domenica 27 aprile 2014

Un Papa che canonizza un eretico non è Papa!

Un Papa che canonizza un eretico non è Papa!
 
 
Come quando ci sono i mondiali di calcio e tutti gli italiani si fanno allenatori, così in questi giorni, per via delle presunte canonizzazioni di K. Wojtyla e di A. Roncalli, sul web, sui giornali, in tv e nei bar si leggono e si sentono centinaia di prone e grossolane apologie ai due figuri, come pure numerose confutazioni alla teologia degli stessi, accompagnate a tratti da teorie che talvolta travalicano i limiti della retta ragione. Il presente articolo non tratta specificatamente di K. Wojtyla e di A. Roncalli, bensì esclusivamente di Magistero e canonizzazioni. La cronaca contemporanea è solo il pretesto di partenza.
Negli ambienti definiti arbitrariamente di tradizionalismo (o si è cattolici, o si è altro), ci si interroga. Ovunque si legge: Come è possibile che un vero Papa possa canonizzare due soggetti che hanno oggettivamente contribuito alla devastazione, su larga scala, della trasmissione della fede e che sono stati dei veri e propri scandalizzatori di pusilli?
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Sul sito della rivista americana «The Remnant»[1] è stato pubblicato il pezzo «The Fast-tracked Canonization: A Lamentable Lack of Prudence» di Padre Celatus. Il sito italiano «Unavox» lo ha rilanciato fornendo la sua traduzione: «La canonizzazione superveloce: una deplorevole mancanza di prudenza»[2]. Si legge: «[…] sto suggerendo che in questo caso la canonizzazione potrebbe essere più una questione di volontà permissiva di Dio che permette, invece che della volontà attiva di Dio». Prosegue: «[…] il  superveloce processo è stato spogliato di elementi tradizionali come l’Avvocato del Diavolo, i molteplici miracoli e il trascorrere di un ragionevole lasso di tempo. Ciò solleva la domanda se la Chiesa discerne correttamente la volontà attiva di Dio o se invece porta avanti la propria volontà e la propria tabella di marcia». Dopo una breve dissertazione, su Pio XII, priva di alcuna pertinenza con il contesto attuale, l’autore conclude: «[…] è proprio questa prudenza che manca nella imminente canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II», pertanto «Il tempo e gli archivi un giorno potrebbero scagionare Papa Giovanni Paolo II, ma intanto la corsa alla canonizzazione mostra una deplorevole mancanza di prudenza».
Cosa vuol dire Padre Celatus? 1) Che Dio permetterebbe (non opponendosi) che un vero Papa canonizzi un soggetto privo degli opportuni requisititi, pertanto probabilmente dannato; 2) Che ciò può accadere perché oggigiorno la Chiesa non è prudente nell’istruttoria, nel discernimento e nello sviluppo della pratica di canonizzazione; 3) Che non si può credere che il candidato sia santo, difatti lo si condanna, tuttavia può accadere che lo studio prudente degli archivi un giorno scagioni il soggetto; 4) Dunque oggi la Chiesa canonizza un “non santo”, mentre domani, per ipotesi dell’autore, forse, gli archivi, se e quando saranno analizzati con maggior prudenza, dimostreranno che il soggetto è santo. Domanda: fino a quel punto, ovvero fino a quando la Chiesa non esaminerà prudentemente gli archivi, il cattolico medio, come me, cosa dovrebbe fare? Forse dovrebbe domandare a Padre Celatus se i santi sono santi, oppure se gli stessi non lo sono? È evidente che, visto che Padre Celatus non è Papa e non è universalmente raggiungibile (sic!), non è possibile ritenere questa ipotesi cedibile. Per di più, a prescindere dalle procedure e dai tempi, la Tradizione ed il Magistero ci insegnano che se un soggetto è santo ce lo insegna la Chiesa e non un privato cittadino, chiunque esso sia. Chi vi si contrappone risulta oltremisura ridicolo.
