giovedì 13 novembre 2014

L'Impero degli Asburgo: suoi principali errori politici ( Parte Sesta )










Dal Congresso di Parigi a Villafranca
















L'esercito Sardo-Piemontese sconfitto nella Battaglia di Novara
(23 marzo 1849)
Nel 1849 il  liberale Regno di Sardegna del Carignano subì dall'Impero d'Austria una dura sconfitta che impedì al Savoia di impadronirsi della Lombardia e di altri Stati italiani del centro-nord . Il tentenna spergiuro Carlo Alberto di Sardegna  abdicò allora in favore del figlio , assai peggiore di lui, che divenne monarca del Regno di Sardegna con il nome tristemente noto di Vittorio Emanuele II: l'Austria accetto fidandosi della parola del Savoia con la promessa che questi avrebbe ritirato la costituzione e ripreso una politica non bellicosa. Ma la scelta del Savoia che nel 1852 diede l’incarico di formare un nuovo esecutivo al valdese conte Camillo Benso di Cavour, aveva sottolineato che le intenzioni sovversive rimanevano. Il Cavour , bieco e astuto personaggio,  aveva ricoperto ruoli governativi nei ministeri economici arricchendosi a discapito delle classi meno agiate e della Chiesa Cattolica.
Cavour, di formazione settaria , liberale e antiaustriaco, colse l’occasione della guerra scoppiata in Crimea fra Gran Bretagna, Francia e Impero Ottomano da un lato e Impero Russo dall'altro, per appoggiare militarmente lo schieramento Alleato (1855): le potenze liberali. Dopo la vittoria degli Alleati  e dopo aver mandato a morire di dissenteria 2.000 coscritti, egli presentò al tavolo del Congresso di Parigi (1856) l'indebitato Regno di Sardegna quale punto di riferimento del movimento liberale-Rivoluzionario  in Italia.
Cavour e Napoleone III a Plombières
Il penoso intervento nella Guerra di Crimea riuscì però ad avvicinare il Regno di Sardegna soprattutto alla Francia che era governata dall'usurpatore  Napoleone III, un uomo bieco che aspirava ad aumentare la sua influenza sulla penisola italiana . Accomunati dal desiderio di vedere il protettorato dell’Austria sugli stati del centro-nord neutralizzato così da poterne approfittare , Cavour e Napoleone III si incontrarono segretamente il 21 luglio 1858 a Plombières dove posero le basi per la successiva alleanza sardo-francese che fu conclusa nel gennaio 1859. Questo accordo prevedeva a breve una guerra comune contro l'Impero d'Austria e stabiliva, in caso di vittoria, il passaggio del Regno Lombardo-Veneto a Vittorio Emanuele II, che in cambio avrebbe ceduto Nizza e Savoia a Napoleone III. Era però un accordo difensivo e sarebbe scattato solo in caso di aggressione dell’Austria al Regno di Sardegna.
A Vienna l’incontro di Plombières (di cui era trapelato qualcosa) non assunse un significato chiaro inizialmente , date anche le "enigmatiche parole" pronunciate il 1º gennaio 1859 dal falso Napoleone III all'ambasciatore austriaco: «A me duole che le nostre relazioni non siano più così buone come io desideri che fossero […]».

Nel 1859 la Penisola Italiana si presentava come di sua natura divisa in sette stati legittimi, sei dei quali totalmente indipendenti, e uno (Regno Lombardo-Veneto ) controllato dall'Austria. La situazione economico-sociale di tutti gli stati era presso che efficiente , con in testa il Regno Delle Due Sicilie e il Granducato Di Toscana, seguiti dal Regno Lombardo-Veneto ,  dallo Stato Pontificio e dai Ducati Emiliani: l'unico stato da cui si levava "il gridi di dolore" era il Regno Di Sardegna, ormai devastato da un  debito pubblico stratosferico, con una tassazione sul popolo massacrante. In dieci anni(1848-1858) non solo erano aumentate le tasse già presenti , ma se ne erano aggiunte altre. In più il popolo degli Stati Sardi pagava cifre esorbitanti per il mantenimento di un esercito sproporzionato per le reali necessita dello Stato.

Alcune tasse aggiunte e aumentate nel Regno di Sardegna.














Il governo di Torino, intenzionato a far scoppiare la guerra a tutti i costi , aumentò le provocazione verso l'Austria continuando ad ammassare truppe lungo il Ticino e a intensificarne le manovre.
Tutto sembrava procedere verso la guerra quando, il 18 marzo 1859, la Russia avanzò la proposta di una conferenza con Francia, Austria, Gran Bretagna e Prussia per dirimere la così detta "questione italiana". La Francia si dimostrò d'accordo e Cavour partì per Parigi, dove giunse il 26, nel tentativo di convincere Napoleone III a rifiutare il congresso che avrebbe visto sfumare la prospettiva del Regno di Sardegna di espandersi a tutto il Regno Lombardo-Veneto, così come previsto dal trattato di alleanza. Cavour invece trovò l’imperatore francese in linea con il suo ministro degli Esteri Alexandre Walewski fermamente contrario alla guerra.
Alexandre Walewski
Nei giorni seguenti le trattative fra le diplomazie proseguirono con il Piemonte fermo a non disarmare cosa che spinse l'Austria  a impedire allo stato sabaudo di partecipare al congresso al quale era disposta a parteciparvi. Intanto andava prendendo piede l’ipotesi di un disarmo preventivo generale di Francia e Austria al quale avrebbe dovuto aderire anche il Piemonte. Alla fine il ministro degli Esteri britannico Malmesbury fece la proposta per una commissione di sei membri, di cui uno piemontese e uno per ciascuna delle grandi potenze, che regolasse il disarmo generale. Secondo la proposta, inoltre, la conferenza si sarebbe riunita subito, ammettendo in un secondo tempo i rappresentanti degli Stati italiani, fra cui quello del Regno di Sardegna.
Ottenendo la partecipazione al congresso, a Cavour parve difficile rifiutare di partecipare alla smobilitazione generale, ma seppe furbescamente trovare una "soluzione". Il 19 aprile 1859 due diplomatici francesi gli consegnarono l’intimazione del governo francese ad aderire al disarmo generale con ammissione al congresso per discuterne l’esecuzione. Con tutti gli altri membri del governo piemontese disponibili al congresso, al quale aveva dato parere favorevole anche l’ex presidente del Consiglio Massimo d'Azeglio (a Londra per le trattative) e Vittorio Emanuele II, Cavour cedette e acconsentì al (apparente) disarmo preliminare.

