Joseph de Maistre |
Gius. de Maistre scriveva nel settembre 1815, allorché tutti erano nella gioia e nella speranza che
prometteva la Ristaurazione: "Nello stato in cui si trova la Francia, l'uomo più ardito non potrebbe
avere il coraggio di far delle profezie". "Bisognerebbe essere un Geremia per piangere e profetare
sopra di essa". "Le idee rivoluzionarie viventi e visibili in ogni parte, l'immoralità generale e tante
altre circostanze che è inutile ricordare, m'ispirano grandissimo spavento sull'avvenire". "Quali
decreti il grand'Essere, davanti al quale nulla è grande, ha egli pronunciati sulla Francia e
sull'Europa!" "Vi ebbero delle nazioni condannate a morte, letteralmente, come individui colpevoli
e noi sappiamo il perché.(1) Se fosse nei disegni di Dio di rivelarci i suoi piani rispetto alla
rivoluzione francese, noi leggeremmo il castigo dei Francesi come il decreto d'un Parlamento".
Questo decreto porta esso una sentenza di morte?
Si può temerlo, lo abbiamo pur troppo visto nel capitolo precedente, si può anche credere che questa
sentenza sia in via di esecuzione, osservando ciò che accade attualmente nel nostro disgraziato
paese: la religione perseguitata, i religiosi espulsi, inseguiti come malfattori; i cattolici allontanati
da tutti gli affari, privati dei loro impieghi e sostituiti da uomini senza credito, da indegni d'ogni
fatta che sorgono in epoche di torbidi; l'insegnamento dell'ateismo imposto all'infanzia; l'esercito
vilipeso e decimato dalla framassoneria regnante; la magistratura distrutta; la proprietà violata; la
rovina minacciante all'interno; all'estero, la nostra abdicazione e il disprezzo di tutti.
In una delle sue conferenze (1849), Lacordaire diceva: "Non abbiamo più forze se non per metter
sossopra delle rovine ... Io m'inganno, qualche cosa rimane ancor grande e onorata nel naufragio di
tutte le istituzioni: è il magistrato sotto la sua toga, il soldato sotto le sue bandiere, il prete nel suo
tempio. Ecco quanto ci resta e perché questo ci resta tutto ancora è salvo".
Ecco ciò che formava, cinquant'anni fa, la speranza del gran Frate. Ma al giorno d'oggi ... tutto è
crollato sotto i colpi intelligenti e ripetuti della framassoneria, ed anche bisogna pur dirlo, grazie
alla complicità della nostra inerzia e codardia!
Ed infine, la Francia non porge attualmente al mondo intero uno spettacolo paragonabile a quello
che si vide in cielo all'origine del mondo, e che chiama le medesime folgori "La guerra, una guerra
aperta e implacabile è dichiarata a Dio, non da alcune individualità mostruose, ma dai poteri
pubblici e dai rappresentanti della nazione.
Perciò noi possiamo temere che la Francia sia il teatro d'una di quelle grandi manifestazioni divine,
che colpiscono i popoli e loro servono di lezione per tutto il corso delle età, come accadde ai giorni
di Adamo e d'Eva, a quelli di Noè, a quelli di Sodoma e di Babilonia. Non sarebbe punto mestieri
che Dio intervenisse direttamente, basterebbe che lasciasse compiere l'opera loro ai principii di
dissoluzione che ci consumano.
La speranza in queste condizioni pare molto temeraria, tuttavia essa non ha mai abbandonato
interamente i migliori ingegni.