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Il sito «Catholic Family News»[3] ha pubblicato l’intervista allo storico Roberto De Mattei, «The “Canonizations”: CFN interviews Professor Roberto de Mattei», presto tradotta in italiano e ripresentata su «ConcilioVaticanoSecondo.it»[4], su «Corrispondenza Romana»[5] e su «Riscossa Cristiana»[6] con il titolo: «Le canonizzazioni del 27 aprile sono infallibili? Intervista al prof. Roberto de Mattei». Secondo il noto studioso di cose di Chiesa, punto di riferimento di alcuni gruppi ecclesiali legati al mondo della tradizione, «[…] la canonizzazione di Giovanni XXIII è un atto solenne del Sovrano Pontefice, che promana dalla suprema autorità della Chiesa e che va accolto con il dovuto rispetto, ma non è una sentenza  in sé stessa infallibile. Per usare un linguaggio teologico, è una dottrina non de tenenda fidei, ma de pietate fidei. Non essendo la canonizzazione un dogma di fede, non esiste per i cattolici un positivo obbligo di prestarvi assenso». Conclude: «L’esercizio della ragione, suffragato da un’accurata ricognizione dei fatti, dimostra con tutta evidenza che il pontificato di Giovanni XXIII non è stato di vantaggio alla Chiesa. Se dovessi ammettere che Papa Roncalli abbia esercitato in modo eroico le virtù svolgendo il suo ruolo di Pontefice minerei alla base i presupposti razionali della mia fede».
Secondo lo stimato storico prof. De Mattei, ebbene, Roncalli fu eterodosso, dunque la Chiesa può tranquillamente canonizzare un non santo. La Chiesa ed il Pontefice non godrebbero di alcuna infallibilità nella canonizzazione ed il popolano non deve affatto credervi, disobbedendo ordinariamente e disseminando tali convinzioni all’attenzione dei pusilli. Sinceramente, in anni ed anni di studio approfondito della teologia (di quella fondamentale in seminario), del Magistero e dell’apologetica (poi), non ho mai studiato nulla di simile. Anche in questo caso, quindi, il cattolico medio, come posso esserlo io, dovrebbe fidarsi di un laico che insegna su internet (ed altrove) e non del Vicario di Cristo in terra che insegna dalla Suprema Cattedra. È evidente, come nel caso di Padre Celatus, che il prof. De Mattei, sebbene colto e stimato storico, ancora non è stato designato al papato, dunque non è possibile ritenere questa ipotesi cedibile.
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Secondo «Dici»[7], Organo di informazione della FSSPX, con l’editoriale «Doutes sur la canonisation de Jean XXIII et de Jean-Paul II», tradotto da «Unavox»[8] e ripubblicato col titolo «Dubbii sulla canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II», quali sono i profondi dubbii che gravano sulla validità della beatificazione di Giovanni Paolo II? «La rapidità inaudita con cui ci si è affrettati ad istruire il processo, ed anche i fatti comprovati che hanno tristemente contrassegnato il suo pontificato, ma soprattutto l’“umanesimo” espresso dall’unità fondamentale del pensiero e dell’azione di Karol Wojtyla.  Tali dubbii rimangono inalterati in occasione dell’annuncio della sua canonizzazione, tanto più che nessuna autorità romana ha potuto o voluto rispondere ad essi». Prosegue: «I gravi problemi sollevati dalla beatificazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, le difficoltà che oggi implica la loro canonizzazione, obbligano ad interrogarsi sulla fondatezza delle beatificazioni e delle canonizzazioni effettuate a partire dal Concilio Vaticano II secondo una procedura nuova e con dei criterii inediti». Quindi: « Senza pretendere di esprimere una parola definitiva sulla questione (che è cosa riservata a Dio) quanto meno si possono sollevare tre difficoltà principali, sufficienti a rendere dubbia la fondatezza delle nuove beatificazioni e canonizzazioni. Le prime due che mettono in discussione l’infallibilità e la sicurezza di questi atti. La terza, che chiama in causa la loro stessa definizione. Prima difficoltà: l’insufficienza della procedura […].Seconda difficoltà: il collegialismo […]. Terza difficoltà: la virtù eroica [….]». Conclude: «Tre serie ragioni autorizzano il fedele cattolico e dubitare della fondatezza delle nuove beatificazioni e canonizzazioni. Si è davvero certi che nell’intenzione dei papi che hanno compiuto queste canonizzazioni di nuovo genere, la virtù eroica sia la stessa che era per i loro predecessori fino al Vaticano II?».
