martedì 14 ottobre 2014

PAROLE DI SPERANZA (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo II°) .



Papa Pio IX

Per lasciar correre il mondo odierno alla sua rovina, l'abbiam visto, Dio non ha da far altro che abbandonarlo all'impulso della Rivoluzione a cui s'è dato in potere; che lasciarlo discendere la china sulla quale s'è messo. Accogliamo nondimeno i presentimenti che nascono dall'esperienza che abbiamo della misericordia divina ... "La radice dei mali presenti - ha detto Pio IX - consiste in ciò che gli uomini hanno espressamente rigettato Iddio. Con ciò si sono posti in tale condizione che non possono essere salvati che da un fatto, talmente fuori delle cause seconde, che il mondo sia costretto a riconoscervi la mano di Dio. Poiché la lotta è si grave che Egli solo può vincere i suoi nemici".
Nel suo libro: La Framassoneria, Sinagoga di Satana, Mons. Meurin, arcivescovo di Port-Louis, esprime sotto forma di speranza la stessa convinzione: "Il giudaismo, l'apostasia, i vizi e le passioni, sotto la direzione superiore di Lucifero, muovono insieme all'assalto della Gerusalemme celeste, sperando che i loro battaglioni riuniti ottengano infine la vittoria che non hanno potuto, fino a questo giorno, ottenere con assalti separati. È il loro sforzo supremo, prima di dichiararsi vinti e di deporre le armi. Attendiamo ancora un poco. La Sposa del Salvatore è avvezza a vincere col soffrire. Ella imita in tutto il suo divino Sposo. La Framassoneria, questa novella sinagoga di Satana, sarà come l'antica sinagoga, vinta dalla Croce. Felici coloro che non avranno piegato il ginocchio davanti a Lucifero, né davanti al suo idolo!"
De Maistre, non ha cessato di sperare, e di annunciare questo intervento divino. Anch'egli vedeva Satana animare la Rivoluzione del suo spirito, imprimerle il suo carattere; ma vedeva pure apparire
il suo divino Antagonista. "Certamente - diceva egli - lo spirito maligno fa tutto il possibile per istrozzarci, non dimentica nulla, egli è in regola. Tuttavia, il suo divino Antagonista ne avrà la vittoria".(1)
Già abbiamo visto all'opera il sovrano Signore, servendosi dapprima della malignità di Satana e de' suoi per infliggerci le punizioni necessarie, poi per distruggere ciò che deve scomparire.
Ma ivi non deve limitarsi la sua azione. Compiuta l'espiazione, le rovine sgombrate, de Maistre vedeva elevarsi sul loro posto un'opera, la previsione e la speranza della quale lo riempivano della più profonda ammirazione. "Allorché una posterità che non è lontana, vedrà ciò che risulta dalla cospirazione di tutti i vizi, si proclamerà ad alta voce piena di ammirazione e di riconoscenza".(2) E qualche mese dopo: "Ciò che si prepara oggi nel mondo, è uno dei più meravigliosi spettacoli che la Provvidenza abbia mai offerto agli uomini".
Già, anche in mezzo agli orrori del '93, egli avea saputo staccare il suo sguardo da questo spettacolo desolante e prevederne la soluzione ... "La generazione presente è testimone d'una delle più grandi scene che abbiano mai colpito l'occhio umano: è la lotta ad oltranza del cristianesimo e del filosofismo. La lizza è aperta, i due nemici sono alle prese, e l'Universo è spettatore. Si vede come in Omero, il padre degli Dei e degli uomini che tiene sollevate le bilance che pesano i due grandi interessi; e che bentosto uno dei piatti si abbassa. E dopo di aver mostrato a che era ridotto il cattolicismo nel momento in cui scriveva, egli aggiungeva:
"Il filosofismo non ha dunque più motivi da lamentarsi; tutte le sorti umane sono in suo favore; si fa tutto per lui e tutto contro il suo rivale. S'egli è vincitore, non dirà come Cesare: Veni, vidi, vici; ma alfine avrà vinto: può battere le mani ed assidersi fieramente sopra una croce rovesciata. Ma se il cristianesimo esce da questa prova terribile, più puro e più vigoroso; se, Ercole cristiano, forte della sola sua forza, solleva il figlio della terra e lo soffoca nelle sue braccia: Patuit Deus!"