Karl Buol
Informato da Malmesbury dell’apparente apertura piemontese, il ministro degli Esteri austriaco Karl Buol dichiarò che non avrebbe ammesso alcuna forma di partecipazione del bellicoso  Regno di Sardegna al congresso e fece sapere che la sera del 19 aprile aveva inviato a Cavour l’intimazione di disarmare entro tre giorni dal ricevimento della sua lettera. Era l’ultimatum in cui il diabolico Cavour non sperava più...
A spingere l’Austria sulla via della guerra contribuì l'ambiguità del Bonaparte e la necessità di risolvere una questione non risolta dieci anni prima. Un altra decisa vittoria militare sul Regno di Sardegna avrebbe contribuito al ritiro politico del Cavour che solo rappresentava gran parte della minaccia rivoluzionaria in Italia.
La corte di Vienna considerò scontato l'appoggio della Prussia (membro della Confederazione germanica) in caso di guerra contro la Francia.  L’Imperatore Francesco Giuseppe, il cui senso dell’onore gli impedì di tollerare oltre le provocazioni di Napoleone III e dei suoi complici, fra i quali  Cavour e Garibaldi, appoggiò l'idea della guerra anche se un vecchio ma saggio Metternich cercò di convincerlo a non cedere alle provocazioni .
Il 23 Aprile 1859 , si presentarono a Cavour con l'ultimatum i plenipotenziali di sua Maestà Imperiale, il Barone di Kellesperg (Vice presidente della luogotenenza di Lombardia), e il Conte Ceschi di Santa Croce (Provveditore generale delle armi Austriache), che il 26 Aprile ricevettero la risposta negativa all'ultimatum da parte del governo Sardo( Kellesperg  fu addirittura arrestato e condotto a Vercelli).
Truppe dell'Esercito Imperial-Regio escono da Porta Venezia,
a Milano, fra due ali di popolo tripudiante,
per andare a combattere i franco-piemontesi.
Illustrirte Zeitung, 21 maggio 1859.
Il 27 aprile, all’aprirsi delle ostilità, la 2ª Armata Imperiale si trovava concentrata con i suoi 5 corpi sul basso Ticino, fra Bereguardo e Pavia, mentre il grosso delle truppe piemontesi erano attestate fra Alessandria e Valenza, sulla sponda destra del Po.

Il 30 Aprile 1859 , alle ore due pomeridiane, l'esercito Imperiale entrava a Novara da porta Milano: il contingente era composto da 200 fanti del 1° Reggimento Kaiser, seguiti a poca distanza da 50 uomini di cavalleria guidati da un ufficiale degli Ulani (avanguardia). I Novaresi, vessati dal mal governo, accolsero gli Imperiali come liberatori, accogliendoli festosamente.
La stessa cosa successe in tutte le città e  paesi dove arrivò l'Imperial Regio esercito (Mortara-Galliate-Arona-Biella-Vercelli-ecc...).
Tra il 29 Aprile  e la prima metà di Maggio del 1859,  l'esercito Austriaco si attestò su parecchie città e paesi arrivando a 50 Km da Torino. Pur essendo un esercito ben organizzato , ben armato e motivato , peccava nell'amministrazione da parte dei Generali e Comandanti. Alcuni erano veterani del 1848/1849, ma non riuscivano a trovare un punto di accordo sulla strategia da seguire. Avrebbero potuto annientare l'esercito Sardo-Piemontese prima dell'arrivo dei Francesi; avrebbero potuto marciare su Torino , e concludere la guerra nel modo palesemente auspicato dal popolo, invece diedero tutto il tempo alle forze alleate di congiungersi, e dato che l'esercito Sardo-Piemontese  era attestato a sud di Alessandria , l'Imperial Regio esercito ebbe il suo primo scontro a fuoco presso Montebello , a ovest di Alessandria , ma non con l'esercito Sardo-Piemontese , ma  le truppe Francesi che erano giunte a Genova agli inizi di Maggio.

Il Feldmaresciallo Ferencz Gyulai in una litografia del 1850
Il Feldmaresciallo Ferencz Gyulai
 in una litografia del 1850


A partire dal 10 Maggio il Feldmaresciallo Gyulai invertì ordine di marcia e si ritirò oltre il Sesia e poi verso la Lombardia: un ordine espresso da Vienna, infatti, gli aveva suggerito che "il miglior teatro di operazioni è il Mincio", lì dove gli Imperiali avevano, appena 11 anni prima, domato l'avanzata piemontese e salvato le sorti del Regno Lombardo-Veneto e degli altri Stati limitrofi e alleati dell'Austria; ma all'epoca al comando v'era un uomo di elevato talento e capacità militari , capacità che non appartenevano a nessuno dei comandanti in campo: sto ovviamente parlando del grande Radetzky .
Prendendo tale decisione,  gli austriaci rinunciavano a battere separatamente piemontesi e francesi, e consentivano il ricongiungimento dei due eserciti. Il comando austriaco, inoltre, operava una totale inversione strategica, che difficilmente può essere spiegata senza ipotizzare una incompetenza del governo mista ad una  influenza diretta dei circoli rivoluzionari liberali di Vienna che fin dal 1848 operavano all'interno del governo viennese: infatti , anche il Conte Teodoro Bayard De Volo , ministro di Francesco V  di Modena  residente a Vienna, riportò come il partito rivoluzionario Viennese si imbaldanziva nel constatare lo svolgersi del conflitto. Certamente non ne fu del tutto  responsabile Gyulai, al quale, semmai, può essere rimproverata una certa debolezza nell'azione e di capacità militari , e una estrema obbedienza nello svolgere gli ordini.
Mentre l'esercito Imperial-Regio riceveva ordine di ripiegare oltre il Ticino, i Francesi congiunti all'esercito Sardo-Piemontese avanzavano nella stessa direzione. La battaglia di Montebello e la battaglia(scaramuccia) di Palestro, furono eventi bellici pressoché senza esito decisivo. Il 2 Giugno 1859 i Francesi varcarono il Ticino ,  assicurandosi il passaggio battendo la retroguardia Austriaca nella battaglia di Turbigo. Gyulai aveva concentrato le proprie forze nei pressi della cittadina di Magenta in attesa del nemico che incalzava le sue truppe alle spalle.




Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano l’8 giugno 1859
Entrata in Milano di Napoleone III
e Vittorio Emanuele II (8 giugno 1859)
Arrivò così la mattina del 4 giugno e la battaglia di Magenta vinta dall'esercito francese. L'8 giugno gli Alleati occuparono Milano sfilando sotto l'Arco della Pace in corso Sempione con il popolo milanese demoralizzato e chiuso in casa.
Il 16 Giugno 1859 Francesco Giuseppe I  d'Austria ordinò al Gyulai di dimettersi prendendo personalmente il comando delle operazioni militari. Nonostante il ventinovenne Imperatore fosse esperto in campo militare, le scelte sbagliate e gli errori commessi fin dai primi giorni del conflitto avevano reso la situazione era assai precaria e delicata per le forze imperiali.

Alle ore 4 a.m. del 24 giugno 1859  la "Battaglia di Solferino e San Martino" ebbe  inizio. Fu una battaglia decisiva per l'esito del conflitto. L'esercito Imperiale nonostante sui campi di San Martino conseguiva schiaccianti vittorie contro l'esercito sardo-piemontese , a Solferino le cose non andarono come sperato. Li il grosso dell'esercito francese si scontrò con quello Imperiale in una delle più grandi carneficine del secolo XIX. A conclusione della battaglia l'esercito Imperiale ne uscì sconfitto ripiegando oltre il Mincio.


Napoleone III , nel suo rimuginare in cerca di guadagno e di "buona uscita" in politica internazionale , si trovò in una situazione complessa da gestire: da una parte temeva  una reazione della Prussia e della Russia, e dall'altra c'era  la reazione popolare decisamente ostile nei confronti degli Alleati.  Lo stesso Napoleone III  si accorse palesemente dell'ostilità del popolo Lombardo-Veneto , e in specie dell'astio delle popolazioni della valle del Mincio verso i suoi soldati e quelli Sardo-Piemontesi.

File:Napoleon III - Boutibonne 1856.jpg
Napoleone III
Napoleone III , partito al tramonto del 6 luglio, da Valeggio, giunse al Quartier generale austriaco chiedendo una tregua. La cosa meravigliò non poco Francesco Giuseppe che, pur compiacendosene, chiese tempo per la risposta sino al giorno seguente.