Anche in questo caso, come nei due precedenti, sebbene adesso (qui) siano compendiate le opinioni di vari autori, come per esempio quella del “cavallo di battaglia”[9] Don Jean-Michel Gleize (professore di ecclesiologia al seminario di Ecône), il popolano (es. io, mia nonna, la zia, il nipotino, ecc…) non dovrebbe fidarsi del Vicario di Cristo in terra, disobbedendogli con costanza, mentre dovrebbe fidarsi del redattore capo di «Dici». Dunque, stando a questa logica, gli atti ufficiali della Chiesa cattolica non sarebbero più pubblicati negli «A.A.S.», bensì su «Dici». Invito tutti i lettori, universalmente, a contattare «Dici» e Don Jean-Michel Gleize ogni qualvolta il Pontefice si esprime, così da sapere se questi fa bene o se sbaglia. Guai a non conoscere questi signori di periferia, verrebbe da dire, altrimenti come si fa a discernere il bene dal male? Si capisce l’inconcludenza pure di questo breve articoletto perché: 1) né «Dici» è l’organo ufficiale della Sala Stampa Vaticana; 2) né gli autori dello scritto sono Papi. Pertanto non è possibile ritenere questa ipotesi cedibile.
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Sempre il nostro stimato e loquace Don Michel Gleize, calca la mano sul sito italiano della FSSPX, editoriale «Le nuove canonizzazioni obbligano in coscienza tutti i fedeli cattolici?»[10]. Dopo una dissertazione dal sapore amaro dell’arbitrio e della prossimità allo scisma, es. «[…] le nuove canonizzazioni non obblig(a)no in coscienza; quindi, almeno agli occhi della Fraternità San Pio X, le nuove canonizzazioni non obbligano in coscienza», Don Michel Gleize ammette e nega più volte nello scritto alcuni concetti, es. «[…] la persona storica iscritta nel catalogo dei santi è veramente santa, ha ottenuto la beatitudine eterna e richiede un culto da parte di tutta la Chiesa […]», ma poi «[…] una misura di prudenza sul piano propriamente liturgico […] suppone, indirettamente, un giudizio circostanziato espresso non certo su tutte la nuove canonizzazioni ma [solo, NdR] su quelle che presentano una difficoltà evidente […]». Il succo è sempre lo stesso: «[…] dopo le riforme post-conciliari, l’atto della canonizzazione non si presenta più chiaramente come un atto di Magistero supremo del Sommo Pontefice».
A si? Invece un atto di Magistero supremo del Sommo Pontefice è sempre un atto di Magistero supremo del Sommo Pontefice, e questo che lo dice la Chiesa. Non stiamo mica giocando a scala quaranta, dove si tengono le carte buone e si scartano le cattive. Nuovamente per Don Michel Gleize, ogni qualvolta il Vicario di Cristo in terra promulga un atto di Magistero supremo e la Chiesa lo divulga (mezzo Organo di stampa ufficiale), noi popolani dovremmo necessariamente contattare il sacerdote in questione, colto e benedetto da Dio, o chi per lui, leggere le sue riviste provinciali, per ottenere approvazione o diniego. Davanti ad affermazioni simili, davvero inaccettabili, anche soggetti probabilmente agnostici[11], come Bergoglio, si sentono autorizzati a scrivere: «[condanno, NdR] […] il neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri […]»[12]. Qualcuno dovrebbe riferire a Don Michel Gleize (ed a chi lo magnifica) che il Papa non è lui e che la Chiesa universale “se ne frega” nel suo privato punto di vista, e tutto il mondo (pusilli inclusi) guarda a Roma, così come è sempre stato da 2.000 anni a questa parte, quindi non sarà certo lui a cambiare la Tradizione e la dottrina.
