lunedì 17 novembre 2014

I NOSTRI MOTIVI DI SPERANZA (Estratto dall'opera di mons. Delassus "Il Problema dell'ora presente" Tomo II°)


Édouard Adolphe Drumont
Edoardo Drumont, dopo aver ripetuto ciò che avea già detto, cioè: "Vi ha qualche cosa di morto in
Francia, qualche cosa che non risorgerà, prescindendo da circostanze del tutto imprevedute e al di
fuori della nostra sfera d'investigazione", mostrava, un giorno, il centro del commercio, della
ricchezza e della potenza degli uomini, prossimo a spostarsi, a trasferirsi dal Mediterraneo
all'oceano Pacifico. Egli riferiva queste parole di Izoulet: "Il canale di Suez diede all'Inghilterra un
immenso vantaggio, il canale di Panama trasferirà questo vantaggio agli Stati Uniti. La supremazia
commerciale del Pacifico sarà la supremazia finale". Edoardo Drumont non era punto di questo
avviso, ed esprimeva così il suo sentimento: "È permesso di supporre che la vecchia Europa non
sarà tanto abbandonata. Izoulet lascia volontariamente, fuori del suo ragionamento, tutto un lato
della questione: il lato morale e religioso".
Egli è certo che il canale di Panama contribuirà potentemente a condurre questo ravvicinamento,
questa concentrazione del genere umano che pare sia il gran disegno della Provvidenza in
quest'epoca dei mondo. Ma non è meno certo che, se il commercio può grandemente contribuire a
produrre questo ravvicinamento, lo sviluppo della ricchezza nelle mani degli uomini, mercé la
facilità del commercio e l'aumento dell'industria, non può essere lo scopo finale voluto da Dio. Il
Signore non può proporsi altro fine nel ravvicinamento degli uomini che il progresso morale e
religioso del genere umano.
Ora, il focolare di questo progresso pare non possa trasferirsi fuori dell'Europa, e ciò perché
l'Europa possiede Roma e la Francia.
"Dio ha fatto quaggiù un'opera divina - disse Mons. Pie: - Egli pose nel nostro Occidente il centro
di quest'opera, istituendo in Roma la sede della sovranità religiosa. E il medesimo Dio elesse la
nostra nazione ad essere il principale appoggio di Roma". Ed altrove: "L'Occidente che porta ne'
suoi fianchi la sede del Vicario di Gesù Cristo, resterà sino alla fine il centro della Chiesa; là sono le
parti nobili di questo gran corpo, là sono gli organi della respirazione, le grandi arterie che partono
dal cuore e vi metton capo. Francia, tu conserverai sempre i tuoi privilegi. Tu sei il principale
contrafforte dell'edificio divino; la Pietra che la mano di Cristo ha collocato al versante de' tuoi
monti, abbisogna di te come di un punto d'appoggio".
Ecco il principale motivo onde confidano coloro che fanno assegnamento ancora sulla Francia per
l'avvenire del mondo: la missione assegnatale in questo mondo da Dio. Si può anche far capitale sul
carattere e sulle facoltà che le sono state concesse per compiere questa missione, sull'influenza che
queste qualità. le permettono di esercitare sopra gli altri popoli, sui segni che ci autorizzano a
credere che niente di tutto ciò le sia stato ritirato.
E da prima la sua missione.
La missione della Francia "visibile come il sole",(1) disse Giuseppe de Maistre, le fu determinata
sin dalla culla. I nostri antichi storici riferiscono che S. Remigio disse a Clodoveo alla vigilia del
suo battesimo: "Ricordati, o mio figlio, che il regno dei Franchi è predestinato da Dio a difendere la
S. Chiesa. Questo regno sarà un giorno grande fra tutti i regni e durerà sino alla fine dei tempi. Esso
sarà vittorioso e prospero finché rimarrà fedele alla fede di Cristo; ma sarà duramente punito tutte le
volte che si renderà infedele alla sua vocazione". Queste parole sono riportate nel nono secolo dal
celebre Hincmar arcivescovo di Reims, e nel settimo dal venerabile Beda. L'avveramento che ebbe
nella storia della Francia ne conferma l'autenticità.


