tre barcacce se ne salvarono due.
Fra quelli garibaldini che sbarcarono era un battaglione di francesi comandati dal vecchio settario de Flotte, ed avea preso terra tra Scilla e Bagnara; non lungi vi era il generale Briganti con la sua brigata, il quale non si mosse. Sul luogo dello sbarco di quei francesi accorsero due compagnie mandate da Ruiz; costui invece di accorrere con tutta la sua brigata, si contentò mandare sì poca forza contro circa mille garibaldini. Quelle due compagnie assalirono gli invasori comandati da de Flotte, e gli fecero gran danno. Ma accortosi costui del poco numero di soldati, tentò circon darli, per la qual cosa i regi, mancando di munizioni e sopraffatti del numero, retro cessero a Bagnara, senza che il nemico l'inseguisse. Ruiz, che non si mosse per soc correre le due compagnie, ebbe il coraggio di rimproverare il comandante delle stes se, perché si era ritirato. In quel conflitto fu ucciso de Flotte, e seppellito a Solano. Pogam surrogò nel comando de Flotte, e Garibaldi volle che quel battaglione por tasse il nome dell'estinto comandante.
Cosenz con tutti gli sbarcati, dopo aver sostenuto qualche scaramuccia con i regi, si spinse sulle alture di Villa S. Giovanni facendosi vedere da Briganti. Costui che potea combattere con vantaggio, e in caso di perdita ripiegare sulla brigata Melendez, fingendosi attorniato da' nemici trattò subito la resa con Garibaldi,
il quale era andato a bella posta con pochi garibaldini. Per allora si stabilì tra Briganti e Garibaldi una tregua di 24 ore.
Il duce rivoluzionario che mai disse una verità ne' suoi proclami ed ordini del giorno, ecco quello che fece stampare e pubblicare in un bollettino immediatamente dopo la tregua stabilita con Briganti.
Le due brigate comandate da Briganti e Melendez si sono rese a discrezione; siamo padroni delle loro artiglierie, animali e del Forte del Pezzo. Quelle due brigate non si resero, ma per sola opera di Briganti finirono poi di sciogliersi. Tutti que' fatti d'armi del Reggino furono una vera tragicommedia combinata tra Garibaldi, Bolani, Gallotti, e Briganti. Intanto si sacrificarono centinaia d'uomini dall'una e dall'altra parte!
Prima di lasciare il lido reggino, credo necessario far noto a' lettori un fatto che basta solo a dimostrare la fellonia de' Capi della flotta napoletana, la fedeltà e la bravura dei marinai, e il modo di governare dei Ministri liberali di Napoli. Il capitano Guillamat, comandante la fregata Ettore Fieramosca,
trovandosi nel Faro di Messina diede forte sospetto che avesse tradito il suo mandato. I marinai lo chiusero con essiloro nella stiva, e volsero a Napoli, ove credeano ottenere giustizia contro que' traditori. Guillamat e gli altri uffiziali furono dichiarati innocenti e messi in libertà, dalla quale abusando disertarono al nemico, e furono poi i più caldi garibaldini. I marinai furono chiusi in Castel Sant'Elmo come insubordinati e felloni. Furono poi ricondotti in libertà da Garibaldi venuto in possesso di Napoli; ed invitati e pregati di servire la rivoluzione, si negarono, e fuggirono in Gaeta, ove si fecero bombardare e mitragliare sopra le batterie di quella fortezza per difendere l'amato e legittimo Sovrano.
Garibaldi inorgoglito sempre più a que' facili trionfi che avea ottenuti con l'opera de' duci regi, pubblicò un decreto in cui ordinava un governo Prodittatoriale per dirigere l'insurrezione Calabra e fece capi di quel governo un Mignogna e un Albini, assistiti da cinque segretari. Indi con tutte le sue forze corse ad opprimere Melendez l'unico duce che non avea guadagnato alla rivoluzione, mentre nel bollettino di Reggio avea detto che la brigata Melendez si era resa a discrezione.
Melendez quando intese le vergogne di Gallotti, di Ruiz e di Briganti, come più anziano di questi due ultimi, scrisse loro e li rimproverò della condotta che aveano tenuta, e l'invitava a ripiegare sopra Melia per ricongiungersi a lui, affinchè unite le tre brigate, - che ancora non si erano disciolte - dessero addosso al nemico.