Il 7 luglio , Francesco Giuseppe concesse la tregua d’armi e la mattina dell’8 luglio i commissari incaricati del cessate il fuoco si riunirono a Villafranca, a metà strada fra il quartier generale alleato (Valeggio) e quello austriaco (Verona). Furono incaricati: per la Francia il generale Jean Baptiste Philibert Vaillant, per il Piemonte il generale Enrico Morozzo Della Rocca e per l’Austria il generale Heinrich von Hess. Il convegno durò tre ore. Al termine, si decise che la tregua d’armi sarebbe durata fino al 16 agosto.

Napoleone III aveva intenzione di riportare  al più presto la pace in Europa alle sue precise condizioni, e che le condizioni di resa per l’Austria sarebbero state dure. Se Vienna non avesse accettato tali condizioni la guerra sarebbe ripresa. Nel frattempo, dichiarò di poter approntare 200.000 uomini per la riapertura delle ostilità.
La mattina dell’11 luglio
1859, Napoleone III fu molto ossequioso nei confronti di Francesco Giuseppe che d'altra parte ormai conosceva la falsità del Bonaparte . L’incontro avvenne a Palazzo Gandini Morelli Bugna, oggi Bottagisio,  dove Napoleone III sorprese Francesco Giuseppe presentandogli come britanniche delle condizioni che in realtà aveva egli stesso suggerito , dando perfino l’impressione che anche la Prussia fosse d’accordo. Tali proposte erano: il Veneto sarebbe rimasto all’Austria, che avrebbe ceduto la Lombardia conservando però le fortezze di Peschiera e Mantova.
Francesco Giuseppe, di fronte a questa iniziativa, per nulla sorpreso per il mancato appoggio iniziale di Londra ma non di Berlino durante la guerra, credette a Napoleone III e si dimostrò favorevole alle condizioni.


File:Emperor Franz Joseph I of Austria Sept. 2006 001.jpg
Francesco I d'Austria

L’Imperatore d’Austria acconsentì inoltre, come Re del Veneto, a far parte della confederazione italiana proposta da Napoleone III, ma rifiutò ogni ulteriore concessione. Secondo i diari del Principe d’Assia, i due sovrani stabilirono anche che Cavour avrebbe dovuto essere allontanato dal governo piemontese, ritenendolo giustamente avversario della pace che si stava per concludere.
Di fronte alle due opzioni di guadagnare la Lombardia (benché senza piazzeforti) oppure continuare la guerra da solo(un suicidio), il tirannello re di Sardegna Vittorio Emanuele II scelse ovviamente la prima. La mattina del 12 luglio anch’egli quindi pose la firma in calce all’armistizio che, a questo punto, divenne valido per la totalità delle forze in campo.

Le condizioni finali dell’armistizio furono le seguenti:
  • I due sovrani (Napoleone III e Francesco Giuseppe) avrebbero favorito la creazione di una Confederazione italiana presieduta dal Papa.
  • L’Austria cedeva alla Francia la Lombardia con eccezione delle fortezze di Mantova e Peschiera. La Francia avrebbe ceduto la Lombardia al Regno di Sardegna.
  • Il Veneto avrebbe fatto parte della costituenda Confederazione italiana rimanendo possedimento della Corona Asburgica.
  • Il Granduca di Toscana , il Duca di Modena e la Duchessa Reggente di Parma sarebbero rientrati nei loro Stati, concedendo un’amnistia generale.
  • Napoleone III e Francesco Giuseppe avrebbero chiesto al Papa di introdurre nello Stato Pontificio riforme sociali e politiche.

Il trattato fu formalizzato con la Pace di Zurigo del novembre 1859. La Lombardia venne annessa agli Stati Sardi senza nemmeno una farsa di Plebiscito, ed inoltre tale trattato  non venne rispettato.
La Rivoluzione conseguì in tal modo una prima e cruciale vittoria in Italia , mentre la Corona Imperiale perdeva il Regno Lombardo e il protettorato sugli altri Stati d'Italia che vennero per la maggior parte annessi indiscriminatamente e in piena illegittimità al Regno di Sardegna.  
Questa situazione permise alla Rivoluzione di sovvertire l'ordine legittimo nella Penisola italiana, senza più trovare la viva e concreta opposizione dell'Austria , con i plebisciti farsa del marzo 1860 e la spedizione garibaldina del maggio dello stesso anno, arrivando infine alla proclamazione dell'illegittimo "Regno d'Italia" il 21 marzo 1861.




La Seconda Guerra dello Schleswig e la trappola del Bismarck




Dopo la fine della guerra del 1859 e la sconfitta dell'Austria da parte della Francia, Francesco Giuseppe si ritrovò "costretto" a fare concessioni all'ala liberale del governo Imperiale. Nonostante la personalità credente ed essenzialmente conservatrice di Francesco Giuseppe, l’Impero e i valori che esso rappresentava si avviavano al declino.
Intanto nella Confederazione Germanica iniziavano ad addensarsi all'orizzonte i nuvoloni di un'altra Rivoluzione, questa volta conservatrice.
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Guglielmo I di Prussia
Nel Regno di Prussia  il 2 gennaio 1861 Federico Guglielmo IV morì e suo fratello Guglielmo Federico Ludovico ascese al trono con il nome di Guglielmo I. Dal fratello però, oltre alla corona, egli ereditò anche l'odio verso la Cattolica Austria e il conflitto con il parlamento, di stampo liberale. Egli era considerato una persona politicamente neutrale dal momento che operò meno nell'ambito parlamentare di quanto avesse fatto Federico Guglielmo IV . Guglielmo I ad ogni modo trovò una soluzione di tipo conservatrice per il conflitto: egli nominò a primo ministro una mente diabolica, Otto von Bismarck . Secondo la costituzione prussiana, il primo ministro era responsabile delle proprie azioni unicamente verso il Re e non verso il parlamento e Bismarck era l'uomo perfetto perché per la sua personalità rigida e fredda, oltre che in linea con la politica antiaustriaca del sovrano, tendeva a vedere la propria relazione con Guglielmo I come un rapporto tra vassallo e signore: chi fosse secondo Bismarck il "vassallo" in verità non è certo. Ad ogni modo fu Bismarck a tenere le redini del governo ed a dirigerne l'andamento, così come gli affari inerenti alla casa reale e la politica estera, fornendo in molte occasioni l'assistenza più consona  ai guadagni di Guglielmo I.