Giovanna d'Arco all'incoronazione di Carlo VII in un dipinto di Jean-Auguste-Dominique Ingres nel Museo del Louvre a Parigi
Santa Giovanna d'Arco

La Francia è stata battezzata a Reims in Gesù Cristo; il nome di Gesù Cristo splendette tra le pieghe
della sua bandiera, che i suoi re ed i suoi cavalieri hanno fatto brillare al sole d'Oriente nella
gloriosa epopea delle Crociate; il Vangelo di Cristo fu il cemento delle sue Istituzioni, la regola
delle sue leggi, la luce del suo spirito; Lui l'ispiratore di quell'eroe incomparabile il cui nome si
identifica col nome stesso della grandezza, Carlo Magno, e che fu il vero padre della civiltà europea
cristiana; Lui che ha fatto sbocciare sul suolo di Francia tutto impregnato della sua influenza questi
due meravigliosi fiori: S. Luigi nel XIII secolo, Giovanna d'Arco nel XV.
La solenne investitura di questa missione le fu conferita dal papa Stefano, in nome dell'apostolo S.
Pietro nella persona dei re Pipino, Carlo e Carlomanno, mediante la lettera che egli scrisse loro e
che indirizzò nello stesso tempo "ai vescovi, a tutti gli eserciti e a tutto il popolo di Francia":
"Io, Pietro, apostolo, ordinato dalla potenza divina per illuminare il mondo, vi ho eletti per miei figli
adottivi, affinché abbiate a difendere contro i loro nemici, la città di Roma, il popolo che Dio mi
affidò e il luogo dove io riposo secondo la carne".
Fedeli a questa missione, i nostri re riempirono il mondo della rinomanza delle geste di Dio
compiute dai Franchi: Gesta Dei per Francos.
"I Francesi fermarono Attila: fermarono i Saraceni in Europa, poi assalirono i Turchi in casa loro, in
Asia e in Africa; fondarono un impero francese a Costantinopoli ed un altro a Gerusalemme; hanno
fatto in tutto l'Oriente tale un'impressione sugli animi, che tutti gli Europei li chiamano Franchi, e il
Tasso medesimo chiama costantemente l'esercito cristiano il popolo franco".(2)
D'altra parte, "la Francia esercita sull'Europa una vera magistratura che sarebbe inutile contestare, di
cui abusò nella maniera la più colpevole".(3) "Favorita di tutti i doni, posta in Europa alla testa del
sistema religioso, per propagare le idee più sublimi, fornita de' più bei geni e della lingua più bella,
non ha essa, da oltre un secolo (oggi due secoli), abusato di questi doni nella maniera più
colpevole? Siccome si è servita della sua influenza per contraddire la sua vocazione e corrompere i
costumi dell'Europa, reca egli meraviglia che la si vegga ricondotta al suo compito con mezzi
terribili?"
Otto von Bismarck

La profezia di S. Remigio si avvera ancora sotto i nostri occhi. Noi siamo sempre il popolo delle
grandi prove, e se siamo il popolo dei grandi delitti, siamo ancora il popolo delle grandi espiazioni,
mercé le quali avviene la riconciliazione fra Dio e noi.
Vi fu un momento in cui si poté temere che la missione affidata alla Francia, fin dalla sua origine,
non le fosse tolta e data ad un altro popolo. Nel settembre 1870, essa abbandonò Roma alla
Rivoluzione coronata; si ritirò per lasciar libero il campo all'invasione piemontese. Il suo ufficio di
difendere la S. Sede fu tosto offerto al re di Prussia il quale, felicemente per noi, lo rifiutò.(4)
L'otto novembre 1870, Mons. Ledochowski, arcivescovo di Posen, giunse al castello di Versailles
occupato dal re Guglielmo e dal principe di Bismarck. Egli veniva direttamente dalla sua diocesi per
dire che se la Prussia si facesse vindice del Papato, aggiungerebbe allo splendore delle sue vittorie
una grandezza morale che renderebbe indistruttibile la sua potenza. Il momento era giunto di
rialzare il Santo Impero.
Il vescovo non vide il re, ma in un abboccamento di tre ore con Bismarck, lo sedusse, e questi
manifestò al sovrano l'idea che gli era proposta.
Tre anni più tardi, l'ab. Lemann trovavasi a Roma, una sera, con molti Francesi, in casa del cardinal
Capalti. Naturalmente si parlò della Francia, e il Cardinale disse: "Il vero pericolo per la Francia
non fu né Reischoffen, né Sedan, nemmeno la capitolazione di Parigi; il vero pericolo per la Francia
fu il giorno in cui, venendo espressamente dalla Germania a Versailles, Mons. Ledochowski
propose al re Guglielmo, divenuto imperatore di Germania, di prendere nelle sue mani lo scettro di
Carlomagno, caduto da quelle della Francia, dopo che avea abbandonato Roma. Se, in quel giorno,
prestando orecchio ad una sì improvvisa e seducente proposta, fosse stato concesso all'imperatore di
Germania di attuarla, forse la sarebbe stata finita per la nobile nazione di Francia. Per la vostra
patria non vi sarebbe più ragion d'essere, essendo stata la sua missione trasferita ad un'altra, ma
perché la divina Provvidenza permise che, invece di protegger la Chiesa, l'impero di Germania la
perseguitasse, la Francia può aver confidenza: la sua missione divina non le è tolta".
Nel 1883, comparve a Lipsia un opuscolo attribuito al sig. Hahn, consigliere intimo presso la Corte
imperiale, e intitolato: Bismark après la guerre; vi si parla dell'andata di Mons. Ledochowski a
Versailles, e del suo scopo.
Guglielmo I di Germania
Guglielmo I di Germania

