lunedì 24 novembre 2014
Un cardinale e una Rivoluzione non molto umana
di Massimo Viglione
La Rivoluzione Francese ha provocato direttamente la morte di 500.000 esseri umani (più, in via consequenziale, 1.500.000 causati dalle guerre napoleoniche). Ha ghigliottinato il Re di Francia Luigi XVI, la Regina Maria Antonietta, la sorella del Re Elisabetta e il Delfino è morto a dieci anni dopo essere stato affidato a un vinaio che lo ha alcolizzato e seviziato.
Ha massacrato centinaia di aristocratici, migliaia di sacerdoti e suore, decine di migliaia di borghesi e centinaia di migliaia di contadini che non erano d’accordo con Robespierre e soci. E anche chi era d’accordo o rimaneva “neutro” nella speranza di salvarsi.
Siccome la ghigliottina era troppo lenta per “smaltire” velocemente la massa dei condannati a morte, si usarono altri mezzi, come prendere interi “equipaggi” di religiosi e religiose, metterli in grandi barconi sulla Loira, legarli nudi (si badi: nudi) uomo donna corpo a corpo (in modo da indurli fortemente in tentazione nell’ultimo istante della vita) e gettarli nel fiume facendoli annegare in tal maniera. Il numero fu talmente elevato che la Loira si infettò, e per anni i contadini non ebbero raccolti e soffrirono la fame.
Si usarono anche altri mezzi diretti: solo per fare un esempio, una mattina 184 carmelitani erano in cappella nella loro chiesa a Rue des Carmes in Parigi quando entrarono 2-3 sanculotti con dei coltelli e li scannarono uno ad uno, tutti, mentre pregavano e cantavano (consiglio di leggere la meravigliosa opera – esiste anche un film bellissimo – di Georges Bernanos, I dialoghi delle carmelitane, dove racconta del simile martirio di 16 carmelitane a Compiègne). Vescovi, sacerdoti, suore, monaci e frati, hanno pagato con la vita la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa, in numero di migliaia. Molti di costoro sono oggi martiri della Fede, riconosciuti tali dai papi, ultimo Giovanni Paolo II.
Ma non meglio andò agli aristocratici, ai borghesi, ai semplici cittadini, massacrati magari solo per il loro stato sociale, o solo per una soffiata di qualcuno che approfittava della legge sui sospetti per togliersi di torno rivali di affari, di amore, di lavoro, o magari per vendicarsi di qualcosa.
La legge sui sospetti e il tribunale rivoluzionario furono gli strumenti che Robespierre e soci utilizzarono per instaurare la dittatura terroristica in Francia. Bastava una semplice denuncia di sospetto di essere “controrivoluzionario” per essere inviati al patibolo senza processo o con processo farsa. Ogni mattina si stilavano le liste di proscrizione e centinaia di persone venivano ghigliottinate o eliminate.
Il Terrore (con la T), attuato tramite la magistratura connivente, fu appunto lo strumento di governo di Maximilien Robespierre, l’instauratore ufficiale nel mondo e nella storia del totalitarismo contemporaneo, il primo dittatore stragista di una lunga serie, che noi oggi conosciamo bene. Il tutto, s’intende, al servizio del progetto di Jean-Jacques Rousseau e al fine di realizzare la libertà, l’uguaglianza e la fraternità, ovvio.
Una regione della Francia osò ribellarsi a Robespierre e alla sua repubblica assassina e stragista. Era la regione della Vandea, e lo fece in nome di Cristo, del Sacro Cuore e del Re. Arrivarono le colonne infernali da Parigi e massacrarono in tre anni 300.000 persone su 500.000 totali. È il primo genocidio della storia umana, voluto a tavolino dai governanti nei confronti dei propri sudditi: celeberrima è la frase di Robespierre: “uccidete anche i bambini, perché saranno i controrivoluzionari di domani”.
L’inferno cadde sulla Vandea cattolica e monarchica: uomini massacrati, donne prima violentate da decine di soldati, e poi uccisi in maniere terrificanti (normale era la pratica di appenderle a testa in giù con le gambe divaricate e poi passare una spada dalla vagina in giù verso la testa, perché in tal modo si moriva più lentamente, in quanto il sangue era concentrato nel capo, appunto), mentre con la pelle dei bambini si facevano saponette e pantaloni per i soldati rivoluzionari (vi ricorda nulla questo?).