In mezzo alle esitazioni che mettevano nell'animo suo la condizione morale dei Francesi e i tristi
avvenimenti che si compievano sotto i suoi occhi, de Maistre non lasciò mai di credere, o almeno,
"amò credere" che la Francia "aveva ancor qualche cosa da fare in questo mondo". "Essa è ancora
sotto l'anatema, ma io credo sempre ch'essa sia riservata per qualche grande missione". Egli era
convinto che Dio, per renderla atta, la purificherebbe e la farebbe risorgere. Sempre egli teneva i
suoi occhi rivolti verso di lei, sperando costantemente che avvenisse qualche cosa di straordinario:
"Sarà d'uopo - diceva ad ogni sua caduta - che qualche nuovo miracolo ne la tragga fuori". Egli
credeva che alla fine uscirebbe definitivamente da questo bagno di sangue e di fango in cui si tuffa e
rituffa da oltre un secolo, e che camminerebbe poi a gran passi verso le più alte cime del potere che
abbia mai raggiunto. "Io veggo i Francesi che s'avanzano verso una gloria immortale:
"Quanta nec est, nec erit, nec visa prioribus annis".(2)
Ogni volta ch'egli intravedeva nel mondo un miglior avvenire, diceva sempre: "Tutto si farà dalla
Francia". E il signor B. de Saint-Bonnet, facendo eco alla sua parola, diceva ancora: "Sappiam
vedere in questo popolo di Francia le condizioni d'un rinnovamento che aspetta il cristianesimo e
d'una manifestazione di fede che deve rallegrare il vecchio mondo".
Il signor de Saint-Bonnet ebbe il dolore di vedere la terza invasione, che non ha potuto vedere de
Maistre. Anche allora egli conservava la stessa speranza. "La Francia si è impallidita un giorno,
perché Dio era contro di essa e la sua gloria si offuscò perché era in balia della Rivoluzione".
Abbiamo udito Pio X assicurarci che, anche oggi e nello stato di avvilimento in cui è piombata, la
Francia non cessa tuttavia d'essere la figlia primogenita della Chiesa. Egli presentiva in questo
medesimo discorso il dono che fu concesso alla Francia del beato Curato d'Ars, come un segno
evidente che Dio non abbandona il nostro paese, non lo dimentica, ma lo guarda sempre con
predilezione.
È il sentimento che provarono sempre i personaggi più illuminati.
Un gran servitore del Papato, il cardinal Pacca, celebre pel suo coraggio e pel suo fiero contegno
durante la persecuzione di Napoleone, avea deplorato nel tempo delle sue due nunciature a Cologna
e a Lisbona, il lagrimevole stato d'animo in cui avea trovata la nobiltà emigrata, la quale continuava
a professare altamente le massime filosofiche che aveano cagionato la catastrofe.
Tuttavia questa vista non lo fece punto disperar della Francia. Giunto all'età di 87 anni, egli fu
invitato a pronunciare, il 27 aprile 1843, il discorso d'apertura dell'Accademia della religione, a
Roma. Egli prese per tema: Lo Stato attuale e i destini futuri della Chiesa cattolica. Questo discorso
fu un avvenimento e fu tosto pubblicato e tradotto in più lingue. Nell'esordio il cardinale disse che i
pensieri ch'egli sarebbe per esprimere gli erano ispirati "dal lungo soggiorno che avea fatto in varie
contrade dell'Europa, dalle molte relazioni che avea avute cogli uomini più considerevoli e
dall'esperienza fatta in un tempo così fecondo d'avvenimenti come il nostro".
In primo luogo parlò della Germania, poi venne alla Francia e disse:
"Se in Germania dal seno medesimo delle tenebrose dottrine dell'errore, si veggono uscire raggi di
luce e di speranza per la Chiesa cattolica, la Francia ci offre nell'avvenire un orizzonte ancor più
consolante". Egli ricordò la intima unione della Chiesa dei Galli colla Chiesa-madre di Roma fin dai
primi secoli del cristianesimo, il suo zelo ardente nel combattere le eresie nascenti, il potente suo
sforzo per non lasciarsi invadere dal protestantismo, poi per combattere e schiacciare l'idra del
giansenismo, e infine per non lasciarsi imporre la costituzione civile del clero e restar unita alla
Santa Sede.