Que' due duci risposero che approvavano il disegno di guerra del Melendez, e che avrebbero operato conformemente a quello.
Poco stante giunsero nel Campo di Melendez molti uffiziali delle brigate di Briganti e di Ruiz e raccontarono che queste erano circondate di nemici e disordinate. Sul tardi comparvero Briganti e Ruiz; quando furono in consiglio con Melendez, corse affannoso il Tenente Fiore ad annunciare che i garibaldini erano al villaggio vicino di Campi, e che tra poco avrebbero occupata Melia. A quell'annunzio il Consiglio de' tre duci si sciolse, Briganti e Ruiz finsero di correre per radunare la loro gente.
Melendez mandò a verificare se il Tenente Fiore avesse detto la verità. Gli venne riferito che non si vedevano garibaldini nel villaggio di Campi, e come il Tenente Fiore fosse stato imbeccato da Briganti per spacciare quella notizia allarmante, affinchè non si conchiudesse nulla nel Consiglio dei tre duci.
Sulle ore vespertine del 22 agosto giunse a Melendez un biglietto di Briganti, il quale dicea: «Garibaldi è a Catona; or ora l'ho veduto.
Ruiz guarda Cosenz a Solano: io impedirò l'assalto alla tua destra: non ti turbare, che avrai tempo sino a domani,»
Melendez, come già ho detto, trovavasi con la sua brigata al Piale, ed aspettava i soccorsi di Briganti e di Ruiz, quando fu assalito improvvisamente da tutte le forze di Garibaldi la mattina del 23 agosto: egli però le respinse e le sbaragliò ai primi colpi di cannone. Il mattino stesso si presentarono Menotti Garibaldi e un certo Corrao con bandiera bianca e dissero voler parlare con Melendez. Costui dopo averli ricevuto ed intesi, mandò al Dittatore il giovane e distinto capo del suo Stato Maggiore Giovanni de Torrenteros.
Nel benemerito giornale il Contemporaneo
N. 390 del 1872, trovo una lunga e circostanziata lettera del de Torrenteros, con la quale risponde ad alcuni giudizii inesatti del distinto avvocato sig. Cesare Morisani, storico fedele dei fatti di Calabria di agosto 1860. In quella lettera il Capo dello Stato Maggiore di Melendez, rivela alcuni fatti ignorati sin'ora dagli scrittori che giudicarono in diverso modo gli avvenimenti Calabri, e lo sbandamento delle stessa brigata Melendez, e gettano molta luce su' combattimenti di quei tempi e sugl'intrighi di alcuni duci, che io ho raccontati, e proseguirò a raccontare. Quindi non voglio defraudare i lettori di alcuni tratti della lettera di de Torrenteros.
L'opera del sig. Morisani, dice Torrenteros, giudico di grande interesse, per molte preziose rivelazioni che accompagnarono le onte e le vergogne di alcuni de' Capi militari in Calabria, ed ai quali era affidata l'indipendenza della Patria felice.
Morisani si mostra dotto delle mille ragioni che travolsero nel nulla gli sforzi degli uomini di onore, ma desse non fanno pondo nei giudizii di lui, ove risulti malanno: tutto è fellonia e malafede!
Dice la spiccata convivenza d'un Ministero alla rivoluzione venduto, e le lave dell'onda popolare innebriata e potente. Enumera tanti altri dolorosi ricordi di quell'epoca nefasta ironicamente detta di patrio risorgimento e poi si mostra negli appreziamenti a sufficienza ingiusto. Per esempio a Pag. 97 scrive: Dusmet morì compianto e non maledetto dai suoi commilitoni, e almeno non vide il tradimento di Briganti, la defezione
(?) di Melendez, la fuga di Vial, e la vergognosa umiliazione di Ghio. - Avrei aggiunto, e più che un tradimento, l'inqualificabile condotta di Ruiz de Ballestreros; il grave errore di Morisani (padre dello Storico Cesare), che lo sostituì nel comando; l'indegno incredibile procedere di Caldarelli; e così di seguito nominato avrei lo stuolo esecrato e maledetto di tutti coloro che fecero codazzo al settario Landi in Calatafimi!