Lione è stata rasa al suolo per aver osato ribellarsi a Parigi e non parliamo di quello che i soldati rivoluzionari hanno fatto poi per anni fuori dalla Francia, a partire dall’Italia.
Ovviamente, come si può comprendere facilmente, si potrebbe parlare per ore – o meglio, scrivere interi libri – di tutto questo. Perché ne parlo ora?
Perché si è sparsa la notizia che il cardinale Oscar Maradiaga, nel suo libro “Parlare di Dio nel mondo”, ha scritto che «la Rivoluzione francese, ed essa soltanto (…) occupa il posto di rivoluzione autenticamente umana – pur nei limiti e negli eccessi di quella violenza che non era tra le componenti originarie del suo pensiero».
Diciamoci la verità: non se ne può più di questa caterva senza ritegno e senza fine di falsità di cui siamo vittime tutti noi cattolici (e non solo). Non se può più.
Ovviamente il cardinale e i suoi difensori d’ufficio diranno che egli si riferiva ai principii generali, non alle stragi.
Bene. Chiariamo anche questo punto. E questo al di là del fatto ovvio che le stragi sono parte integrante e ineliminabile della Rivoluzione stessa (e quindi ci sarà una ragione…).
La Rivoluzione Francese è figlia dell’illuminismo anticristiano, scettico e materialista, a sua volta fomentato e preparato nelle logge massoniche di tutta Europa. Nella sua prima parte (1789-1792) ha introdotto nel mondo il liberalismo democratico, ispiratore del mondo liberal-capitalista e massonico dei due secoli trascorsi e che oggi sta arrivando alle sue più estreme conseguenze di follia anarchica e immorale che tutti conosciamo. In realtà, è proprio in questi primissimi anni che inizia la guerra alla Chiesa e alla religione, fin da subito, con la Costituzione Civile del Clero, che provocò lo scisma in Francia con la spaccatura del clero in costituzionalisti (traditori del papa e fedeli a Parigi) e refrattari (fedeli alla Chiesa e al papa fino in fondo), il tradimento di vescovi e cardinali, l’impossessamento di quasi la totalità delle terre della Chiesa, con le quali il clero aiutava gli indigenti (il risultato fu l’ulteriore pauperizzazione del clero basso e delle popolazioni povere e l’arricchimento ulteriore del clero alto e dei ceti borghesi che acquistarono a basso prezzo quelle terre, come avverrà esattamente poi in Italia dopo l’unificazione), l’obbligo di giuramento di fedeltà alla Rivoluzione per ogni ecclesiastico, la guerra generale alla fede.
Poi nella seconda fase della Rivoluzione (1792-1794), quella repubblicano-terroristica, si passa ai massacri di cui abbiamo già detto, si instaura il culto della Dea Ragione al posto di quello della Vergine Ss.ma, si trasformano le chiese in balere e si mettono prostitute in chiesa per culti orgiastici alla nuova divinità. Di questo e molto altro non si può dare tutta la colpa al solo Robespierre: egli ha solo portato a termine con il fanatismo tipico degli estremisti rivoluzionari il progetto iniziale con cui e per cui è stata voluta, preparata e condotta la Rivoluzione Francese. È sufficiente leggere i documenti massoni a riguardo, oltre ai documenti vari riportati da molti storici, anche contemporanei agli eventi (Marat, primo mostro assassino della Rivoluzione, scrisse sull’Ami du Peuple nel 1789: “Se la Rivoluzione non avrà almeno 500.000 morti, fallirà”. Guarda caso, la Rivoluzione Francese ebbe 500.000 morti. E lo scrisse nel 1789, quando non vi era nemmeno un morto, quando, secondo il cardinale Maradiaga, la Rivoluzione era sinceramente “umana”).
Se la prima parte della Rivoluzione è paradigma del mondo liberal-massonico-capitalista odierno, la seconda parte è, come ognuno può capire, paradigma delle meravigliose e molto umane dittature totalitarie del XX secolo. Su questo v’è accordo pressoché generale fra tutti gli storici non ideologizzati: la Rivoluzione Francese, nel suo complesso, per la sua ascendenza ideologica (illuminismo e, ancor dietro, individualismo protestantico e umanistico) e per le sue conseguenze fattuali (il mondo del XIX e ancor più del XX secolo nella sua complessità) è madre e paradigma assoluto della società contemporanea. Che, tradotto, vuol dire di tutti gli eventi del XIX e XX secolo.