Nulla di quello ch'ei vide durante il mezzo secolo che segui il Terrore poté staccarlo da questa speranza. Tutti i rovesciamenti, dei quali fu spettatore, li chiamava una "prefazione", un terribile e indispensabile preliminare. All'estremo opposto dei pensieri umani, Babœuf diceva nello stesso tempo: "La Rivoluzione francese è la foriera di una rivoluzione ben più grande". Quanti altri hanno pensato e parlato nello stesso modo!

Papa Leone XIII
Prefazione di qual libro? Foriera di quale trasformazione? Preliminare di qual nuovo ordine di cose? Sicuramente Babœuf e de Maistre non se ne facevano la stessa idea come oggidì Jaurès e Pio X.(3) Nell'Enciclica Praeclara del 20 giugno 1894, indirizzata ai principi ed ai popoli dell'Universo, Leone XIII aveva detto ancora: "Noi vediamo laggiù nel lontano avvenire un novello ordine di cose, e non conosciamo niente di più dolce che la contemplazione degli immensi beneficii che ne saranno il naturale effetto". Questi beneficii il Pontefice li enumera: è la soluzione cristiana della questione sociale, è il fine dello Scisma che ha sconvolto l'Europa, è la luce del Vangelo che illumina tutti i popoli.
Questi pensieri erano pure quelli di G. de Maistre. Egli salutava la concentrazione del genere umano che vedeva andarsi compiendo, che noi vediamo affrettarsi, come quella che deve permettere la riunione di tutti gli uomini nel recinto di una medesima Chiesa, colla professione d'una medesima fede, unità promessa da Dio Padre alla preghiera dell'Uomo Dio. Postula a me et dabo tibi gentes haereditatem tuam et possessionem tuam terminos terrae.
"È dolce, diceva egli, in mezzo allo sconvolgimento generale il presentire i piani della divinità. Non vedremo mai tutto nel nostro viaggio e sovente anche c'inganneremo, ma in tutte le scienze
possibili, fatta eccezione delle scienze esatte non dobbiamo noi limitarci alle congetture "E se le nostre congetture sono plausibili, se hanno delle analogie, se si appoggiano sopra idee universali, e sopratutto se sono consolanti, e proprie a renderci migliori; che manca loro?"(4)
Esponiamo dunque i presentimenti di questa intelligenza la più elevata e più lucida che sia apparsa nell'ultimo secolo. I nostri lettori conosceranno che si appoggiano veramente sopra idee universali, che hanno in loro favore le analogie della storia e che, per questi due lati, sono plausibili; di più sono consolanti ed atti a renderci migliori.
"Noi vediamo laggiù nel lontano avvenire - ha detto Leone XIII - un novello ordine di cose". Prima di lui de Maistre aveva raccolto dalle labbra dell'Altissimo questa parola creatrice: Ecce nova facio omnia.
È mestieri, infatti, che tutto cambi, se i tempi non sono giunti al loro fine. "Il protestantismo, il filosofismo e mille altre sètte più o meno perverse, avendo prodigiosamente diminuite le verità fra gli uomini, il genere umano non può rimanere nello stato in cui si trova",(5) sotto il rapporto delle idee. Nemmeno lo può sotto il rapporto dei costumi. "La corruzione che ci assale non ha niente di eguale: essa ha cominciato per la Francia colla Reggenza; i suoi filosofi l'hanno continuata e raddoppiata; i sovrani e gli uomini del potere ne sono stati complici. Per giunta è venuta la Rivoluzione, è una vera putrefazione".(6)
Perversione delle menti, corruzione dei cuori, da quel tempo non hanno fatto che aumentare. Esse hanno colpite tutte le classi della società e le hanno fatte giungere ad uno stato oltre il quale non vi è che la decomposizione putrida del corpo sociale. Se Dio non vuole che noi arriviamo fin là, fa d'uopo che con mezzi a lui solo conosciuti ci faccia giungere ad un cambiamento quasi totale.