Ma tra Generali dell'ultimo esercito delle due Sicilie, se mancò uno che dominasse i sopraggiunti avvenimenti, pure vi erano modelli di onore e coraggio, ancora oggi rispettati avanzi di una fede antica.
Morisani sa che le tre brigate Briganti, Melendez e Ruiz erano sperperate lungo una spiaggia che, da oltre Reggio a guisa di cordone sanitario si estendevano sino a Palmi. Che quei Generali, indipendenti tra loro, ubbidivano agli ordini del Maresciallo Giovan Battista Vial in Monteleone. Non nasconde il distinto autore quale trepidanza era discesa negli animi di tutti, dopo la gloriosa lotta due mesi sostenuta, e 'l voluto abbandono di Palermo; e poi Messina, senza colpo ferire pei turpi maneggi del Maresciallo Clary....
Chiarisce il Morisani, con prove irrefragabili, il tradimento di Briganti, e la colpevole marcia in ritirata di Ruiz, quando lo si pregava, lo si spingeva, gli si ordinava soccorrere Melendez che abbandonato sul Piale, fu il capro espiatorio dell'altrui infamia e malvolere.
Gli ordini del maresciallo Vial a Melendez erano che, nell'occorrenza appoggiasse Briganti, e custodisse la sicurezza de' Forti che guardano il Faro. Briganti nulla chiese a Melendez, il quale marciato da Bagnara a Villa San Giovanni, dopo di aver raccolto per via le artiglierie dolosamente lasciate dallo stesso Briganti, bivaccò a Ponticello sulla via di Altafiumara la sera del 21 agosto, stando in sull'avviso per gli sbarchi garibaldini, avvenuti segnatamente nella spiaggia di Favazzina. Briganti, mancato alla sorpresa di Reggio, era stato già da Pentimele ributtato a Gallico, da dove si divertiva spedire a morte sicura, la propria gente, ordinando assaltarsi per compagnie barricate e case in Reggio, parate a difesa dell'audace fortunato nemico.
In vero, qual Capo dello Stato Maggiore di Melendez, avendo dovuto sostenere grave parte in quella sciagura militare, non posso ristarmi, nello interesse del vero, far riflettere all'autore di quel libro, ciò che egli assolutamente ignora, onde con quella generosa lealtà che gli è propria corregga l'errore nel quale è incorso, credendo alla defezione di quel Generale.
Per coloro che s'interessano agl'immeritati rovesci di quel tradito esercito, giova sapere che Melendez adempì scrupolosamente a quella parte del piano di attacco da la sera del 21, sotto i suoi ordini redatto. Egli senza consultare altra ragione, se non quella del proprio dovere, dimostrò essere estraneo agli errori ed alle colpe de' suoi colleghi in Calabria.
Ecco in succinto i fatti. All'alba del 23 agosto rimarcato avendo, non senza spiacente sorpresa essere la posizione elevata di Melia occupata da' garibaldini, quando la doveva essere dalla truppa di Briganti; ordinò immediatamente all'artiglieria aprire il fuoco,e quindi anche dalle quattro compagnie del 5° Cacciatori, che bellamente disposta in tiragliatori, dipendevano dall'aiutante Maggiore Musitani.
I Garibaldini non risposero, come avrebbero dovuto a tanta provocazione, e pur soffrendo perdite serie spiegarono replicatamente bandiera parlamentare. Garibaldi era più che certo del fatto suo!
Dopo buon'ora di azione, ed ucciso persino un parlamentare nemico, Melendez fece cessare dal trarre, ed ordinò che avanzato mi fossi per conoscere il perché sventolar si facesse quel segno.
L'autore (Morisani) a pag. 127 del suo libro, con chiarezza espone quel che avvenne e dice pure che furono decorosamente respinte le ingiunzioni a rendersi. Ed a fè di Dio, che oggi per allora, e sempre, il mio cuore di soldato non ebbe, né ha avuto mai altri palpiti, che per la fede e per l'onore.
Dall'ingrato abbandono nel quale il Governo riparatore
à con me condannati militari onestissimi, di quell'Esercito slealmente vinto; io sento sì, come altri, di aver subito un'immensa sventura; ma senza tema di fallo, gloriosissima.
Torno all'assunto.