File:Otto vBismark.jpg
Otto von Bismarck



Otto von Bismarck apparteneva per nascita alla classe degli junkers o nobili rurali. Dopo aver frequentato le Università di Gottingen e Berlino come studente mediocre, ma come buon duellatore e scapestrato, divenne un pubblico funzionario, ma non tardò ad essere licenziato a causa delle sue abitudini irregolari e dissipate.
Per qualche tempo appoggiò il liberalismo, ma più tardi si trasformò in un rigoroso difensore dell'eresia  luterana e della monarchia assoluta in tal senso. Divenne famoso per l'eloquio violento contro quella che chiamava "ignominiosa democrazia". Come precedentemente detto, nel 1862, il Re Guglielmo I lo nominò presidente del Consiglio dei Ministri di Prussia.
Alto quasi due metri, con lo sguardo duro e penetrante, senza scrupoli, audace, dalla volontà ferrea, esperto nella politica e nella diplomazia, aveva una visione profonda della Rivoluzione. Era un nemico temibile, poichè rimaneva sempre padrone di sè, ingannando frequentemente i suoi avversari. Aveva il genio della doppiezza, e nessuno meglio di lui sapeva preparare pazientemente l'agguato dove avrebbe fatto cadere i suoi nemici. Secondo quanto egli diceva, "le grandi questioni non si risolvono nè coi discorsi, nè coi voti, ma col ferro e col sangue". Bismarck odiava la potente e Cattolica Austria più di quanto amasse la Prussia.
Nel 1859, in occasione della campagna di espansionismo piemontese in Italia , come precedentemente detto, gli Asburgo persero  il Regno Lombardo e anche, nel 1860, l'influenza protettrice sull'intera Penisola. Dalla sconfitta militare subita dalle truppe di Napoleone III, l'Impero d'Austria ne usciva moralmente ferito. La Prussia si vide bene dall'intervenire anche se una certa storiografia affermi il contrario. L'indebolimento dell'Austria andava a tutto vantaggio della politica arrivista prussiana.
Nella trasformazione degli Stati tedeschi e della Germania  in militarista e protestante nazione unificata, Bismarck architettò un piano che fu realizzato in varie tappe, con una abilità  diabolica. In primo luogo progettò di eliminare la Cattolica Austria dalla sua posizione di legittima egemonia nella Confederazione Germanica; come mezzo preliminare per raggiungere il suo obiettivo, entrò in conflitto con la Danimarca sul possesso dello Schleswig-Holstein.


I ducati di Schleswing-Holstein.
Le province dello Schleswig-Holstein, abitate in maggioranza da tedeschi, erano in una situazione particolare. Dal 1815 l'Holstein era stato incluso nella Confederazione Germanica, ma entrambi i territori erano soggetti al Re di Danimarca.
Lo Schleswig-Holstein era stato già al centro di una crisi internazionale tra il 1848 e il 1849. Tale crisi aveva innescato un breve conflitto fra gli stati tedeschi, capeggiati dalla Prussia, e la Danimarca. Il trattato di Londra del 1852 aveva posto fine alla guerra, decretando la temporanea fine della contesa sui due possedimenti.
I motivi di rivalità intorno ai due stati riguardavano l'indivisibilità da trattato dei ducati e il fatto che le rispettive  pesti nazionaliste , quella tedesca appoggiata dalla Prussia, e quella danese appoggiata dal governo di Copenaghen , pretendevano il completo possesso dell'intera totalità dei loro territori. La crisi esplose quando il sovrano danese, Cristiano IX , vittima del suo stesso carattere impulsivo ,  si rese responsabile di un atto di forza teso a garantirsi il possesso dei territori. Prima che Federico VII di Danimarca morisse nel 1863 il parlamento danese aveva approvato uno "statuto di marzo" che consentiva allo Schleswig di venire incorporato nel Regno di Danimarca. Federico non aveva firmato lo statuto, mentre il suo successore, Cristiano IX, una volta ottenuto il trono, procedette a firmare immediatamente il documento. L'opposizione dei nazionalisti tedeschi alla scelta di Cristiano fu immediatamente molto violenta, in quanto si diceva (?) che Federico avrebbe proceduto invece, qualora fosse rimasto in vita, a favorire l'annessione alla Confederazione germanica di ambo i ducati.

Cristiano IX di Danimarca

Il  nazionalismo tedesco avrebbe voluto che, in spregio al trattato di Londra, si realizzasse l'incorporazione dello Schleswig e dell'Holstein nella Germania e che fosse difeso il riconoscimento del diritto del duca di Augustenburg sulla sovranità di questi. Bismarck, al contrario, fece credere abilmente di  ritenere di dover agire sulla base del trattato di Londra. Si adoperò per riconoscere prima Cristiano IX e poi per perorare la difesa dell'autonomia dei ducati a favore del movimento nazionalista tedesco. La Danimarca di Cristiano IX oppose un netto rifiuto alle richieste di ritiro della costituzione e nel 1863, dopo che la Dieta federale tedesca si attivò per sostenere l'intervento armato, le truppe del Regno di Sassonia e del Regno di Hannover occuparono l'Holstein. Il Bundestag, diviso tra "Nationalverein" e "Reformverein" si pronunciò per l'appoggio alla candidatura degli Augustenburg, principali pretendenti al trono dei ducati (protestanti ed inizialmente filo-prussiani).
Nel 1864 la Danimarca di Cristiano IX era caduta nel tranello del  Bismarck il quale ,seguendo i suoi diabolici piani ,  invitò l'Austria a partecipare ad una guerra contro quel paese: ed anche l'Austria cadde nella trappola. Nel gennaio del 1864 le forze austro-prussiane , le prime difendevano in buona fede la legittimità degli accordi preesistenti, procedettero anch'esse, mentre la comunità internazionale non appariva decisa ad intervenire a favore della Danimarca,  in risposta all'occupazione dello Schleswig , sostenendo di farlo in difesa dei termini del trattato del 1852. Per Bismarck, l'annessione dello Schleswig "aveva leso antichi privilegi dello Schleswig-Holstein".



Battaglia presso Dybbol il 18 aprile 1864.


Quando le truppe austro-prussiane, attraversato l'Holstein, si diressero verso lo Schleswig per procedere all'attuazione dei piani di attacco prestabiliti, esse trovarono l'ostilità delle forze del Bund già operative da quando avevano proceduto all'invasione decisa dal parlamento della Confederazione Germanica . La guerra volse subito in favore degli austro-prussiani, uniti momentaneamente su una linea di dualismo collaborativo (che fu sfruttato come da piani dalla Prussia di Bismarck): questi, militarmente più forti, riuscirono a piegare gli eserciti danesi e ad aprile si giunse ad un armistizio che sarebbe durato fino a giugno del 1864. Durante questo intervallo furono aperti tavoli per riuscire ad addivenire ad una soluzione intorno al possesso dei due ducati. La posizione della Danimarca tuttavia si mantenne intransigente e rese con questo più praticabili i piani del cancelliere prussiano in merito alla sottrazione delle terre dell'Elba. La Prussia avrebbe riscosso un vantaggio tanto a danno della Danimarca, quanto dell'Austria. I danesi, travolti dalla macchina da guerra austro-prussiana , furono costretti ad accettare la resa per scongiurare lo spostamento del conflitto nel proprio stesso stato ed evitare la minaccia dell'invasione. Le aspettative degli Augustenburg sui due ducati si sarebbero disilluse scontrandosi , a questo punto, contro le aspirazioni dei più potenti stati della confederazione e, soprattutto, con i piani di annessione ideati del Bismarck.