Egli fece allora il quadro della lotta impegnata in quel medesimo momento, sotto il governo di
Luglio, tra i figli della Rivoluzione e i figli della Chiesa, e disse: "Quanto a me, sembrami che il
Signore, infine placato, destini oggi la Francia ad essere l'istrumento delle sue divine misericordie.
Egli vuole ch'essa ripari i molti mali che ha cagionato al mondo nel secolo passato e nel presente".
Si dirà, l'attuale stato di cose prova che queste speranze erano il frutto d'una illusione oggi dissipata.
Altre intelligenze del pari eminenti la conservano sempre.
Il cardinal Parocchi, che avea accettato l'incarico della causa di Giovanna d'Arco, manifestò, nel
1893, la medesima speranza per noi: "I dolori della Francia - ei disse - sono i dolori dell'umanità. La
Francia, infatti, è la nazione umana per eccellenza. Le altre nazioni sono inglese, tedesca, spagnola,
italiana; ma la vostra, è la nazione umana, la nazione in cui tutte le virtù, tutte le grandezze, tutte le
miserie, tutti i dolori, tutti gli eroismi dell'umanità si riflettono come in uno specchio.
"E poi la Francia è la figlia primogenita della Chiesa, sempre la sua speranza; essa è altresì l'alfiere
della cristianità sparsa su tutta la terra. Ed allora, come anticamente Sionne in Israele, quando la
Francia è in lutto, è in lutto la Chiesa. Giorno verrà, io lo spero, che il grande patrono, il Padre
venerato della grande famiglia cristiana, S. Giuseppe,(3) comparirà trionfante al di là delle Alpi;
giorno verrà in cui Giovanna d'Arco, elevata all'onor degli altari, sguainerà la sua spada contro le
schiere infernali".
Però bisogna dire che manifestando queste speranze, il cardinale non nascondeva che, affinché esse
possano attuarsi, dobbiamo tenere una linea di condotta ben diversa da quella che era allor predicata
dai conciliatori.
"Per arrivare fin là, il cammino è aspro, è assai difficile, bisogna irrigarlo di lagrime, di sacrifici.
Non bisogna piegare dinanzi alla iniquità trionfante, non rinnegare i principii, non frangere la forza
del carattere francese, non temere che la campana funebre venga a turbare il sonno dei
rivoluzionarii, non farsi pecora per viltà, non venire a patti con loro, perché in siffatta condotta, non
vi è né la franchezza dei Francesi, né la dignità del carattere cristiano, né il secreto dell'avvenire né
il secreto del Papato: non vi è niente, nient'altro che il miserabile calcolo dell'opportunità del
momento condannato a perire".
Anche Leone XIII sperava per la Francia. Son già dodici anni, i Canadesi, allo scopo di procurarsi
dei mezzi per l'erezione della superba cattedrale di S. Pietro, a Montréal, ebbero il pensiero di
chiedere degli autografi alle più alte illustrazioni religiose, politiche, scientifiche, artistiche,
letterarie cosmopolite per formare un album. Ecco le parole piene di consolazione e di speranza che
Leone XIII si degnava di scrivere:
"La Francia! Non parlate mai della rovina e distruzione, della Francia nel mondo!
"La Francia ci è necessaria. Le altre nazioni sono eccellenti; esse hanno il loro valore, il loro merito;
ma la Francia è il nostro conforto; col suo genio, colla sua iniziativa, colla sua vivacità, non solo
essa ci fa vivere, ma porta Gesù Cristo fino alle estremità della terra. Da essa noi abbiamo i nostri
missionari, il nostro denaro; è dessa, voi lo sapete, che alimenta il Denaro di S. Pietro.
"Non temete di vedere la Francia sparire dal mezzo delle nazioni. Essa ha dei grandi bisogni e passa
per angustie assai crudeli.
"Ogni giorno io prego Dio particolarmente per essa. Attraverso i suoi disastri e le sue guerre
intestine, essa compie ancora la sua missione. È sempre la figlia primogenita della Chiesa".