Nella polemica avuta con Garibaldi, costui mi disse: aver Bixio e Cosenz già circondata la poca forza della brigata Melendez; quindi vana la resistenza, bisognava arrendersi; al che con fierezza risposi esservi di contro all'uno, Briganti, all'altro, Ruiz; oltre del Maresciallo Vial che avanzavasi da Monteleone. Garibaldi solo all'udir Vial mostrò pensarvi, e fattosi al versante nord di Meli cercava scoprire da lungi se Truppa regia venisse, interrogandomi: Dov'è questo Vial?-
Ma nel mentre egli era intento ad osservare il fatto suo, io non mancai studiare il mio!...
Briganti avea ceduto la dominante Melia, e Ruiz non era al posto assegnatogli. Che si passò allora nel mio spirito è difficile a descriversi. Dissimulai tanta iattura! Garibaldi avea artiglieria e masse di gran lunga superiori in numero alla parva forza di Melendez. Concepii in un baleno ciò che ci restava a fare, e dissi: Il mio Generale non può accogliere niuna proposizione fuori che quella di battersi, e, con lui, quei che gli dipendono il faranno sino all'ultimo sangue, tanto più che Vial dal quale dipende è in nostro soccorso.
Garibaldi allora un po' impaziente ed indeciso, volle assicurarsi della marcia di questo Generale, e propose che un uffiziale del suo Stato Maggiore, unito ad altro del nostro campo, recati si fossero ad incontrarlo; quindi stabilita venne una tregua di sol tre ore; tregua che l'autore de libro condanna dalle tranquille pareti del suo studio, dopo dodici anni di quello sciagurato avvenimento!
Quella tregua fu imposta da supreme considerazioni, e bastevole per mandare ad effetto quello che mi passava per la mente, e che or ora ripeterò.
All'uffiziale di Garibaldi si unì il colonnello Andrea Marra, ed a questi si accompagnò spontaneamente l'Alfiere Giordano, quello stesso che lasciato avea il mattino il proprio Generale Briganti, per seguire la sorte dell'altro Melendez.
Marra non ebbe niuno incarico fuori che quello di rinvenire Vial, dirgli la posizione nella quale era ridotta la brigata Melendez per colpa di Briganti e di Ruiz; prendere i suoi ordini, ed informarsi pure della sorte dello stesso Ruiz.
Ecco ora quale era il mio piano e che Melendez si piacque di approvare. Lasciare il campo con avvedutezza e marciare sul Forte di Scilla. Scorsa la tregua, ordinare a Musitani ricominciare il fuoco, sostenendo la ritirata della colonna, la quale avrebbe scelta posizione più adatta a fronteggiare il nemico, unendosi alla brigata Ruiz.
Marra nel suo tragitto sa la posizione di questa brigata, e, per mezzo di
Giordano invia la lettera che l'autore (Morisani) trascrive a pag. 134 e che adesso giova ricordare:
Bagnara 23 agosto 1860. Signor Colonnello. Per ordine del sig. Generale Melendez, mi son recato questa mane in Scilla, indi in Bagnara, per rinvenire il generale Vial, ma infruttuosamente. Ora sento che Ella è accampata al Piano della Corona con frazioni di diversi
corpi; quindi le spedisco il Tenente Giordano, per conoscere lo stato della Truppa, e quale sia l'itinerario da Lei tracciato.
La Brigata del Generale trovasi quasi circondata dalle truppe garibaldine, le quali trovansi sopra i monti di Melia e Campi. Il resto lo sentirà a voce il Colonnello Andrea Marra.
Questa lettera diretta a Ruiz l'ebbe Morisani che sostituito l'avea nel comando, poichè quegli era stato obbligato dimettersi, scoverta falsa l'accusa, fin dal giorno precedente che avea rapportato al Re e al Ministro della guerra essere la brigata Melendez di accordo con Garibaldi!...
Morisani letta quella lettera di Marra, perché non marciare subito in aiuto di Melendez? Quel dettato non gliene imponea l'obbligo immediato, santissimo? Quale dubbio? "
Morisani si fece, senza volerlo, trarre in inganno da Giordano, il quale gli disse che avea la missione di arrestare la sua brigata, perché tra Melendez e Garibaldi era stata convenuta una tregua, mentre questi avrebbe potuto opprimere quello; e quindi che Garibaldi non avrebbe assaltato Melendez fintantocchè non parlasse con Vial. In ultimo il Giordano gli ordinava, che la brigata invece di soccorrere Melendez, si fermasse sulle alture di Bagnara. E questi ordini a richiesta di Morisani, il Giordano scrisse al margine dell'ufficio di Marra, firmandosi uffiziale dello Stato Maggiore di Melendez. In forza di questo falso ordine, il colonnello Morisani credette ubbidire, lasciando Melendez senza soccorso.