L'autore fa inoltre conoscere che i cavalieri di Malta, d'accordo con molti nobili, fecero presentare a
Guglielmo, ancora a Versailles, per mezzo del duca di Ratibor e del barone di Schormeler, un
indirizzo contenente le medesime considerazioni. L'imperatore rispose ch'egli "considerava
l'occupazione di Roma da parte degli Italiani come un atto di violenza, e che non mancherebbe,
finita la guerra, di prendere in considerazione questo stato di cose, d'accordo con altri principi".

Chi dunque pose ostacolo alla riuscita di questo piano? Unicamente il rifiuto dignitoso che vi
oppose la Santa Sede.
Il marchese d'Auray ci fa sapere che essendosi recato, costretto dalla natura de' suoi uffici, a prender
congedo a Verdun dal generale de Manteuffel, questi prevedeva sempre il risorgimento della
Francia: "Pigliate coraggio, signore, la Francia può rialzarsi! Si guarisce delle battaglie perdute".
Ma egli aggiungeva: "Ben più funeste sono, per mio avviso, le divisioni religiose e le crisi sociali: la
Francia è entrata in una via che sembrami disastrosa".
Il generale prevedeva egli che la passione anticristiana potrebbe condurre alla visita di Loubet al re
d'Italia, e al voto della Camera dei deputati della legge di separazione della Chiesa dallo Stato?
La sola cosa che possa rassicurarci nell'ora presente, si è che niun popolo ha raccolto fin qui
l'eredità che Carlomagno ha lasciata a' suoi figliuoli. "Abbiate cura della difesa della Santa Sede
come l'hanno avuta il nostro avo Carlo Martello, il nostro padre re Pipino e come l'abbiamo noi
dopo di loro".
Di più, nessun popolo ci sembra avere in questo momento la possibilità di prenderla. Il posto resta
libero. "Si tratta dunque - come disse la Correspondance de Berlin nel marzo 1903 - di sapere se la
Francia è ancora capace d'una reazione salutare, provocata dalla profondità del male onde se ne
muore. Nello stato attuale di cose, è impossibile formulare una previsione seria e probabile".
Il giornale prussiano non osava affermare che ormai questa energia ci mancherebbe per sempre.
Egli è permesso a noi Francesi di credere che la troveremo nel giorno segnato dalla Provvidenza.
Non solo Dio non ha permesso fin qui che un altro popolo pigliasse il nostro posto, ma non ci ha
pur tolti i doni che ci avea accordato per compiere la missione che ci affidava.
Niente è stato ricusato alla Francia per compiere nel mondo la parte che le fu devoluta.
"La Provvidenza che proporziona sempre i mezzi al fine, e che dona alle nazioni, come agli
individui, gli organi necessari all'adempimento della loro destinazione, diede precisamente alla
nazione francese due strumenti, e, per così dire, due braccia, colle quali essa muove il mondo: la
sua lingua e lo spirito di proselitismo che forma l'essenza del suo carattere; di guisa che essa ha
costantemente il bisogno e il potere d'influire sopra gli uomini".(5)