"Non parlate mai dell'annientamento della Francia nel mondo" disse il Vicario di Gesù Cristo.
Molte volte le nazioni hanno concepito il progetto di smembrare la Francia e dividerne i brandelli,
come fecero della Polonia; e vi sono non pochi indizi, che nell'ora presente si trama di nuovo fra le
potenze questa medesima congiura.(4)
G. de Maistre avvertiva che ciò sarebbe "una delle più grandi disgrazie che possano accadere
all'umanità". "La Francia ha sempre tenuto e terrà per lungo tempo, secondo le apparenze, uno dei
primi posti nella società delle nazioni. Altre nazioni, o, per meglio dire, i loro capi, hanno voluto
approfittare, contro tutte le regole della morale, d'una febbre calda che avea assalito i Francesi
(questo fu scritto nell'ottobre del 1794), per gettarsi sul loro paese e dividerlo fra loro. La
Provvidenza ha detto: No; essa opera sempre bene, ma per mio avviso, mai più visibilmente meglio;
la nostra inclinazione pro o contro i Francesi non deve essere ascoltata".
Nel dicembre 1812, egli ritornava sulla medesima idea. "Non vi fu mai secolo in cui non siasi
sperato di schiacciare o di smembrare la Francia. Quali speranze non si erano concepite a questo
riguardo nel principio dell'ultimo secolo! Tutto annunziava che si era nel punto di riuscire, e molti
Francesi, anche fra i più saggi, cominciavano a perdere il coraggio. Tuttavia ogni cosa si cangiò in
un batter d'occhio".
Pare che la Provvidenza non possa permettere questa distruzione che, a giudizio di G. de Maistre,
avrebbe per conseguenza "l'abbrutimento irrevocabile della specie umana",(5) o, come disse
l'inglese Edmond Burke, "l'annientamento della civiltà in tutte le altre nazioni".(6)
Luigi Blanc riferisce un simile discorso di un altro inglese ch'egli chiama il più grande pensatore
dell'Inghilterra moderna. "Dio non voglia che mai la Francia venga a mancare nel mondo. Il
mondo ricadrebbe nelle tenebre". "Il filosofo inglese diceva il vero - continua Luigi Blanc. - Havvi
una fiaccola alla cui luce camminano tutti i popoli, sebbene a passi ineguali, accanto alla giustizia, e
siccome è portata attraverso le tempeste, non reca stupore se talvolta, al soffio dell'aquilone, essa
vacilla e sembra vicina a spegnersi. Ora, è la Francia che tiene questa fiaccola!". Nel pensiero di
Luigi Blanc, questa fiaccola era la torcia rivoluzionaria, e, per l'attuale momento, non s'ingannava
punto; ma domani, speriamolo, la Francia riaccenderà in se stessa la fiaccola della Fede e della
Carità divina e ne incendierà il mondo.
Non solo la Francia non deve perire, ma nell'opinione stessa degli stranieri, spetta ad essa di rendere
la vita agli altri popoli.
Un vecchio magistrato narrò nel numero di settembre 1882 della Revue catholique des Institutions
et du Droit, ch'egli avea discorso lungamente con un vecchio diplomatico conoscitore profondo
degli uomini e delle cose di questo tempo e che le giudicava con vedute di grande elevatezza e
grande sapienza.
"Io mi trovava - ei dice - a Firenze. Un gentiluomo italiano che appartiene all'esercito e forse anche
alla corte austriaca, mi espresse il pensiero che la salute dell'Europa, sotto l'aspetto così politico
come cattolico, deve venire dalla Francia, perché la Francia è il grande motore della civiltà". Io
avventurai alcune parole sulla nostra decadenza, sugli assalti dati dalla Rivoluzione al cuore e
all'intelligenza della nostra nazione. "È vero - egli disse - la Francia è decaduta sotto molti punti di
vista, ma è ancora il paese in cui vi ha maggior abnegazione individuale. Vi è fra i cattolici francesi
un'attività pel bene che non si trova altrove".
