giovedì 23 luglio 2015

Democrazia moderna e regalità di N.S.G.C.

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Fonte: http://radiospada.org/

Pubblichiamo ampi stralci dell’articolo “Democrazia moderna e regalità di Cristo”, tratto dal periodico cattolico Instaurare omnia in Christo, anno XXXIII, nn. 1-2, gennaio-agosto 2004

di Samuele Cecotti

Le sfide poste dal tentativo costituente europeo e dalla pretesa angloamericana d’esportare la democrazia (per la religiosità statunitense, estrema evoluzione degli assunti protestanti, Dio parla attraverso il Popolo, ciò, implicando una quasi totale coincidenza tra vox populi e vox Dei, postula la natura profetica della democrazia) in nome d’un God in tutto simile al G.A.D.U. filosofeggiato nelle Logge impongono a tutti i cattolici, pena la resa con disonore al modernismo politico, una seria analisi circa la natura della democrazia moderna.
La Chiesa non pone vincoli circa la forma di governo in quanto “ogni forma di governo per se stessa è buona e può essere messa in atto nel governo dei popoli” (Leone XIII, Au milieu des sollicitudes); dunque anche la democrazia trova spazio, una tra le tante, nel mare dei possibili regimi politici. È, invece, il concetto di democrazia connesso alla sovranità popolare venuto a prevalere oggi ad evidenziarsi come inconciliabile con la Verità cristiana.
Diversamente dalla politìa aristotelica, dalla norma repubblicana latina e dai regimi popolari ad esse succeduti, la moderna democrazia intende costituirsi, non a semplice forma di governo, bensì a unico legittimo concetto di sovranità: all’idea d’uno Stato, diversamente governato, fondante la propria legittimità sulla partecipazione allo “ordine stabilito da Dio” (Rm 13, 2) e il proprio agire sulla legge naturale, si sostituisce una Democrazia immanentista e laicista che assolutizza la volontà popolare negando ogni subordinazione della stessa a principi e autorità superiori così da sostituire fattivamente Dio con il Popolo. Una sì fatta democrazia totalitaria, tutt’altro che innocua, presenta i caratteri dell’inversione satanica quando pone a fondamento della propria autorità e legittimità l’adesione volontaristica della maggioranza espressa attraverso il consenso elettorale postulando ciò che beato Pio IX condannava ovvero che “auctoritatem nihil aliud esse nisi numeri et materialium virium summam” (Allocuzione Maxima quidem del 9 giugno 1862 e in Sillabo).
Diciamo satanica perché all’autorità derivata da Dio (“non c’è autorità che non venga da Dio” Rm 13, 1) si sostituisce la pseudoautorità derivata dal Popolo (inteso quale corpo elettorale costituito dai cittadini aventi diritto al voto) ridotto, da insieme di persone coscienti e raziocinanti ordinato secondo criteri qualitativi di competenza e natura, ad “una moltitudine – una massa informe” (Hegel, Lin. Par. 303 Ann.) meramente quantitativa e numerica. Ma fondare l’autorità sul popolo così inteso significa fondarla sulla materia, ovvero su quanto vi sia di più distante da Dio Atto puro: infatti “numerus stat ex parte materiae” (San Tommaso d’Aquino). La democrazia moderna ove “in luogo della giustizia vera e del diritto legittimo si sostituisce la forza materiale” (Pio IX, Lett. Enc. Quanta cura) è l’applicazione in campo politico del materialismo.
Strettamente legata al concetto moderno di democrazia è l’ideologia laicista più volte condannata dal Magistero. Infatti chiamando legge la volontà della maggioranza e diritto la libertà negativa, si rende assolutamente insopportabile la presenza di Dio e d’una giustizia immutabile e indifferente all’opinione dei più in quanto fondata sull’essere e non sul volere. […]
L’orrore intellettuale suscitato dalla moderna democrazia è, se possibile, acuito dall’adesione entusiastica alla stessa da parte del mondo politico cattolico non poche volte ridottosi a strenuo difensore degli assunti democratici-liberali. È opinione diffusa che la fede cristiana costituisca una sorta di giustificazione religiosa alla democrazia, al liberalismo e al giurisdizionalismo agnostico dimenticando l’insegnamento millenario del Magistero che oppone alla sovranità popolare (“La sovranità appartiene al popolo…” art. 1 Cost. Rep. It.) la regalità sociale di Cristo, condanna il liberalismo come dottrina mostruosa e prava, afferma il primato della legge naturale e divina sulla legge positiva riconoscendo alla Chiesa ( “Potestas – Ecclesiae – est utique coactiva” Giovanni XXII ) e al Sommo Pontefice (“Subisse Romano Pontifici omnes humanas creaturas declaramus” Bonifacio VIII; il Pontefice, venendo incoronato, riceveva dal Cardinale primo diacono la tiara con le parole: “Ricevi la tiara adorna di tre corone e sappi che sei il Padre dei Principi e dei Re e il Reggitore del Mondo, Vicario in Terra del Salvatore nostro Gesù Cristo a cui è onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen”) autorità superiore rispetto a qualunque potere temporale, concetto questo ribadito dai Romani Pontefici Pio VII (“non di anteporre ma di sottoporre la regia volontà ai Sacerdoti di Cristo” Diu satis 15 maggio 1800), beato Pio IX (condanna la tesi secondo la quale “nella collisione delle leggi dell’una e dell’altra potestà, dee prevalere il diritto civile” Ad Apostolicae sedis 22 agosto 1851) e molt’altri successori.
È nel riconoscimento della sovranità popolare che il modernismo politico conquista la sua più radicale vittoria componendo in sintesi cattolicesimo, preso nella sua forma liberale e democratico cristiana, marxismo e liberalismo uniti nella esaltazione irrazionale del Popolo quale unico legittimo Sovrano. Si trovano così uniti gli eretici modernisti, i romantici teorici del Popolo quale soggetto mistico della Storia capace d’incarnare teurgicamente lo Spirito Assoluto e quanti materialisti negano l’esistenza stessa della Giustizia riconoscendo, alla luce di mere considerazioni utilitaristiche e del principio ius in materiali facto consistere, al Popolo il diritto-dovere a ergersi Creatore ex nihilo della giustizia coincidente, per ciò stesso, con la legge positiva. Sarebbe utile per la chiarezza e il rigore dottrinale minacciati dal modernismo ribadire l’interpretazione dei passi evangelici (Lc 20, 25 e Gv 18, 36) troppo spesso letti quali anticipazioni del cavouriano “libera Chiesa in libero Stato” e dunque giustificazioni del laicismo.