Chiaro il concetto?
Ma, potrebbero ancora dire il cardinale e i suoi difensori d’ufficio: non ci riferisce alle stragi, e neanche alle ideologie liberali e totalitarie stragiste. Ma alla famosa “trinità” rivoluzionaria.
Ebbene, anche su questo punto occorre portare dei chiarimenti.
Non è vero che i tre fatidici concetti siano cristiani, i tre fatidici concetti sono neutri in sé (come un coltello, dipende come lo usi). Dipende appunto dal significato che su vuole dare loro e dall’uso che se ne vuole fare. Sono cristiani ma possono essere anche anticristiani.
La libertà è il dono grande che Dio ha fatto agli uomini: ma proprio perché liberi, gli uomini sono anche liberi di usare male questa libertà e di peccare.
L’uguaglianza vale per ogni uomo, perché davanti a Dio siamo tutti figli suoi. È vero, ma l’uguaglianza non va intesa in senso assoluto, visto che da sempre e per sempre non v’è un uomo uguale a un altro. E siamo tutti gerarchicamente inseriti in questa vita (sani e malati, intelligenti e non, belli e non, ricchi e non, ecc., secondo le infinite gradualità della vita, che peraltro possono anche cambiare nel corso della vita stessa a seconda degli eventi), e negare questo significa negare l’evidenza del creato come Dio lo ha voluto.
In quanto alla fraternità poi… quanto ha fatto la Rivoluzione Francese (e tutte le rivoluzioni sue figlie e nipoti: vogliamo parlare di quella messicana? Di quella russa? Di quella spagnola? Di quella cinese e delle altre comuniste? Vogliamo parlare del nazismo? E magari anche del nostro risorgimento nel meridione?) è esempio fulgido di come può essere applicata la fraternità che non ha Dio per base.
Non per voler essere hegeliani (Dio ci scampi), ma è innegabile che il liberalismo produce libertà (anche da Dio) e quindi ingiustizia sociale, così come l’ugualitarismo rinuncia alla libertà ma riesce solo a produrre miseria e odio (come la storia ci ha abbondantemente dimostrato). E, pertanto, dopo il fallimento del primo e soprattutto del secondo, ecco arrivare la sintesi della fraternità: il nostro meraviglioso Sessantotto, dove non v’è più alcun ordine morale (libertà, certo, ma da Dio e dalla natura e da ogni Bene e Verità possibili) e dove l’uguaglianza consiste nel fare tutti ciò che si vuole senza regola alcuna in piena povertà (come oggi sta accadendo, appunto), in modo da divenire tutti schiavi di un sistema mondiale totalitario in senso assoluto, e quindi privi completamente di ogni libertà vera, di ogni giustizia vera (noi italiani lo sappiamo bene, vero?), e di ogni fraternità, perché dominati da una società retta sull’odio.
Ecco i frutti della Rivoluzione Francese e non si capisce come un cardinale di Santa Romana Chiesa possa non vederli. Nel passato, altri hanno detto questa sciocchezza, ma potevano ancora essere in parte giustificati dall’illusione di un mondo migliore. Il sol dell’avvenire invece oggi si è realizzato dinanzi a noi. Non v’è più giustificazione alcuna.
Occorre dire che in un certo senso il cardinale ha ragione su un punto: dire che la Rivoluzione Francese fu “pienamente umana” in fondo non è del tutto corretto (perché fu essenzialmente satanica, e quindi preterumana), ma neanche del tutto sbagliato. Il problema però è che Sua Eminenza non si è reso conto che proprio affermando questo si è dato la risposta da solo. È “umana”. E Dio? Dov’era?
Ciò che è umano è buono solo se fondato sul divino. Altrimenti, la storia ci dimostra bene cosa può accadere.
In realtà, anche la Rivoluzione Francese ha fatto una cosa utile. Dopo aver massacrato i preti refrattari fedeli alla Chiesa di sempre con la complicità del clero costituzionalista traditore, ha massacrato anche il clero costituzionalista traditore. Nessuno si è salvato. Perché, come dicevano Robespierre e soci, il solo essersi fatti preti ha offeso la natura dell’uomo e pertanto, sebbene traditori del nemico, sono anche sempre traditori della Rivoluzione.
Faccia attenzione, Eminenza. Nessuno è più furbo del demonio e dei suoi servitori.