"Sembrami che un profeta, con un sol tratto del suo fine pennello, vi abbia dipinti al naturale, sono
già venticinque secoli, allorché disse: Ogni parola di questo popolo è una cospirazione; la scintilla
elettrica percorrendo, come la folgore, una massa d'uomini in comunicazione, rappresenta
debolmente l'invasione istantanea, per non dire fulminea, d'un gusto, d'un sistema, d'una passione
dei Francesi che non possono vivere isolati. Se, almeno, voi operaste soltanto sopra voi stessi, non
ci sarebbe nulla a ridire, ma la tendenza, il bisogno, il furore d'agire sopra gli altri è il tratto più
saliente del vostro carattere. Si potrebbe dire ch'esso s'identifica con voi stessi. Ogni popolo ha la
sua missione, tal è la vostra. La minima opinione che voi lanciate in Europa, è un ariete spinto da
trenta milioni d'uomini".(6)
In cento altri luoghi delle sue opere, de Maistre ritorna su questa osservazione, avvalorandola
sempre di nuovi fatti. L'adozione presso gli altri popoli del nostro sistema metrico, gli facea pur
dire, sulla fine della sua vita: "La potenza della nazione francese per influire sulle altre, anche su
quelle che meno cambiano, anche su quelle che la odiano, è un fenomeno che non ho mai cessato di
ammirare. Sempre questo paese agiterà l'Europa in bene od in male. In qualunque modo lo si tratti,
produrrà ancora grandi scosse nel mondo".(7)
Luigi Teste faceva poc'anzi la medesima osservazione, ed in prova egli ricordava la propagazione
che avvenne nel mondo del regime parlamentare dacché la Francia lo ebbe adottato. "Nel 1789, il
parlamentarismo inglese aveva cinquecento anni di esistenza, e non aveva esercitato alcuna
influenza sull'Europa, meno ancora sopra di noi; e bastarono appena cent'anni alla Francia per
portare fino ai confini orientali della stessa Europa il parlamentarismo che questa rivoluzione le
aveva dato! L'espansione è la proprietà del genio francese".
Il dottor Sarda y Salvany, presiedendo un pellegrinaggio spagnuolo a Lourdes nel 1887, vi
pronunziò un discorso su questo tema: "Perché la Francia invece della Spagna fu scelta dalla
Provvidenza ad essere il teatro delle meraviglie di Lourdes". E rispose dicendo: "La Francia è la
nazione propagatrice per eccellenza. Essa non pensa e non sente per tutto l'universo, come pretese
Victor Hugo; ma ben possiamo dire con verità ch'essa parla per noi, e che si è convenuto di lasciarle
portare la parola a nome di tutti ... Supponete gli avvenimenti di Lourdes avvenuti in Ispagna, in
una qualunque delle sue provincie. Nell'ora presente, la contrada in cui fossero accaduti ne sarebbe
istruita; forse ne saprebbero qualche cosa le altre provincie; nel rimanente del mondo, sarebbero
quasi ignorati ... Dio, volendo che tutti li conoscessero, ha fatto bene di porli nelle mani della
nazione propagatrice per eccellenza. Oggi si parla di Lourdes in tutto l'universo; da tutti i suoi
confini si accorre a Lourdes, perché Lourdes è francese".