Papa Pio X
Se noi crediamo a Pio IX, a Leone XIII ed a Pio X, a de Maistre, a Blanc de Saint-Bonnet e ad altri, egli lo farà forse presto. Potranno succedere delle cose che sconcerteranno le nostre previsioni; ma senza pretendere di escludere qualche errore, né alcuna sciagura intermedia, sempre mi terrò sicuro d'un finale vantaggioso.(7) "Nulla vediamo ancora, perché fin qui la mano della Provvidenza non ha fatto che sgombrare il posto: ma i nostri figli grideranno con rispettosa ammirazione: Fecit magna qui potens est".(8) Vi sono in questa immensa Rivoluzione delle cose accidentali, che il ragionamento umano non può cogliere perfettamente; ma vi ha pure un segno generale che si fa sentire a tutti gli uomini che sono stati in grado di procurarsi certe cognizioni. Tutto alfine riuscirà per il meglio".(9)
Quale sarà questo meglio? Non bisogna figurarsi che sia il ritorno di ciò che Dio ha voluto distruggere nel passato. Nelle sue Considerazioni sulla Francia de Maistre dice: È un errore funestissimo attaccarsi troppo rigidamente ai monumenti antichi. Fa d'uopo senza dubbio rispettarli, ma bisogna soprattutto considerare ciò che i giureconsulti chiamano l'ultimo Stato. Ogni Costituzione libera è, di sua natura, variabile in proporzione della sua libertà; volerla ridurre a' suoi rudimenti, senza cambiar nulla, è una folle impresa".(10)
Più tardi in un Memoriale indirizzato al suo re, egli diceva ancora: "Questa Rivoluzione non può finire con un ritorno all'antico stato di cose, che pare impossibile, ma con una rettificazione dello stato in cui siamo caduti; a somiglianza appunto della Rivoluzione immensa cagionata dall'invasione dei Barbari nell'Impero romano, la quale non finì coll'espulsione dei Barbari, ma col loro incivilimento".(11) 
Questo per l'ordine civile e politico.
Ma vi è ancora e, sopra di esso, l'ordine religioso. Rimarrà esso quale la Rivoluzione l'ha fatto?
La santa Chiesa, nella sua liturgia, ci porge ogni anno la speranza d'uno stato migliore. Fin dal primo giorno dell'Avvento, ella comincia il suo ufficio con questo invitatorio: "Venite: adoriamo il Signore, il re venturo".
In tutto questo tempo, ci presenta, come lezioni della santa Scrittura, le profezie d'Isaia. Ed ecco i passi ch'essa ha scelti: "Sulla cima dei monti sarà fondato il monte della casa del Signore (la santa Chiesa); e si alzerà sopra tutte le colline e ad esso correranno tutte le genti. E molti popoli verranno e diranno: Venite, e saliamo al monte del Signore e alla casa del Dio di Giacobbe ed ei c'insegnerà le sue vie, e cammineremo ne' suoi sentieri".
"In quel giorno, il germe della radice di Iesse (il Messia) sarà posto quale stendardo davanti ai popoli: a lui le nazioni offriranno le loro preghiere, e il suo sepolcro sarà glorioso ... La terra è ripiena della cognizione del Signore come le acque coprono il mare".
"Ed il Signore farà a tutti i popoli, su questo monte (la Chiesa), un convito di vivande deliziose, un convito di vini squisiti (la dottrina e i sacramenti, particolarmente l'Eucaristia). Ed ei spezzerà su questo monte la catena che stringeva tutti i popoli, e la tela che il nemico avea ordita contro tutte le nazioni".
Che la santa Chiesa intenda queste parole del regno sociale di Nostro Signore, questo sembra indicato dalle antifone e dai responsori ch'essa medesima compose per accompagnare la lettura delle sante Scritture e dei salmi.
Fin dalla prima domenica dell'Avvento essa partecipò ai suoi figli quello che contempla in mezzo alle tenebre di questo mondo ... Ella vede venire sulle nubi del cielo il Figlio dell'uomo, il suo divino Sposo, non per giudicare i mortali, ma per regnare; non per regnare unicamente sulle anime prese individualmente, ma per istabilire il suo impero sopra tutti i popoli, sopra tutte le tribù, e sopra tutte le lingue dell'universo: Aspiciebam in visu noctis et ecce in nubibus caeli Filius hominis veniebat; et datum est Ei regnum et honor; ei omnis populus, tribus et lingua servient Ei. "Io guardava nella vision della notte, ed ecco venire il Figliuol dell'uomo nelle nubi del cielo; e fu dato a Lui regno ed onore. E tutti i popoli, le tribù e le lingue lo serviranno".