Soldati e graduati di truppa del reggimento di Vicenza
 ritratti in Danimarca nella primavera del 1864.
I danesi, abbandonati al proprio destino dalle ltre potenze europee, il 20 luglio dovettero accettare un nuovo armistizio e il 1º agosto furono obbligati a firmare i preliminari per la pace. La Danimarca si piegò alle richieste prussiane e nell'ottobre del 1864 concesse a Prussia e Austria lo Schleswig e l'Holstein. A questo punto, tiratasi fuori la Danimarca in quanto fulcro originario del contendere attorno alla disputa dei ducati, il problema si spostava sul fronte dei rapporti tra Austria e Prussia sul tema del dominio e della gestione delle terre conquistate, così come architettato dal Bismarck. Un primo incontro organizzato dal diabolico cancelliere per decidere del destino dei ducati avvenne a Schönbrunn. Bismarck in questa sede propose all'Imperatore Francesco Giuseppe I  di governare insieme i territori fino ad una eventuale guerra congiunta contro il sabaudo Regno d'Italia per consentire loro di  riconquistare la Lombardia. L'accordo non fu raggiunto per l'irricevibilità delle richieste avanzate dal Bismarck e per l'intenzione dell'Imperatore d'Austria di tenersi lontano da altri conflitti. La proposta era un inganno per prendere del tempo. Con questa guerra Otto von Bismarck aveva realizzato un autentico capolavoro d'astuzia: militarmente aveva condotto,  con un sicuro supporto austriaco, la Prussia ad un facile successo (e ciò fece aumentare la sua popolarità a corte), dal punto di vista diplomatico riuscì a creare quei motivi di attrito tra Prussia e Impero d'Austria che gli ritornarono utili in un secondo tempo, quando fosse giunto il momento dell'attuazione del suo piano  contro l'odiato Asburgo. 
Bismarck era riuscito innanzitutto a mettere a tacere definitivamente, attraverso l'apertura delle ostilità e la conquista con le armi (avvenute tutto sommato su basi di liceità diplomatica agli occhi dell'Europa), le voci di richiesta danesi. Era riuscito a far decadere la candidatura Augustenburg, ponendo condizioni draconiane per il mantenimento dei ducati (nel far questo scontrandosi con l'Austria che operava per un giusto equilibrio) e infine aveva messo con le spalle al muro gli Asburgo: avendo l'Imperial Regio esercito impegnato in una occupazione sine die di territori lontani, stavano lasciando cadere nelle mani dei prussiani due stati che avrebbero dovuto, come stati tedeschi autonomi, rientrare legittimamente all'interno della Confederazione Germanica.
La guerra, ad ogni modo, aveva mostrato una certa superiorità organizzativa austriaca. I prussiani erano stati determinanti solo nella parte conclusiva della guerra. Essi avevano potuto ultimare tuttavia, grazie alla partecipazione al conflitto, quel necessario programma di riforme militariste che avrebbe portato ad una riorganizzazione radicale dell'esercito in vista della guerra futura.



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Espansione e influenza del Regno di Prussia
alla vigilia della Guerra austro-prussiana.
Dopo l'attuazione dell'occupazione de facto del Ducato, gli austro-prussiani giunsero ad appianare i dissensi nel 1865 attraverso la convenzione di Gastein che pose le basi per la creazione di due zone di occupazione militare: l'Holstein fu assegnato all'Austria e lo Schleswig alla Prussia. Tutto ciò suscitò ampi dibattiti all'interno della cerchia filo-liberale in Germania e acuì il dissenso del movimento nazionalista  liberale che non si fece sfuggire l'occasione di considerare l'occupazione militare sulle stesse genti tedesche alla stregua di un "sopruso inaccettabile". Erano presenti componenti non indifferenti  tra i gruppi nazionalisti in efuori dalla  Prussia che approvarono l'idea del controllo prussiano dei ducati.

Nonostante questa calma apparente , il Bismarck al servizio di Guglielmo I continuava a tramare  contro la Corona Imperiale. Sapendo che gli Asburgo contavano sull'appoggio degli Stati tedeschi del sud, che erano Cattolici, Bismarck formò una alleanza con l'Italietta sabauda , promettendo di ricompensarla, dopo la vittoria, con la cessione di Venezia. Il conflitto si avvicinava inesorabilmente.
 La trappola Bismarkiana ai danni dell'Austria poté procedere facilitata da scelte errate del governo viennese.







La Guerra Austro-Prussiana e l'esclusione degli Asburgo dalla guida del mondo tedesco





Confederazione Germanica (1815-1866)
La questione intorno alla disputa dei ducati dello Schleswig-Holstein che vide l'inasprirsi degli attriti tra la Prussia protestante di Guglielmo I diretta dal Bismarck e l'Impero d'Austria dei Cattolici Asburgo , condusse inesorabilmente allo scontro aperto. Con la vittoria militare dell'esercito austro-prussiano nella campagna militare del 1864 contro il Regno di  Danimarca , la Confederazione Germanica ne ottenne un allargamento territoriale. Tale allargamento  servì anche a far apparire la Prussia come l'artefice del successo militare , convogliando, in tal modo, sempre maggiori consensi verso la potenza militarista manovrata dal Bismarck , soprattutto tra gli Stati luterani del nord, come Brema, Amburgo e Kiel. Al contrario, gli Stati del sud e quelli Cattolici, in particolar modo la Baviera, rimanevano fedeli alla Corona Imperiale degli Asburgo e alla loro legittimità di governo sul mondo tedesco.
Di lì a poco i dissidi che nasceranno tra la concezione bismarckiana del mondo tedesco (nazionalista, protestante, militarista , fondata sulla soluzione "piccolo-tedesca", cioè sull'esclusione del Cattolico Impero d'Austria) e la posizione asburgica porteranno alla guerra aperta.
 Poco prima dello scoppio del conflitto, Bismarck strinse  l'alleanza con l'italietta sabauda , consapevole di poter distogliere una buona parte delle forze imperiali nel fronte meridionale, rendendo in tal modo meno rischioso il compito delle forze armate. Il governo sabaudo , nella metà del decennio,  si era reso conto della volontà bismarckiana di esclusione dell'impero asburgico dalla Confederazione Tedesca e decise , da "buon parassita bellico",   di approfittare della preziosa potenza militarista prussiana per continuare la strada dell'usurpazione territoriale nella penisola italiana.  Venne conclusa, pertanto, una singolare alleanza offensiva di limitata durata (tre mesi) nell'aprile 1866. Al governo sabaudo venne promesso che sarebbe stato ricompensato , dopo la vittoria, con la cessione di Venezia (l'ultima parte libera del Regno Lombardo-Veneto).

Intanto il Bismarck si adoperava a far scoccare la scintilla della guerra: la Prussia premeva sull'annessione dei ducati dello Schleswig-Holstein in modo tenace e pressante fin dai primi mesi del 1866. Il governo di Vienna era ovviamente ostile a codesta annessione coatta di territori dove anche la popolazione appoggiava i legittimi pretendenti ( Augustenburg ). Dopo un vivo scambio di note diplomatiche fra Berlino e Vienna si ristabilì una quiete apparente. Bismarck non aveva risposto alla presa di posizione austriaca e dal febbraio 1866 fino allo scoppio della crisi in giugno non fece nessun tentativo per arrivare a colloqui o intese con l'Austria sulle relazioni dell'Holstein o sulla questione della riforma confederale: l'opera macchiavellica del Bismarck si faceva sempre più strada verso l'ottenimento del suo fine.
Il Bismarck era impegnato in altre faccende. Molti osservatori della politica berlinese avevano allora percepito il crescente indebolimento della sua posizione: a causa degli sviluppi nello Schleswig-Holstein, dove esisteva , come accennato pocanzi, un consenso popolare verso gli  Augustenburg e perciò il tempo lavorava contro la Prussia, ed a causa del perdurare del conflitto tra liberali e conservatori all'interno della stessa Prussia, cosa che metteva in discussione il licenziamento del Bismarck ed il cambio con un ministero integralmente liberale. A questo punto il Bismarck convinse il Re Guglielmo I alla guerra. Egli non avrebbe accellerato gli eventi solo per il successo ma bensì per la sua stessa esistenza politica.