Juan Donoso Cortés


Donoso Cortes chiama in testimonianza di questa verità le grandi fasi della civiltà moderna. "È un
fatto storico universalmente riconosciuto, che la missione della Francia è d'essere lo strumento della
Provvidenza nella propagazione delle idee nuove, sieno politiche, sieno religiose o sociali. Nei
tempi moderni, tre grandi idee hanno invaso l'Europa: l'idea cattolica, l'idea filosofica, l'idea
rivoluzionaria. Ora, in questi tre periodi, sempre la Francia s'adoperò a tutt'uomo per propagare
queste idee. Carlomagno fu la Francia fatta uomo per propagare l'idea cattolica; Voltaire fu la
Francia fatta uomo per propagare l'idea filosofica; Napoleone fu la Francia fatta uomo per
propagare l'idea rivoluzionaria".(8) Le rimane di farsi uomo per propagare l'idea della Rinnovazione
morale, religiosa e sociale.
Oltre questo spirito di proselitismo, la Francia ha eziandio il carattere che permette di non troppo
spaventarsi delle sue cadute. "Nei Francesi - diceva de Maistre - l'abbattimento succede
all'entusiasmo e gli sbagli ai grandi colpi politici. La nave dello Stato non voga in un mare
tranquillo; essa a volte è sulle nubi, a volte nell'abisso. Si direbbe anzi esser ciò che le fa mestieri e
che non sappia far vela se non nella tempesta; di qui questi alti e bassi, queste alternative di gloria e
di umiliazione sì comuni nella storia di Francia".(9)
Parimenti De Bonald faceva assegnamento sul nostro carattere pel nostro rialzamento: "Il Francese
avea un carattere, ed è nella invariabilità del suo carattere che bisogna cercare la causa delle sue
lunghe prosperità, come il principio de' suoi errori e l'origine delle sue sventure.
"Io osservo con attenzione questo popolo, composto di Romani, di Galli e di Germani, e credo
scorgere nel suo carattere la fierezza nazionale dei Romano, l'impetuosità del Gallo, la sincerità del
Germano; come ritrovo nelle sue maniere, l'urbanità del primo, la vivacità del secondo, la
semplicità dell'ultimo. - Esso è tutto anima, tutto sentimento, tutto azione; egli sente quando gli altri
pensano, egli opera quando gli altri deliberano; in lui l'azione precede il pensiero e il sentimento
l'azione; terribile ne' suoi traviamenti, esagerato nelle sue virtù, esso ha meno vizi che passioni,
frivolo e capace di costanza, fiero e capace di docilità, impetuoso e capace di riflessione, confidente
fino all'insolenza, attivo fino al prodigio, coraggioso fino alla temerità, le sue buone qualità sono
sue, e troppo di sovente i suoi difetti sono di quelli che lo governano. Parlate al suo cuore piuttosto
che alla sua ragione, dategli dei sentimenti e non delle opinioni; sopratutto preservatevi da ogni
cambiamento, voi che lo governate! Non accrescete la mobilità de' suoi gusti, colle variazioni d'una
amministrazione incerta; nulla cangi intorno a lui, se non volete che cangi esso stesso; non spostate
nulla, se non volete che rovesci tutto ... Purtroppo! s'egli si è perduto, la ragione si è che il suo
carattere, disconosciuto da' suoi padroni, è stato troppo bene sfruttato dai suoi tiranni".(10)
Più recentemente, un uomo di spirito ben diverso, L. Blanc, diceva medesimamente:
"Popolo leggiero, dicono del popolo francese gli spiriti superficiali, scorgendolo alternamente
sublime e caduto; oggi pieno d'un glorioso delirio, domani abbattuto; ora tripudiante fino alla
licenza, ora sonnolento ai piedi d'un padrone. I detrattori della Francia non dubitano che in questo
giudizio i leggeri sono essi medesimi, e che alla frivolezza dei loro apprezzamenti, si aggiunge il
delitto della ingratitudine. Se la Francia è in balìa alla tormenta d'una fluttuazione perpetua; se la
sua vita si compone d'una alternativa di successi e di rovesci; se ad essa è concesso di meravigliare
il mondo sotto tanti aspetti diversi ed impreveduti, gli è perché l'iniziativa del progresso morale
trovasi in essa, perché il suo suolo è il campo di tutti gli esperimenti del pensiero; gli è perché essa
cerca, perché esplora, perché rischia, perché soffre e si dibatte, perché corre le avventure per conto
di tutto il genere umano. Allorché a prezzo di mortali fatiche è lieta d'aver fatto qualche scoperta
preziosa, allorché col seno squarciato, si conforta d'aver riportata qualche magnanima vittoria; se,
bagnata nel suo sangue e sfinita, si riposa un momento sul margine della strada, per riprendere le
sue forze, le altre nazioni la mostrano a dito con un'aria beffarda, e vanno innanzi con calma, esse
che approfittano del risultato senza essere indebolite dallo sforzo, attribuendo al merito della propria
sapienza ció che devono al sacrificio del popolo precursore e martire".