Più lungi essa esclama: "Sì, egli verrà, e con lui tutti i suoi santi". E in quel giorno la terra risplenderà d'una gran luce, e il Signore regnerà sopra tutte le nazioni; Egli dominerà fino agli ultimi confini della terra; e tutti i re l'adoreranno e tutti i popoli lo serviranno ... Oh! mirate come è grande Colui che viene a salvar le nazioni! Ecce Dominus veniet et omnes sancti Eius cum Eo, et erit in die illa lux magna. Et regnabit Dominus super gentes ... Dominator usque ad terminos orbis terrarum ... Et adorabunt eum omnes Reges, omnes gentes servient Ei. Intuemini quantas sit iste qui ingreditur ad salvandas gentes.
Quando mai, dall'origine del cristianesimo, vide la santa Chiesa realizzarsi tali voti? Ecco diciannove secoli dacché, in tutta la terra, e sulle labbra di tutti coloro che dicono in suo nome il divino Ufficio, essa fa risuonare con una incrollabile confidenza queste umili suppliche: "Venite, Signore, e non tardate, venite a regnare sopra tutte le nazioni della terra, le quali d'ora innanzi non invocheranno che voi solo. O radix Iesse quem gentes deprecabuntur, veni iam noli tardare". Ma non è solamente durante l'Avvento che la Chiesa esprime queste speranze e questi voti. Tutti i giorni dell'anno, quasi senza eccezione, ai primi albori del giorno, i frati cantano e i sacerdoti recitano il Salmo LXVI in cui il santo re David dimanda con tanta insistenza la venuta del regno sociale di Gesù Cristo: "O Dio, abbiate pietà di noi, fateci conoscere le vostre vie sopra la terra - le vie misteriose della vostra Provvidenza - e la salute che preparate a tutte le nazioni ... - Vi lodino, o Signore, i popoli, (ben più) vi lodino d'accordo i popoli tutti. Confiteantur tibi populi, Deus: confiteantur tibi populi omnes". In questo Salmo, il quale non si compone che di sei versetti, le parole "popoli e nazioni" son ripetute fino a nove volte, e il cantico termina con queste parole: Et metuant Eum omnes fines terrae. Il timore del Signore si diffonda dappertutto. e giunga agli estremi confini della terra".
Si dirà che questo Salmo non contiene che dei voti e in nessun modo una promessa dell'Onnipotente?
Innanzi tutto sarebbe strano che lo Spirito di Dio mettesse da sì lungo tempo, e tutti i giorni, sulle labbra della sua Sposa, dei desideri chimerici. Poi, quello che il Salmo LXVI contiene sotto la forma di ardenti desideri, moltissimi altri passi della santa Scrittura lo affermano come un avvenimento futuro il cui adempimento non potrebbe essere ritardato indefinitamente.
Chi non conosce questo canto di trionfo dedicato a Cristo-Re e che la Chiesa non cessa di ripetere nei santi e lieti giorni di Natale e dell'Epifania: Deus, iudicium tuum regi da ... Benedicentur in ipso omnes tribus terrae, omnes gentes magnificabunt eum. "O Dio, date lo scettro al re. Tutte le tribù della terra sieno in lui benedette, tutte le nazioni lo glorifichino!" È la grande promessa di Dio ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Questa profezia non si è ancor realizzata. La santa Chiesa, ogni anno, la mette sulle nostre labbra nella solennità dell'Epifania; e qual è il suo desiderio, se non che in questo giorno specialmente dimandiamo a Dio instantemente di affrettarne l'adempimento? ut compleatur et ad exitum perducatur.
Dunque, dopo diciannove secoli, la liturgia della Chiesa cattolica conserva a favore delle società, a favore dei popoli e delle nazioni della terra, anzi a favore della intera umanità, delle speranze che non si sono ancora effettuate, e di più essa afferma che un giorno si effettueranno.
Ma non è solamente sopra la terra che si trovano queste speranze e la preghiera che deve affrettarne l'adempimento.
Un giorno, a S. Giovanni, nell'isola di Patmos, fu concesso di assistere alle funzioni, per così dire, e alle cerimonie del culto che gli angeli e i santi rendono in cielo alla maestà divina; e l'Apostolo prediletto, ha fatto arrivare fino a noi nel suo libro dell'Apocalisse, un'eco dei cantici onde risuona la Gerusalemme celeste.
Giorno e notte, i Beati, invocano coi loro voti il regno universale di Cristo: Requiem non habebant die ac nocte ... Et adorabant dicentes: Dignus es, Domine, accipere gloriam et honorem et virtutem ... Fecisti nos Regnum ... et regnabimus super terram. "Giorno e notte essi non cessano di adorare e dire: Degno siete, o Signore, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza ... Voi ci avete fatti re, e noi regneremo sopra la terra" (passim).