"Alcuni giorni appresso, io mi trovava a Gorizia dove incontrai molte persone di mia conoscenza,
segnatamente un Padre gesuita tedesco che avea conosciuto a Friburgo; questo sacerdote mi ripeté
preso a poco quello che mi fu detto a Firenze.
"Io aveva udito, son già alcuni anni, ad Einsiedeln, simili apprezzamenti i quali mi aveano tanto più
interessato in quanto che venivano da Prussiani. Essi dicevano che, non ostante la loro
soddisfazione di aver battuto i Francesi, sarebbero dolenti della nostra rovina, perché noi non
basteremmo all'Europa, non essendo la Prussia in grado di porsi utilmente alla testa della civiltà
cristiana.
"In Vestfalia, nelle provincie renane, si aspetta pure la rinnovazione dell'Europa per l'iniziativa della
Francia. Quando comparvero i decreti del 29 marzo, i Padri gesuiti di Parigi interrogarono i Padri
tedeschi che avevano sofferto pel Kulturkampf e chiesero loro che cosa pensavano di fare per
l'avvenire. "Niente è possibile - dissero - finché la Francia non avrà scosso il giogo della
Rivoluzione".
"In Svezia, un illustre prelato che conosceva il paese mi disse che gli uomini di Stato fanno voti per
la ristaurazione monarchica in Francia. Essi non dissimulano che per la stessa loro patria, sarebbe
un avvenimento importante e felice".
"Così tutto si accorda per dimostrare che la Francia ha una missione necessaria in Europa. E ciò fa
sperare ch'essa si rialzerà".
In tal guisa parlava questo vecchio diplomatico.
Il religioso esiliato che vedemmo conversare con un senatore olandese il quale manifestava così
desolanti pensieri relativamente al nostro paese, espresse, anch'egli, la speranza di questo
risorgimento:
"Il cattolicismo sostiene in Francia, un terzo assalto, forse più formidabile dei due ch'egli ha
respinto, nei secoli XVI e XVII. Una coalizione si è conchiusa, son già ventisei anni fra tutti i
nemici della Chiesa. Quello a cui intende questa coalizione non è tanto imporre una teoria sociale
quanto rovinare la fede religiosa, ed è verissimo il dire, che levata questa chiave di volta, l'edifizio
nazionale cadrebbe sopra i Vandali che l'avessero violato.
"Ma io non credo che la coalizione sia sicura di trionfare".
Era stata questa la speranza costante di de Maistre.
Egli ha sempre creduto e detto che se Dio si degna di fare al mondo la grazia d'una Rinnovazione,
ella si produrrà anzitutto in Francia, per propagarsi di là in Europa e per tutto l'universo.