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Posto che qui nessuno mette in discussione il Magistero della Chiesa per ascoltare l’opinione personale e singolare di Don Michel Gleize, come non si discute sulla possibile buona fede del soggetto e/o sulla bontà della sua persona, si rende opportuna una richiesta impellente: stimato sacerdote e dottore, ci fornisca i suoi recapiti, per cortesia. Mi permetto di usare del sarcasmo non per mancar di rispetto ad un consacrato, bensì perché questi, dopo i precedenti, insiste e sfodera una doppietta :1) «Giovanni Paolo II: un nuovo santo per la Chiesa?»[13]; 2) «Giovanni Paolo II può essere canonizzato?»[14]. Nel primo scritto si legge: «[…] la canonizzazione di Giovanni Paolo II sarà davvero una novità, ma contestabile da chi vuol restare unito alla Tradizione della Chiesa». Nel secondo: «[…] nessun Papa può decidere di canonizzare chi non è santo. Se lo facesse, un tale atto potrà rivestire l’ingannevole apparenza di una canonizzazione ma non ingannerà coloro che lasceranno che l’insegnamento costante, rappresentato da tutte le canonizzazioni compiute in conformità con il pensiero della Chiesa, illumini la retta ragione; in particolare tutti i santi martiri, vittime delle persecuzioni scismatiche, eretiche, giudaiche o idolatre, sono la condanna sempre attuale all’ecumenismo professato dal Papa polacco».
Vorrei ricordare al dotto Don Michel Gleize che: 1) lui non è Papa; 2) un vero Papa non può canonizzare un dannato oppure un presunto tale e/o uno scandalizzatore di popoli; 3) chi vuol restare unito alla Tradizione della Chiesa DEVE insegnare innanzitutto che un vero Papa NON può canonizzare un dannato, altrimenti NON resta unito alla Tradizione, poiché la Tradizione dice questo; 4) se un sedente “canonizza” un dannato o cade in eresia pertinace e notoria, questi dimostra di essere stato spogliato da Cristo della Potestà di Giurisdizione, pertanto automaticamente il cattolico (consapevole ed informato) capirebbe che il sedente ha vacato la Sede. Ciò non lo dico certo io, ma lo insegnano san Bellarmino[15], sant’Alfonso[16], i canonisti esemplari Wernz e Vidal[17], Papa Innocenzo III[18],  Papa Paolo IV[19] e tanti altri! Nel mio testo «Apologia del Papato», in pubblicazione con EffediEffe, cito decine e decine di autori (Papi, Dottori, Santi, teologi e canonisti) che confermano questo sacrosanto principio.
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Ora, ciò detto (e con enorme dolore), vorrei far presente ai lettori che TUTTI gli articoli su elencati NON presentano una sola citazione di Magistero (inerente). Un normale studioso di teologia cattolica, forte anche degli insegnamenti della «Humani Generis» di Pio XII, capirebbe che stiamo parlando di private e malconce opinioni e non di Magistero della Chiesa.
La verità. è che, secondo la Chiesa, il solenne annuncio di canonizzazione di un soggetto è sempre una dichiarazione dalla Cattedra (sempre di autentico Magistero) che attesta la santità di un candidato deceduto, garantisce l’ortodossia di fede del soggetto, esalta le sue virtù eroiche, certifica che certamente il defunto è in Paradiso, propone ed impone alla Chiesa universale il giusto culto che gli si deve, quando e come previsto.