Per quello che riguardava il Re Guglielmo I , Bismarck fece di tutto per portarlo alla convinzione (certo sbagliata) , che l'Austria fosse colpevole se le simpatie per la Prussia diminuivano a nord dell'Elba. Una sistematica campagna di diffamazione , ben orchestrata dai giornali sensibili ai suggerimenti governativi , fortifico in Guglielmo I la convinzione che l'Austria continuasse a provocare, cercasse la lite e costringesse la Prussia ad una "legittima difesa". Come svolta decisiva deve essere preso il consiglio prussiano della Corona del 28 febbraio 1866. In un rapporto da resa dei conti progettato alla grande che collegava il fantomatico motivo della vocazione tedesca della Prussia con l'argomento della "legittima difesa" contro l'Austria , Bismarck inneggiava alla guerra:
"La Prussia è l'unica creazione vitale che è uscita dalle rovine del vecchio Reich tedesco , e su questo si fonda la sua vocazione di arrivare al vertice della Germania. L'Austria ha sempre combattuto, mossa da gelosia, la naturale e giustificatissima aspirazione della Prussia che tendeva a questa meta, non permettendole, benchè incapace di farlo essa stessa, di assumere la direzione della Germania"

Queste parole pregne di delirio e scarsa cognizione della realtà, mostravano fino a che punto il cancelliere prussiano sarebbe arrivato pur di far scoppiare la guerra e vedere i suoi piani realizzati. Dei presenti al consiglio della Corona prussiana solo il Principe ereditario si espresse apertamente contro le rigide deduzioni del Bismarck secondo cui un umiliazione della Prussia (?)  poteva essere evitata solo attraverso l'annessione dei ducati e secondo cui questa cosa e la "questione tedesca" <<dovessero essere perseguite...senza considerare il pericolo di una rottura e di una guerra con l'Austria>>. Il Re , della cui decisione si trattava soprattutto , non vedeva di buon occhio l'alleanza con l'Italia sabauda. Egli era timoroso riguardo alla rottura con l'Austria. Così Guglielmo I formulò come risultato del consiglio della Corona soltanto un adesione condizionata alla decisione per la guerra: "... per il caso in cui il tentativo di una auspicata intesa con l'Austria dovesse naufragare , dovevano essere approntati per questo caso tutti i necessari preparativi e cercate le appropriate lleanze internazionali..." . Il Re pose anche la condizione di intraprendere ancora una volta un tentativo di intesa con l'Austria. Ma nei piani del Bismarck ciò non era minimamente contemplato.


Napoleone III.
Il diabolico cancelliere si assicurò le neutralità internazionali che sarebbero servite alla realizzazione dei piani prussiani. Con Napoleone III Bismarck non aveva bisogno di alcuna alleanza ma di un'assicurazione di neutralità. Ciò non era facile da raggiungere. Infatti c'era in Francia una forte corrente che contrastava i progetti espansionistici della Prussia ; ciò nonostante l'imbelle Napoleone III si pronunciò favorevole alla neutralità e all'alleanza tra Prussia e governo sabaudo.
In maggio la situazione divenne ancora più complicata quando l'Austria cercò direttamente l'intesa con la Francia. Il governo di Vienna , passando sopra il volere dell'Imperatore , arrivò pochi giorni prima del conflitto a firmare un trattato segreto con la Francia nel quale si diceva che avrebbe ceduto Venezia all'Italia sabauda anche se avesse vinto la guerra in cambio della neutralità di quest'ultima.
A Berlino apparve più pressante il compito di acquisire in preparazione alla guerra influenza sugli Stati medi e di separarli dalla Corona Imperiale d'Austria. La chiave di volta alla quale puntava Bismarck era la Baviera. La politica bavarese ondeggiava.



Ludwig II di Baviera.
Massimiliano II , esperto e previdente nella politica confederale era morto nel 1864. Al Trono era salito il giovane Ludwig II , che aveva ereditato da suo padre le inclinazioni  artistiche , non però la stessa capacità di districarsi nella tempesta che avvolgeva il mondo tedesco. Il suo ministro von der Pfordten vedeva il conflitto austro-prussiano soprattutto come una questione giuridica , che doveva essere portata davanti al parlamento confederale; in questa questione di principio non si dava però per la politica bavarese oscillazione alcuna. Questo dovette capirlo anche Bismarck mentre cercava di influire ininterrottamente su Monaco e di assicurarsene la neutralità in caso di guerra , se non si poteva proprio assicurare nessun sostegno per le perniciose concezioni tedesche della Prussia. Le cose stavano in maniera simile come in Baviera nella maggior parte degli Stati medi e piccoli legati per legittimità e tradizione a Vienna. Essi però si tirarono indietro nella questione di potere e nello scontro tra Berlino e Vienna invocavano il diritto confederale. Questo in pratica aveva un doppio significato: l'Austria , che di suo faceva di tutto per non offrire a Berlino nessun pretesto per la guerra, non poteva nel frattempo pensare a costituire un gruppo triadico con una posizione comune contro l'ambiziosa Prussia. Solo all'ultimo momento l'Austria richiamò la Confederazione contro le mire della Prussia in quanto essa violava il diritto confederale. Poco prima della guerra però tutti i più grandi Stati tedeschi si trovavano al fianco dell'Austria , non della Prussia. Tuttavia , era chiaro che per una marcia militar-politica all'indietro era troppo tardi.
A Vienna si esitava a prendere per definitiva la volontà di guerra del Bismarck , e si continuava a sperare di risolvere la questione in maniera pacifica. Bisogna considerare che dopo il Metternich a Vienna gli uomini politici , infettati da un conservatorismo figlio del compromesso con la Rivoluzione, mancavano di grandi capacità: non si voleva anche semplicemente prendere in considerazione ciò che Bismarck portava scritto in fronte. Questa mancanza di valutazione da parte dei politici viennesi è al quanto sorprendente e strana.
Nel febbraio del 1866 il ministro degli Esteri austriaco Mensdorff temeva soprattutto una cosa: temeva la caduta di Bismarck poichè un gabinetto liberale in Prussia sarebbe stato molto più pericoloso per l'Austria e per la politica tedesca... . Ma la differenza di pericolo tra Bismarck e un gabinetto liberale giaceva soltanto nelle modalità di espressione e non nel pericolo di una catastrofe che presto avrebbe travolto il mondo tedesco.


I Sovrani degli Stati membri della Confederazione Germanica
riuniti al parlamento confederale nella città di Francoforte (1863).
La situazione finanziaria a Vienna non era delle migliori alla vigiglia della guerra , e andava peggiorando in conseguenza dei mercati internazionali dei capitali al crescente pericolo di guerra.  Per di più le teste calde d'Ungheria davano nuovamente problemi a Vienna : Bismarck appoggiò la formazione di bande composte da galeotti, fuoriusciti e rivoluzionari ungheresi per destabilizzare ulteriormente la situazione all'interno dell'Impero d'Austria.
Il 9 aprile 1866 iniziò al parlamento confederale una nuova attività. Un giorno dopo la conclusione del trattato segreto con il governo sabaudo la Prussia presentò alla strabiliata assemblea una proposta di riforma confederale , al cui centro stava la convocazione di una "assemblea derivata da elezioni dirette e dal suffragio universale" il cui compito doveva essere la discussione dei progetti di riforma . Con questa macchiavellica trovata del Bismarck che vedeva rinnovato il suo avvicinamento al repertorio nazional-rivoluzionario perseguì un duplice scopo: propaganda nazionale presso le componenti liberali Kleindeutsch dell'opinione pubblica e pressione sui medi e piccoli Stati. Entrambe però non riuscirono. Il Nationalverein che Bismarck aveva cercato di convincere direttamente , si ricusò. Il Bismarck venne attaccato e ridicolizzato per il suo camuffarsi da liberale e le sue fantomatiche proposte di riforma confederale in tal senso , ma egli rispose alle accuse con ironia : "Contro un nemico non ci si batte con l'opinione pubblica , ma con la polvere da sparo e il piombo".  Ma egli non era del tutto sicuro del fatto suo


Il fronte meridionale (Lombardo-Veneto).