Per la qual cosa soggiunse il sig. de Torrenteros nella lettera sopra citata: «Mio Dio! Giordano non era un uffiziale di Stato Maggiore, né adibito presso Melendez, com'egli si sottoscrive. Ciò che si permettea disporre era in aperta contradizione alla lettera di Marra, agli ordini di Vial, del ministro della Guerra, del Re, e perfino del l'obbligo supremo tra fratelli d'armi in una guerra, il soccorso! Ma che! Quando si delibera tra il coraggio e il disonore, si finisce necessariamente coll'appigliarsi al partito più vile! Morisani stette: tutto fu perduto!»
Il sig. de Torrenteros con inesorabile logica militare giudica lo apparente torto del Colonnello Morisani, padre dell'esatto storico degli avvenimenti di Calabria del 1860. Noi sappiamo però, che il Colonnello Morisani fu sempre nella sua lunga carriera un distinto e fedele militare; e che in quella difficile e dolorosa congiuntura, fu certamente sopraffatto dagli occulti nemici del Re; poichè ove avesse proseguita la sua marcia in avanti da lui già disposta, e non l'avesse arrestata pel falso ordine di Giordano, forse il sig. de Torrenteros non sarebbe stato cotanto severo nel giudicare quel benemerito Colonnello; e quel che più interessa si è che il Generale Melendez sarebbe stato ancora opportunamente soccorso.
Torrenteros prosegue!!
«Garibaldi frattanto ordina l'avanzarsi dei suoi e, chiudere intorno, con forze preponderanti, la piccola Brigata Melendez, e senza perder tempo, spicca con un nuovo parlamentare la seguente ingiunzione.
Il 23 Agosto 2 p.m. il Maresciallo Vial marcia per Napoli, le forze di Bagnara hanno la stessa direzione; io vi impongo dunque di rendervi a discrezione con la vostra colonna. In caso di risposta negativa, io vi attaccherò alle 3 p.m. di questo stesso giorno.
Con considerazione Garibaldi.
Melendez impone nuovamente recarmi da Garibaldi per chiamarlo all'impegno verbale della tregua, ma questi cui tardava l'ora di finirla, quando s'avvide che a nulla valevano le seduzioni e le minacce, fece stringere i regi, e circondarli, dichiarando tutti prigionieri di guerra.»
Ecco, io soggiungo, ecco come Garibaldi adempiva i patti della tregua con un Generale regio! Intanto si trovano ancora de' Colonnelli in partibus,
amici ed esecutori degli ordini del generalissimo Lanza, i quali dicono, che costui agì secondo l'onor militare, arrestando il vittorioso Meckel alla Fieravecchia di Palermo, sol perché avea convenuta una tregua verbale con lo stesso Garibaldi non riconosciuto per parte belligerante; tregua, ed onor militare,
che cagionarono i facili trionfi del Dittatore delle Due Sicilie, e tutti i rovesci dell'esercito napolitano, del Re, del trono, e de' popoli, non solo nel Regno di Napoli ma di altri d'Europa.
Melendez, vedendosi col fatto circondato dai nemici, senza soccorsi, senza munizioni, senza viveri, dappoichè il Commissario Mario Laezza gli scriveva non poter mandar viveri perché i posti erano chiusi da' garibaldini, si mostrò disanimato. Di più sapea che il battaglione che doveva sbarcare a Scilla non si vedea, e sapea pure che la brigata Briganti era in mezzo a nimici in piena dissoluzione, e che costui pranzava con Garibaldi e con Clerc Colonnello dell'artiglieria Piemontese.
In vista di tutte queste serie ed esiziali contrarietà, il Melendez chiamò gli uffiziali, e fece pubblico l'abbandono e il tradimento de' suoi colleghi.
Quel discorso di Melendez passando d'un labbro all'altro fu alterato e suscitò nel campo, direi quasi una rivoluzione soldatesca: chi bestemmiava, chi minacciava, chi rompea le armi per non consegnarle al nemico, e nessuno intendea rassegnarsi a quell'evento.