Alexis de Tocqueville ritratto da Théodore Chassériau

Alexis de Tocqueville


Citiamo ancora de Tocqueville (l'Ancien régime): "Quando considero questa nazione in se stessa, io
la trovo più straordinaria di tutti gli avvenimenti della sua storia. Comparve mai sulla terra una sola
nazione che fosse sì ripiena di contrasti e che andasse sì agli estremi, sì eccessiva in ciascuno de'
suoi atti, che fosse più guidata da sensazioni, che da principii, facendo così sempre (peggio o
meglio) di quanto si aspettava; talvolta al disotto del livello comune dell'umanità, tal altra molto al
disopra; un popolo talmente incrollabile ne' suoi principali istinti, che si riconoscono ancora nelle
descrizioni che sono state fatte di lui, son già due o tre mila anni, e nel medesimo tempo talmente
volubile ne' suoi pensieri quotidiani e ne' suoi gusti, che finisce per divenire uno spettacolo inatteso
a se medesimo, ed anche spesso sorpreso al pari degli stranieri alla vista di ciò che fa? ... La più
brillante e più pericolosa delle nazioni dell'Europa e la meglio fatta per divenire alternamente un
oggetto di ammirazione, di odio, di pietà, di terrore, ma giammai d'indifferenza".
La meravigliosa facilità onde la Francia ha sempre saputo rialzarsi, può manifestarla ancora. E
d'altra parte la persistenza dei doni di Dio in noi, ci permette di credere che si degnerà di servirsene
ancora e di adoprare ancora il suo popolo per la salute del mondo. Lo stato deplorevole nel quale
attualmente si trova può non essere uno stato definitivo. Noi possiamo anche vedervi un effetto
della condotta speciale di Dio a nostro riguardo. In questo caso, noi saremmo oggi nel periodo del
castigo, il che ci permette di sperare che domani saremo in quello della misericordia.
"La punizione dei Francesi - diceva de Maistre - esce da tutte le regole ordinarie e la protezione
accordata alla Francia vi esce del pari, ma questi due prodigi riuniti si moltiplicano l'uno per l'altro,
e presentano uno degli spettacoli più stupendi che l'occhio umano abbia mai contemplato".(11)
È questo appunto che S. Remigio aveva predetto fin dalla nostra nascita: "Questo regno sarà
vittorioso e prospero fintanto che rimarrà fedele alla fede di Cristo, ma sarà duramente punito tutte
le volte che si renderà infedele alla sua vocazione".(12)
La verga che Dio oggi adopera per castigarci è la framassoneria e il giogo ch'essa fa pesare sopra di
noi.
Ma non è impossibile, nemmeno improbabile, che questo giogo venga scosso e ben presto.
Mons. Meurin, nella sua opera: La Franc-Maçonerié synagogue de Satan, crede poter dire che "il
potere attuale dei capi della framassoneria sembra essere presso alla sua fine". Ma aggiunge: "Esso
non finirà senza una tragedia affatto inaudita".
Tutto fa temere questa tragedia, non solo la potenza di cui dispone la massoneria, ma eziandio
l'espiazione che la giustizia divina è in diritto di esigere da noi.
Dopo ciò verrà il tempo della misericordia, e Dio ci userà le sue buone grazie d'una volta.
Il filosofo che ci piace citare, G. de Maistre, era persuaso, abbiam detto, che la missione data da Dio
alla Francia non le sia ancor tolta, malgrado il cattivo uso che fece delle qualità che le furono
concesse per adempierla. Egli era convinto che eserciterebbe per il bene nei secoli futuri, come ha
fatto nei secoli passati, la potenza di proselitismo di cui è fornita. E siccome questo avvenire gli
sembrava più bello, più grandioso di tutto ciò che il genere umano ha visto fin qui, non esitava
punto a dire ch'egli scorgeva i Francesi avanzarsi verso una gloria più grande di quella che hanno
conseguita coi gloriosi fatti d'altri tempi.
Se ciò non avvenisse, se la Francia non fosse di nuovo chiamata ad esercitare la sua missione, che
ne avverrebbe? La Chiesa rimarrebbe senza difesa in faccia dei tre nemici esterni: La rivoluzione,
l'eresia protestante e lo scisma della Russia. La fine dei tempi sarebbe giunta. La Chiesa, senza
difesa quaggiù, finirebbe come ha cominciato, colla palma dei martiri. Se questa fine non è
prossima, Dio si leverà. Fino alla rovina definitiva, non cesseremo di credere ch'egli voglia far
nuovamente della Francia il suo strumento.
Parecchi motivi possono inclinarlo a questa misericordia. Egli non ignora l'infernale assalto che da
ben due secoli sosteniamo.
È contro la Francia che la congiura anticristiana ha rivolte tutte le sue batterie. Dall'Inghilterra la
framassoneria fu importata in casa nostra; in Olanda, nella Germania del Nord e più tardi negli Stati
Uniti, essa ebbe i suoi centri di formazione e i suoi focolari d'azione. Di là essa porta nei paesi
cattolici, e massime in Francia il suo teatro d'operazioni.
Da prima abbiamo dovuto difenderci contro la Riforma.
"Il protestantismo - dice de Maistre - non ha cessato mai un istante di cospirare contro la
Francia".(13) Nel corso dei secoli, ora colla violenza, ora colla perfidia, tutto ha tentato, tutto fa
ancora per trascinarci nell'apostasia. Egli non ha potuto riuscirvi. Era necessario che la Francia si
conservasse cattolica perché un giorno lo fosse il mondo. Essa ha conservato nel suo seno il fuoco
sacro pronta a riaccenderlo nei dissidenti, senza aver punto cessato di portarlo agl'infedeli.
"Essa non ha dimostrato, è vero, contro il veleno più sottile del filosofismo la medesima energia e
resistenza che dimostrò contro il protestantismo; ma ne rimase viziata più nella mente che nel
cuore".