In quelle settimane che precedettero la tempesta ci furono tutta una serie di tentativi di accomodamento e di iniziative di pace , che si dirigevano specialmente a Re Gulglielmo I . L'Austria proponeva un disarmo bilaterale nei confronti del quale il Re di Prussia non sembrava ostile. Ma l'iniziativa di disarmo finì per ristagnare , quando giunsero le notizie che riportavano la mobilitazione dell'esercito sabaudo che si ammassava sul confine del Mincio. I militari allora realizzarono dapprima la mobilitazione delle armate Imperial-Regie del sud , poi anche quelle del nord. L'esercito sabaudo , coperte le spalle dalle assicurazioni di Berlino, spinse apertamente per la guerra e Guglielmo I cessò della sua apparente resistenza; dal 3 al 10 marzo 1866 venne mobilitato l'esercito prussiano.


Mentre di fronte al conflitto gli Stati medi discutevano del loro atteggiamento senza chiari risultati , il primo giugno si venne ad un decisivo passo all'assemblea confederale. L'Austria dichiarò, dopo il fallimento degli sforzi di arrivare con la Prussia ad una composizione della questione sullo Schleswig-Holstein , l'ulteriore decisione di lasciare i ducati alla Confederazione. L'inviato austriaco al parlamento confederale mise a parte i dettagli che il governatore imperiale nell'Holstein aveva convocato il locale parlamento dei ceti (istituzione tradizionale di quelle terre). La Prussia non si fece sfuggire l'occasione per protestare dichiarando che tale atteggiamento era una rottura delle intese di Gastein , e fece marciare le sue truppe sull'Holstein. A questo punto l'Austria proseguì il suo duello al parlamento confederale con armi più incisive. Essa ripresentò il 9 giugno la denuncia per la rottura del trattato , sottolineò la competenza della confederazione per la contesa e depositò una protesta formale contro l'avanzata delle truppe prussiane come un atto di "iniziativa individuale". Con ciò veniva con decisione richiamato il diritto confederale che autorizzava l'assemblea confederale a misure militari contro le iniziative individuali che erano vietate.
L'11 giugno l'Austria propose la mobilitazione dell'intero esercito confederale (esclusa la Prussia)  per trovare contro il procedimento prepotente della Prussia la protezione per la sicurezza interna della Germania e per i diritti minacciati dei suoi membri. All'unisono il Bismarck si espresse sul fatto che la misura di mobilitazione dovesse significare lo scioglimento della Confederazione . Il 14 giugno l'assemblea confederale votò sulla mozione di mobilitazione proposta dall'Austria. Il rappresentante del Regno di Prussia si rifiutò di prendere parte alla votazione, che , secondo i prussiani, sarebbe stata "contraria al sistema confederale".
Nove voti furono a favore della mobilitazione dell'esercito confederale, cinque contro e il Baden si astenne, ma poco dopo si associò all'Austria.
Il rappresentante prussiano dichiarò allora che il suo governo riteneva "rotto il trattato confederale esistente"
e che si sarebbe considerato e comportato in quanto sciolto da esso. Al contrario l'assemblea confederale si espresse per la non validità giuridica della dichiarazione di uscita della Prussia dalla Confederazione e per il fatto che le decisioni dell'assemblea confederale continuassero ad essere vincolanti per la Prussia. Venne citato l'articolo primo secondo il quale la Confederazione Germanica era una associazione non scioglibile , dalla quale non si poteva recedere. L'Austria e coloro i quali le rimanevano fedeli avevano il diritto dalla loro parte quando le armi cominciarono a parlare.

Allo scoppio della guerra vi era da un lato l'Austria e tutti i grandi Stati confederali, cioè Baviera, Wurttemberg , Baden , Sassonia , Hannover , Assia elettorale e Assia-Darmstad , così come alcuni componenti minori della confederazione; sull'atro lato invece si raccolsero per lo più i piccoli Stati della Germania settentrionale e centrale (di formazione luterana) che in parte erano già da tempo manovrati da Berlino. In nessuno dei due campi vi erano piani di operazioni militari comuni, nè comuni obbiettivi di guerra , nè un manifesto di guerra comune.



Ludwig von Benedek.

Ma sul versante prussiano il dominio di Berlino era totale , tanto da declassare i precedenti problemi di mancanza di coesione militar-politica. Berlino contava su un piano d'azione assai elaborato e su un esercito brillantemente organizzato, addestrato e armato. Capo dello Stato maggiore prussiano era Moltke, militare esperto e dal genio strategico,  il quale si opponeva al comandante supremo austriaco Ludwig von Benedek, un comandante militare sperimentato ed amato. Benedek , al contrario nel suo antagonista Moltke , non aveva nessun potere di comando sulle armate dei suoi alleati. Il coordinamento militare era desolante; ancora fino all'ultimo la Baviera si era rifiutata di accettare un piano di operazioni comune e di rafforzare gli austriaci in Boemia. In questa situazione la Prussia riuscì molto facilmente a travolgere l'Assia elettorale ed il Regno d'Hannover e con ciò a costituire nella Germania settentrionale una base di operazioni interdipendente.








Principe Alexander von Hassen.


L'armata sveva vinse infatti il 27 giugno presso Langenzalza , ma capitolò due giorni più tardi in una situazione psicologica e militare quasi disperata. Il contingente dell'Assia elettorale si ritirò a sud. Le truppe prussiane poterono continuare con successo la loro marcia di avvicinamento contro Francoforte e contro Wurzburg. Si venne nel frattempo a sanguinose azioni di combattimento, ma non ad un impiego coordianto delle truppe della Germania meridionale che erano numerose, forti , per quanto spezzettate. Il 16 luglio 1866 i prussiani entrarono a Francoforte; il parlamento dimezzato aveva lasciato la città due giorni prima riparando ad Augsburg.
All'armata prussiana del Meno , che sotto il comando del generale von Manteuffel si muoveva contro Wurzburg, si contrapponeva l'VIII corpo d'armata della confederazione cui appartenevano sotto il comando supremo del Principe Alexander von Hessen truppe del Baden , del Wurttemberg , dell'Assia, del Nassau e dell'Austria, in complesso circa 45.000 uomini con 118 pezzi d'artiglieria. La coesione dei soldati era buona e tutti cantavano:











"L'Ottavo corpo d'armata , che combatte come un solo uomo!
Il Principe Alessandro , che lo guida con coraggio.
Egli ci guida proprio a Berlino
perchè noi tutti catturiamo il Bismarck."