Egli diceva che se questa rivoluzione morale non si producesse, il vincolo sociale sarebbe disciolto
in Europa e che sarebbe d'uopo tutto aspettarsi; ed aggiungeva: "Ma se su questo punto si fa un
cangiamento felice, o non vi ha più analogia, non induzione, né arte di congetturare, o è la Francia
chiamata a produrlo".(7)
Egli diceva ancora: "È assai probabile che i Francesi ci daranno ancora una tragedia; ma succeda o
no questo spettacolo, ecco ciò che è certo: Lo spirito religioso che non è del tutto spento in Francia,
farà uno sforzo proporzionato alla compressione che prova, seguendo la natura di tutti i fluidi
elastici. Esso solleverà dei monti, farà miracoli. Il sommo Pontefice e il sacerdozio francese si
abbraccieranno, e, in questo amplesso, soffocheranno le massime gallicane (il che è stato fatto nel
1870). Allora, il clero francese comincierà un'éra novella, e ricostruirà la Francia, - e la Francia
predicherà la religione all'Europa - e non si sarà mai visto nulla di eguale a questa propaganda; e se
l'emancipazione dei cattolici è pronunciata in Inghilterra, ciò che è possibile ed anche probabile (il
che è parimenti fatto),(8) e che la religione cattolica parli in Europa francese ed inglese, ricordatevi
bene di ciò che vi dico, mio carissimo uditore, non vi è cosa alcuna che non possiate aspettarvi".(9)
De Maistre dunque sperava che non solamente la Francia si svincolerebbe da' suoi errori, ma che
dopo averli propagati in tutti i popoli, si sforzerebbe di ritrarli dalla schiavitù in cui questi errori li
hanno posti. "Voglia Dio che giunga quanto prima il momento in cui essa non propaghi se non ciò
che noi amiamo!" "Io credo che voi finirete col predicare al genere umano".(10)
Era altresì la speranza di Blanc de Saint-Bonnet: "Rimessa, mercé la sua fede, alla testa delle
nazioni, la Francia diverrà lo strumento della Rinnovazione immensa nell'ordine divino".(11)
Il pensiero delle più grandi intelligenze è dunque questo che la Francia sia ancora necessaria al
mondo; ma non può essergli ormai utile, anzi essa stessa non può sperare di vivere ancora se non
ritorna quella che fu e quella per cui Dio l'ha fatta: "Essa presiedeva umanamente il sistema
religioso. Il suo re era il protettore ereditario dell'unità cattolica".
Ripiglierà essa mai questo glorioso ufficio? Il vero ostacolo è nella setta massonica. Spezzato
questo ostacolo essa riprenderebbe facilmente il corso de' suoi destini.
È la conclusione che l'ab. di Broglie, la cui morte prematura è stata una perdita sì grande per la
Chiesa di Francia, ha dato al suo libro: Le présent et l'avenir du catholicisme en France:
"Se la religione non avesse a lottare che contro le due potenze di cui parla Taine, la scienza e
l'opinione,(12) il suo trionfo sarebbe non solo sicuro, ma relativamente facile, e ci sarebbero gravi
ragioni di sperare una prossima vittoria. La scienza non è realmente la nemica della fede; e
mediante un lavoro energico, i cattolici possono farsi un posto nel dominio scientifico e dimostrare,
nello stato reale e vivente, l'armonia tra le due forze sociali che Taine ha dichiarato essere opposte.
L'opinione è, senza dubbio, contraria alla religione cattolica in una gran parte della Francia; ma
l'opinione è una potenza che cambia: essa passa, molto rapidamente, come il vento, da una
direzione ad un'altra opposta; d'altra parte ci sono dei mezzi per agire sull'opinione e combattere i
pregiudizi.
"Ma la religione non ha solamente per avversarie queste due potenze impersonali designate con
termini astratti. Essa ha un altro nemico, nemico concreto e reale, una persona collettiva, ma
vivente, una vera società anticristiana organizzata, che cerca con accanimento la distruzione della
società cristiana.
"Parlare dell'avvenire della religione senza far cenno della guerra che le è mossa dalla setta
anticristiana, gli è lasciar da canto uno degli elementi più importanti dell'apprezzamento. È un
ingannarsi sulle vere cause della diminuzione dell'influenza della Chiesa. Questa setta anticristiana
pretende di parlare a nome della scienza; noi abbiamo dimostrato che questa pretesa è mal fondata.
Essa pretende rappresentare l'opinione pubblica; ciò non è esatto. Le leggi di persecuzione ch'essa
ha stabilite non sono desiderate dalla massa delle popolazioni, sono imposte loro malgrado.
"Ma questa setta è pervenuta, col concorso di circostanze ben note, ad impadronirsi non della
fiducia, ma della volontà degli elettori, in una gran parte della Francia, ad assicurarsi questa volontà
mercé un arrolamento irresistibile. Io dico della volontà e non della fiducia, perché è uno dei
caratteri del governo popolare che, quelli che sono eletti dal suffragio universale, non sono eletti per
il loro merito, nemmeno per la confidenza che ispirano, e che il sovrano popolare disprezza i suoi
propri favoriti; ma egli ha un bel disprezzarli, perché è loro legato da una specie di catena magica e
d'incantesimo.
