giovedì 16 luglio 2015

La stazione di Nabresina e l'Imperatrice Elisabetta




La stazione di Nabresina (in italiano ed in tedesco), in sloveno Nabrežine. Ora il toponimo è diventato "Aurisina" ed è un caso unico perchè nemmeno gli irredentisti si sognarono di cambiargli il nome e si chiamava "Nabresina" anche sulle carte del Regio Esercito del 1915, quelle che avevano italianizzato centinaia di altri toponimi come il Monte "Nevoso", il "Monte Nero" e "Caporetto".
Sull'angolo sinistro dei 2 edifici, c'è un pezzo di granata murato alla rovescia dagli ita...liani, ricordo dei loro bombardamenti dalla Sdobba del 1917. Le stazioni di Opčine e Nabrežine erano due punti cruciali dei nostri rifornimenti militari per Trieste ed il fronte del basso e medio Isonzo, dove arrivavano con minime deviazioni, tutte le principali direttrici ferrate della Duplice Monarchia.
Il terzo punto nevralgico della nostra resistenza era la "testa di ponte di Tolmin" ed in particolare la ferrovia di Most na Soci, da dove arrivava la strada ferrata che risaliva la valle della Bača per giungere a Bohinjska Bistrica, Radovlica, Bled, Jesenice, passare sotto il tunnel ferroviario delle Karawanche e giungere a Villach, nel cuore della Carinzia, a poche ore da Vienna e dalla Baviera.
Dietro l'angolo sinistro dell'edificio più grande, c'è la "Franz Joseph Stube", ricavata nei locali del vecchio punto di ristoro, con i muri contornati di fotografie e ritratti. Dalle sue finestre sui binari, si vede il luogo dove c'era la villetta di Franz ed Elizabeth,che veniva a curarsi il "mal di petto" con l'aiuto dei medici del famoso sanatorio di Nabresina. Gli anziani del luogo possono mostrarvi dov'erano le stalle per i maiali del sanatorio, elemento fondamentale delle cure, per le proprietà emollienti del grasso di maiale.
E se questo Vi fa sorridere, provate la prossima volta che siete raffreddati, a nutrirvi con dell'ottimo "lardo batù", che consiste nel miglior lardo che possiate trovare, tritato con aglio, pepe e prezzemolo; spalmato sul pane nero, magari di segale col Kümmel, come si usa per il Liptauer. Ma a differenza del Litapuer che vuole la birra, il lardo batù chiama qualche bicchiere di vino rosso del carso, refosk o teràn che si è anche in zona. Oppure il più leggero ed aromatico Vitovska ricavato dall'uva Grganja, forse più adatto ai gusti di una principessa ed imperatrice; se invece preferiva il rosso, sarebbe stata in ottima compagnia di un'Imperatrice di 2 mila anni prima, di un'altro grande Impero che a differenza di quello Asburgico, non era stato chiamato e voluto dagli abitanti. Si trattava di Livia e del "mitico" vino Pucino.
Così l'Imperatrice Elisabetta si curava il "mal di petto", che per fortuna non risultò in seguito, nonostante le fosse stato diagnosticato da tutti i medici di corte. Il lardo ed il vino del carso fecero il miracolo oppure la tosse dell'Imperatrice era dovuta a qualche forma allergica e/o nervosa? Non lo sapremo mai: certamente i rimedi carsolini non le fecero male.

Fonte: Vota Franz Josef