Come capiamo che la dichiarazione è certamente dalla Cattedra, pertanto implica l’infallibilità promessa (nella canonizzazione è teologia comune) da Gesù Cristo alla Chiesa universale (quindi a san Pietro ed i suoi successori)?
1) il Pontefice usa la Cattedra; 2) si esprime solennemente come Vicario di Cristo e Capo della Chiesa e non come dottore privato; 3) la sentenza non è riformabile, mai ed in nessun caso; 4) il pronunciamento è universale; 5) sentenzia che un culto diocesano, non universalmente vincolante poiché locale, diventa universale pertanto vincolante; 6) garantisce che emulando il santo, con l’aiuto della Grazia, ci si può salvare; 7) garantisce che l’intercessione del santo è “utile” per presentare le nostre preghiere presso Dio; 8) prevede l’esplicita invocazione dello Spirito Santo nella verità; 9) attesta la santità del soggetto agli occhi di Dio e non la veridicità di una particolare cronaca o storia che lo riguarda; 10) la dichiarazione esplicitamente presenta le proposizioni che contraddistinguono il carattere infallibile del pronunciamento; 11) il Pontefice manifesta inequivocabilmente l’intenzione di canonizzare una persona deceduta, non un archivio, un atto o una procedura; 12) egli si fa, dunque, garante presso l’uomo di una Sentenza già divina; 13) il fedele, ma anche l’esempio del prelato di campagna, non è tenuto a conoscere le procedure di canonizzazione, mentre è obbligato, pena embrione di scisma, a tenere il giusto culto che si deve al santo, nella totale e filiale obbedienza alla Chiesa ed al Papa; 14) la sentenza implica l’infallibilità della Chiesa e non la peccabilità di un archivista; 15) la Chiesa non canonizza e non presta culto a dannati. Ecc ecc ecc...
Conclusione. Gli articoli qui brevemente commentati, scritti probabilmente da persone in buona fede, presentano una teologia NON nota alla Chiesa, né mai approvata dalla Chiesa, difatti gli autori NON citano MAI il Magistero della Chiesa, né tanto meno l’opinione integrale dei Dottori, riguardante precisamente le canonizzazioni, il culto, la comunione dei santi e l’obbedienza. Essi rilanciano solo alcune personali opinioni private, usate strumentalmente, per di più contro i pronunciamenti di Magistero.
Nei seguenti scritti, invece, si cita parte del Magistero della Chiesa che riguarda le canonizzazioni. Si legga: 1) SULL’INFALLIBILITÀ NELLA CANONIZZAZIONE; 2) LA CANONIZZAZIONE DEI SANTI, QUANDO «CIVILTÀ CATTOLICA» ERA CATTOLICA!; 3) SAN TOMMASO, SANT’ALFONSO, LA CHIESA: L’INFALLIBILITÀ NELLA CANONIZZAZIONE; 4) Per chi non ha dimestichezza con la lettura è disponibile anche il seguente video molto semplice:
 
Morale. Un Papa che dovesse canonizzare un eretico, o uno scismatico, o un apostata, o uno scandalizzatore di pusilli, o un infedele, ecc… sarebbe sempre e certamente un NON-Papa poiché, data la fallacia della sua sentenza declaratoria dalla Cattedra (che invece sarebbe dovuta essere infallibilmente assistita), dimostrerebbe di aver perso il Primato di Giurisdizione, dunque il cattolico, pienamente consapevole ed informato, sarebbe moralmente tenuto a constatare la vacanza della Sede, con tutto ciò che ne consegue. Non sono note alla teologia cattolica (alla Tradizione ed al Magistero) altre teorie. Chiedo sinceramente scusa agli amici, tanti, della FSSPX e di altre Organizzazioni vicine alla Tradizione, ma davanti a determinate anti-tradizionali ed innovative invenzioni teologiche non posso tacere!