I martiri specialmente sembrano impazienti di veder spuntare l'aurora di questo gran giorno ed esclamano: "Fino a quando, Signore, santo e verace non fai giudizio e non vendichi il sangue nostro? Perché non eserciti la tua giustizia sopra coloro che, legati coll'antico serpente, arrestano sopra la terra la marcia del Divin Trionfatore? "Usquequo, Domine, non iudicas? (Apoc. VI, 10). "Noi sappiamo, cantano in coro gli abitatori del cielo, noi sappiamo che un giorno tutte le nazioni della terra verranno e adoreranno la Santa Maestà vostra" ... Quoniam omnes gentes venient et adorabunt in conspectu tuo.
E quando l'ora del trionfo, che noi ardentemente invochiamo, sarà suonata e la bestia sarà vinta, tutti i beati esclameranno: "Ecco giunta l'ora del regno di Dio e del suo Cristo sopra la terra; ed Egli regnerà per molti secoli". Factum est Regnum huius mundi Domini nostri et Christi Eius et regnabit in saecula saeculorum. Amen. (Apoc. XI, 15).
Noi non possiamo assicurare che l'adempimento di queste magnifiche promesse sia vicino. La vita della Chiesa è fatta di alternative, di prove e di trionfi: prove sempre più terribili, trionfi sempre più strepitosi. Quello di cui le sante Scritture ci fanno una descrizione così ammirabile sarà l'ultimo Si produrrà esso prima o dopo il regno dell'Anticristo? I pareri sono divisi.(12) Dio non ha voluto dare circa gli ultimi tempi una luce evidente. Contentiamoci adunque di vedere quello che si può ragionevolmente congetturare dalla situazione presente.
 
 

Note:

(1) Œuvres complétes de J. de Maistre, t. IX, p. 167.
(2) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. X, p. 448.
(3) Vedi le speranze formulate nell'Enciclica che accorda un Giubileo all'Universo cattolico nell'occasione dell'avvenimento di Pio X al trono pontificio, e del cinquantenario della definizione del dogma dell'Immacolata Concezione.
(4) Œuvres complétes de J. de Maistre, t. I, p. 40.
(5) Le Pape, Discorsi preliminari, p. 37.
(6) Œuvres complétes de J. de Maistre, t. XII, p. 62.
(7) Ibid., t. XIII, p. 64.
(8) Ibid., t. XIII, p. 169.
(9) Œuvres complétes de J. de Maistre, t. XIII, p. 176.
(10) Ibid., t. I, p. 98.
(11) Ibid., t. XI, p. 352.
(12) Un sentimento diviso da molti di quelli che hanno cercato d'interpretare le rivelazioni divine insegnate nelle sante Scritture li porta a credere che il trionfo completo della setta massonica, mercé il regno del suo capo sopra tutte le nazioni, non sarà che il colmo della prova a cui dovrà essere sottoposta l'umanità, prima di godere pienamente dei benefizi della Redenzione. Succederebbero quindi lunghi secoli del regno di Cristo sopra tutte le nazioni. Anche lasciando da banda le profezie messianiche e la loro interpretazione, spiriti eminenti, come G. de Maistre, pensarono che, lungi dall'essere agli ultimi giorni del mondo, non siamo ancora che ai primi secoli della Chiesa. In una lettera a Mad.me Swetchine, egli diceva: "Quando le vostre genti (gli scismatici) parlano dei
primi secoli della Chiesa, non hanno una idea chiara. Se noi dovessimo vivere mille anni, gli ottant'anni che sono oggi il massimo comune sarebbero i nostri primi anni. Che cosa s'intende dunque per i primi secoli d'una Chiesa che deve durare quanto il mondo dura? ecc. Seguite questa idea". E nel libro Il Papa: "Questa parola giovinezza del cristianesimo mi avverte di osservare che questa espressione e alcune altre del medesimo genere si riferiscono alla durata totale d'un corpo o d'un individuo. Se io mi rappresento, per es., la Repubblica romana che durò cinquecento anni, io so che vogliono dire queste espressioni: La giovinezza o i primi anni della Repubblica romana ... Che cosa è dunque la giovinezza d'una religione che deve durare quanto dura il mondo? Si parla dei primi secoli del cristianesimo: in verità, io non vorrei assicurare che essi sono passati.