"La setta anticristiana è dunque in possesso del potere, essa dispone del bilancio della Francia; tiene
nelle sue mani l'insegnamento pubblico, può fare le leggi a suo talento; essa può usare tutte le forze
dello Stato per soddisfare il suo odio e le sue passioni. Essa non trova davanti a sé alcun ostacolo.
"Se adunque il cattolicismo sembra in questo momento indietreggiare in Francia, non è, o almeno
non è principalmente, per le ragioni che Taine ha indicate. Non si tratta d'una lenta decadenza, ma
d'una crisi violenta. Non si tratta d'una marea della scienza e dell'opinione che invaderebbe
lentamente il terreno della Fede. Si tratta di una forza brutale ed ipocrita che fa appello a tutte le
malvage passioni e a tutti i bassi sentimenti; si tratta d'una guerra ad oltranza fatta sistematicamente
e senza tregua; si tratta d'un lavoro diretto, cosciente e volontario di scristianeggiare la Francia,
compiuto da settari fanatici nel pieno possesso del potere ...
"Ciò che aggrava questo stato di cose, si è che molte circostanze rendono assai difficile la difesa
della Chiesa contro i suoi avversari. Il terreno della lotta, sotto il punto di vista politico, è vago e
pieno di equivoci: i diversi sistemi proposti, per riconquistare il potere, hanno le loro speciali
difficoltà, e la divisione produce l'impotenza. In ciò che concerne la difesa puramente religiosa, la
maniera di compiere quest'opera non è meglio definita. Il Concordato è un appoggio che non si ha il
diritto di abbandonare: esso è nel medesimo tempo un ostacolo ...".
Questa situazione è adunque grandemente pericolosa per la Chiesa di Francia. Essa lo è altresì in
una maniera meno diretta, ma come conseguenza, per la Chiesa universale, perché se il cattolicismo
avesse a perire in Francia, perderebbe nel rimanente del mondo una immensa parte della sua forza.
Infine il progresso sociale, la conservazione stessa dell'ideale superiore della società cristiana, sono
messi egualmente in pericolo ...
"Una disfatta completa non è da temersi, anche umanamente parlando. L'impresa di sradicare
intieramente la religione dal suolo della Francia è chimerica. Il pericolo è più ristretto che non
apparisca: tuttavia esiste, e la prolungazione dello stato attuale di cose sarebbe deplorevole per la
Chiesa. Ma noi abbiamo il dovere di non scoraggiarci e il diritto di appoggiare le nostre speranze
sopra motivi soprannaturali. Noi comprendiamo che coloro i quali non credono in una Provvidenza
che governa le cose umane, sperino se non arrivare a distruggere completamente il cristianesimo in
Francia, almeno ad indebolirlo grandemente ... Ma noi che siamo gli eredi delle promesse divine,
noi siamo certi che il male non sorpasserà mai una certa misura, che Dio non lascierà perire l'opera
sua e trionfare i suoi nemici, che il bene finirà per avere l'ultima parola.
"Dipende da noi, dal nostro coraggio, dall'esercizio energico del nostro libero arbitrio, l'affrettare la
vittoria e renderla più compiuta: la salvezza della società, come la salute individuale, non si compie
senza il concorso della libertà. Ma, d'altra parte, né il tempo né l'estensione della liberazione e della
vittoria dipendono intieramente da noi. Avvi ancora la parte della Provvidenza che sceglie il giorno
e l'ora e che noi non possiamo sforzare a compiere i nostri desideri, per quanto sieno legittimi. Forse
dovrem noi dire, con una lieta sorpresa, come a' tempi andati, il popolo d'Israele impegnato in una
lotta somigliante per la medesima causa: Come è stata troncata la mano dell'esattore? Come cessò il
tributo che il vincitore ci aveva imposto?"(13)
Note:
(1) De Maistre cita qui la sentenza pronunciata da Dio contro i popoli infedeli, nel Levitico, nel
Deuteronomio e nei Libri dei Re. Egli cita pure Erodoto.