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Note:
[1] http://remnantnewspaper.com/web/index.php/articles/item/562-the-fast-tracked-canonization-a-lamentable-lack-of-prudence
[2] http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV795_Celatus_Canonizzazione_superveloce.html
[3] http://www.cfnews.org/page88/files/6f68a916ecfd1824ca26cf802db0c2fc-217.html
[4] http://www.conciliovaticanosecondo.it/articoli/le-canonizzazioni-del-27-aprile-sono-infallibili-intervista-al-prof-roberto-de-mattei/
[5] http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/le-canonizzazioni-del-27-aprile-sono-infallibili-intervista-al-prof-roberto-de-mattei/
[6] http://www.riscossacristiana.it/le-canonizzazioni-del-27-aprile-sono-infallibili-intervista-al-prof-roberto-de-mattei/
[7] http://www.dici.org/documents/doutes-sur-la-canonisation-de-jean-xxiii-et-de-jean-paul-ii/
[8] http://www.unavox.it/Documenti/Doc0661_Dubbii_su_canonizzazioni.html
[9] Il Courrier de Rome n° 341 (febbraio 2011), ha pubblicato uno studio intitolato Béatification et canonisation depuis Vatican II [Beatificazioni e canonizzazioni dopo il Vaticano II]
[10] http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=1323:le-nuove-canonizzazioni-obbligano-in-coscienza-tutti-i-fedeli-cattolici&catid=64&Itemid=81
[11] http://radiospada.org/2014/04/il-matrimonio-breve-apologia-contro-lagnosticismo-di-bergoglio-e-di-kasper/
[12] Cf. Evangelii Gaudium
[13] http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV792_Don-Gleize_GPII_un_nuovo_santo.html
[14] http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV793_Don-Gleize_GPII_canonizzato.html
[15] «Un papa che è eretico manifesto cessa (per se) automaticamente di essere papa e di comandare, così come cessa automaticamente di essere un cristiano e un membro della Chiesa. Quindi, egli può essere giudicato e punito dalla Chiesa. Questo è l'insegnamento di tutti gli antichi Padri che insegnano che gli eretici manifesti perdono immediatamente qualsiasi giurisdizione» (Cfr. De Romano Pontifice. II, 30).
[16] «[…] La seconda cosa certa si è, che quando in tempo di scisma si dubita, chi fosse il vero papa, in tal caso il concilio può esser convocato da’cardinali, e da’ vescovi; ed allora ciascuno degli eletti è tenuto di stare alla definizione del concilio, perchè allora si tiene come vacante la sede apostolica. E lo stesso sarebbe nel caso, che il papa cadesse notoriamente e pertinacemente in qualche eresia. Benché allora, come meglio dicono altri, non sarebbe il papa privato del pontificato dal concilio come suo superiore, ma ne sarebbe spogliato immediatamente da Cristo, divenendo allora soggetto affatto inabile, e caduto dal suo officio» (Cfr. Verità della Fede Volume primo, Giacinto Marietti, Torino, 1826, alla pagina 142)
[17] «Attraverso la divulgazione aperta dell'eresia, per via di questo fatto (ipso facto), si ritiene che il Romano Pontefice caduto nell'errore debba essere privato del potere di giurisdizione anche prima di qualsiasi sentenza di accertamento da parte della Chiesa [...]. Un papa che è caduto nell'eresia pubblica cesserebbe ipso facto di essere un membro della Chiesa; perciò, egli cesserebbe anche di essere il capo della Chiesa» (Cfr. Ius Canonicum, II, 453)
[18] «Nondimeno, il Romano Pontefice non deve vantarsi, perché può essere giudicato dagli uomini, o piuttosto, può essere chiamato in giudizio, se puzza manifestamente di eresia. Perché colui che non crede è già giudicato» (Cfr. Cfr. Sermo 4: In Consecratione PL 218: 670)
[19] Bolla Cum ex Apostolatus Officio
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