"Il male presso i nostri vicini - dice de Saint-Bonnet - deriva dal calcolo che produce una ragione
più fredda. Peccatori petulanti, che fanno il male quasi senza riflessione, noi dobbiamo essere più
facili a correggerci.
"Noi non abbiamo, come l'Inglese, sessanta milioni di schiavi nelle Indie che lavorano per tre soldi
al giorno; e mai abbiamo avuto il pensiero di fare di questo globo un mercato pel nostro
commercio.(14)
"Come il Tedesco, noi non abbiamo infranta l'autorità del Santo Padre, affine di ammogliare i nostri
preti; né mai abbiamo avuto il pensiero di fondere i sacri vasi per farne delle marmitte.
"Come la Russia, noi non abbiamo mai dato ad un principe il potere della Chiesa; né mai abbiamo
avuto il pensiero di affidare le nostre anime ad un sovrano della terra anziché a Dio.
"Ma in questo momento, più imprudenti, più traviati degli altri popoli, noi ci dilettiamo a negar Dio,
e già i nostri dottori, i nostri uomini politici vogliono che il nostro ateismo si stabilisca nello Stato.
L'abbiamo introdotto nelle nostre leggi e nel potere; l'abbiamo inserito nell'insegnamento e nel
matrimonio; ora vorremmo che lo Stato si proclamasse apertamente ateo, e ne formasse l'oggetto
d'una legge".(15)
Ma in ciò stesso, dice altrove il nostro autore, la Francia è vittima del più grande errore da cui gli
uomini siano mai stati posseduti. È dessa che "Satana ha dimandato di far passare al vaglio"
dell'errore sociale filosofico e religioso il più terribile. È probabile che nel suo posto nessuna
nazione avrebbe potuto resistere come essa ha resistito.(16) Per istruzione del genere umano, "Dio
senza dubbio ha permesso che queste tenebre piene d'incantesimo avviluppassero la nazione più
illuminata, quella che avea ricevuto dall'Altissimo maggiori favori, che aveva un cuore fatto per
amare, che poteva, sola, col divino aiuto, attraversar senza pericolo queste regioni mortifere.
Avrebbe potuto resistere l'Austria? forse l'Italia? oppure la Spagna? Fin dal battesimo del Sicambro,
Dio ha voluto, indubbiamente. che la verità nel mondo avesse bisogno della Francia. Perciò,
allorché la verità non vi brillò più sotto la sua forma visibile, continuò a diffondersi sotto la sua
forma latente, infiammando il cuore di tante suore di Carità accorse per medicare le piaghe che ci
apriva l'errore; di tanti missionari, i quali, nel momento in cui il sole si eclissava in noi, ne
portarono i raggi sul rimanente del globo.
"Oh! la Francia apertamente si rallegri d'avere, nei consigli di Dio, un posto in qualche modo
ufficiale! Oh! si allieti di aver fornito anche nel tempo de' suoi traviamenti, tanti missionari che
portarono la luce nel mondo, e tante suore di Carità, che ne lenirono i dolori! Esulti d'aver dato la
vita a tante anime votate alla preghiera ed alla carità, infiammate dall'ardente desiderio dell'amore!
Francia! Francia! gridava una santa voce, come tu sei ingegnosa per irritare e placare insieme la
giustizia di Dio! Se i tuoi delitti hanno fatto cadere i castighi sopra di te, la tua carità ha fatto salire
la tua voce fino al Cielo!".
Satana ed i suoi adepti ben sanno che il nostro parafulmine sta nelle opere e nelle preghiere dei
nostri religiosi e delle nostre religiose; perciò oggigiorno, come un secolo fa, s'affrettano ad
allontanarli. Essi non faranno che affrettare l'ora in cui Dio farà scoppiare la sua folgore. Ma gli
acquistati meriti faranno che questa tempesta non avrà altro effetto che quello di purificare
l'atmosfera e di liberarla dai miasmi che avvelenano gli spiriti, di far sì che quello che la Francia
rivoluzionaria vuole e stima, sia rigettato e respinto, e quello che ha spregiato e detestato, sia
nuovamente amato ed esaltato.

