Da "Il Nuovo Trentino" del 19 ottobre 1923 |
Perquisizioni delle case, sequestri, condanne, multe ed internamenti. Così gli italiani fecero sparire la memoria dei nostri nonni. Per un ritratto di Franz Joseph o di Elisabetta che tutti avevano in casa, fino al 1919 si finiva nei campi di concentramento.
Poi si subivano confische e persecuzioni, la maggior parte dei quadri finì distrutta, solo alcuni irriducibili li nascosero. Succedeva che nelle famiglie, la persona di maggior senno voleva distruggere tutto ma qualcuno era di parere contrario e nascondeva qualche ritratto agli stessi familiari fino a pochi anni orsono, come il quadro di Franz Joseph che orna il ristorante "da Ovidio" a Grado.
Il 1919 fu l'anno peggiore, quello degli arresti indiscriminati e delle morti nei campi di concentramento. Dal novembre 1918 alla primavera del 1919 fu il periodo dell'epurazione selvaggia: a Trento la "Legione Trentina" che agiva in nome di Battisti, a Trieste il "Comitato" degli irredentisti.
La loro attività fu sospesa dalle autorità di occupazione, che agivano con metodi meno rudi ed al confine della legalità. L'epurazione dei posti di lavoro è un altro discorso, il cenno serve per descrivere il clima.
Alcune famiglie distrussero le lettere, memorie e cimeli... specie se riguardavano chi era stato volontario. Un espediente diffuso ma conosciuto da tutti i carabinieri, era di mettere una foto di Franz dietro la cornice di un parente in montura austriaca, magari il marito morto al fronte e capovolgerla a seconda di chi visitsse la casa.
Anche questo non andava bene e tali ritratti sparirono, peggio ancora se si trattava di gendarmi o di ufficiali famosi e decorati, le quali famiglie erano sorvegliate a vista e la corrispondenza con i loro familiari espatriati, veniva sorvegliata.
Le cronache narrano di ex militari che tornavano a casa dalle caserme dei carabinieri privati dei simboli asburgici delle uniformi come poteva essere la fibbia, emblemi, mostrine o anche i bottoni dorati di marina, anche se erano ornati di una semplice ancora. E le decorazioni, che se il militare aveva con sè, rappresentavano un grave rischio.
Negli anni '20 i muri delle case, le credenze, i comodini ed i cassetti, erano ormai puliti ed intonsi. Pronti per ricevere l'iconografia italiana: il bambino in divisa da balilla, la giovane mamma "tanto bella" in divisa da giovane italiana, il caro padre in divisa da italiano che invadeva la Grecia, la Russia, l'Eritrea, la Yugoslvia eccetera cantando Giovinezza. E magari avendo avuto un cognome sloveno, tedesco, croato, ceko, ungherese..che gli fu cambiato quando era adolescente.
Ora si è alla 4° generazione che mette al mondo i propri figli ed inizia ad interessarsi dei bisnonni. Ma se i loro padri hanno fatto una carriera di dipendenti pubblici magari con le storiche "baby-pensioni" e secondo lavoro, questi non incoraggeranno i figli ed i nipoti a riflettere sulla nazionalità, la cittadinanza ed altre caratteristiche di quegli avi in fotografia con divisa austriaca, sempre più lontani nel tempo e dal cuore.
Caso mai assisteranno alla loro emigrazione e ne daranno la colpa alla Merkel ed alla UE, perchè tutto sommato, i loro conti con l'Italia sono in attivo e non hanno interesse di scavare nel passato per riscoprire le proprie radici. Non si sa mai cosa si può trovare scavando.
Fonte: Vota Franz Josef