(2) OEuvres complètes de J. de Maistre, t. X, p. 436 e seg.
(3) Pio IX ha proclamato san Giuseppe protettore e patrono della santa Chiesa cattolica. Lo Spirito
Santo che dirige con infinita sapienza le parole e gli atti del Sommo Pontefice, ha avuto, senza
dubbio, nel glorificare in questo tempo il padre verginale del Salvatore degli uomini, dei segreti
disegni che sfuggono ancora al nostro corto vedere, ma le loro benefiche conseguenze si faranno un
giorno sentire nel mondo cristiano.
(4) Il Sun (sole) foglio giudaizzante di Londra ha pubblicato, tre anni fa, una carta della Francia
smembrata, quale sarà nel 1910. La Francia non comprende più che la Normandia e la Bretagna,
sotto il nome di regno di Normandia, capitale Parigi e sotto un re vassallo dell'Inghilterra. Il Belgio
(Belgium) ci toglie tre dipartimenti almeno. L'Alemagna (Germany) prenderebbe Nancy, Reims,
Chalons e Vesoul. L'Italia (Italy avrebbe la Corsica, la riva sinistra del Reno, da Nizza fino a
Valenza, Grenoble e Chambéry. La Spagna (Spain) ritroverebbe un bel compenso delle sue perdite
in America con Nimes, Pau, Tolosa, Bordeaux e Périgueux. Ma la più favorita, proporzionatamente
alla sua estensione, sarebbe la Svizzera (Switzerland), che taglia in due il territorio francese,
separando la Francia del Nord da quella del Mezzogiorno, occupando Besanzone, Digione, Mâçon,
Lione, Bourges, Poitiers e La Rochelle, avendo alfine accesso al mare e divenendo potenza
marittima.
"L'Inghilterra si riserva tutte le colonie, salvo Tunisi, che lascierebbe all'Italia e Madagascar al
Portogallo".
Sono trentacinque anni, nel 1869, i Prussiani pubblicarono essi pure una carta dell'Europa, dove la
Francia vi figurava mutilata delle sue provincie della Lorena e dell'Alsazia, d'una parte della
Franca-contea e del Nord della Francia.
Sono quindici anni, un'altra carta rappresentava la Francia completamente sminuzzata. Il Belgio
aveva tutta la regione del Nord, l'Alemagna quella dell'Est; l'Italia possedeva i nostri paesi alpini
fino al Rodano; non restava più niente della Francia che un piccolo territorio situato al Sud della
Loira, al quale non si dava nemmeno il nome di Francia.
(5) Lettera a Vignet des Etoiles, 28 ottobre 1794
(6) Riflessioni sulla Rivoluzione francese.
(7) OEuvres complétes de J. de Maistre, t. I, p. 26.
(8) Più ancora, nel 1902, si formò in Inghilterra una Lega che si proponeva di proseguire
l'abolizione della clausola costituzionale la quale vuole che il re d'Inghilterra non possa essere che
protestante, e d'aiutare più cattolici che fosse possibile ad ottenere dei posti che loro assicurassero
influenza nello Stato. Questa Lega contava, pochi giorni dopo la sua formazione, 6000 membri.
(9) OEuvres complétes de J. de Maistre, t. XIV, p. 157.
(10) Ibid., t. XIII, pp. 188, 350.
(11) La Légitimité, p. 52.
(12) Questo libro dell'ab. de Broglie è tutto una risposta a degli articoli pubblicati nella Revue des
Deux Mondes, in cui il Taine avea cercato di rendersi conto della forza e dell'utilità della religione
ristaurata per mezzo del Concordato.
(13) Is. XIV, 4.