In questo mentre si presenta sul campo Garibaldi, e grida: «Chi vuol venire meco è il benvenuto, chi nò, può andar libero!
In verità, questa maniera di condursi di Garibaldi genera maraviglia ed ammirazione. Egli in mezzo ad una soldatesca che l'odiava a morte, dice parole generose, e con dignità esemplare, sono tratti davvero magnanimi, e 'l negarli, sarebbe viltà, e basso partigianismo; del resto, Garibaldi si comportò sempre in modo di raggiungere la sua meta. Egli spacciava menzogne, e le faceva spacciare a' suoi, perché erano utili alla sua causa, approfittava della viltà e del tradimento de' duci napolitani, e traeva a sè i titubanti, perché così richiedeva il suo sistema di guerra. Io credo che un Generale di eserciti regolari non debba sdegnare cotesti mezzi, (escluse però le
menzogne che sono sempre condannabili) non avendone altri per vincere un forte nemico.
O per valore o per ingegno
Sempre di lode il vincitor è degno!
I soldati di Melendez, appena udirono le parole di Garibaldi, raddoppiano le imprecazioni contro que' duci che li aveano ridotti in quello stato di umiliazione, e gridavano: tradimento! siamo traditi!
La disciplina è allora scossa; chi getta le armi, chi le rompe. Un battaglione con arme e bagaglio esce dal campo, e non impedito, volge a Monteleone: altri lo sieguono alla spicciolata, di questi ne furono arrestati molti da' garibaldini, e non v'è soldato che volontariamente resti con Garibaldi. Ciò basti per sbugiardare il falso telegramma di Ruiz, e l'asserto di altri.
Dal Generale Melendez, come dice il signor de Torrenteros nella citata lettera, all'ultimo Alfiere, furono tutti tradotti sotto scorta a Villa S. Giovanni, ristretti in una casa a pian terreno, ed ivi da sentinelle custoditi. L'indomani accompagnati a Reggio, e da Plutino fatti imbarcare per Napoli, vigilati sempre dal Capitano Consonni dello Stato Maggiore di Cosenz. Melendez e Vial furono i soli due Generali che non tradirono in Calabria, di costui ragionerò tra non guari, di quello dico che fu giuocato e tradito da Ruiz e Briganti.
Melendez non è una notabilità militare come dice lo stesso signor de Torrenteros, ma non tradì, né difezionò come afferma il chiarissimo storico sig. Morisani: ed io non l'avrei fatto sfuggire al meritato biasimo se l'avessi trovato vile o traditore. Di fatti, il generale Melendez si lasciò poi giudicare in Gaeta da un Consiglio di guerra, e non solo risultò innocente di tutto quello che gli addebitava circa i fatti d'armi di Calabria, ma il Re gli diede il comando del Castello di Gaeta in quel glorioso assedio: esempio unico tra tutti quelli che subirono Consigli di guerra, e che risultarono innocenti, il solo Melendez ebbe un nuovo comando, ed un comando in Gaeta!...
Quasi tutti gli uffiziali dipendenti da Melendez furono ben ricevuti e trattati dal Re, a' quali Francesco II, diede poi degl'incarichi di somma importanza, che adempirono a maraviglia, e principalmente al Capo dello stato maggiore di quel Generale, Giovanni de' Torrenteros, che più tardi s'ebbe gradi a preferenza e meritò la croce dell'insigne Ordine di S. Ferdinando, e da Cavaliere di dritto di S. Giorgio fu elevato ad uffiziale dell'istesso ordine. - Lo sbandamento della Brigata Briganti, e la sorte toccata all'altra di Melendez cagionarono la cessione de' due Forti del littorale al solo apparire de' garibaldini. Il Castello di Scilla, atto a valida difesa, con 22 cannoni, la maggior parte de' quali batteano la strada regia era presidiato da una compagnia del 1° di linea, e da 50 soldati zappatori minatori, oltre degli artiglieri; il comandante Capitano Polistina, lo cedè quasi obbligato da' suoi subalterni introdotti in quel forte da Briganti di cui dipendeva. Il Polistina seguì poi il Re a Capua.
(Estratto dal libro di Giuseppe Buttà, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta).