domenica 27 aprile 2014
La Divina Misericordia nelle parole di Papa Francesco
In questa Domenica in Albis, dedicata alla Divina Misericordia e all’Apostolo Tommaso, offro ai lettori di Radio Spada (terminando questo scritto dopo la fine della Novena alla Divina Misericordia, la confessione sacramentale e la celebrazione della Festa) alcune citazioni di Papa Francesco sulla Divina Misericordia e sul Sacramento della Confessione, tratte da alcune sue omelie: possano essere per tutti fonte di ispirazione e di intensificazione della preghiera in questa Domenica ricca di Grazia e per tutto il Tempo di Pasqua, e possano Santa Maria Faustina Kowalska e San Giovanni Paolo II pregare e impetrare per noi dal Sacro Cuore di Gesù la Misericordia di cui abbiamo così tanto bisogno!
“Da una parte c'è...il popolo che voleva sentire le parole di Gesù, il popolo di cuore aperto, bisognoso della Parola di Dio...dall'altra ci sono...altri, che non sentivano niente, non potevano sentire; e sono quelli che sono andati con quella donna: «Senti, Maestro, questa è una tale, è una quale… Dobbiamo fare quello che Mosè ci ha comandato di fare con queste donne»"
"Siamo questo popolo che, da una parte vuole sentire Gesù, ma dall'altra, a volte, ci piace bastonare gli altri, condannare gli altri...Gesù ci viene incontro e ci perdona...quando noi riconosciamo che siamo peccatori...Ma se non ammettiamo di essere peccatori, allora...non conosciamo il Cuore del Signore, e non avremo mai la gioia di sentire questa Misericordia"
"Non è facile affidarsi alla Misericordia di Dio, perché quello è un abisso incomprensibile. Eppure...dobbiamo farlo"
"«Oh, padre, se lei conoscesse la mia vita, non mi parlerebbe così!". "Perché?, cosa hai fatto?". "Oh, ne ho fatte di grosse!". "Meglio! Vai da Gesù: a Lui piace se gli racconti queste cose!"»...Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiederGli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare. Chiediamo questa grazia."
"Colpisce che da Gesù non sentiamo parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma soltanto parole di amore, di Misericordia...che invitano alla conversione: «non peccare più»."
"Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che Lui ha con ciascuno di noi? Quella è la Sua Misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a Lui con il cuore contrito. "Grande è la Misericordia del Signore", dice il Salmo."
"«Misericordia è la parola che cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto»."
"È venuta da me una donna anziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’ho guardata e le ho detto: "Nonna – perché da noi si dice così agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?". "Sì", mi ha detto. "Ma se lei non ha peccato …". E lei mi ha detto: "Tutti abbiamo peccati …". "Ma forse il Signore non li perdona …". "Il Signore perdona tutto", mi ha detto: sicura. "Ma come lo sa, lei, signora?". "Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe". Io ho sentito una voglia di domandarle: "Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?", perché quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore verso la Misericordia di Dio."
"Il problema è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono»."
"Invochiamo...la Madonna, che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta Uomo."
"Non dimenticate questo: il Signore mai si stanca di perdonare! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono.”
(dall’Angelus del 17-3-2013)
“San Tommaso...fa esperienza proprio della Misericordia di Dio, che ha un Volto concreto, quello di Gesù, di Gesù Risorto."
"La pazienza: Gesù non abbandona il testardo Tommaso nella sua incredulità; gli dona una settimana di tempo, non chiude la porta, attende."
"Tommaso si lascia...avvolgere dalla Misericordia Divina, La vede davanti a sé, nelle ferite delle mani e dei piedi, nel costato aperto, e ritrova la fiducia: è un uomo nuovo, non più incredulo, ma credente."
"Anche Pietro incontra...lo sguardo di Gesù che, con pazienza, senza parole gli dice: "Pietro, non avere paura della tua debolezza, confida in Me"; e Pietro comprende, sente lo sguardo d’amore di Gesù e piange."
"Non perdiamo mai la fiducia nella Misericordia paziente di Dio!"
"Lo stile di Dio: non è impaziente come noi, che spesso vogliamo tutto e subito, anche con le persone. Dio è paziente con noi perché ci ama, e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia i ponti, sa perdonare, ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati! Lui non è mai lontano, e se torniamo a Lui, è pronto ad abbracciarci."
"A proposito del Figliol Prodigo...aveva dimenticato il figlio? No, mai. E' lì, lo vede da lontano, lo stava aspettando ogni giorno, ogni momento: è sempre stato nel suo cuore come figlio, anche se lo aveva lasciato, anche se aveva sperperato tutto il patrimonio, cioè la sua libertà; il Padre con pazienza e amore, con speranza e misericordia non aveva smesso un attimo di pensare a lui, e appena lo vede ancora lontano gli corre incontro e lo abbraccia con tenerezza, la tenerezza di Dio, senza una parola di rimprovera: è tornato!"
"Dio risponde alla nostra debolezza con la sua pazienza e questo è il motivo della nostra fiducia, della nostra speranza...La pazienza di Dio deve trovare in noi il coraggio di ritornare a Lui, qualunque errore, qualunque peccato ci sia nella nostra vita: nel sentire il mio peccato, nel guardare il mio peccato io posso vedere e incontrare la Misericordia di Dio, il Suo Amore e andare da Lui per ricevere il perdono."
"«Attraverso … le ferite io posso succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia (cfr Dt 32,13), cioè gustare e sperimentare quanto è buono il Signore»...«mio merito è la Misericordia di Dio. Non sono certamente povero di meriti finché lui sarà ricco di Misericordia. Che se le Misericordie del Signore sono molte, io pure abbonderò nei meriti»...«Ma che dire se la coscienza mi morde per i molti peccati? "Dove è abbondato il peccato è sovrabbondata la grazia" (Rm 5,20).» Forse qualcuno potrebbe pensare: il mio peccato è così grande, la mia lontananza da Dio è come quella del figlio minore della parabola, la mia incredulità è come quella di Tommaso; non ho il coraggio di tornare, di pensare che Dio possa accogliermi e che stia aspettando proprio me. Ma Dio aspetta proprio te, ti chiede solo il coraggio di andare a Lui."
"Nella mia vita personale ho visto tante volte il Volto Misericordioso di Dio, la Sua pazienza, ho visto anche in tante persone il coraggio di entrare nelle Piaghe di Gesù dicendogli: Signore sono qui, accetta la mia povertà, nascondi nelle Tue Piaghe il mio peccato, lavalo col Tuo Sangue"
"Lasciamoci afferrare dalla proposta di Dio, la sua è una carezza di amore. Per Dio noi non siamo numeri, siamo importanti, anzi siamo quanto di più importante Egli abbia; anche se peccatori, siamo ciò che Gli sta più a cuore...lasciamoci avvolgere dalla Misericordia di Dio; confidiamo nella Sua pazienza che sempre ci dà tempo; abbiamo il coraggio di tornare nella Sua casa, di dimorare nelle ferite del Suo Amore, lasciandoci amare da Lui, di incontrare la Sua Misericordia nei Sacramenti. Sentiremo la Sua tenerezza, tanto bella, sentiremo il Suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore"
"Abbiamo anche noi più coraggio di testimoniare la fede nel Cristo Risorto! Non dobbiamo avere paura di essere cristiani e di vivere da cristiani! Noi dobbiamo avere questo coraggio di andare e annunziare Cristo Risorto perché Lui è la nostra pace.”
(dall’omelia del 7-4-2013)
“Il Vangelo di oggi, capitolo 10 di Luca, è la famosa parabola del Buon Samaritano. Chi era il samaritano? Era uno qualunque, che scendeva da Gerusalemme verso Gerico. Da poco su quella strada un uomo era stato assalito dai briganti. Prima del samaritano passano un sacerdote e un levita, cioè due persone addette al culto nel Tempio del Signore. Vedono il poveretto, ma passano oltre senza fermarsi. Invece il samaritano quando vide quell'uomo, dice il Vangelo “ne ebbe compassione”. Si avvicinò, gli fasciò le ferite, lo portò in un albergo e pagò l’alloggio per lui. Insomma: si prese cura per lui. È l’esempio dell’amore per il prossimo.
Ma perché Gesù sceglie un samaritano come protagonista della parabola? Perché i samaritani erano disprezzati dai Giudei, invece Gesù fa vedere che il cuore di quel samaritano era buono e generoso a differenza del sacerdote e del levita. Gesù vuole questo da noi, vuole un cuore misericordioso, che fa quello che fa il samaritano che imita la misericordia di Dio verso chi ha bisogno.”
(dall’Angelus del 14-7-2013)
“La Misericordia di Dio non ha limiti, se ci si rivolge a Lui con cuore sincero e contrito.”
(dall’intervista a “la Repubblica” dell’11-9-2013)
“Tutte e tre queste parabole parlano della gioia di Dio. Dio è gioioso. Interessante questo: Dio è gioioso! E qual è la gioia di Dio? La gioia di Dio è perdonare, la gioia di Dio è perdonare! E’ la gioia di un Pastore che ritrova la sua pecorella; la gioia di una donna che ritrova la sua moneta; è la gioia di un Padre che riaccoglie a casa il figlio che si era perduto, era come morto ed è tornato in vita, è tornato a casa. Qui c’è tutto il Vangelo! Qui! Qui c’è tutto il Vangelo, c’è tutto il Cristianesimo!”
"Ognuno di noi è quella pecora smarrita, quella moneta perduta, quel figlio che ha sciupato la propria libertà seguendo idoli falsi. Ma Dio non ci dimentica, il Padre non ci abbandona mai, è un Padre paziente, ci aspetta sempre, rispetta la nostra libertà ma rimane sempre fedele. Quando ritorniamo a Lui ci accoglie come figli nella Sua casa, perché non smette mai neppure per un momento di aspettarci con amore. Il Suo Cuore è in festa per ogni figlio che ritorna."
"Ma guardate che non è sentimento, non è “buonismo”! Al contrario, la Misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo dal “cancro” che è il peccato, il male morale, il male spirituale. Solo l’amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nel cuore e nella storia"
"Dio elargisce la Sua Misericordia...quando uno di noi peccatore va da Lui e chiede il Suo perdono."
“Il pericolo è che noi pretendiamo di essere giusti e giudichiamo gli altri e giudichiamo anche Dio, perché pensiamo che dovrebbe castigare i peccatori, condannarli a morte, invece di perdonare. Allora sì che rischiamo di rimanere fuori dalla casa del Padre! Come quel fratello maggiore della parabola, che invece di essere contento perché suo fratello è tornato, si arrabbia con il Padre che lo ha accolto e fa festa. Se nel nostro cuore non c’è la misericordia, la gioia del perdono, non siamo in comunione con Dio, anche se osserviamo tutti i precetti, perché è l’amore che salva, non la sola pratica dei precetti. È l’amore per Dio e per il prossimo che dà compimento a tutti i comandamenti. Questa è la Sua gioia: perdonare.”
“Forse qualcuno ha nel cuore qualcosa di pesante che ha fatto. Lui ti aspetta, lui è Padre, sempre ci aspetta. Se noi viviamo secondo la legge “occhio per occhio e dente per dente” non usciamo mai dalla spirale del male. Il maligno è furbo e ci illude che con la giustizia umana possiamo salvarci e salvare il mondo, e in verità solo la giustizia di Dio, che si è rivelata nella Croce. ci può salvare. La Croce è il giudizio di Dio su di noi e su questo mondo: Dio ci giudica dando la vita per noi, questo atto supremo di giustizia è anche l’atto supremo di misericordia. Siate misericordiosi come il Padre vostro è Misericordioso”
“È la Croce...l’atto supremo di giustizia che ha sconfitto una volta per tutte il principe di questo mondo; e questo atto supremo di giustizia è proprio anche l’atto supremo di Misericordia.”
“L’esperienza della Misericordia…è il giudizio di Dio su di noi e su questo mondo: Dio ci giudica dando la vita per noi, questo atto supremo di giustizia è anche l’atto supremo di Misericordia.”
(dall’Angelus del 15-9-2013)
"-Perché “misericordiando”? La gente non lo capisce molto bene ma piace tanto.
-Il gerundio latino “miserando” è intraducibile sia in italiano che in spagnolo. Mi è venuto in mente di tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando."
-Una bella trovata. O meglio, un bel neologismo “papale-papale”. Anche perché in spagnolo, e anche in italiano, “miserando” suona più a misero che a misericordioso, il che non solo non c’entra niente ma sono addirittura termini opposti.
-Può darsi…
-C’è da dire che tu sempre hai avuto a che fare con la Misericordia.
-Sono un peccatore sul quale il Signore ha guardato e posato il suo sguardo.
-“Miserando atque eligendo”, quando sei stato scelto Cardinale mi avevi spiegato questo tuo motto con parole simili: scelto per misericordia…
-Proprio così. Lo credo e lo vivo."
"Il confessore, ad esempio, corre sempre il pericolo di essere o troppo rigorista o troppo lasso. Nessuno dei due è misericordioso, perché nessuno dei due si fa veramente carico della persona. Il rigorista se ne lava le mani perché lo rimette al comandamento. Il lasso se ne lava le mani dicendo semplicemente “questo non è peccato” o cose simili. Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate.”
(Dall’intervista a “la Civiltà Cattolica” del 20-9-2013)
"La Chiesa è tale perché è lo spazio, la casa in cui ci viene annunciata tutta intera la fede, in cui la salvezza che ci ha portato Cristo viene offerta a tutti. La Chiesa ci fa incontrare la Misericordia di Dio che ci trasforma perché in Essa è presente Gesù Cristo, che le dona la vera confessione di fede, la pienezza della vita sacramentale, l’autenticità del ministero ordinato. Nella Chiesa ognuno di noi trova quanto è necessario per credere, per vivere da cristiani, per diventare santi, per camminare in ogni luogo e in ogni epoca."
"In famiglia a ciascuno di noi è donato tutto ciò che ci permette di crescere, di maturare, di vivere. Non si può crescere da soli, non si può camminare da soli, isolandosi, ma si cammina e si cresce in una comunità, in una famiglia. E così nella Chiesa. Solo nella Chiesa noi possiamo ascoltare la Parola di Dio, sicuri che è il messaggio che il Signore ci ha donato,...solo qui troviamo...i Sacramenti che sono le finestre aperte attraverso le quali ci viene data la luce di Dio, dei ruscelli ai quali attingiamo la vita stessa di Dio; nella Chiesa impariamo a vivere la comunione, l’amore che viene da Dio. Ciascuno di noi può chiedersi oggi: quando io vado in chiesa, è come se io fossi allo stadio, a una partita di calcio? È come se fossi al cinema? No! È un’altra cosa! Partecipo alla vita di comunità o vado in chiesa e mi chiudo nei miei problemi, isolandomi dagli altri? In questo primo senso, la Chiesa è Cattolica perché è la casa di tutti: tutti sono figli della Chiesa e tutti sono in quella casa."
(dall’Udienza Generale del 9-10-2013)
“Il fariseo, tanto sicuro di sè stesso, si posiziona…davanti all’altare, ringraziando Dio di non essere come il pubblicano che invece solo chiedeva la pietà del Signore, riconoscendosi peccatore…Il segno che Gesù promette per il Suo perdono, tramite la Sua Morte e la sua Risurrezione è la Sua Misericordia: “Misericordia voglio e non sacrifici”.”
“Quanti cristiani pensano che saranno salvati soltanto per le loro opere. Le opere sono necessarie, ma sono una conseguenza di quell'Amore Misericordioso che ci salva. Ma le opere sole, senza questo Amore Misericordioso, non servono…La salvezza giungerà solo grazie alla…Misericordia di Dio in Gesù Cristo, morto e risorto per noi.”
(dall’omelia del 14-10-2013)
“Ma nel primo annuncio la nuova evangelizzazione…non può che usare il linguaggio della Misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole.”
(dal discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione del 14-10-2013)
“Questa è la nostra lotta di tutti i giorni. E noi non sempre abbiamo il coraggio di parlare come parla Paolo su questa lotta. Sempre cerchiamo una via di giustificazione: “Ma sì, siamo tutti peccatori”. Ma lo diciamo così, no? Questo lo dice drammaticamente: è la lotta nostra. E se noi non riconosciamo questo, mai possiamo avere il perdono di Dio.”
“La Chiesa chiede a tutti noi di confessare umilmente i nostri peccati al fratello prete. San Giacomo…invitava i cristiani così: «“Confessate tra voi i peccati”. Non per fare pubblicità, ma per dare gloria a Dio», per affermare che «è Lui che mi salva».”
“Alcuni dicono: “Ah, io mi confesso con Dio”. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no? Dio è là lontano, non c’è un faccia a faccia, non c’è un quattrocchi. Paolo confessa la sua debolezza ai fratelli faccia a faccia…Altri invece…si confessano di cose tanto eteree, tanto nell’aria, che non hanno nessuna concretezza. E quello è lo stesso che non farlo». “Ma la Riconciliazione…confessare i peccati non è andare ad una seduta di psichiatria, neppure andare in una sala di tortura: è dire al Signore “Signore sono peccatore”, ma dirlo tramite il fratello, perché questo dire sia anche concreto: “Sono peccatore per questo, per questo e per questo”.”
“Quando un bambino viene a confessarsi, mai dice una cosa generale: “Ma, padre ho fatto questo e ho fatto questo a mia zia, all’altro ho detto questa parola” e dicono la parola. Fate come i bambini...che sono concreti, hanno...la semplicità della verità. Gli adulti sono invece più propensi a...nascondere la realtà delle nostre miserie.”
“Confessatevi con umiltà e concretezza. Una cosa bella...Quando noi confessiamo i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarsi davanti a Dio è una grazia. È una grazia: “Io mi vergogno”. Pensiamo a Pietro quando, dopo il miracolo di Gesù nel lago: “Ma, Signore, allontanati da me, io sono peccatore”. Si vergognava del suo peccato davanti alla santità di Gesù Cristo.”
(dall’omelia del 25-10-2013)
“Zaccheo è una pecora perduta, amico degli occupanti romani, ladro, sfruttatore, ma non c’è professione, condizione sociale, non c’è peccato o crimine di alcun genere che possa cancellare dalla memoria o dal Cuore di Dio uno solo dei suoi figli…Lasciamoci chiamare per nome da Gesù come Zaccheo. Non c’è peccato che ci cancella dal Suo Cuore”
“Impedito dall'avvicinarsi a Gesù, probabilmente a motivo della sua cattiva fama, ed essendo piccolo di statura, Zaccheo si arrampica su un albero, per poter vedere il Maestro che passa. Questo gesto esteriore, un po’ ridicolo, esprime però l’atto interiore dell’uomo che cerca di portarsi sopra la folla per avere un contatto con Gesù. Zaccheo stesso non sa il senso profondo del suo gesto; nemmeno osa sperare che possa essere superata la distanza che lo separa dal Signore; si rassegna a vederlo solo di passaggio. Ma Gesù, quando arriva vicino a quell'albero, lo chiama per nome: «”Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Quell'uomo piccolo di statura, respinto da tutti e distante da Gesù, è come perduto nell'anonimato; ma Gesù lo chiama, e quel nome ha un significato pieno di allusioni: Zaccheo infatti vuol dire “Dio ricorda”.”
“Gesù va nella casa di Zaccheo, suscitando le critiche di tutta la gente di Gerico, perché anche in quel tempo si chiacchierava: Ma come? Con tutte le brave persone che ci sono in città, va a stare proprio da quel pubblicano? Sì, perché lui era perduto; e Gesù dice: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza”. In casa di Zaccheo, da quel giorno, entrò la gioia, la pace la salvezza. Entrò Gesù.”
“Dio non dimentica nessuno di quelli che ha creato; Egli è Padre, sempre in attesa di veder rinascere nel cuore del figlio il desiderio del ritorno a casa. E quando riconosce quel desiderio, anche semplicemente accennato, e tante volte quasi incosciente, subito gli è accanto, e con il suo perdono gli rende più lieve il cammino della conversione e del ritorno. Guardiamo quell’uomo oggi sull’albero: è ridicolo, ma è un gesto di salvezza. E io dico a te: se tu hai un peso sulla tua coscienza, se tu hai vergogna di tante cose che hai commesso, fermati un po’, non spaventarti. Pensa che Qualcuno ti aspetta perché mai ha smesso di ricordarti; e questo Qualcuno è tuo Padre, è Dio che ti aspetta! Arrampicati, come ha fatto Zaccheo, sali sull’albero della voglia di essere perdonato; io ti assicuro che non sarai deluso. Io ti dico che Gesù mai si stanca di perdonare. Fratelli e sorelle lasciamoci anche noi chiamare per nome da Gesù! Nel profondo del cuore, ascoltiamo la sua voce che ci dice: “Oggi devo fermarmi a casa tua”, cioè nella tua vita. E accogliamoLo con gioia: Lui può cambiarci, può trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, può liberarci dall’egoismo e fare della nostra vita un dono d’amore. Gesù può farlo.”
(dall’Angelus del 3-11-2013)
“Lui non si stanca di perdonare, soltanto alla condizione di non voler fare questa doppia vita, di andare da Lui pentiti: “Perdonami, Signore, sono peccatore!”. “Ma, vai avanti, vai avanti: io lo so”. E così è il Signore. Chiediamo oggi la grazia allo Spirito Santo che fugge da ogni inganno, chiediamo la grazia di riconoscerci peccatori: siamo peccatori.”
(dall’omelia del 11-11-2013)
“Nostro Padre, come un padre con suo figlio, ci insegna a camminare. Ci insegna ad andare per la strada della vita e della salvezza. Sono le mani di Dio che ci carezzano nei momenti del dolore, ci confortano. È nostro Padre che ci accarezza! Dio non ci dà schiaffi, ma carezze. E…in queste carezze, tante volte, c’è il perdono. Gesù, Dio, ha portato con sé le sue piaghe: le fa vedere al Padre. Questo è il prezzo: le mani di Dio sono mani piagate per amore! E questo ci consola.”
“Le mani di Dio ci guariscono dalle nostre malattie spirituali. Pensiamo alle mani di Gesù, quando toccava gli ammalati e li guariva…Sono le mani di Dio: ci guariscono! Io non mi immagino Dio che ci dà uno schiaffo! Ci rimprovera, ma mai ci ferisce. Anche quando deve rimproverarci lo fa con una carezza, perché è Padre. Affidiamoci alle mani di Dio, come un bambino si affida alla mano del suo papà. È una mano sicura quella!”
(dall’omelia del 12-11-2013)
“Al Battesimo…è legata la nostra fede nella remissione dei peccati. Il Sacramento della Penitenza o Confessione è, infatti, come un “secondo battesimo”, che rimanda sempre al primo per consolidarlo e rinnovarlo…dal Battesimo è cominciato…un cammino verso Dio che dura tutta la vita, un cammino di conversione che è continuamente sostenuto dal Sacramento della Penitenza. Pensate a questo: quando noi andiamo a confessarci delle nostre debolezze, dei nostri peccati, andiamo a chiedere il perdono di Gesù, ma andiamo pure a rinnovare il Battesimo con questo perdono.”
"Il Battesimo è…un intervento potente della Misericordia di Dio nella nostra vita, per salvarci. Questo intervento salvifico non toglie alla nostra natura umana la sua debolezza – tutti siamo deboli e tutti siamo peccatori –; e non ci toglie la responsabilità di chiedere perdono ogni volta che sbagliamo! Io non mi posso battezzare più volte, ma posso confessarmi e rinnovare così la grazia del Battesimo. È come se io facessi un secondo Battesimo. Il Signore Gesù è tanto buono e mai si stanca di perdonarci. Anche quando la porta che il Battesimo ci ha aperto per entrare nella Chiesa si chiude un po’, a causa delle nostre debolezze e per i nostri peccati, la Confessione la riapre, proprio perché è come un secondo Battesimo che ci perdona tutto e ci illumina per andare avanti con la luce del Signore.”
(dall’Udienza Generale del 13-11-2013)
“La bellezza dell’Amore di Dio e l’annuncio della Divina Misericordia siano il cuore della missione!”
“Vi propongo…una medicina speciale per concretizzare i frutti dell’Anno della Fede, che volge al termine. È una “medicina spirituale” chiamata “Misericordina”. Una scatolina di 59 granelli intracordiali,…una corona del Rosario, con la quale si può pregare anche la “Coroncina della Misericordia”, aiuto spirituale per la nostra anima, e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità... non dimenticatevi di prenderla perchè fa bene al cuore all’ anima a tutta la vita!”
(dall’Angelus del 17-11-2013)
“Innanzitutto il protagonista del perdono è lo Spirito Santo. Nella sua prima apparizione agli Apostoli, nel cenacolo, Gesù fece il gesto di soffiare su di loro dicendo: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Gesù, trasfigurato nel suo corpo, è l’uomo nuovo che offre i doni pasquali frutto della sua morte e risurrezione: e quali sono questi doni? La pace, la gioia, il perdono dei peccati, la missione, ma soprattutto dona lo Spirito Santo che di tutto questo è la sorgente. Dallo Spirito Santo vengono tutti questi doni. E questo è molto bello, guardare Gesù così.”
“Queste ferite rappresentano il prezzo della nostra salvezza. Lo Spirito Santo ci porta il perdono di Dio “passando attraverso” le Piaghe di Gesù, e per la forza di queste Piaghe, i nostri peccati sono perdonati. Così Gesù ha dato la Sua vita per la nostra pace, per la nostra gioia, per la grazia nella nostra anima, per il perdono dei nostri peccati.”
“È un po’ difficile capire come un uomo può perdonare i peccati, ma Gesù dà questo potere…La Chiesa è depositaria del potere delle chiavi, di aprire o chiudere al perdono…Lui stesso ha voluto che quanti appartengono a Cristo e alla Chiesa, ricevano il perdono mediante i ministri della Comunità. La Misericordia di Dio mi raggiunge…attraverso il ministero apostolico.”
“Dio perdona ogni uomo nella Sua sovrana Misericordia, ma Lui stesso ha voluto che quanti appartengono a Cristo e alla sua Chiesa, ricevano il perdono mediante i ministri della Comunità. Attraverso il ministero apostolico la Misericordia di Dio mi raggiunge, le mie colpe sono perdonate e mi è donata la gioia. In questo modo, Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione ecclesiale, comunitaria. E questo è molto bello. La Chiesa, che è santa e insieme bisognosa di penitenza, accompagna il nostro cammino di conversione per tutta la vita. La Chiesa non è padrona del potere delle chiavi, ma è serva del ministero della Misericordia e si rallegra tutte le volte che può offrire questo dono divino.”
“Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono, a nome della Chiesa.”
“Oggi…tante persone forse non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono, perché domina sempre l’individualismo, il soggettivismo, e anche noi cristiani ne risentiamo. Certo, Dio perdona ogni peccatore pentito, personalmente, ma il cristiano è legato a Cristo, e Cristo è unito alla Chiesa. Per noi cristiani c’è un dono in più, e c’è anche un impegno in più: passare umilmente attraverso il ministero ecclesiale. Questo dobbiamo valorizzarlo; è un dono, una cura, una protezione e anche è la sicurezza che Dio mi ha perdonato. Io vado dal fratello sacerdote e dico: “Padre, ho fatto questo…”. Ma io ti perdono: è Dio che perdona e io sono sicuro, in quel momento, che Dio mi ha perdonato. E questo è bello, questo è avere la sicurezza che Dio ci perdona sempre, non si stanca di perdonare. E non dobbiamo stancarci di andare a chiedere perdono. “Ma, padre, a me dà vergogna andare a dire i miei peccati…” Si può provare vergogna a dire i peccati, ma le nostre mamme e le nostre nonne dicevano che è meglio diventare rosso una volta che non giallo mille volte. Si diventa rossi una volta, ma ci vengono perdonati i peccati e si va avanti.”
“Il sacerdote è uno strumento per il perdono dei peccati. Il perdono di Dio che ci viene dato nella Chiesa, ci viene trasmesso per mezzo del ministero di un nostro fratello, il sacerdote. Naturalmente, anche il sacerdote è un uomo come noi che ha bisogno di Misericordia, diventa veramente strumento di Misericordia, donandoci l’Amore senza limiti di Dio Padre. Anche i sacerdoti devono confessarsi, anche i Vescovi: tutti siamo peccatori. Confessatevi. Anche il Papa si confessa ogni quindici giorni, perché anche il Papa è un peccatore. E il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona, perché tutti abbiamo bisogno di questo perdono.”
“Il servizio che il sacerdote presta come ministro, da parte di Dio, per perdonare i peccati è molto delicato, ed esige che il suo cuore sia in pace, che il sacerdote abbia il cuore in pace; che non maltratti i fedeli, ma che sia mite, benevolo e misericordioso; che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto, sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al sacramento della Riconciliazione cerca il perdono. Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non si corregga, non amministri questo Sacramento. I fedeli penitenti hanno il diritto, tutti i fedeli hanno il diritto di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio.”
“Come membri della Chiesa siamo consapevoli della bellezza di questo dono che ci offre Dio stesso? Sentiamo la gioia di questa cura, di questa attenzione materna che la Chiesa ha verso di noi? Sappiamo valorizzarla con semplicità e assiduità”
(dall’Udienza Generale del 20-11-2013)
“Lo diciamo insieme per non dimenticarlo: chi pratica la misericordia non teme la morte. Un’altra volta: chi pratica la misericordia non teme la morte. E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo.”
“Se una persona ha camminato con Gesù, ha imparato ad avere…fiducia nella Sua immensa Misericordia…sarà anche preparata ad accettare il momento ultimo della sua vita.”
“E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù. Quella è la sicurezza. Io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi...Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo.”
(dall’Udienza Generale del 27-11-2013)
“Se i cieli rimangono chiusi, il nostro orizzonte in questa vita terrena è buio, senza speranza. Invece, celebrando il Natale, la fede ancora una volta ci ha dato la certezza che i cieli si sono squarciati con la venuta di Gesù, e, nel giorno del Battesimo di Cristo ancora contempliamo i cieli aperti. Questa è…la manifestazione del Figlio di Dio sulla terra, che segna l’inizio del grande tempo della Misericordia, dopo che il peccato aveva chiuso i cieli, elevando come una barriera tra l’essere umano e il suo Creatore.”
“Dio ci dà nel Cristo la garanzia di un amore indistruttibile, da quando il Verbo si è fatto carne è dunque possibile vedere i cieli aperti. È stato possibile per i pastori di Betlemme, per i Magi d’Oriente, per il Battista, per gli Apostoli di Gesù, per Santo Stefano, il primo martire, è possibile anche per ognuno di noi, se ci lasciamo invadere dall’amore di Dio, che ci viene donato la prima volta nel Battesimo per mezzo dello Spirito Santo.”
(dall’Angelus del 12-1-2014)
“…la grazia di sentirsi perdonati e pronti a perdonare. A volte qualcuno chiede: “Perché si dovrebbe andare in chiesa, visto che chi partecipa abitualmente alla Santa Messa è peccatore come gli altri?”. Quante volte lo abbiamo sentito. In realtà, chi celebra l’Eucaristia non lo fa perché si ritiene o vuole apparire migliore degli altri, ma proprio perché si riconosce sempre bisognoso di essere accolto e rigenerato dalla misericordia di Dio, fatta carne in Gesù Cristo. Se ognuno di noi non si sente bisognoso della Misericordia di Dio, non si sente peccatore, meglio che non vada a Messa! Perché noi andiamo a Messa perché siamo peccatori e vogliamo ricevere il perdono di Gesù, partecipare alla sua redenzione, al suo perdono. Il “Confesso” che diciamo all’inizio non è un “pro forma”, è un vero atto di penitenza! Io sono peccatore e confesso! Così inizia la Messa. Non dobbiamo mai dimenticare che l’Ultima Cena di Gesù ha avuto luogo «nella notte in cui veniva tradito». In quel pane e quel vino che offriamo e attorno ai quali ci raduniamo si rinnova ogni volta il dono del Corpo e del Sangue di Cristo per la remissione dei nostri peccati. Dobbiamo andare a Messa umilmente, come peccatori e il Signore ci riconcilia.”
(dall’Udienza Generale del 12-2-2014)
“Ogni volta che noi andiamo al sacramento della riconciliazione, cantiamo un inno alla pazienza di Dio! Ma il Signore come ci porta sulle sue spalle, con quanta pazienza, con quanta pazienza! La vita cristiana deve svolgersi su questa musica della pazienza, perché è stata proprio la musica dei nostri padri, del popolo di Dio, quelli che hanno creduto alla Parola di Dio, che hanno seguito il comandamento che il Signore aveva dato al nostro padre Abramo: ‘Cammina davanti a me e sii irreprensibile’”
(dall’omelia del 17-2-2014)
“Attraverso i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, l’uomo riceve la vita nuova in Cristo. Ora, tutti lo sappiamo, noi portiamo questa vita nuova "in vasi di creta" (2 Cor 4,7), siamo ancora sottomessi alla tentazione, alla sofferenza, alla morte e, a causa del peccato, possiamo persino perdere la nuova vita. Per questo il Signore Gesù ha voluto che la Chiesa continui la sua opera di salvezza anche verso le proprie membra, in particolare con il Sacramento della Riconciliazione e quello dell’Unzione degli infermi, che possono essere uniti sotto il nome di "Sacramenti di guarigione". Il Sacramento della Riconciliazione è un Sacramento di guarigione. Quando io vado a confessarmi è per guarirmi, guarirmi l'anima, guarirmi il cuore e qualcosa che ho fatto che non va bene. L’icona biblica che li esprime al meglio, nel loro profondo legame, è l’episodio del perdono e della guarigione del paralitico, dove il Signore Gesù si rivela allo stesso tempo medico delle anime e dei corpi.
Il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione – anche, noi lo chiamiamo della Confessione – scaturisce direttamente dal mistero pasquale. Infatti, la stessa sera di Pasqua il Signore apparve ai discepoli, chiusi nel cenacolo, e, dopo aver rivolto loro il saluto “Pace a voi!”, soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (Gv 20,21-23) Questo passo ci svela la dinamica più profonda che è contenuta in questo Sacramento. Anzitutto, il fatto che il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi: io non posso dire: “Io mi perdono i peccati”. Il perdono si chiede, si chiede ad un altro, e nella Confessione chiediamo il perdono a Gesù. Il perdono della Confessione non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, è un dono dello Spirito Santo, che ci ricolma del lavacro di misericordia e di grazia che sgorga incessantemente dal cuore spalancato del Cristo crocifisso e risorto. In secondo luogo, ci ricorda che solo se ci lasciamo riconciliare nel Signore Gesù col Padre e con i fratelli possiamo essere veramente nella pace. E questo lo abbiamo sentito tutti nel cuore quando andiamo a confessarci, con un peso nell'anima, un po' di tristezza; e quando riceviamo il perdono di Gesù siamo in pace.”
“Ecco allora perché non basta chiedere perdono al Signore nella propria mente e nel proprio cuore, ma è necessario confessare umilmente e fiduciosamente i propri peccati al ministro della Chiesa. Nella celebrazione di questo Sacramento, il sacerdote non rappresenta soltanto Dio, ma tutta la comunità, che si riconosce nella fragilità di ogni suo membro, che ascolta commossa il suo pentimento, che si riconcilia con lui, che lo rincuora e lo accompagna.”
“Molti dicono, uno può dire «io mi confesso soltanto con Dio. Sì, tu puoi dire a Dio “perdonami”, e dire i tuoi peccati, ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa. Per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa, ai fratelli, nella persona del sacerdote.”
“"Ma padre, io mi vergogno...”. Anche la vergogna è buona, è salutare avere un po' di vergogna, perché vergognarsi è salutare. Quando una persona non ha vergogna, nel mio Paese diciamo che è un “senza vergogna”: un “sin verguenza”. Ma anche la vergogna fa bene, perché ci fa più umili, e il sacerdote riceve con amore e con tenerezza questa confessione e in nome di Dio perdona. Anche dal punto di vista sfogarsi è buono, parlare col fratello e dire al sacerdote queste cose che sono tanto pesanti nel mio cuore, sfogarmi davanti a Dio con la Chiesa e con il fratello. Non avere paura della Confessione! Uno, quando è in coda per confessarsi, sente tutte queste cose, anche la vergogna, ma poi quando finisce la Confessione esce libero, grande, bello, perdonato, bianco, felice. È questo il bello della Confessione! Quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato o ti sei confessata? Ognuno pensi, si risponda nel suo cuore. Due giorni, due settimane, due anni, vent’anni, quarant’anni? Ognuno faccia il conto e ognuno si dica: quando è stata l’ultima volta che io mi sono confessato? E se è passato tanto tempo, non perdere un giorno di più, vai, che il sacerdote sarà buono. E' Gesù lì, e Gesù è più buono dei preti, Gesù ti riceve, ti riceve con tanto amore. Sii coraggioso e vai alla Confessione!”
“Celebrare il Sacramento della Riconciliazione significa essere avvolti in un abbraccio caloroso: è l’abbraccio dell’infinita Misericordia del Padre. Ricordiamo quella bella, bella parabola del figlio che se n’è andato da casa sua con i soldi dell’eredità, ha sprecato tutti i soldi e poi, quando non aveva niente, ha deciso di tornare a casa, ma non come figlio, ma come servo. Tanta colpa aveva nel suo cuore, e tanta vergogna. E la sorpresa è stata che quando ha incominciato a parlare e a chiedere perdono, il Padre non l’ha lasciato parlare: l’ha abbracciato, l’ha baciato e ha fatto festa. Ma io vi dico: ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa! Andiamo avanti su questa strada.”
(dall’Udienza Generale del 19-2-2014)
“I preti si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita come pecore senza pastore. Gesù ha le “viscere” di Dio, Isaia ne parla tanto: è pieno di tenerezza verso la gente, specialmente verso le persone escluse, cioè verso i peccatori, verso i malati di cui nessuno si prende cura.”
“Quando insieme al Cardinale Vicario abbiamo pensato a questo incontro, gli ho detto che avrei potuto fare per voi una meditazione sul tema della misericordia. All’inizio della Quaresima riflettere insieme, come preti, sulla misericordia ci fa bene. Tutti noi ne abbiamo bisogno. E anche ai fedeli, perché come pastori dobbiamo dare tanta misericordia, tanta! Il brano del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato ci fa rivolgere lo sguardo a Gesù che cammina per le città e i villaggi. E questo è curioso! Qual è il posto dove Gesù era più spesso, dove lo si poteva trovare con più facilità? Sulle strade. Poteva sembrare che fosse un senzatetto, perché era sempre sulla strada. La vita di Gesù era nella strada, dove soprattutto ci invita a cogliere la profondità del suo cuore, ciò che Lui prova per le folle, per la gente che incontra: quell’atteggiamento interiore di ‘compassione’, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché vede le persone ‘stanche e sfinite, come pecore senza pastore’. Abbiamo sentito tanto queste parole, che forse non entrano con forza. Ma sono forti! Un po’ come tante persone che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quartieri. Poi l’orizzonte si allarga, e vediamo che queste città e questi villaggi sono non solo Roma e l’Italia, ma sono il mondo… e quelle folle sfinite sono popolazioni di tanti Paesi che stanno soffrendo situazioni ancora più difficili….Allora comprendiamo che noi non siamo qui per fare un bell’esercizio spirituale all’inizio della Quaresima, ma per ascoltare la voce dello Spirito che parla a tutta la Chiesa in questo nostro tempo, che è proprio il tempo della misericordia. Di questo sono sicuro: non solo la Quaresima! Noi stiamo vivendo in tempo di Misericordia, da trent’anni o più fino adesso.
Nella Chiesa tutta è il tempo della Misericordia. Questa è stata un’intuizione del Beato Giovanni Paolo II. Lui ha avuto il fiuto che questo era il tempo della Misericordia. Pensiamo alla beatificazione e canonizzazione di Suor Faustina Kowalska, e poi ha introdotto la Festa della Divina Misericordia. Pian pianino è avanzato, è andato avanti su questo. Nell’Omelia per la Canonizzazione, che avvenne nel 2000, Giovanni Paolo II - di Faustina - sottolineò che il messaggio di Gesù Cristo a Suor Faustina si colloca temporalmente tra le due guerre mondiali ed è molto legato alla storia del Ventesimo Secolo. E guardando al futuro disse: «Che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l’avvenire dell’uomo sulla terra? A noi non è dato di saperlo. È certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolorose. Ma la luce della divina misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il carisma di Suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del Terzo Millennio» E’ chiaro. Qui è esplicito nel 2000, ma è una cosa che nel suo cuore maturava da tempo. Nella sua preghiera ha avuto questa intuizione. Oggi dimentichiamo tutto troppo in fretta, anche il Magistero della Chiesa! In parte è inevitabile, ma i grandi contenuti, le grandi intuizioni e le consegne lasciate al Popolo di Dio non possiamo dimenticarle. E quella della divina Misericordia è una di queste. E’ una consegna che lui ci ha dato, ma che viene dall’alto. Sta a noi, come ministri della Chiesa, tenere vivo questo messaggio soprattutto nella predicazione e nei gesti, nei segni, nelle scelte pastorali, ad esempio la scelta di restituire priorità al sacramento della Riconciliazione, e al tempo stesso alle opere di misericordia. Riconciliare, fare pace col Sacramento, anche con le parole e anche le opere di misericordia.”
“Che cosa significa misericordia per i preti? E mi viene in mente che alcuni di voi mi hanno telefonato, scritto una lettera, poi ho parlato al telefono… ‘Ma Papa, perché lei ce l’ha con i preti?’. Perché dicevano che io bastono i preti! Non voglio bastonare qui…Che cosa significa misericordia per i preti? Domandiamoci che cosa significa misericordia per un prete, permettetemi di dire per noi preti. Per noi, per tutti noi! I preti si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita come pecore senza pastore. Gesù ha le “viscere” di Dio, Isaia ne parla tanto: è pieno di tenerezza verso la gente, specialmente verso le persone escluse, cioè verso i peccatori, verso i malati di cui nessuno si prende cura… Così a immagine del Buon Pastore, il prete è uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti. Questo è un criterio pastorale che vorrei sottolineare tanto: la vicinanza! La prossimità e il servizio: ma la prossimità! Quella vicinanza… Chiunque si trovi ferito nella propria vita, in qualsiasi modo, può trovare in lui attenzione e ascolto… In particolare il prete dimostra viscere di misericordia nell’amministrare il sacramento della Riconciliazione; lo dimostra in tutto il suo atteggiamento, nel modo di accogliere, di ascoltare, di consigliare, di assolvere… Ma questo deriva da come lui stesso vive il sacramento in prima persona, da come si lascia abbracciare da Dio Padre nella Confessione, e rimane dentro questo abbraccio… Se uno vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo agli altri nel ministero. E vi lascio la domanda: ‘Come mi confesso? Come? Mi lascio abbracciare?’… una bella preghiera di misericordia. Se uno nella confessione vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo agli altri.
Il prete è chiamato a imparare questo, ad avere un cuore che si commuove. I preti - mi permetto la parola – ‘asettici’ quelli ‘di laboratorio’, tutto pulito, tutto bello, non aiutano la Chiesa. La Chiesa oggi possiamo pensarla come un ‘ospedale da campo’. Questo scusatemi lo ripeto, perché lo vedo così, lo sento così: un ‘ospedale da campo’. C’è bisogno di curare le ferite, tante ferite! Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa... Gente ferita dalle illusioni del mondo…Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. Misericordia significa prima di tutto curare le ferite. Quando uno è ferito, ha bisogno subito di questo, non delle analisi, come i valori del colesterolo, della glicemia… Ma c’è la ferita, cura la ferita, e poi vediamo le analisi. Poi si faranno le cure specialistiche, ma prima si devono curare le ferite aperte. Per me questo, in questo momento, è più importante…E ci sono anche ferite nascoste, perché c’è gente che si allontana per non far vedere le ferite. C’è gente che si allontana per la vergogna, per quella vergogna di non far vedere le ferite…E si allontanano forse un po’ con la faccia storta, contro la Chiesa, ma nel fondo, dentro c’è la ferita. Vogliono una carezza! E voi, cari confratelli, vi domando: conoscete le ferite dei vostri parrocchiani? Le intuite? Siete vicini a loro? E’ la sola domanda…”
“Misericordia significa né manica larga né rigidità. Ritorniamo al sacramento della Riconciliazione. Capita spesso, a noi preti, di sentire l’esperienza dei nostri fedeli che ci raccontano di aver incontrato nella Confessione un sacerdote molto ‘stretto’, oppure molto ‘largo’, rigorista o lassista. E questo non va bene. Che tra i confessori ci siano differenze di stile è normale, ma queste differenze non possono riguardare la sostanza, cioè la sana dottrina morale e la misericordia. Né il lassista né il rigorista rende testimonianza a Gesù Cristo, perché né l’uno né l’altro si fa carico della persona che incontra. Il rigorista si lava le mani: infatti la inchioda alla legge intesa in modo freddo e rigido; il lassista invece si lava le mani: solo apparentemente è misericordioso, ma in realtà non prende sul serio il problema di quella coscienza, minimizzando il peccato. La vera misericordia si fa carico della persona, la ascolta attentamente, si accosta con rispetto e con verità alla sua situazione, e la accompagna nel cammino della riconciliazione. E questo è faticoso! Sì, certamente! Il sacerdote veramente misericordioso si comporta come il Buon Samaritano… ma perché lo fa? Perché il suo cuore è capace di compassione, è il cuore di Cristo!”
“Sappiamo bene che né il lassismo né il rigorismo fanno crescere la santità. Forse alcuni rigoristi sembrano santi, santi… Ma pensate a Pelagio e poi parliamo… Non santificano il prete, e non santificano il fedele: né il lassismo né il rigorismo! La misericordia invece accompagna il cammino della santità, la accompagna e la fa crescere… Troppo lavoro per un parroco: è vero, troppo lavoro! E in che modo accompagna e fa crescere il cammino della santità? Attraverso la sofferenza pastorale, che è una forma della misericordia. Che cosa significa sofferenza pastorale? Vuol dire soffrire per e con le persone. E questo non è facile! Soffrire come un padre e una madre soffrono per i figli. Mi permetto di dire anche con ansia…
“Sana dottrina morale e misericordia devono andare insieme.”
“Per spiegarmi faccio anche a voi alcune domande che mi aiutano quando un sacerdote viene da me Dimmi: Tu piangi? O abbiamo perso le lacrime? Ma, quanti di noi piangiamo davanti alla sofferenza di un bambino, davanti alla distruzione di una famiglia, davanti a tanta gente che non trova il cammino? Ricordo che nei Messali antichi, quelli di un altro tempo, c’è una preghiera bellissima per chiedere il dono delle lacrime. Incominciava così, la preghiera: ‘Signore, Tu che hai dato a Mosè il mandato di colpire la pietra perché venisse l’acqua, colpisci la pietra del mio cuore perché le lacrime …’: era così, più o meno, la preghiera. Era bellissima. Ma, quanti di noi piangiamo davanti alla sofferenza di un bambino, davanti alla distruzione di una famiglia, davanti a tanta gente che non trova il cammino? Il pianto del prete … Tu piangi? O in questo presbiterio abbiamo perso le lacrime? Piangi per il tuo popolo? Dimmi, tu fai la preghiera di intercessione davanti al Tabernacolo? Tu lotti con il Signore per il tuo popolo, come Abramo ha lottato? E se fossero meno? E se fossero 25? E se fossero 20? Quella preghiera coraggiosa di intercessione … Ma, noi parliamo di parresia, di coraggio apostolico, e pensiamo ai piani pastorali … ma quello va bene: ma anche la stessa parresia è necessaria nella preghiera. Lotti con il Signore, o discuti con il Signore come ha fatto Mosè, quando il Signore era stufo, stanco del suo popolo e gli disse: ‘Ma, tu stai tranquillo … distruggerò tutti, e a te ti farò capo di un altro popolo’. No. No. Se tu distruggi il popolo, distruggi anche a me. Ma, questi avevano i pantaloni! E io faccio la domanda: Noi abbiamo i pantaloni per lottare con Dio per il nostro popolo?...Com’è il tuo rapporto con quelli che aiutano ad essere più misericordiosi? Cioè, com’è il tuo rapporto con i bambini, con gli anziani, con i malati? Sai accarezzarli, o ti vergogni di accarezzare un anziano?”
“Quanto bene fa l’esempio di un prete misericordioso, di un prete che si avvicina alle ferite… Se pensate, voi sicuramente avete conosciuto tanti, tanti, perché i preti dell’Italia sono bravi, eh? Sono bravi. Io credo che se l’Italia ancora è tanto forte, non è tanto per noi vescovi, ma per i parroci, per i preti: è vero, quello è vero, non è un po’ d’incenso per confortarvi. Lo sento così. La misericordia. E, pensate a tanti preti che sono in cielo e chiedete questa grazia … che vi diano quella misericordia che hanno avuto con i loro fedeli. E questo fa bene. Grazie tante dell’ascolto e di essere venuti qui.”
(dal discorso ai parroci romani del 6-3-2014)
“Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso…non è facile capire questo atteggiamento della misericordia. perché siamo abituati a giudicare, non siamo persone che danno naturalmente un po’ di spazio alla comprensione e anche alla misericordia. Per essere misericordiosi ci sono necessari due atteggiamenti. Il primo è la conoscenza di se stessi, sapere che abbiamo fatto tante cose non buone: siamo peccatori! E di fronte al pentimento…la giustizia di Dio … si trasforma in Misericordia e perdono. Ma è necessario vergognarsi dei peccati: è vero, nessuno di noi ha ammazzato nessuno, ma tante piccole cose, tanti peccati quotidiani, di tutti i giorni… E quando uno pensa: ‘Ma che cosa, ma che cuore piccolino: ho fatto questo contro il Signore!’. E vergognarsi! Vergognarsi davanti a Dio e questa vergogna è una grazia: è la grazia di essere peccatori. ‘Io sono peccatore e mi vergogno davanti a Te e ti chiedo il perdono’. E’ semplice, ma è tanto difficile dire: ‘Io ho peccato’.”
“con questo atteggiamento di pentimento siamo più capaci di essere misericordiosi, perché sentiamo su di noi la Misericordia di Dio, come diciamo nel Padre Nostro: “Perdona, come noi perdoniamo”. Così, se io non perdono, io sono un po’ fuori gioco!”
“L’altro atteggiamento per essere misericordiosi …è allargare il cuore, perché un cuore piccolo ed egoista è incapace di misericordia. Allargare il cuore! ‘Ma io sono peccatore’. ‘Ma guarda cosa ha fatto questo, quello…. Io ne ho fatte tante! Chi sono io per giudicarlo?’. Questa frase: ‘Chi sono io per giudicare questo? Chi sono io per chiacchierare di questo? Chi sono io per? Chi sono io che ho fatto le stesse cose o peggio?’. Il cuore allargato! E il Signore lo dice: ‘Non giudicate e non sarete giudicati! Non condannate e non sarete condannati! Perdonate e sarete perdonati! Date e vi sarà dato!’. Questa generosità del cuore! E cosa vi sarà dato? Una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo. E’ l’immagine delle persone che andavano a prendere il grano con il grembiule e allargavano il grembiule per ricevere più, più grano. Se tu hai il cuore largo, grande, tu puoi ricevere di più.”
“Il cuore grande non condanna, ma perdona, dimentica, perché Dio ha dimenticato i miei peccati; Dio ha perdonato i miei peccati. Allargare il cuore. Questo è bello! Siate misericordiosi.”
“L’uomo e la donna misericordiosi hanno un cuore largo, largo: sempre scusano gli altri e pensano ai loro peccati. ‘Ma hai visto cosa ha fatto questo?’. ‘Ma io ne ho abbastanza con quello che ho fatto io e non mi immischio!’. Questo è il cammino della misericordia che dobbiamo chiedere. Ma se tutti noi, se tutti i popoli, le persone, le famiglie, i quartieri, avessimo questo atteggiamento, quanta pace ci sarebbe nel mondo, quanta pace nei nostri cuori! Perché la misericordia ci porta alla pace. Ricordatevi sempre: ‘Chi sono io per giudicare?’. Vergognarsi e allargare il cuore. Che il Signore ci dia questa grazia.”
(dall’omelia del 17-3-2014)
“La Misericordia del Signore è più grande dei pregiudizi”
“La semplice richiesta di Gesù (“Dammi da bere”)…è l’inizio di un dialogo schietto, mediante il quale Lui, con grande delicatezza, entra nel mondo interiore di una persona alla quale, secondo gli schemi sociali, non avrebbe dovuto nemmeno rivolgere la parola. Ma Gesù lo fa, eh! Gesù non ha paura, Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama. Ci ama tutti. Non si ferma mai davanti ad una persona per pregiudizi!”
“La Samaritana...Gesù non l’ha giudicata, ma l’ha fatta sentire considerata, riconosciuta, suscitando in lei il desiderio di andare oltre la routine quotidiana”
“Quella di Gesù era sete non tanto di acqua, ma di incontrare un’anima inaridita…aveva bisogno di incontrare la Samaritana per aprirle il cuore: le chiede da bere per mettere in evidenza la sete che c’era in lei stessa. E la donna, che rimane toccata da questo incontro, rivolge a Gesù quelle domande profonde che tutti abbiamo dentro, ma che spesso ignoriamo. Anche noi abbiamo tante domande da porre ma non troviamo il coraggio di rivolgerle a Gesù! La Quaresima, cari fratelli e sorelle, è il tempo opportuno per guardarci dentro, per far emergere i nostri bisogni spirituali più veri, e chiedere l’aiuto del Signore nella preghiera, chiedere…l’acqua che ci disseterà in eterno. Perché Gesù è…Uno che alla Samaritana ha cambiato la vita, perché ogni incontro con Gesù ci cambia la vita. Sempre. È un passo più avanti, un passo più vicino a Dio.”
“Siamo chiamati a riscoprire l’importanza e il senso della nostra vita cristiana, iniziata nel Battesimo e, come la Samaritana, a testimoniare la gioia dell’incontro con il Signore. Ogni incontro con Gesù ci cambia la vita e ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia.”
“Il perdono che ci dà il Signore si deve festeggiare, come ha fatto il padre della parabola del Figliol Prodigo, che quando il figlio è tornato a casa ha fatto festa, dimenticandosi di tutti i suoi peccati.”
(dall’Angelus del 23-3-2014)
“L’Apostolo Paolo raccomanda al suo discepolo Timoteo di non trascurare, anzi, di ravvivare sempre il dono che è in lui; il dono che gli è stato dato con l’imposizione delle mani (cfr 1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6). Quando non si alimenta il ministero, il ministero del Vescovo, il ministero del sacerdote con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, e con la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e anche con una frequentazione del Sacramento della Penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù.”
“Il Vescovo che non prega..., che non va a confessarsi regolarmente, e lo stesso sacerdote che non fa queste cose, alla lunga perdono l’unione con Gesù e loro diventano di una mediocrità che non fa bene alla Chiesa. Per questo, dobbiamo aiutare i Vescovi, i sacerdoti a pregare e ad andare a confessarsi abitualmente. E questo è tanto importante, perché va alla santificazione proprio dei Vescovi e dei sacerdoti…Il sacerdote che non si confessa danneggia la Chiesa.”
(dall’Udienza Generale del 26-3-2014)
“Se la Riconciliazione trasmette la vita nuova del Risorto e rinnova la grazia battesimale, allora il vostro compito è donarla generosamente ai fratelli. Donare questa grazia. Un sacerdote che non cura questa parte del suo ministero, sia nella quantità di tempo dedicato sia nella qualità spirituale, è come un pastore che non si prende cura delle pecore che si sono smarrite; è come un padre che si dimentica del figlio perduto e tralascia di attenderlo. Ma la Misericordia è il cuore del Vangelo! Non dimenticate questo: la Misericordia è il cuore del Vangelo! È la buona notizia che Dio ci ama, che ama sempre l’uomo peccatore, e con questo amore lo attira a sé e lo invita alla conversione. Non dimentichiamo che i fedeli fanno spesso fatica ad accostarsi al Sacramento, sia per ragioni pratiche, sia per la naturale difficoltà di confessare ad un altro uomo i propri peccati. Per questa ragione occorre lavorare molto su noi stessi, sulla nostra umanità, per non essere mai di ostacolo ma sempre favorire l’avvicinarsi alla Misericordia e al perdono. Ma, tante volte capita che una persona viene e dice: “Non mi confesso da tanti anni, ho avuto questo problema, ho lasciato la Confessione perché ho trovato un sacerdote e mi ha detto questo”, e si vede l’imprudenza, la mancanza di amore pastorale, in quello che racconta la persona. E si allontanano, per una cattiva esperienza nella Confessione. Se c’è questo atteggiamento di padre, che viene dalla bontà di Dio, questa cosa non succederà mai.
E bisogna guardarsi dai due estremi opposti: il rigorismo e il lassismo. Nessuno dei due fa bene, perché in realtà non si fanno carico della persona del penitente. Invece la Misericordia ascolta veramente con il cuore di Dio e vuole accompagnare l’anima nel cammino della riconciliazione. La Confessione non è un tribunale di condanna, ma esperienza di perdono e di Misericordia!”
“…Noi sappiamo che il Signore ha voluto fare questo immenso dono alla Chiesa, offrendo ai battezzati la sicurezza del perdono del Padre. E’ questo: è la sicurezza del perdono del Padre. Per questo è molto importante che, in tutte le diocesi e nelle comunità parrocchiali, si curi particolarmente la celebrazione di questo Sacramento di perdono e di salvezza. E’ bene che in ogni parrocchia i fedeli sappiano quando possono trovare i sacerdoti disponibili: quando c’è la fedeltà, i frutti si vedono. Questo vale in modo particolare per le chiese affidate alle Comunità religiose, che possono assicurare una presenza costante di confessori.”
(dal discorso del 27-3-2014)
“Siamo stati illuminati da Cristo nel Battesimo, affinché, come ci ricorda san Paolo, possiamo comportarci come “figli della luce” (Ef 5,8), con umiltà, pazienza, misericordia. A differenza dunque dei dottori della legge che…non avevano né umiltà, né pazienza, né misericordia!”
“Domandiamoci: come è il nostro cuore? Ho un cuore aperto o un cuore chiuso? Aperto o chiuso verso Dio? Aperto o chiuso verso il prossimo? Sempre abbiamo in noi qualche chiusura nata dal peccato, dagli sbagli, dagli errori. Non dobbiamo avere paura! Apriamoci alla luce del Signore, Lui ci aspetta sempre per farci vedere meglio, per darci più luce, per perdonarci. Non dimentichiamo questo! Alla Vergine Maria affidiamo il cammino quaresimale, perché anche noi, come il Cieco Guarito, con la grazia di Cristo possiamo “venire alla luce”, andare più avanti verso la luce e rinascere a una vita nuova.”
(dall’Angelus del 30-3-2014)
“Lasciamoci liberare dalle “bende” dell’orgoglio, perché l’orgoglio ci fa schiavi, schiavi di noi stessi, schiavi di tanti idoli, di tante cose. Gesù…ci chiama insistentemente ad uscire dal buio della prigione in cui ci siamo rinchiusi, una vita…falsa, egoistica, mediocre. Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti con le nostre scelte di male e di morte, con i nostri sbagli, con i nostri peccati. Lui non si rassegna a questo! Come a Lazzaro Gesù dice a ciascuno di noi: “Vieni fuori!”». «Vieni fuori! E’ un bell’invito alla vera libertà.”
“La nostra risurrezione incomincia da quando decidiamo di obbedire al comando di Gesù uscendo alla luce, alla vita. Tante volte noi siamo mascherati dal peccato, le maschere devono cadere! Quando dalla nostra faccia cadono le maschere e ritroviamo il coraggio del nostro volto originale, creato a immagine e somiglianza di Dio. La resurrezione di Lazzaro, ha proseguito il Papa, mostra fin dove può arrivare la forza della Grazia di Dio, e dunque fin dove può arrivare la nostra conversione, il nostro cambiamento. Sentite bene: non c’è alcun limite alla Misericordia divina offerta a tutti! Il Signore è sempre pronto a sollevare la pietra tombale dei nostri peccati, che ci separa da Lui, la luce dei viventi. Non c’è alcun limite alla misericordia divina offerta a tutti! Ricordatevi bene questa frase. E possiamo dirla insieme tutti: “Non c’è alcun limite alla Misericordia Divina offerta a tutti”. Diciamolo insieme: “Non c’è alcun limite alla Misericordia Divina offerta a tutti”.”
(dall’Angelus del 6-4-2014)
“«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei!». Il Vangelo…con una “certa ironia», descrive gli accusatori andarsene con la coda fra le gambe, spiazzati da quella frase di Gesù. E Gesù resta da solo con la donna, come un confessore, dicendole: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Dove sono? Siamo soli, tu ed io. Tu davanti a Dio, senza le accuse, senza le chiacchiere. Tu e Dio! Nessuno ti ha condannata?”. La donna risponde: “Nessuno, Signore!”, ma non dice: “E’ stata una falsa accusa! Io non ho fatto adulterio!”, “riconosce il suo peccato”. E Gesù afferma: “Neanche io ti condanno! Va’, va’ e d’ora in poi non peccare più, per non passare per un brutto momento come questo; per non passare tanta vergogna; per non offendere Dio, per non sporcare il bel rapporto fra Dio e il suo popolo”.”
“Gesù perdona Ma qui è qualcosa di più del perdono, perché Cristo…passa la Legge e va oltre. Non le dice: “Non è peccato l’adulterio!”. Ma non la condanna con la Legge. E questo è il mistero della Misericordia. Questo è il mistero della Misericordia di Gesù. La Misericordia di Cristo non cancella i peccati, quello è il Perdono di Dio, ma è il modo con cui Dio perdona. Perché Gesù poteva dire: “Io ti perdono. Vai!”, come ha detto a quel paralitico che gli avevano condotto dal soffitto: “I tuoi peccati ti sono perdonati!”. Qua dice: “Vai in pace!”. Gesù va oltre. Le consiglia di non peccare più. Qui si vede l’atteggiamento misericordioso di Gesù: difende il peccatore dai suoi nemici; difende il peccatore da una condanna giusta. Anche noi, quanti di noi, forse dobbiamo andare all’inferno, quanti di noi? E quella è giusta, la condanna…e Lui perdona oltre. Come? Con questa misericordia!”
“Noi guardiamo il cielo con tante stelle; ma quando viene il sole, al mattino, con tanta luce, le stelle non si vedono. E così è la Misericordia di Dio: una grande luce di Amore, di tenerezza. Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza, carezzando le nostre ferite del peccato. Perché Lui è coinvolto nel perdono, è coinvolto nella nostra salvezza. E così Gesù fa il confessore: non la umilia, non le dice: “Cosa hai fatto, dimmi! E quando lo ha fatto? E come lo hai fatto? E con chi lo hai fatto?”. No! “Va’, va’ e d’ora in poi non peccare più!”. È grande la Misericordia di Dio, è grande la Misericordia di Gesù. Perdonarci, carezzandoci!”
(dall’omelia del 7-4-2014)
“Al centro di questa Domenica che conclude l’Ottava di Pasqua, e che San Giovanni Paolo II ha voluto intitolare alla Divina Misericordia, ci sono le Piaghe gloriose di Gesù risorto.
Egli le mostrò già la prima volta in cui apparve agli Apostoli, le sera stessa del giorno dopo il sabato, il giorno della Risurrezione. Ma quella sera non c’era Tommaso; e quando gli altri gli dissero che avevano visto il Signore, lui rispose che se non avesse visto e toccato quelle ferite, non avrebbe creduto. Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo nel cenacolo, in mezzo ai discepoli, e c’era anche Tommaso; si rivolse a lui e lo invitò a toccare le sue piaghe. E allora quell’uomo sincero, quell’uomo abituato a verificare di persona, si inginocchiò davanti a Gesù e disse: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).
Le Piaghe di Gesù sono scandalo per la fede, ma sono anche la verifica della fede. Per questo nel corpo di Cristo risorto le Piaghe non scompaiono, rimangono, perchè quelle Piaghe sono il segno permanente dell’Amore di Dio per noi, e sono indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è Amore, Misericordia, fedeltà. San Pietro, riprendendo Isaia, scrive ai cristiani: «Dalle sue piaghe siete stati guariti» (1 Pt 2,24; cfr Is 53,5).
San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della Sua Croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello (cfr Is 58,7), perchè in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della Sua Misericordia.”
“Che entrambi questi nuovi santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinchè, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia. Che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle Piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della Misericordia Divina che sempre spera, sempre perdona, perchè sempre ama.”
(dall’Angelus del 27-4-2014)
Roberto De Albentiis
27-4-2014