Il New York Freeman degli Stati Uniti scriveva nel suo numero del 7 giugno 1879: "Da tutte le
parti, quelli che pensano e sanno pensare, sperano nell'avvenire della Francia. Per un po' di tempo
ancora vi sarà combattimento. Tutto ad un tratto, in una maniera o nell'altra, mediante un mezzo
determinato da Dio, seguirà una gran calma; gli uomini si volgeranno indietro e stenteranno a
credere che i nemici di Cristo e della sua Chiesa abbiano potuto essere tanto stolti".


Note:


(1) Du Pape, Discorso preliminare, t. XXIV.
(2) OEuvres complètes de J. de Maistre, t. XII, p. 324
(3) Ibid., t. I, p. 8.
(4) Vedi l'opuscolo di Agostino Lemann: Dieu a fait la France guérissable, e un articolo del
marchese d'Auray nell'Association catholique.
(5) OEuvres complétes de J. de Maistre, t. I, p. 825. - Bisogna pertanto dire che la lingua francese
non ha più nel mondo la supremazia che altra volta aveva. La Revue des Revues ha pubblicato un
quadro sorprendente e rattristante della diminuzione dell'uso della lingua francese. "Il suo sviluppo
e la sua diffusione nell'universo han seguito passo passo la progressione della nostra nazionalità.
Nell'ora presente, avvi regresso.
Per tutto un lungo periodo, e fino alla metà del secolo XVIII, ci dice Jean Pinot, l'autore di questo
articolo, egli fu facile di percorrere tutte le nazioni europee, dalle sponde della Neva a quelle del
Tamigi, da Stocolma a Napoli, senz'altro bagaglio di cognizione linguistica che la lingua francese.
L'inglese, in quell'epoca, era pressoché sconosciuto, quasi inintelligibile fuori delle Isole
Britanniche, ed era lo stesso del tedesco e del russo.
All'esordio del secolo XIX, la situazione era già modificata; ma il francese continuava a tenere il
primo posto, col russo che lo incalzava da presso. Venivano poi il tedesco, lo spagnuolo, l'inglese e
l'italiano.
Dopo Waterloo, tutto cambia. La lingua francese, che avea seguito il movimento ascensionale della
Francia, indietreggia quasi subito in proporzione della nostra rovina.
(6) OEuvres complètes de J. d e Maistre, t. IV, p. 377.
(7) Ibid. t. XIII, p. 450.
(8) Discorso pronunziato alle "Cortes espagnoles" il 4 gennaio 1849.
(9) OEuvres complètes de J. de Maistre, t. IX, p. 126.
(10) Théorie du pouvoir, part. I, 1. IV, cap. I.
(11) OEuvres complétes de J. de Maistre, t. I, p. 26.
(12) Il 24 marzo 1872, il generale du Temple sceglieva il Figaro per scrivere ciò che segue, senza
dubbio per far riflettere anche i più mondani:
"Il giorno, non la vigilia, non l'indomani, il giorno in cui i nostri soldati uscivano da Roma, ci toccò
la prima disfatta, Wissembourg, e perdemmo tanti uomini quanti ne uscirono dall'Eterna Città.
"Il giorno in cui l'ultimo soldato lasciava l'Italia, a Civitavecchia, perdemmo l'ultima battaglia,
Reischoffen.
"Il 4 settembre 1870, giorno in cui cadde la dinastia napoleonica, era il 10° anniversario del 4
settembre 1860, giorno in cui Napoleone III, temendo più le bombe d'un nuovo Orsini che Dio,
macchinava, in un abboccamento con Cavour, l'unità italiana e la caduta del Papato.
"Il giorno in cui gl'Italiani comparivano davanti a Roma, i Prussiani comparivano davanti a Parigi e
l'investimento delle due città avea luogo nel medesimo giorno".
(13) OEuvres complétes de J. de Maistre, t. VIII, p. 76.
(14) Questo fu scritto nel 1850; non è più lo stesso oggi dopo che gli Ebrei sono divenuti i nostri
padroni.
(15) Restaurazione francese, p. 281. Dopo il 1850 è per così dire un fatto compiuto.
(16) Nell'ultima opera che ha dato in luce. Les Sephistes français et la Révolution, Th. Funck-
Brentano dimostra il profondo abisso che si è aperto nel pensiero francese alla fine del XVIII secolo
e disse: "Due secoli di sofistica! Mai un popolo ha sopportato per si lungo tempo un tal peso!"