Principe Federico Guglielmo d'Assia-Kassel.
Il Principe d'Assia , congnato dello Zar , più tardi spiegò i difetti di questo esercito di coalizione:
"Con speranze molto scarse solo assai mal volentieri io assunsi questo comando...Erano ventisei anni che non veniva più riunito l'ottavo corpo d'armata, che nella presente composizione aveva sei comandanti militari , e quasi altrettanti regolamenti, segnali sistemi di artiglieria ed obbiettivi politici; i generali si conoscevano appena vicendevolmente e nessuno di loro , con l'eccezione dell'austriaco, aveva mai preso parte ad una vera battaglia sul campo."



Questo spiega il corso della battaglia sul Meno. La pianificata controffensiva dell'Ottavo corpo d'armata e delle divisioni bavaresi contro Francoforte non si realizzò più.
Manteuffel attaccò l'avanzata nemica sulla linea del Tauber. Anche i soldati dell'esercito confederale si batterono valorosamente. Ma il 24 luglio Tauberbischofsheim fu preso ai soldati del Wurttemberg , il 27 luglio si ebbe il cannoneggiamento della fortezza di Marienberg nel Wurzburg. Poi anche sul Meno cominciò la tregua d'armi.
Il confronto militare decisivo secondo i piani del Moltke doveva avvenire in Boemia. L'esercito Prussiano avanzò in tre colonne concentriche per riunirsi solo fra l'Elba e l'Iser nella Boemia del nord per una battaglia d'accerchiamento.


Benedek intraprese un tentativo per battere prima del ricongiungimento l'armata dell'Eleba che avanzava da Dresda e la prima armata che marciava su Reichensberg. Quando questo tentativo fallì , l'esercito austriaco si concentrò attorno alla fortezza di Koniggratz . Sotto l'impressione delle prime sconfitte e davanti al pericolo di accerchiamento , Benedek inviò il 30 giugno un telegramma all'Imperatore : "Prego insistentemente Vostra Maestà di concludere la pace a qualsiasi prezzo. Catastrofe dell'armata inevitabile".
La risposta dell'Imperatore , il quale era cosciente di avere il diritto dalla sua parte, fu : "Impossibile concludere pace. Io ordino - se inevitabile - di intraprendere la ritirata. Si è avuta battaglia?". Dopo la ricezione del telegramma Benedek era convinto che l'Imperatore si aspettasse da lui una grande battaglia. Il 3 luglio egli si apprestò ad affrontare i Prussiani con tutte le sue forze.

Guglielmo I seguito dal Moltke e dal Bismarck durante
la Battaglia di Sadowa.
Il prussiano Moltke si dimostrò molto contento dell'iniziativa del Benedek. Non solo perchè dal lato prussiano non vi era alcuna difficolta d'intesa nel comando militare: Bismarck ed il Re Guglielmo I erano aggregati al comando dell'esercito e seguivano insieme con Moltke da una collina sul campo di battaglia il procedere dei combattimenti; la guida monarchica, quella politica e quella militare erano unite sul campo di battaglia. Lo stratega prussiano vedeva a portata di mano la possibilità di battere , decidendo la guerra , l'intera armata avversaria in un solo giorno. Così la battaglia di Königgrätz (comunemente conosciuta come battaglia di Sadowa) , che iniziò nel mattino piovoso del 3 luglio , è divenuta una delle più grandi battaglie decisive della storia.

l'arrivo alle 14:30 della Seconda Armata comandata dal Principe ereditario Federico , entrò in scena al momento giusto sul campo di battaglia , per assicurare la vittoria, forte di 100.000 uomini. Da ciascun lato presero parte allo scontro più di 200.000 uomini . La sera le perdite sul lato austriaco tra morti , feriti e prigionieri ammontava a più di 44.000 uomini , mentre sul versante prussiano a circa 9.200: tale disparità di perdite è attribuibile alla differenza degli armamenti dei soldati prussiani e austriaci : la superiorità del fucile Dreyse prussiano a retrocarica che poteva essere ricaricato velocemente e funzionare in posizione prona, mentre gli austriaci dovevano levarsi in piedi dopo ciascuno sparo per ricaricare con i fucili ad avancarica fornendo al nemico un facile bersaglio, si rivelò decisivo. Nonostante ciò, gli austriaci si batterono con valore , la loro artiglieria e cavalleria tenne testa a quella prussiana . Così Benedek potè evitare che dall'accerchiamento uscisse una vittoria di annientamento. Il suo esercito sconfitto si ritirò al di la della fortezza di Königgrätz verso sud-ovest.
Un armistizio fu sottoscritto tre settimane più tardi. Fu una grande vittoria per la bellicosa e arrivista  Prussia, il cui percorso verso l'unificazione nazionalista-protestante della Germania non aveva più ostacoli militari in seno alla Germania. L'Italia sabauda ,  risicolo alleato prussiano , perse sia sulla terra (Custozza) che sul mare (Lissa) ma riuscì a usurpare il Veneto al legittimo governo grazie alla vittoria dell'esercito alleato.
Gli Asburgo , che per innumerevoli secoli avevano guidato con saggezza il mondo tedesco in piena legittimità, venivano estromessi con la forza delle armi.





Mappa della Germania con la
 Confederazione Tedesca del Nord (in blu).
Dopo la guerra la Prussia annetté gran parte dei territori dei suoi avversari a nord del fiume Meno, come ad esempio il Regno di Hannover, siglando con gli altri stati della Germania settentrionale il 18 agosto il Trattato della Confederazione Tedesca del Nord (edificando il suo "proto-impero). L'alleanza aveva a quel tempo 15 membri, con l'80% degli abitanti viventi in Prussia (un'exclave di notevole importanza per la Confederazione Tedesca del Nord fu il territorio prussiano della Provincia di Hohenzoller a sud). L'Assia-Darmstadt divenne parte della Confederazione solo per la sua parte settentrionale. Venne progettata ma mai creata invece una Confederazione Tedesca del Sud, come menzionato nella Pace di Praga del 1866. Il 15 dicembre 1866, Bismarck presentò la proposta per un'alleanza tra i vari governi della confederazione. Il 7 febbraio 1867 la comune proposta di governo era ormai redatta con le modifiche proposte dagli stati che sostanzialmente non alterarono il progetto guidato dalla Prussia. L'idea non era quella di imporre a tutti una nuova costituzione, ma di stipularla assieme all'elitte delle varie componenti . Questo portò alla creazione di un konstituierender parlamento della Germania del Nord dal 12 febbraio successivo. Questo Norddeutscher Reichstag accettò la costituzione con piccolissimi cambiamenti il 16 aprile 1867 ed essa divenne legge dal 1 luglio di quell'anno. Di conseguenza, venne eletto un nuovo Reichstag, l'unico per tutta l'esistenza della Confederazione Tedesca del Nord. Bismarck divenne il primo e unico Bundeskanzler della Germania del Nord come capo dell'esecutivo. 

Una potenza protestante emergeva mentre la Cattolica Austria decadeva ...





Fine Parte Sesta...  


Fonte:




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  • Katrin Unterreiner: Kaiser Franz Joseph 1830-1916. Mythos und Wahrheit. Brandstätter, Wien 2006, ISBN 3-902510-43-9.
  • Martina Winkelhofer: Viribus unitis. Der Kaiser und sein Hof. Ein neues Franz Joseph Bild. Amalthea Signum, Wien 2008, ISBN 978-3-85002-650-5.
  • Tra Asburgo e Prussia. La Germania dal 1815 al 1866 (Lutz Heinrich)

     


    Scritto da:

    Presidente e fondatore dell'A.L.T.A. Amedeo Bellizzi